Dopo parecchie settimane di lavoro particolarmente intenso, durante il quale io – chiamatemi Elena – e mio marito Claudio ci eravamo a malapena visti, era finalmente arrivato un giorno di pausa, e non avevamo esitato a organizzarci per passare la sera insieme, prima con una romantica cena, per finire poi la notte nella suite di un albergo di lusso. Dato che occasioni del genere si facevano sempre più rare, e il matrimonio andava regolarmente innaffiato con svago del genere, entrambi non vedevamo l'ora di uscire, sentivamo le farfalle nello stomaco, eravamo visibilmente eccitati: io non esitavo a stuzzicarlo ancor di più baciandolo sensualmente e senza alcuna ragione, lui mi toccava e infilava le sue mani ovunque; ci mancò veramente poco che non lo facemmo sul pavimento della cucina. Tuttavia resistemmo, e giunta l'ora, cambiatici, eravamo pronti a uscire: Claudio scelse per sé un look ordinario con jeans e polo, io preferii un tubino casual, nero ma non eccessivamente scollato, con sotto degli stivaletti bassi e intorno alle spalle un foulard a fiori.
Saliti in macchina, partimmo per il nostro ristorante preferito; ma, una volta arrivati e sedutici, non stavo già più nella pelle: a metà della cena mi slacciai lo stivaletto e passai il resto del tempo a far piedino a Claudio, accarezzandogli con le dita dei piedi la gamba o saggiando con la pianta l'enorme erezione che gli stringeva i jeans. Lui ansimava sempre di più, ma non mi fermò, e continuai anche quando la bella cameriera venne a portarci il conto. Non riuscii ad aspettare l'arrivo in albergo: una volta ritornati alla macchina nell'isolato parcheggio del ristorante e, complice la bottiglia di vino che avevamo finito, certi che saremmo stati coperti dalle altre auto ferme ai nostri lati, mi lanciai su di lui per mettergli la lingua in bocca. Quando iniziai a slacciargli i pantaloni, lui non mi fermò, ma mi disse:
«Sicura, Eli? Qui ci possono vedere…»
«Ne ho così voglia, stasera, che farei di tutto».
Con una scintilla di eccitazione negli occhi e il respiro che si faceva pesante, Claudio si tirò fuori l'asta eretta e io mi tuffai su di lei con la bocca, iniziando a succhiarne la punta, spingendomelo fino in gola o leccandolo per tutta la sua lunghezza. Purtroppo, dopo qualche minuto le frecce di una di una delle macchine che ci copriva lampeggiarono e in avvicinamento c'erano i proprietari, perciò mio marito fece per avvertirmi. Per un solo attimo, mi venne voglia di fregarmene e continuare a succhiare, né lui sembrava interessato a farmi smettere, ma per evitare guai mi staccai e tornai a sedermi composta.
Ansimante ed eccitato, Claudio accese il motore dell'auto e, ingranata la retromarcia, la fece uscire dal parcheggio, ma senza che si fosse rimesso in ordine i pantaloni scesi a metà coscia. Leccandomi le labbra, io fissavo intanto più di quanto fosse lecito il suo pene, lucido per la mia saliva, eretto e pulsante. Senza che da me provenisse anche solo un commento, lo vidi uscire dalla strada che ci avrebbe portato in albergo e iniziò a percorrere le strade più isolate di una via industriale. Capito il messaggio, rimisi la testa tra le sue gambe e continuai a succhiarglielo, ma stavolta misi anche una mano tra le mie gambe per stuzzicarmela. Il cuore, che già per l'eccitazione mi batteva forte, quasi esplodeva tutte le volte che lui mi diceva di una macchina in arrivo; eppure, invece di rimettermi comoda, tutte le volte che venivo così avvertiva, spingevo la faccia più a fondo per nascondermi, facendolo impazzire per la goduria. In questa posizione gironzolammo per un po' alla ricerca di un posto dove fermarci.
