Una brutta lezione

  • Scritto da geniodirazza il 19/10/2023 - 23:34
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Una brutta lezione

Marina era una ragazza di bellezza straordinaria, che aveva il grosso limite di essere figlia unica di genitori giovani e ricchi che, presi come erano dalle loro esigenze di persone perennemente innamorate di se stesse, della vita e dei piaceri che essa poteva offrire, vivevano la figlia come un semplice errore di distrazione e quindi si occupavano molto superficialmente di lei; le consentivano di soddisfare tutti i suoi desideri, tutti i capricci, insomma di crescere nella convinzione che tutto le fosse dovuto e niente le fosse impossibile realizzare, solo se lo avesse voluto.

In qualche modo anche l’incontro con Enzo avvenne in questa logica; essere fidanzata con il giovane rampante, erede di una fortuna familiare invidiabile e protagonista di una scalata al successo, a soli venti anni, lo proponeva come una delle punte di diamante nel futuro dell’industria del territorio; anche quel fidanzamento sembrava catalogato fra le cose che Marina poteva e doveva avere, senza possibilità di discussione.

Per di più, sin dal primo momento le leggi del rapporto le dettò lei, che non consentiva a nessuno di mettere in discussione le sue scelte, le sue convinzioni, i suoi gusti, le sue preferenze; le norme, le leggi, gli obblighi, gli impegni erano vietati dal suo linguaggio che preferiva la volontà, il desiderio, la scelta, la determinazione; d’altronde, le poche volte che si era trovata a dover affrontare qualche piccolo problema, multe per guida in stato di ebbrezza, rumori molesti e simili ragazzate, era intervenuto il papà che aveva messo tutto a tacere per non doversi confrontare con i capricci della figlia.

Il ruolo fu poi preso da Enzo, il brillante fidanzato che veniva apprezzato soprattutto e forse solo quando interveniva con il suo potere per mettere a posto il disordine che il capriccio di Marina scatenava, dai danni all’auto tamponata, alla multa per sosta vietata, alla vetrina mandata in frantumi perché aveva scagliato dentro il posacenere che non le piaceva; Enzo insomma era il medico che guariva ogni problemino e creava una purulenza del carattere che rischiava di mettere tutti alle strette; Marina cresceva, anche nel rapporto con lui, nella certezza di aver trovato il valido sostituto di suo padre nel favorire e accontentare i suoi capricci.

Quando si fidanzarono, la madre la prese da parte e cercò di spiegarle che con il suo uomo non poteva permettersi, soprattutto, ‘certi’ capricci perché la fedeltà all’amato non era un optional come i gadget dell’auto ma una realtà connaturata al principio stesso dell’amore; Marina quasi se ne risentì; sapeva benissimo che cosa erano amore e fedeltà e, se aveva scelto Enzo come uomo della sua vita, sapeva perfettamente che gli doveva assoluta fedeltà e non avrebbe mai sopportato che chiunque, anche sua madre, si permettesse di mettere in dubbio la sua totale ed indiscussa dedizione al suo uomo; solo lei stessa, eventualmente, avrebbe potuto scherzare su quel tema, ma che a nessuno venisse in mente neanche di pensare che Marina non fosse fedelissima al fidanzato.

Quando Paola, la madre di Marina, comunicò questo discorso ad Enzo, lui si inorgoglì molto e fu felice di avere instillato sentimenti così nobili ed alti in un ragazza all’apparenza così fragile e ‘leggera’ come appariva Marina; in un empito di entusiasmo di cui neppure si rese conto, quella sera invitò la fidanzata a passeggiare con lui fuori dei percorsi abituali delle località marine e si spinse oltre il limite dei lidi attrezzati, in un punto in cui giacevano in secca le barche dei pescatori; da una di quelle che venivano usate per portare in gita al largo i turisti, prelevò una coperta e la stese sulla sabbia; vi si sedette e invitò Marina a fare altrettanto; fino a quel momento, il massimo che si erano concessi era stato un intenso bacio con la lingua che aveva sconvolto la ragazza, per molti aspetti rimasta ancorata ad una cultura arcaica e contadina; in quel momento, con profonda emozione, si resero conto entrambi che stavano per varcare una soglia decisiva.

Abbracciò Marina da seduta ma subito dopo la spinse a sdraiarsi e si collocò su di lei; la ragazza cominciò a sentire la testa farsi leggera e le farfalline ballarle davanti agli occhi; quasi non si rese conto che lui le aveva aperto la camicetta e si era impossessato delle sue tette che stava accarezzando, stringendo voluttuosamente nelle mani e alla fine leccando con amore per andare ad impossessarsi con la bocca di un capezzolo che succhiava come un poppante; gli prese la nuca e costrinse la bocca a spostarsi sulla sua; lo baciò lussuriosamente, a lungo, e mentre baciava sentiva qualcosa di molto duro gonfiarsi fra le cosce, all’altezza della vulva, mentre un gorgoglio strano le partiva dal ventre e le arrivava in gola come uno strano rigurgito che era solo emozione che si scaricava; gemette un paio di volte e si rese conto che stava avendo un qualche fenomeno dalla vulva, quasi si stesse bagnando d’orina, ma non stava orinando; lui le appoggiò una mano proprio là, sul monte di venere e le sussurrò.

“Lasciati andare, non avere timore; è solo amore che scorre via dal tuo corpo per la via naturale!”

“Anche tu ti stai bagnando come me?”

“No, quando io mi bagnerò lo vedrai chiaramente!”

Subito dopo, lui le stava sfilando la gonna e il perizoma che era uno straccetto inutile; quando si adagiò fra le sue cosce, lei gli chiese se stava facendola sua; lui accennò di si con la testa e le promise che da quel momento sarebbero stati l’uno per l’altro senza nessuna interferenza; lei gli rispose ‘ti amo’ chiuse gli occhi e si abbandonò felice; avvertì nettamente, millimetro per millimetro, la penetrazione del sesso in vagina; registrò e fissò nella mente il momento in cui l’imene si ruppe con un leggero pizzicore; poi fu solo il piacere di sentirsi inondata da lui, di sentirsi posseduta, amata, di appartenergli finalmente; quando si riprese dall’incanto e sentì che lui, come lei, era allo stremo, che affannavano e che avevano bisogno di rilassasi, lo fece stendere accanto, lo accarezzò e lo baciò con amore, a lungo.

“Ora non mi potrai lasciare mai più, sei tutto per me, padre, madre, amico del cuore, maestro, guida, sei tutto e devi garantirmi tutto, specialmente la felicità.”