Non mi resi immediatamente conto che Claudio aveva rallentato e iniziato a girare il volante più spesso del normale, ma mi svegliai dalla mia eccitazione quando si fermò.
«Che fai?» domandai io in un sussurro, alzando la testa per tornare a sedere. «Quanto ci metti a trovare un posto?»
«Forse l'ho trovato» ribatté lui frenando e portando la mano al tasto per abbassare il finestrino.
Non riuscendo a capire dov'eravamo, presi a guardarmi intorno: stavamo gironzolando in un parcheggio semibuio, in cui c'erano ferme solamente poche macchine, ma tutte con i fari di posizione accesi. Molto in lontananza c'era un locale illuminato, ma a parte questo intorno al parcheggio non si vedeva nulla per chilometri. Claudio aveva parcheggiato di fianco a una bella macchina costosa, i cui proprietari mi avevano sicuramente vista alzare la testa dal pompino. Impazzendo per l'imbarazzo, la prima cosa che feci fu quella che più ovviamente avrebbe rivelato dov'era stata la mia bocca: pulirmela.
«Tranquilla…» mi sussurrò Claudio sicurò di sé e senza rimettersi in ordine di pantaloni, quindi attese che anche gli occupanti della bella macchina costosa abbassassero il finestrino.
«Buonasera!» esclamò cortese l'uomo alla guida con un sorrisetto che rivelava come avesse notato il mio movimento.
«Come va?» domandò la donna al posto del passeggero.
«Molto bene, grazie» replicò cortese Claudio. «Siete qui per aspettare qualcuno in particolare?»
«Mhm» mugolò la donna sensuale e lanciandoci un'occhiata emblematica. «Magari stavamo aspettando proprio voi…»
«Beh, vedete» replicò pronto mio marito, «avevamo una prenotazione, ma è saltata, perciò eravamo alla ricerca di un'alternativa per passare una serata divertente».
I due si guardarono a vicenda e guardarono poi noi, apprezzandoci. La donna lanciò distintamente degli sguardi insistenti a tutto ciò che di me riuscisse a vedere dalla sua posizione. Eccitata com'ero, non potevo negare di gradire tutto quell'interesse.
«E allora vediamo che si può fare!» ribatté la donna in modo allusivo. «Comunque io sono Erica e lui Matteo. Piacere!»
«Io sono Claudio e lei è Elena» si presentò mio marito.
«Perché non venite a fare due chiacchiere in macchina con noi?»
Mio marito si voltò verso di me e con lo sguardo chiese il mio parere. Mentre la testa mi chiedeva ossessivamente cosa stessi facendo, portai le labbra al suo orecchio per chiedergli.
«Sei sicuro? Non sappiamo neanche chi sono».
«Hanno una macchina che costa sei volte la nostra. Non sono pericolosi, sono soltanto eccentrici» replicò lui al mio.
«Va bene, veniamo volentieri» risposi allora io verso i due nell'altra macchina, che sorrisero di piacere.
Posteggiata meglio la nostra macchina, Claudio si risistemò i pantaloni e, scesi entrambi, salimmo sul macchione dei due, i cui interni si rivelarono parecchio lussuosi, mentre il sedile posteriore in pelle nera era grande come il divano di casa nostra. Una bella e forte luce si accese quando salii dalla mia parte, ma subito si soffuse una volta chiuse la portiere, lasciandoci avvolti in un'atmosfera intima dove i lineamenti di tutti e quattro non erano molto chiari. Una luce più chiara veniva dai lampioni che illuminavano il parcheggio, ma che in realtà non era molto utile. Con il cuore che batteva, sedetti dietro l'uomo e mio marito dietro la donna, che si voltarono a guardarci allungando poi le mani per stringercele.
La donna aveva qualche anno in meno dell'uomo, ma la sua bellezza era stata già alterata dalla chirurgia: aveva capelli rossi lunghi fino alla schiena e ben pettinati, dei lineamenti dagli zigomi alti e ricoperti da un trucco elegante, le labbra tinte di rosso invece erano naturalmente carnose e sorridevano sensualmente verso me e mio marito. Io, con i miei capelli tinti di biondo scomposti per tutto il trambusto in macchina con Claudio, al suo confronto mi sentivo orgogliosa solo perché i suoi seni enormi, rifatti e stretti in un top costoso erano più grandi dei miei, assolutamente naturali, soltanto di una taglia. Voltandomi a guardare Matteo, vidi che era un uomo distinto, della nostra età, dai capelli castani e curati, gli occhi azzurri e un viso molto bello. Al confronto, mio marito era sciatto con i suoi capelli neri e la corporatura ordinaria. Non riuscii a evitare di fissarli entrambi più di quanto fosse necessario e lei se ne accorse sorridendomi.
«Allora, Elena» mi domandò maliziosamente Erica, incoraggiata dal mio atteggiamento. «Dove ti nascondevi quando vi stavate avvicinando con la macchina? Sei comparsa tutta a un tratto…»
Il mio cuore aumentò di velocità ancora e per tentare di calmare il respiro accelerato che mi stava dominando attesi qualche secondo prima di rispondere, ma ebbe solo l'effetto di aumentare la tensione.
«Diciamo…» balbettai io ridendo imbarazzata. «Diciamo che stavo cercando qualcosa sotto il sedile di mio marito».
«Sì, lo cercava da quando siamo saliti in macchina, usciti dal ristorante…» commentò allusivo Claudio.
«E l'hai trovata quella cosa o devi cercarla ancora?» chiese ancora Erica con un tono che non lasciava dubbi sul senso di quelle parole.
Per fortuna, la penombra coprì il rossore prodotto dalla vampata di calore che mi procurò quella domanda. Risi per nascondere l'eccitazione e tacitai la vocina nella mia testa che dava voce alla ragione.
«No, non l'ho trovata, ma se non vi disturba potrei cercarla ancora» risposi io cercando di non far notare che mi ero leccata due volte le labbra mentre rispondevo.
«Nessun disturbo» assicurò subito Erica. «Ti prego, continua a fare quello che stavi facendo prima di salire in auto».
Mi voltai verso Claudio, che, senza esitare e incredibilmente eccitato di fare cose del genere in presenza di due sconosciuti, si sedette a gambe aperte verso la mia direzione, e posai una mano sulla sua erezione iniziando ad accarezzarla attraverso il tessuto dei jeans; ciò nonostante sentii distintamente il sangue pulsante scorrere per indurirlo, gli spasmi che lo tormentavano affinché il processo fosse più veloce: in pochi secondi, mio marito, che si slacciò di nuovo i pantaloni per tirarlo fuori, era di nuovo duro come quando lo stavo succhiando. Sotto gli occhi di Erica e Matteo, io lo afferrai saldamente e cominciai a segarlo con decisione, facendogli emettere un sospiro di eccitazione. Subito i fari della macchina si spensero e la luce soffusa divenne semioscurità: l'uomo al posto di guida aveva capito che, almeno per quella sera, non ci saremmo tirati indietro.
«Dai, Elena» mi incitò Matteo con la sua bella voce, procurandomi un brivido lungo la schiena. «Cerca bene quello che hai perso».
Decisa ormai a fare qualunque cosa, io eseguii: spingendo Claudio al centro del grosso sedile posteriore, in modo che fosse esattamente a metà tra i due sedili anteriori, mi piegai su di lui dal mio posto e ripresi in bocca la sua asta eretta riiniziando a succhiarla proprio da dove avevo lasciato poco prima. Con una mano, mio marito mi teneva su i capelli, in modo che le mie labbra che scivolavano, leccavano e succhiavano fossero ben visibili ad entrambi. L'avevo fatto venire con la bocca molto spesso e perciò sapevo che era molto più eccitato del solito. Intanto, sentii il motore accendersi e le gomme stridere sull'asfalto; l'automobile si mosse, ma non mi preoccupai perché sentii mio marito, continuando nel frattempo a godere con la mia bocca, scegliere con Matteo un posto meglio appartato del precedente. Trovatolo rapidamente, tornò la luce debole e soffusa dentro la macchina, ma fuori stavolta non c'era il buio più totale.