“Bada che queste regole valgono per tutti e due; adesso anche tu mi devi dare tutto il tuo amore senza disperderne nemmeno una briciola; ora sei mia e solo mia, sappilo.”

Entrarono ambedue in una bolla di sapone e ci volle tutta la capacità di razionalizzazione di Paola per convincere Marina a farsi dare la pillola del giorno dopo, per evitare rogne dopo la prima copula, e a farsi prescrivere l’anticoncezionale per essere libera di amare il suo uomo; Marina si convinse e andò al consultorio per le due incombenze; da quel momento, per tutta l’estate la loro non fu che una lunghissima copula, nel corso della quale Enzo cercò di svelarle quasi tutto quello che conosceva del sesso, trovando però una persona indisposta a capire, testarda e legata a sue speciali convinzioni che non mollava, sicché non riuscì a convincerla ad andare oltre la canonica copula ‘alla missionaria’ accettando una qualche evoluzione o trasgressione.

Passarono così due anni di grande entusiasmo amoroso, nel corso dei quali i genitori e il fidanzato cercarono inutilmente di convincere Marina a dedicarsi con più amore allo studio e di laurearsi in legge; la ragazza preferiva i lunghi itinerari di shopping, le happy hours e le apericene che la vedevano sempre protagonista insieme al gruppo di ragazzi che frequentava da anni ormai e coi quali non era mai capitato niente di spiacevole; passati ancora due anni di ‘fare niente gaudente’, Enzo decise di mettere la testa a partito, andava ormai per i venticinque, e propose a Marina di sposarsi; lei ne avrebbe volentieri fatto a meno, perché allo stato poteva permettersi di dormire da Enzo, a casa dei genitori o alla Casa dello studente senza dover rendere conto a nessuno; sapeva invece che il matrimonio comportava qualche obbligo come lo stare in casa col marito quando gli altri andavano a birre e questo non rientrava tra i suoi desideri; Enzo però le pose l’alternativa e, visto che i genitori premevano perché si sposasse, accettò.

Il ruolo di moglie non le si confaceva affatto; e sin dai primi momenti si registrarono gli screzi che presto degenerarono in liti furibonde; Marina non voleva neppure prendere in considerazione l’idea di essere a casa quando suo marito tornava dal lavoro e di doversi occupare di cose come preparare la cena, incombenza a cui aveva sempre provveduto sua madre e alla quale voleva delegare una cameriera, senza neanche farsi sfiorare dall’idea di rinunciare ad un’happy hour per rispettare i ruoli di famiglia; passava interi pomeriggi a bighellonare da un bar all’altro e a farsi corteggiare, solo platonicamente, giurava, dai ragazzi che le ronzavano intorno come mosche sul miele; Enzo sopportò a lungo questo stato di cose finché una frase di troppo, scappata ad uno dei ragazzi e riportata a lui da pettegolezzi del bar, lo fece scattare; una sera Marina, tornando da uno dei soliti giri viziosi per bar, lo trovò seduto in cucina che aspettava proprio lei; era livido in volto ed aveva un’aria feroce; il suo guardaspalle ed amico fedele Nicola stava al suo lato in atteggiamento severo.

“Cosa ha detto il tuo amico? Che mi fa vedere come si fa godere una donna? Dice che riceverò un filmato da cui risulta che ti fa godere alla follia col suo attrezzo enorme?”

“Io non ho fatto sesso né con lui né con nessun altro, tranne te. Tu sei l’unico uomo per me e non concedo niente a nessuno.”

“Perché dovrei crederti?”

“Perché devi credermi!”

“Tu non meriti fiducia!”

“E allora meglio che me ne vado.”

Enzo telefonò alla suocera e le chiese di venire a riprendersi quell’imbecille di sua figlia perché gli aveva rotto i cosiddetti e non la sopportava più; un’oretta dopo, mentre stavano seduti in cucina in un minaccioso silenzio cercando di dare ordine ai pensieri ed alle azioni conseguenti, scoppiò la bomba; un video postato in internet presentava il giovane amico, presunto amante, frustato a sangue che implorava pietà, dichiarava di avere inventato una calunnia contro Enzo e sua moglie e si dichiarava pentito; Marina sbatté il telefonino sotto gli occhi del marito e gli fece vedere il video.

“Vedi che è come dicevo io … Non ho fatto sesso con nessuno.”

“Ma tu non riesci proprio a vedere che gli è stato dimostrato che non è un vero uomo, e che tu sei una donna senza personalità, che fai massacrare un imbecille perché sei stupida!”

“Che dici? Io avrei fatto massacrare Antonio?”

“Perché lo avrebbero torturato?”

“Perché ti aveva offeso.”

“E perché mi aveva offeso?”

“Perché è un imbecille e ha voluto inventarsi una storia sul nulla.”

“Non sul nulla, su qualcosa che avevi fatto credere ….”

“Avere fatto credere non è la verità; lui doveva stare zitto; non lo ha fatto e ha pagato.”

“Quindi, tu saresti del tutto innocente e non ti rendi conto che frasi e gesti sbagliati da te hanno portato al massacro di un individuo e alla rovina della famiglia?”

“Che dici, quale massacro? Quale rovina?”

Intervenne Nicola.

“Marina, guarda che Antonio è in ospedale con prognosi riservata; se gli va bene, resterà sfregiato su tutto il corpo e dovrebbe fare terapie di riabilitazione che non potrà pagarsi perché suo padre è stato degradato da dirigente a operaio.”

“Chi lo ha degradato? Io non ho niente a che vedere né con l’imbecillità di uno che si inventa le cose né con la violenza di uno che si vendica in questo modo. Non ho fatto niente e non ho niente da rimproverarmi!”

Non le risposero; non ce n’era bisogno, chiaramente; ma lei non si preoccupava di quel problema; per lei l’unica cosa importante era far sapere che è non aveva usato la vagina per tradire suo marito e che non accettava di sottostare alle sue pretese; doveva lasciarla libera di agire e fidarsi di lei, perché se diceva che era fedele era vero e quello che dicevano in giro non la toccava; era inferocita e aspettava solo che sua madre la raggiungesse per andarsene con lei; nella sua ottusa imbecillità, ancora era convinta che avrebbe piegato il marito ai suoi dictat; la delusione prese corpo appena sua madre si sedette in cucina ed Enzo si rivolse a lei come il prete dall’altare.