Ansimante, io feci solo una pausa per prendere il respiro, quindi, lanciando via il foulard che mi stava intorno alle spalle con la mano con cui non segavo Claudio, mi voltai verso Erica, che aveva iniziato ad accarezzava l'erezione di suo marito, intento a godersi la mano di lei con gli occhi socchiusi e guardando noi.
«Anche tu ti dai da fare, vero?» furono le parole che uscirono dalla mia bocca alterate dagli ansimi che tempestavano il mio petto e, ricambiando poi lo sguardo con cui Matteo mi fissava, a lui dissi. «Tiratelo fuori anche tu e fammelo vedere!»
Il tempo di slacciare il bottone e tirare la zip del bel completo di Matteo ed Erica teneva in mano il suo cazzo: non mi eccitò perché era chissà quanto speciale, ma perché non era quello di mio marito.
«Vedo che neanche Erica si puoi lamentare» commentai per lusingare l'uomo, che parve gradire.
«Hai ragione» ribatté la donna continuando a segare il marito sotto i miei occhi, per poi cogliermi alla sprovvista chiedendo: «Ma ti va se vengo dietro con te e mettiamo davanti loro due?»
Cercai di trattenere la sorpresa, ma la rivelai comunque iniziando a segare Claudio ancora più forte. Mi aspettavo molte altre richieste, non quella, che tuttavia, me ne resi subito conto, mi eccitava quanto qualsiasi altra quella bella donna mi avrebbe fatto. Mi voltai verso mio marito e chiesi il permesso con uno sguardo: lo segavo tanto forte che avrebbe detto sì a qualunque tipo di richiesta.
«Dai, vieni dietro, così ci conosciamo meglio» risposi io per lui.
Mentre Claudio, a cui un po' dispiaceva di non essere ancora venuto, ed Erica si scambiavano di posto, io feci di tutto per risistemarmi, ma soprattutto aprii un po' le gambe per dar aria alla mia vagina, che stava letteralmente andando a fuoco. Tuttavia, le richiusi con eleganza quando vidi Matteo guardare tra le mie cosce ed Erica sedersi accanto a me. Si tolse quindi la giacca rivelando la prosperosa scollatura, ma mi sconcertò quando non esitò a togliersi anche il top, gettandolo via, e rivelare un bel reggiseno di pizzo verde in apparenza molto costoso che a malapena tratteneva il seno gigantesco. Si dedicò poi a me e, facendomi scivolare molto lentamente il tubino lungo le spalle fino alla vita, le permisi di scoprire anche il mio: un pezzo nero molto sexy che avevo messo per mio marito, non per altri.
«Mhm, che bel reggiseno» commentò Matteo guardando desideroso il mio petto. «C'è una terza lì sotto?»
«Una quarta» lo corressi io, lasciando che i suoi occhi giudicassero da soli se mentissi oppure no.
«Erica, il tuo invece?» domandò Claudio segandosi sul corpo della donna che mi stava di fianco.
«Una quinta» ci informò portandosi nel frattempo le mani dietro la schiena, al gancetto del suo reggiseno. «E con quello che le ho pagate ve le mostro volentieri».
Tirandosi verso l'alto il reggiseno aperto, fece cadere sotto di esso i suoi due enormi seni facendoli ballonzolare. Nonostante fossero finte, i due capezzoli turgidi ricordavano a tutti che non lo erano del tutto. Mi venne un'improvvisa voglia di succhiarli.
«Sono fantastiche» commentò mio marito con il fiato corto.
«Prova a sentire» propose lei prendendomi la mano e, senza chiedermi nulla, portarla a una delle due sfere.
Non mi tirai indietro: afferrai quello splendido seno per sentirne la consistenza, lo soppesai da sotto e lo carezzai.
«Dai, afferrane una anche tu, non fare il timido» fece Erica a mio marito, afferrandogli una mano per fare lo stesso con lui.
Claudio mi lanciò uno sguardo preoccupato e ritirò la mano, ma si rivolse a Matteo con tono scherzoso.
«Non so se tuo marito possa essere d'accordo».
Tuttavia, non pareva che il marito fosse tanto preso dalle tette di sua moglie, visto che fissava le mie segandosi e cercando di incenerirmi il reggiseno con lo sguardo. Perciò, fui io a incitarlo stavolta, lanciandogli uno sguardo provocante.
«Dovresti sentire come sono morbide, Claudio» mormorai io passando il dito intorno al capezzolo di Erica per poi afferrarlo delicatamente tra due dita e tirarle via per farlo ballonzolare.
Così invogliato ed eccitato, Claudio non esitò ad allungare la mano e iniziammo insieme a palpare il seno di Erica, che se la godeva, soprattutto quando tornammo entrambi ai suoi capezzoli. Intanto, attendevo con pazienza che qualcuno mi chiedesse di fare quello che non vedevo l'ora di fare. Fu mio marito a pensarci.
«Elena, ma perché non lo togli anche tu?» domandò lui con tutto il candore di cui era in possesso.
Non lo feci semplicemente, ma di corsa: tolto il gancetto, il mio reggiseno già volava via e i miei due seni dondolavano di fronte agli occhi degli altri tre. Mordendosi il labbro, Erica non esitò a toccarmi e si vendicò per quello che le mie dita avevano fatto ai suoi seni. Attesi con pazienza le mani che più aspettavo, quelle di Matteo, ma non arrivarono. Mentre sua moglie me ne torturava uno, lui pareva esitare ad allungare la mano sull'altro, che era solo per lui. Fu di nuovo Claudio, che mi carezzò per un secondo solo, a pensarci ancora.
«Forza, Elena, fa sentire a Matteo le tue tette».
Era un peccato che fosse così timido, perciò cercai di impegnarmi per fagli capire quanto al contrario io fossi disponibile quella sera. Mettendomi tra i due sedili davanti, misi i miei due seni in modo che sporgessero oltre, praticamente sulle spalle dei due uomini intenti a segarsi guardandolo. Incitai Matteo con lo sguardo a toccarmi e alla fine si smosse: con la mano libera mi diede una bella strizzata, una carezza e mi afferrò con decisione il mio capezzolo turgido. Osservando i miei seni nelle mani di un altro, Carlo accelerò la mano sul suo cazzo e mi fece capire che, tacitamente, approvava.
Il fuoco alle polveri lo diede Erica, che alle mie spalle mi voltò e mi mise la lingua in bocca cominciando a baciarmi vogliosa, e io mi accesi completamente: mi voltai verso Matteo e misi io la lingua in bocca a lui, proprio davanti agli occhi di mio marito che, intento a guardare le mie labbra su quelle dell'altro non notò i due colpi di sega che diedi al marito di Erica, che leccava il mio orecchio.
«Elena» mi sentii chiamare da Claudio, ma non per redarguirmi: aveva una voce quanto mai eccitata.
Io mi staccai da Matteo e lo guardai interrogativo.
«Fagli vedere anche che bel culo sodo che hai» chiese il mio eccitato marito. «Girati e mettiti in ginocchio sopra il sedile».