“Paola, sarà bene che insegniate a questa ragazzina capricciosa, testarda e cretina che cosa è il diritto, quali norme impone e perché si devono rispettare. Lei ha deciso di andarsene da questa casa; lo farà come ci è entrata, solo con i miseri abiti che indossa, i più poveri; il resto rimane proprietà della casa e non le spetta; non ha reddito, non ha possessi, non ha amici e può chiedere ospitalità solo a voi. Se l’accogliete in casa vostra, io domani rilevo tutte le quote della vostra azienda e incasso tutti i vostri debiti; sarete sul lastrico e costretti all’elemosina; se le negate la vostra casa, potrà andare solo su un marciapiede a battere, se ne sarà capace, e farò di tutto per rovinarla e farla finire in galera.”

Paola non gli rispose, digitò alcuni tasti sul telefonino e si sentì, dall’altra parte, la voce del marito; lei gli spiegò la situazione per sommi capi e Crescenzo disse che, per l’imbecille presuntuosa, la porta di casa sua sarebbe rimasta chiusa; che non poteva e non voleva fallire per la tenace stupidità capricciosa di una bambina cresciuta male; chiese scusa ad Enzo per aver diseducato una figlia stupida e ottusa e lo pregò di non confondere loro due con un’ochetta che si era rivelata incapace di qualunque senso logico; Nicola prese il telefonino e comunicò con qualcuno.

Marina non sopportava più la situazione, sopraffatta dalla logica degli altri; decise di uscire da quella gabbia di individui che vedeva solo come prepotenti aggressori; il marito le impedì di prendere anche la sua borsa, perché, disse, non c’era niente che le appartenesse legittimamente; aprì la porta di casa ed uscì in strada; un’auto si avvicinò, due uomini a volto coperto la afferrarono e la sbatterono sul sedile posteriore, la legarono, la incappucciarono e partirono per una destinazione sconosciuta; i tre rimasti in casa si guardarono a lungo come inebetiti; Paola specialmente non riusciva a capacitarsi che sua figlia fosse così ostinatamente stupida e guardava terrorizzata suo genero; anche Enzo sembrava interdetto; mai avrebbe pensato che sua moglie fosse così assurda da uscire senza nessuna certezza, neanche i soldi per l’autobus; Nicola sembrava imperturbabile.

“Nicola, che sta succedendo?”

“Niente, capo; succede che per qualche mese farai a meno di tua moglie che sarà sottoposta ad un regime di dominio assoluto; se in questi mesi abbassa la cresta, capisce che cos’è una norma e impara a rispettarla, torna a casa ripulita; se non capisce, farà la fine del suo amico Antonio; se non dovesse bastare, andrà a battere su un marciapiede; se hai una ipotesi diversa, fammela sapere.”

Paola era naturalmente preoccupata, da madre.

“Ma sei in grado di controllare la situazione, Nicola?”

Per tutta risposta lui accese il portatile e si connetté in web con una località misteriosa, un seminterrato buio e sporco dove poco dopo arrivò Marina, ancora chiusa in un sacco e incappucciata, e fu appesa per le braccia al soffitto ma coi piedi che toccavano il pavimento; si sentiva che urlava come una gallina; imprecava in tutti i modi, minacciava l’intervento di suo marito, di suo padre e prometteva a tutti torture e dannazioni infernali; si agitava molto e sbraitava; qualcuno le sfilò il sacco e la denudò; le urla diventarono quasi feroci e riempirono il locale; la lasciarono sola e si sentirono i catenacci che venivano chiusi; di colpo, lei cominciò a piangere e ad implorare la mamma e suo marito di aiutarla.

“Capo, Paola, ce la fate a reggere finché non si piega? Io l’ho vista come unica via alla redenzione e l’ho progettata; se a voi fa troppo male, la faccio liberare immediatamente e decidete voi che farne.”

“Per me se ne può anche andare per sempre, mi sento totalmente disamorato e deluso dalla stupidità di una bambina che si rifiuta di crescere.”

“Ma Marina è mia figlia, comunque; io sono ormai allo stremo, dopo mio marito che per l’intervento è diventato impotente e mia figlia che si rivela un’oca giuliva, non so proprio cosa la vita mi possa riservare; Nicola, mi garantisci che non si farà troppo male e che c’è la speranza che rinsavisca?”

“Paola, mi dispiace tanto per te, vorrei aiutarti in qualche modo; stai certa che mi occuperò di lei ogni giorno, ogni momento; non soffrirà più di quanto sia necessario, questo te lo giuro; ma non vedo altre vie per insegnarle il senso delle gerarchie; deve essere sottomessa da qualcuno che neppure conosce, per capire il rispetto del prossimo; per tuo marito, credo che sia una sofferenza enorme; per te, so che eri molto calda e vedo che sei ancora nel pieno del tuo vigore; adesso come farai?”

“Ho parlato con Crescenzo; siamo d’accordo che se trovo da sostituirlo nelle sole funzioni sessuali che lui non può realizzare, lui non ne fa un problema, a patto di essere sempre il mio grande amore; insomma, l’amore a lui, il sesso a un altro; sta veramente male; ora, con questa maledetta storia di Marina, sta certamente peggio; se mi dovesse sapere insoddisfatta e depressa sarebbe il crollo; è chiaro che avrei bisogno di un’alternativa seria, non di occasioni casuali; dovrebbe essere una situazione limpida, aperta e chiara, assolutamente non offensiva per tutti.”

“Se ti dicessi che mi sei sempre piaciuta e che da sempre sogno di fare l’amore con te?”

“In questo momento, con la tensione che ho addosso, con quello che tu rappresenti per me, ti getterei le braccia al collo!”

“Ragazzi, non fatevi scrupoli; lì c’è una camera da letto vuota e inutilizzata; o, se preferite, la camera degli ospiti è sempre praticabile; io farò finta di non sentirvi.”

Paola sembrava prendere una decisione difficile; telefonò a suo marito e, con poche frasi, gli illustrò la situazione, sia per Marina che per se stessa e Nicola; lui le lasciò carta bianca per decidere, se veniva preservato l’amore di sua moglie per lui; era veramente stanco e debilitato; lei allora prese Nicola per un braccio e se lo portò in camera da letto, chiudendo la porta; aveva appena chiuso, che gli si aggrappò al collo, appoggiò la testa sulla spalla e cominciò a singhiozzare senza interruzione; Nicola le accarezzò la testa, la strinse a se e cercò di non farle sentire il vigore del sesso che gli stava montando tra le gambe, nonostante la situazione delicata; ma fu la stessa Paola a cercare il contatto e, mentre le lacrime le scioglievano il mascara e le rovinavano il trucco, sentì i capezzoli farsi durissimi contro il torace veramente forte di lui e la vulva fibrillare quando incontrò la mazza dura e tesa che le titillava il clitoride; lo baciò con una passione smodata e si strusciò su di lui fin quasi all’orgasmo.