Sorridendo di piacere, lo feci: tornando a sedermi afferrai il tubino che mi era scivolato ai fianchi e, tirandolo verso l'alto, me lo tolsi dalla testa. Gettatolo via, feci come mi era stato chiesto e, salita in ginocchio sul centro sedile posteriore, mi voltai in modo che le mie due natiche sode, divise soltanto dal filo del perizoma nero in corredo con il reggiseno fosse sotto gli occhi di tutti, nel mezzo esatto della macchina. Lo sporsi ancora di più verso gli uomini e l'odore di voglia che proveniva dall'interno delle mie cosce riempì tutto l'abitacolo.
«È davvero perfetto e sodo» sentii dire ad Erica, che si era spostato per guardarlo tanto da vicino che mi respirava sulla pelle.
D'improvviso sentii una mano su una delle mie natiche che la palpava con rudezza ed eccitazione; voltandomi, vidi che era stato Matteo, senza chiedere a mio marito, ad allungarla. Mentre venivo toccata e guardata in quel modo da tutti, mi eccitai tanto che ci volle tutta la mia forza di volontà per non togliermi anche quello e saltare sulla prima persona che avesse voluto fare sesso, uomo o donna che fosse. E per la terza volta il mio caro marito mi lesse nella mente. Staccando le mani dal suo cazzo, Claudio le allungo verso di me e mi tirò giù il perizoma fino a metà coscia.
«Ma cosa fai?» mi lamentai io.
Ma la mancanza di qualsiasi altro tipo di reazione e il mio tono di approvazione involontaria fece capire a tutti quanto lì, messa a pecorina, quasi nuda, in macchina con degli sconosciuti, fossi eccitata.
Furono le mani di Matteo, che riconobbi al tatto e con un fremito di piacere, che mi aprirono delicatamente le natiche affinché potesse dare un'occhiata alla mia vagina perfettamente depilata e lucente per gli umori. Volevo essere penetrata, volevo che qualcuno, chiunque, mi toccasse, ma nessuno lo faceva. E per l'ennesima volta, facendogli per questo guadagnare parecchio sesso bonus, fu Claudio a permettere a tutti di darsi alla pazza gioia con la mia fica leccandosi due dita e penetrandomi mentre le mani dell'altro uomo mi allargavano i glutei. Mugolante, lanciai uno sguardo eloquente ad Erica, che ora ansimava quasi eccitata quanto me, e lei intese il messaggio: fece scivolare una mano tra le mie cosce e sostituì a quelle di mio marito le sue dita, che di tanto in tanto finivano unte dei miei umori tra le labbra di Matteo, che li leccò diligentemente tutti. Ero sull'orlo dell'orgasmo, ma non volevo finisse così presto: usando la forza di volontà, mi tolsi le mani e gli occhi di tutti da dosso e, voltandomi, tornai a sedere sul sedile di pelle, lasciando tuttavia che i presenti si godessero la vista delle mie cosce aperte e della mia fica unta di umori sfilandomi dalle caviglie il perizoma per lanciarlo via da qualche parte.
«Scusatemi, stavo per venire…» mi giustificai io gemendo.
Tuttavia, mettendomi due dita in bocca e toccandomi per rimanere eccitata, forse non apparii molto convincente: Erica, infatti, mi saltò addosso per ficcarmi la lingua in bocca e stuzzicarmi il seno.
«Dimmi, Erica, rimarrai vestita per tutto il resto della sera?» sentii domandare retorico a Matteo.
Sua moglie si staccò per un attimo da me e, resasi conto di essere ancora per metà vestita, si portò le mani ai fianchi e si tirò via i leggings che fasciavano il suo bel sedere: in pochi attimi rimase solo con addosso un paio di mutandine, verdi di pizzo in corredo con il suo reggiseno, che fasciavano un corpo fantastico. Sebbene il suo sedere non fosse bello come il mio, e non lo dico per vantarmi, era veramente formosa: probabilmente non avrebbe sfigurato su qualche rivista patinata se avesse avuto una decina di anni in meno. Ad ogni modo, c'era una cosa che non mi mostrò, a me che di fronte a lei ero ormai nuda, e avrei invece voluto sapere, ovvero se fosse rossa naturale. Infilandosi le mani nel pizzo e rimettendomi la lingua in bocca, Erica prese a masturbarsi, e a giudicare dallo sciacquio di umori che iniziò, lo era quanto me. Eppure, non si tolse l'ultimo capo di vestiario.