Nicola avvertiva ancora qualche residuo di imbarazzo; Paola era comunque la suocera del suo capo, al quale era religiosamente devoto, dopo essere stato uomo di fiducia di suo padre; l’idea di diventare l’amante della donna e, in qualche modo, vincolarsi alla moglie di Enzo, lo spaventava; ma, in fondo, lui era ormai assai vicino ai cinquanta, Paola aveva lasciato alle spalle da un pezzo i quaranta, Crescenzo, suo marito, era fuori gioco ed aveva onestamente accettato che la moglie trovasse un amore fisico che compensasse la sua invalidità, a patto che restasse riservato a lui l’amore spirituale della moglie; quindi, ogni riserva mentale era solo ubbia da cancellare; non ebbe tempo nemmeno per riflettere, perché Paola aveva veramente bisogno di affidarsi a un uomo, a un maschio forse, e si poneva assai meno i problemi di rapporto con sua figlia, capricciosa testarda, presuntuosa e volgare; con suo genero, un bell’uomo sul quale avrebbe fatto anche qualche pensierino se non lo avesse saputo così fedele alla moglie supponente e legato quindi alla sorte che lei avrebbe deciso per tutti e due con il suo comportamento.

Per questo, lo rovesciò supino sul letto, gli si appiccicò addosso come una sanguisuga e andò a baciarlo sensualmente sulla bocca; Nicola non era un pivello ed aveva alle spalle una lunga esperienza amorosa con donne di tutti i tipi; eppure, quel bacio lo stordì, lo prese in testa come una mazzata a tradimento e gli fece vedere tutto rosso, poi tutto azzurro e poi tutto nero; sentì le farfalline agitarsi nello stomaco e provocarlo fino alla gola; sentì nella testa scoppiare fuochi d’artificio; fermandosi un attimo, si chiese cosa gli stese succedendo e si rese conto, tra il sogno e la realtà, che quella donna meravigliosa si stava spogliando per lui, su di lui, con lui; sentì tutti i gangli nervosi di tutto il corpo agitarsi e scattare come per una straordinaria prova ginnica e si sentì onnipotente; la sua mazza raggiunse una dimensione che non aveva mai visto e fu costretto a liberarsi di corsa di pantaloni e slip per lasciarla libera di espandersi nell’aria in tutta la sua potenza.

Paola guardò ammirata il bastone di carne che vide emergere dal corpo muscoloso; neanche in riproduzioni fotografiche o in film porno aveva visto mai una mazza così lunga, massiccia, nerboruta, bella da vedere con una cappella enorme su un’asta elegante; la toccò con la punta delle dita, quasi timorosa, poi la prese a mano piena e sentì il calore irradiarsi dal fallo e percorrerle il corpo fino a scatenarsi nell’utero; ebbe un violento orgasmo solo toccando; vide Nicola quasi altrettanto perplesso che guardava il suo attrezzo con la stessa faccia meravigliata, sorpreso di trovarsi così dotato.

“Non penso che ci siano al mondo molti attrezzi come questo. Non è che mi farai male?”

“No, ti farò solo bene e sarai tu a decidere come e quanto prenderne; voglio amarti, non massacrarti; se non te la senti, risolviamo manualmente.”

“Sei pazzo? E’ il sesso più bello che una donna possa sognare e tu vuoi privarmene prima di farmelo assaggiare? Ma lo sapevi di essere così superdotato?”

“Amore … scusa, posso chiamarti amore quando siamo tete a tete? Lo so che l’amore è per tuo marito e lo accetto senza discussione; ma io posso amarti e, quando siamo soli, posso chiamarti anche amore se mi viene spontaneo? Non è sempre così imponente; non ho una piccola dotazione ma è la prima volta che si erge così prepotente; sono certo che sei tu ad ispirarmi tanta passione, tanta voglia, tanto amore.”

“Lo so che mi ami, come tu sai che io l’amore posso darlo solo a mio marito, che lo merita ampiamente; ma nessuno può proibirti di chiamarmi amore, se ne hai voglia; io qualche volta me lo lascerò scappare, perché non potrei fare sesso con te se non ti amassi almeno mentre ci accoppiamo; quindi, è tutto lecito, anche che tu mi massacri con questa bestia meravigliosa che mi darà tanto amore dappertutto.”

Nicola le montò addosso con mille cautele, quasi temesse di spezzarla come una statuina di cristallo; Paola, che era ben più forte di quel che lui pensava, se lo strinse addosso e con una mano guidò il mostro tra le cosce finché la punta toccò l’ingresso alla vagina; lo afferrò per le anche e se lo strinse addosso costringendo il fallo ad entrare fino all’utero; l’impatto fu forte e provò quasi dolore mentre la mazza riempiva abbondantemente il canale vaginale e lo percorreva con la sua enorme mole finché la punta urtò con violenza la cervice; Paola lanciò un urlo frenato poi cominciò a gemere sensualmente e Nicola dovette fare sforzi enormi per frenare l’orgasmo che montava; lei lo invitò con gli occhi e con le mani a montarla e lui cominciò l’andirivieni del mostro nel ventre della donna; lei sentiva centimetro per centimetro il sesso che avanzava nel suo corpo, lo percorreva, lo domava e se ne impossessava; poi accavallò le gambe sulla schiena di lui e si strinse con il pube al suo, fino a sentire i peli pungere il suo monte di venere; gli urlò di venirle dentro, di riempirla d’amore e Nicola si lasciò andare; il fiume di sperma che si riversò nell’utero fu irrefrenabile e, quando sfilarono la mazza dalla vagina, si disperse in gran parte sul lenzuolo.

“E’ stato meraviglioso; una copula così non la proverà mai più nessuno; sei immenso, sei un grandissimo amante, delicato, possente, dolce, intenso. E’ stato meraviglioso!”

“Paola, ti amo; voglio essere il tuo uomo, sempre. No, non voglio fare la guerra a tuo marito; ti amo anche per questa capacità che hai di affrontare razionalmente i momenti più emozionanti; voglio essere il tuo uomo di letto, e scusa se il gioco di prole è troppo facile; voglio darti tutto l’amore di cui sono capace e tutto il sesso di cui hai bisogno; voglio riempire la tua vita dove gli altri non possono ed anche rubarmi un poco di quello che gli altri potrebbero reclamare. Riesci ad essere mia con questi limiti?”