Stavolta non fu mio marito a venirmi in aiuto, bensì Matteo, e mi segnai mentalmente che anche lui si era così guadagnato un punto: se non l'avesse fatto lei, quelle mutandine le avrei strappate via io.
«Togliti tutto anche tu, Erica. Tirala fuori».
«Quanta fretta…» mormorò la donna ridendo.
Tirando le gambe verso il tettuccio, con il suo sedere in bella vista, fece scorrere il pizzo lungo le cosce verso l'alto. Subito apparì la sua figa lucida e, per la mia gioia, coronata da un ciuffetto di rigogliosi peli rossi sul monte di Venere. Quando anche i suoi slip verdi sparirono da qualche parte, non esitai a ricambiare quel che mi aveva fatto: le spalancai le gambe, la penetrai con due dita e, muovendole dentro di lei, la baciai; mugolando, lei mise dentro di me altrettante dita e iniziò a farmi gemere. Per un minuto, restammo entrambe ad agitarle furiosamente nella fica dell'altra e a scoparci la lingua a vicenda, finché non ci staccammo con un sospirone di piacere. Tornandomi a sedere, con il cuore che saltava letteralmente fuori dal petto, mio godei gli umori dell'altra succhiandomi soddisfatta la mano.
«Avete fatto appannare i vetri della macchina con tutto quel movimento» scherzò Claudio i cui occhi erano tutti per Erica.
La donna, che se ne era resa conto, non rifiutò la sua attenzione, ma la ripagò penetrandosi con due dita per inondarle dei suoi umori e, portandole alla bocca di mio marito, ordinare:
«Lecca!»
Claudio spalancò gli occhi e mi guardò come per chiedere se potesse, e dunque io risposi facendo altrettanto alla mia vagina al limite dell'orgasmo, ma portandole alla bocca di Matteo.
«Dai leccate!»
Alla fine, i due uomini lo fecero. Ripetemmo la sequenza più volte: io ed Erica, a gambe aperte e la sua coscia sulla mia, passavamo qualche momento a torturarci la fica riempiendo la macchina del rumore di sciacquio che ciò comportava, per poi porgere le nostre dita lucenti di umori al marito dell'altra, che ubbidienti le accoglievano in bocca e le leccavano finché non erano ben pulite. Infine, con le dita ricoperte delle loro salive tornavamo a masturbarci con foga.
Ormai tutti al limite dell'orgasmo, e pressoché dimentichi di come fosse iniziata quella serata, fummo interrotti da Erica che fece:
«Amore, sistema i sedili».
Sua marito annuì e cominciò a tirare due leve nascoste che ribaltarono i sedili davanti facendoli cadere su quelli dietro e formando praticamente due letti singoli affiancati e uniti per la testa dal sedile di dietro grande quanto un divano: in un attimo, Erica si sdraiò di fianco a Claudio, e non mi sfuggì la strusciata che i due si erano scambiati di sfuggita, dato che mugolarono insieme; mentre io posai gli occhi su Matteo di fronte, intento a slacciarsi del tutto i pantaloni, e non esitai a tenere le gambe aperte, quasi sperando che mi saltasse addosso; invece, fui io a penetrarmi di nuovo, muovendo per qualche istante le dita dentro di me per godermele e allungarle poi di nuovo verso la sua bocca, e lui prese a segarsi con più foga. Erica, infine, alzò una mano verso una leva che calò le luci già soffuse a un livello decisamente più sensuale aumentando l'eccitazione oltre il limite. Nella semioscurità, Matteo prese a sfiorarmi i seni, la pancia, il clitoride e io continuavo a fagli assaggiare il mio succo con le dita, una cosa che mi eccitava particolarmente; tuttavia, quando notai che di fianco a noi Claudio ed Erica, dopo averci guardato per un po' toccandosi a vicenda, avevano preso a dedicarsi l'uno all'altro mettendosi nella nota posizione in cui il cazzo di mio marito stava nella bocca di lei e la figa della donna sulle labbra di lui, persi ogni remore: presa la testa di Matteo per i capelli, mi piantai la sua faccia tra le gambe.