“Sei l’imbecille più amabile del mondo; non mi provocare più, per favore, ho il dovere di resistere ma se non mi aiuti, non ce la faccio; sono tua, totalmente, assolutamente, indissolubilmente tua, nemmeno mio marito può più avere il mio corpo; lo do solo a te. Hai sentito quell’imbecille di mia figlia? Solo per dedicare la vagina ad Enzo, pretende di dominarlo; io faccio lo stesso ragionamento, di base; il mio corpo da questo momento è tuo, puoi farmi quello che vuoi, se siamo unanimi; ed io voglio la prelazione, non l’esclusiva; non sei uno che rimane fedele! Voglio la precedenza su tutte le donne del mondo; voglio dedicarmi a te come all’uomo del mio piacere infinito, fisico e mentale; ma voglio che almeno in parte tu sia veramente mio. Ce la fai?”

“Io ti amo; è riassunto qui il mio impegno; sono il tuo uomo, solo tuo; non ho bisogno di altro sesso; il tuo è sufficiente a farmi andare in paradiso ed io ci voglio andare spesso, anche ogni giorno. Lo hai detto e lo ribadisco. Non turberemo nessuno, non offenderemo nessuno; ma sarai il mio amore e sarò il tuo compagno di letto. D’accordo?”

“D’accordo; ma adesso, sei pronto ad un nuovo assalto? Ti ho appena assaggiato e aspetto di sentirti …”

Le settimane passavano lente e difficili; Paola e Nicola avevano intrecciato una relazione decisamente importante; secondo gli accordi, lei continuava a condurre la sua vita vicino a Crescenzo, suo marito, occupandosi di lui e degli affari comuni con l’impegno e con l’entusiasmo di sempre; Nicola continuava a fare il suo lavoro di uomo di fiducia di Enzo; si incontravano tutti i giorni praticamente, ma mai a casa di lei, per rispetto ad una intesa tra Paola e suo marito, per cui la camera da letto restava tabù; si incontrava con Nicola prevalentemente a casa di Enzo, dove lui si muoveva con assoluta padronanza e la camera degli ospiti ci mise poco a diventare, quasi ufficialmente, l’alcova dei loro incontri.

Enzo si era ormai sganciato dall’idea di essere il marito di Marina e aveva cominciato a portarsi a casa moltissime ragazze, tra cui le preferite erano, per una sorta di contrappasso non dichiarato, le amiche della moglie ormai ex, dal momento che aveva ottenuto la dichiarazione di abbandono del tetto coniugale e la pratica per la separazione era ormai alle fasi conclusive; una di quelle, Rachele, era decisamente più presente ed appassionata delle altre ed era chiaro il suo desiderio di sostituire Marina nel cuore e nel letto di Enzo; ma in fondo era la prima a riconoscere che lui sceglieva le amanti tra le amiche della moglie proprio perché continuava a provare per lei un amore sconfinato che neanche la proclamata affermazione che fosse fuggita con un amante riusciva a scalfire.

In realtà, sia Enzo che Paola e, soprattutto, Nicola, erano quotidianamente aggiornati sulle vicende di Marina che continuava a fare la prigioniera ribelle e testarda; nei collegamenti video che giornalmente realizzavano, verificavano che la donna non defletteva dal suo atteggiamento di signora offesa che reclamava il rispetto della ‘sua‘ verità e chiedeva di essere messa a confronto con qualcuno che potesse decidere; non teneva in nessun conto il fatto che parlava al vento, che nessuno le rispondeva, che la lasciavano nella sua prigione, legata quando c’era qualcuno con lei, o libera, quando era sola, di rotolarsi nelle sue stesse feci, come da qualche settimana faceva abitualmente per un assurdo sprofondamento voluto e cercato sempre più nell’aberrazione anche fisica; chiedeva di suo marito, chiedeva di sua madre e nessuno le diceva neanche una parola; al limite della follia, picchiava contro i muri, sbatteva la testa sul pavimento fino a sanguinare e creava non poco disagio anche nei controllori.

In una occasione, Paola convinse Nicola ad andare a trovarla, ben camuffati e senza aprire bocca; la ragazza, legata, sembrò avvertire il tono diverso dei due visitatori e li implorò di avvisare sua madre e suo marito che aveva bisogno di parlare, di spiegare; Nicola si limitò a innaffiarla con un tubo di acqua tiepida, per liberarla dalle scorie di sporco che ormai la sommergevano; Paola la andò ad asciugare, ma dovette guardarsi dai calci che Marina le tirava per ribellarsi anche a quella cortesia; alla fine della visita, anche la madre fu costretta ad ammettere che la figlia era ormai irrecuperabile e che la cosa migliore era lasciarla al suo destino.

Qualche giorno dopo, Marina venne lasciata nei pressi della casa di Enzo; legata ed incappucciata, sporca e fetida come una latrina; quando riuscì a liberarsi, si accorse che era vicino alla ‘sua’ casa e si precipitò a bussare al campanello; erano lì, naturalmente, Nicola, Enzo e Paola che aprì la porta, la guardò con aria schifata e le ordinò di andare sotto la doccia perché faceva così schifo che nessuno avrebbe osato neanche darle la mano; a coda ritta, la ragazza andò in bagno si lavò a lungo e chiese dei suoi vestiti; Enzo, in perfetto silenzio, le passò un camicione da casa senza forma e senza valore; lo prese in silenzio.

“Io vado alla polizia a denunciare che mi hanno rapito e sequestrato per sei mesi!”

Annunciò quasi trionfante; le risposero tre sorrisi scettici; non se ne diede per inteso, andò e tornò dopo un’ora con un diavolo per capello; si rivolse alla madre.

“Non mi credono! Capisci?! Dicono che sono scappata col mio amante; io non ho un amante non ho mai avuto un amante; io sono stata e sono fedele a mio marito.”

“Vuoi dire ex marito!”

“Perché ex? Noi siamo sposati; Enzo, non è così?”

Lui non si curò di rispondere; Paola dovette spiegare.

“Figlia mia, tu dici che non hai un amante, che sei stata rapita; nessuno ti crede, nemmeno io, tuo padre e tuo marito; se non ti credono le persone a te più care, come puoi sperare che ti credano la polizia e gli estranei? Sei in grado di individuare i presunti rapitori? La tesi del giudice, quella che ha fatto dichiarare nullo il matrimonio, è che tu sei fuggita con un amante, ci hai convissuto per sei mesi e, quando lui ti ha mollato, sei tornata da tuo marito sperando di ingannarlo; ma già ci sono state testimonianze che da sempre tu frequenti locali con giovani prestanti coi quali ti appartavi nei bagni, compreso quello che fu oggetto di una fustigazione; il giudice ha stabilito che sei un’adultera incallita e che sei scappata da casa; il matrimonio non esiste più e tu devi trovarti un posto dove andare. Non sperare di venire a casa nostra. Chiaro?”

Marina era decisamente stravolta.

“Mamma, ma tu sei mia madre? E allora perché non ti sforzi di credermi?”

“Perché da sempre hai detto menzogne; finalmente ho capito, anche se tardi, che non devo più darti spago; mi dispiace, ma anche tra noi è tutto finito; non ti resta più niente, tranne il tuo stupido orgoglio!”

Sta piangendo a calde lacrime, la donna; e il suo dolore è vivo e chiaro a tutti; in quel momento bussano alla porta, Enzo va ad aprire e accoglie Rachele che lo abbraccia e lo bacia appassionatamente; Marina è impietrita; i due vanno direttamente nella camera da letto; a quel punto anche Nicola e Paola si prendono per mano e vanno verso la camera degli ospiti.

“Mamma, ma che succede? Enzo e Rachele? Tu e Nicola? Che succede?”

“Bada che non sei la sola ad avere diritto ad un amante. Ti avviso anche che tuo padre, dopo un intervento chirurgico molto serio di cui tu non ti sei mai neanche per errore preoccupata di informarti, non è più in grado di fare sesso; abbiamo concordato che per questo posso avere una relazione, chiara ed esplicita anche a lui, con Nicola che mi ama da sempre e che adesso è il mio uomo di letto, se sei in grado di capire il gioco di parole, povera imbecille!”

A Marina non resta che sedersi su una sedia della cucina, con la testa tra le mani, a riflettere sulla sua vita e su questi strani eventi; la sua ostinata caparbietà non le consente di vedere al di là di una sua logica; ha sempre pensato che la fedeltà matrimoniale fosse una base su cui poggiare la fiducia reciproca e su cui non avesse peso il giudizio della gente; scopriva invece che la voce dei pettegolezzi poteva distruggere la sua verità e far passare lei per troia, suo marito per cornuto e i suoi amici per amanti; peggio ancora, che questa convinzione diventasse la verità di tutti e la sua invece fosse la verità di una povera cretina.

Aveva sempre ritenuto che bisognasse essere fedeli fino alla fine; e scopriva che suo padre consentiva a sua madre di avere una relazione con un altro perché lui si era ammalato; a pensarci con calma, forse era proprio un grande gesto d’amore, perché lei sapeva quanta gioia ci fosse nell’amore fisico e, da quanto sapeva anche da suo padre, Paola era una donna molto calda; però questo non toglieva che sua madre si comportava come un’adultera; mentre avanzava nella riflessione, Marina si rendeva conto di appigliarsi a tutto per affermare il suo punto di vista e ignorava sia quello di sua madre, che comunque amava infinitamente suo marito, anche se adesso era a letto con Nicola, che non era una cattiva persona; sia, soprattutto, quello di suo padre, persona meravigliosa che lei stava condannando per avere deciso con buonsenso anziché, come lei, con l’empito di un presunto amore arrogante ed egoista.

Ma Enzo, perché stava facendo l’amore con la sua amica, una che non era poi così fedele, da quel che si diceva; ecco, ‘da quel che si diceva’; anche lei stava dietro ai ‘si dice’ e pretendeva che non si usassero nei suoi confronti; ma perché suo marito aveva scelto proprio Rachele?; non resistette a lungo e andò ad origliare, prima alla camera degli ospiti, poi alla camera da letto; e furono scoperte sconvolgenti; prima di spiare dentro, sentì il dialogo e rimase senza fiato quando Nicola elogiò il didietro di Paola e minacciò di sfondarglielo; lei non pensava neanche da lontano che si potesse fare sesso nel deretano; e invece sentiva sua madre che lo incitava a spingere, a farle male, a non curarsi se era troppo grosso per il suo buco; aprì uno spiraglio di porta e la vide carponi con lui che le infilava nel didietro una mazza enorme, spaventosa; Paola lo incitava e godeva; quando lui usci, lei si precipitò a prendere in bocca quell’asta che era appena stata nel suo retto; Marina si trattenne a stento dall’urlare.

Davanti alla porta della camera da letto, ebbe un insegnamento opposto; i due stavano parlando, ma non con la violenza di Paola e Nicola; Rachele suggeriva al suo ex marito, non ancora riusciva a dirlo facilmente, di non continuare a tormentarsi insistendo a copulare con le sue amiche, mentre il desiderio vero era quello di recuperare il rapporto con sua moglie.

“Lo so che mi hai voluto qui nel tuo letto perché Marina è tornata e tu hai paura di cedere ancora ai suoi ricatti. Ma lei è stupida a mantenere un atteggiamento impossibile; e tu sei altrettanto stupido a non mandarla al diavolo per sempre; quella donna non è in grado di capire, è tarata; per lei il sesso e l’amore sono elementi di un gioco, non pilastri della vita come sono in effetti. Quando ti sarai convinto che devi solo lasciarla a se stessa e farla finire a prostituirsi per sopravvivere, se mi vuoi io ci sarò; finché sarai innamorato di lei, faremo anche solo sesso perché mi piace farlo con te che sei grande a letto, ma non ti illudere di avere fatto passi avanti. Adesso, per piacere, fammi godere e riposati come fai sempre.”

Vide il marito montarla quasi selvaggiamente e le prese un forte prurito alla vulva, sentì gli urli di goduria di lei, poi Enzo si scaricò e Marina dovette sparire; si rifugiò in cucina e mise su il caffè, certa che qualcuno avrebbe gradito; Rachele andò in bagno, forse per lavarsi dopo la copula, poi passò dalla cucina e si sedette al tavolo; indossava una vestaglia di Marina, una di quelle che la donna amava di più, e sembrava crogiolarsi nell’abito come in un lavacro.

“Chi ti piace di più, la mia vestaglia o mio marito?”

“Io, di te, voglio tutto, non solo la vestaglia e il marito, ma il guardaroba, i privilegi che non sai riconoscere, l’amore che non sai apprezzare.”

“Perché fai sesso con Enzo?”

“Senti, bella; io con tuo marito non faccio sesso, faccio l’amore, tanto amore, ci metto tutto quello che so dell’amore e cerco di imparare quello che non so per riuscire a farmi amare.”

“Perché non ci riesci? Bada, Rachele, non voglio né offenderti né provocarti; ti prego, se ancora conservi un po’ d’amicizia per me, aiutami a capire … “

“Va bene, voglio crederti; non ci riesco perché è innamorato di te; sta copulando intensamente con tutte le tue amiche sperando di trovare in ognuna qualcosa di te, perché è te che ama; e sa benissimo che tu non lo sai amare … aspetta, non dico che non lo ami; tu a modo tuo lo ami alla follia, ma solo a modo tuo, lo capisci? Tu non sai accettare il punto di vista di un altro, tu non sai vivere come vorrebbero tutti o almeno quelli che ti amano; tu sei ferma sulle tue convinzioni e fai un mondo di  c.. stupidaggini perché neppure vuoi capire che cos’è l’amore; non è quello che tu decidi, è un insieme di elementi chimici che fanno comprensione, solidarietà, complicità; tu non riesci ad accettare una penetrazione che non sia quella che ti detta la coscienza religiosa e poi ti ribelli a tutte le altre leggi della vita.”

“Cosa faresti tu, se fossi al mio posto?”

“Mi riprenderei mio marito, ricomincerei da zero, mi farei sverginare di nuovo, da tutte le parti, soprattutto dove ritenessi sporco e vergognoso, gli darei anche l’anima e lo implorerei di farmi schiava del suo, del mio, del nostro amore, del nostro sesso; non starei a ribellarmi ad uno che mi adora e che mi darebbe la luna se gliela chiedessi.”

“E tu pensi che lui mi ami fino a questo punto?”

“Amica, io non penso; io so, perché me lo dice lui ogni volta che sta con me, perché lo ha detto a tutte le tue amiche con le quali ha copulato; perché è un’anima in pena che non trova pace perché tu lo stai consumando dentro e solo per questo dovresti essere condannata a morte.”

Non riusciva a darsi pace, la poveretta; irruppe quasi con furia nella camera degli ospiti e i due non fecero in tempo a staccarsi o a coprirsi.

“Marina, ma che diamine … un po’ di buonsenso … non si entra così in una camera chiusa a chiave … “

“Mamma, non è il caso di fare problemi; devo capire in che cosa ho sbagliato; devi farmi vedere, non raccontarmi o spiegarmi perché è troppo tardi per le parole, voglio vedere coi miei occhi come fa l’amore una donna innamorata e che io amo come amo te!”

“E non stai lì a condannarmi perché faccio l’amore un altro che non è tuo padre?”

“Non continuare a prendermi in giro. Fammi vedere che cosa fate per amore!”

Nicola si staccò da Paola e pazientemente cercò di chiarire.

“Senti, Marina, certe cose si possono anche indicare o far vedere, ma devono venire da dentro, dall’entusiasmo, dalla passione, dall’amore; io credo che tu voglia riconquistare Enzo; se tu veramente ami tuo marito, non ti dobbiamo far vedere niente; deve essere il tuo corpo a suggerirti che cosa vuoi dargli, che cosa accetti che si prenda, che cosa decidete insieme di fare; la prima e più importante cosa è dimenticare l’orgoglio, che è il vero nemico dell’amore; poi vedrai che le cose da fare saranno infinite.”

Marina tornò in cucina dove si sedette con Rachele a versare il caffè nelle tazze; la guardò con occhi quasi piangenti e si rese conto che era comunque una sua amica che se ne stava lì sospesa, sapendo quanto le divideva il desiderio dello stesso uomo e la coscienza che avrebbe dovuto rinunciare perché lui amava sua moglie; arrivarono anche Paola e Nicola e si fermarono a bere il caffè.

“Marina, che fai allora?”

“Mamma, non lo so; non riesco neanche ad immaginare cosa potrei fare per riprendere a dialogare con il mio ormai ex marito … “

“Perché non provi a farci sesso, tanto per cominciare? Hai detto che lo ami? Amalo! Hai detto che sei disposta a tutto? Fatti sverginare dappertutto! Se ormai sei una ex, hai almeno il diritto di chiedere quello che ha dato a tutte noi, ore di passione, di sesso, di amore; chiedigli di fare l’amore con una sconosciuta amica della ex moglie e dimostragli che lo ami più di chiunque altra. Per lo meno, provaci …”

“Guarda che Rachele ti ha dato il consiglio giusto; se è vero che all’improvviso stai cambiando registro, il primo a saperlo deve essere Enzo … “

“… che non è ancora il tuo ex, se davvero tu sei disposta a fare quello che dici … “

Enzo era apparso all’improvviso, uscendo dalla camera dove fino a poco prima copulava alla grande con Rachele; Marina gli andò incontro e gli prese solo le mani.

“Non dicevo per dire; ti amo al di sopra di qualunque cosa al mondo; ho commesso molti errori e ho fatto molto male a tanti; ma ti amo, ti ho sempre amato e non smetterò mai di amarti; adesso ti voglio anche, con tutta me stessa, e farei qualunque cosa per dimostrartelo; non mi importa se hai sciolto o no il matrimonio; voglio te, voglio il mio Enzo; e voglio darti tutto quello che si può dare ad un uomo che si ama.”

“Vieni a dimostrarmelo!”

Enzo la prese per un braccio e la guidò verso il bagno; poco dopo si sentì lo scroscio dell’acqua della doccia e le urla di piacere di Marina che incitava il marito a continuare, a non fermarsi, a orinarle dentro; Nicola abbozzò un sorriso sornione e le due donne lo guardarono con aria interrogativa; lui si limitò ad accennare a una doccia; Rachele gli chiese se era una pioggia dorata quella che stava facendo Enzo.

“Si, ma dentro!”

Corresse Nicola.

“Dentro? Che significa?”

Ambedue le donne erano alquanto perplesse; sapevano della pioggia dorata e l’avevano anche sperimentata, ma addosso; quella di cui parlava Nicola avviene dentro la vagina con lui che la penetra e le orina nell’utero mentre lei scarica sulla mazza la sua vescica; lo sguardo di Paola era di quelli che annunciano che proveranno anche quello.

“Sai, amore; riuscirci presuppone anche avere una bella dotazione per penetrarti da davanti, in piedi, nello spazio del box doccia e poi scaricarti dentro e addosso tutta la vescica; hai presente la sensazione dello sperma spruzzato nell’utero? Beh, in quel modo sarebbe come eiaculare per alcuni minuti!”

“Amore mio, stavolta sono io a chiamarti così, senza problemi; appena quei due liberano la doccia, tu mi fai assaggiare; la dotazione ce l’hai giusta, io sono molto ricettiva con te, voglio urlare come sta facendo mia figlia adesso, la tua doccia amorosa mi deve sconvolgere!”

“Nessun problema; avremo tempo per farlo spesso; a me piace un sacco, ma non l’avevo mai proposta perché non sapevo come potevi reagire … “

“Strizzandolo fino a disseccartelo, imbecille; tutto mi devi insegnare, tutto quello che sai, senza falsi pudori e solo con l’obiettivo di darci piacere, intensità e tu anche amore, tanto amore … ”

I coniugi erano usciti dal bagno con l’aria estatica di chi ha visto il paradiso; Rachele si alzò e si diresse verso la camera da letto con l’aria di un cane bastonato; si fermò un attimo a carezzare Enzo sul viso.

“Rachele, non prendertela; tu stessa mi hai detto che amavo troppo mia moglie.”

“Nessun problema; sono felice per te; lei è molto più bella di qualunque altra di noi; ti ama assai di più di quanto potessi amarti io ed anche più di quanto la ami tu; e, se proprio vuoi saperlo, per quello che si sa, ti è stata sempre fedelissima, è stata certamente solo tua, almeno fino a questo rapimento di cui lei parla … “

“Anche lì è stata fedelissima; la mia bambina almeno in questo è stata meravigliosa.”

“Mamma, e tu che ne sai?”

“Non ti ricordi che ti ho asciugata dopo che Nicola ti aveva ben lavata? … “

“Eravate voi, allora? … Maledetti, mi vedevate soffrire e stavate lì … “

“Credi che la lezione non sia servita?”

“Enzo, anche tu sapevi?”

“No, all’inizio non sapevo; poi mi hanno detto, ho visto ed ho deciso che era l’unico modo per convincerti a mettere da parte l’orgoglio … ci sono riusciti, mi pare … “

“Mamma, anche tu sei stata complice … “

“Io ho capito una sola cosa; se ti avessi dato qualche scapaccione in più, quando facevi i primi capricci, non saremmo arrivati a questo. Adesso vuoi di nuovo innalzare le barricate?”

“No, no; non voglio recriminare su niente; sto cercando di capire quanto amore e quanta cattiveria c’è in tutto questo … “

“Marina, non hai capito ancora che l’amore è anche sofferenza, qualche volta? Non riesci a realizzare che se ti fai sverginare dietro ti farò tanto male quanto non ne immagini? … “

“Può darsi; ma mia madre ha accettato nel sedere una mazza mostruosa come quella di Nicola, Rachele sono certa che si è fatta possedere analmente anche da te che non scherzi; solo io sono la stupida che si è nascosta dietro al dito per non darti il piacere di stuprarmi con tanto amore. Sono ancora in tempo per chiederti di farmi tanto tanto tanto male con la tua mazza che adoro, che amo, che voglio per me anche se è chiaro che non me la dai più in esclusiva, visto che l’hai prestata in giro con successo … “

“Imbecille, l’ho prestata in giro perché tu eri scomparsa; l’ho usata con le tue amiche perché volevo sfondare te, dappertutto, anche per usarti violenza; non riesci neanche a capire che se gli da tanto amore quanto lei ne sa dare, tuo padre accetta anche che tua madre dia tutto il sesso che sa dare ad un’altra persona che le è cara, anche se non può e non vuole amarlo; l’amore a chi ne ha diritto, il sesso a chi ti da piacere. Ho dato sesso quanto ne volevano e quanto ne volevo io, ma amavo te, stupido amore mio, amavo solo te e ti sarei stato anche sempre fedelissimo se la fedeltà fosse stata una scelta e non un’arma di ricatto.”

“Io ti ho sempre scelto; non ho mai pensato di ricattarti; per lo meno, non mi rendevo conto di farlo, coi miei discorsi; ho già detto che ho sbagliato molto e credo di avere pagato abbastanza; vuoi ancora giudicarmi e condannarmi? Allora non ci potrà essere più vita tra noi, ma solo un quotidiano esame degli errori commessi; non mi faccio mettere da parte, anche se non riesci a dimenticare; ti amo e voglio essere tua; se ti va, prendimi come sono; se non ti va, posso solo piangere sui miei errori … “

“Mi stai frastornando! Io sono abituato a tenere testa a decine di persone su temi delicatissimi e non perdo mai la tramontana; tu riesci a mandarmi fuori di testa; tu mi procuri tante di quelle emozioni violente che il mio equilibrio mentale è messo a dura prova; e per te tutto sembra lineare … “

“LINEARE UN C… Lineare un corno! Sto soffrendo; anche in questo momento non faccio che piangere i miei errori e tu non cerchi di aiutarmi, stai lì a giudicarmi, a rimproverarmi il passato; mi avete massacrato, mi hai cacciato via, non vuoi riprendermi anche se te lo chiedo in ginocchio. Mi vuoi amare, almeno una volta, come vuoi tu, con l’arroganza del maschio, con la violenza del padre - padrone, con la presunzione del marito … Mi vuoi dare il tuo amore? Vuoi prenderti la mia verginità, quella del corpo, quella dell’anima, quella dell’arroganza umiliata? Enzo, vuoi amarmi davvero? … E allora fammelo sentire dentro, dappertutto. Forse riusciremo a capirci, forse riuscirò a farti sentire che ti appartengo davvero. Vuoi, amore mio?”

Rachele stava uscendo dalla camera da letto, vestita di tutto punto con uno dei suoi abiti preferiti; si fermò accanto a lui e la costrinse a baciarla con passione; lui lo fece … e non controvoglia.

“Marina, grazie per l’abito meraviglioso che mi prendo a compenso del marito che ti lascio; non lo mollare; è uno str … come tutti i maschi ma è unico e meraviglioso; te lo dice una che di maschi se ne intende. E tu, sciocco, cosa aspetti a sfondarla e a farle sentire che ti ama e che le appartieni come tu la ami e lei ti appartiene? Ah, per favore; quando la penetrerai analmente la prima volta, pensa a me che vorrei essere al suo posto in quel momento, per inchiodarti al mio amore e impedirti di andartene; lei non se ne da conto, ma io so che quando le sfonderai il canale rettale le avrai giurato davanti a dio che amerai sempre e solo lei. E ti giuro che mi fa tanta rabbia sapere che tra non molto sarete una cosa sola, perché è già così.”

I due coniugi restarono come incantati a guardarsi, di fronte ad una verità che era quella di loro due e che gli veniva quasi rivelata dall’ultima persona al mondo che avrebbe voluto farlo; Marina lo prese per la mano.

“Enzo, vuoi darmi una nuova luna di miele?”

Non rispose e la guidò verso la camera da letto; Paola li fermò.

“Ragazzi, non potete andare così; senza lubrificante, mi ammazzi l’unica meravigliosa figlia che ho!”

Nicola era andato nella camera degli ospiti e passò ad Enzo un tubetto.

“Siate saggi e cauti.”

I due si chiusero in camera.

“Nicola, la doccia è libera, mi pare. Che ne dici se ne approfittiamo?”

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