«Ti piace vedere tua moglie con mio marito, non è vero?» sussurrò Erica a Claudio mentre godevo come una matta per la bocca che mi succhiava, la lingua che mi penetrava, le labbra che mi baciavano la fica. «Ti è diventato talmente duro…».
La mia attenzione fu del tutto distratta dal mugugno con cui mio marito rispose, che era di assenso, e perciò mi voltai a guardarli: lei sopra che gli strofinava la fica sulla bocca aperta, cosa che mi fece ingelosire, ma solo perché quel ciuffetto rosso e bagnato desideravo leccarlo anch'io, e sotto lui, che tornò a spingerle il cazzo fino alla gola tanto che i suoi testicoli erano divisi dal naso di lei. Dopo qualche minuto, Matteo ed Erica si fermarono e, in modo quanto mai sorprendente, mostrarono un affiatamento tutto nuovo per una situazione simile: lei si alzò, gorgheggiando appena quando il pene di Claudio fu estratto dalla sua bocca, e si sporse verso il marito.
«Baciami» gli ordinò
E Matteo staccò la bocca dalla mia fica per eseguire la richiesta. Si baciarono per un lungo minuto, mentre i miei umori e il sapore di mio marito si mischiavano nelle loro bocche. Lasciando Claudio allibito, mi intrufolai tra i due anche io e loro mi accettarono: l'uomo ci strinse a sé, entrambe nude, mentre le nostre tre lingue dardeggiavano unite per le labbra: il sapore era indescrivibile. Quando ci dividemmo, Erica spinse suo marito lungo il sedile del guidatore reclinato con la testa in direzione del volante e si rivolse a me:
«Succhialo a mio marito come io ho fatto al tuo finora!»
Io non lo feci soltanto, ma, ansimando, mi gettai sul cazzo eretto di Matteo leccandomi le labbra e finalmente lo afferrai facendolo entrare il più a fondo possibile nella mia bocca. Mi soffermai sulla punta per fare effetto vuoto, ruotavo la lingua sulla sua punta, lo segavo con foga e lo spingevo fino a finire con il naso tra il pelo pubico castano affinché la punta mi fottesse la gola. Non so quanto durò, ma i gemiti di Matteo andavano aumentando assieme al mio bisogno di venire penetrata, divenuto tanto forte che muovevo il bacino avanti e indietro mentre seguivo il ritmo del pompino e delle dita infilate in me. Quando rimasi a corto di fiato, lo estrassi dalla mia bocca e trassi un gran respiro, prendendo poi ad ansimare forte. Erica colse l'occasione: salì a cavalcioni su suo marito e, usando la mia saliva per farlo entrare meglio nella fica, prese a cavalcarlo con foga; anzi, presero a scopare quasi con violenza: stava per venire come me e voleva che fosse suo marito a dargli gli ultimi colpi finali.
«Ele, vieni» mi fece mio marito con gli occhi spiritati.
La vagina mi bruciava: avevo bisogno di venire e non mi importava chi mi avrebbe procurato l'orgasmo, perciò saltai su mio marito, steso sul sedile del passeggero con le gambe verso il cruscotto, e iniziai a cavalcare come faceva la mia nuova amica. Gemendo e ficcandogli la lingua in bocca, dove gli umori di Erica si mischiarono al sapore di Matteo, strinsi la vagina intorno all'asta di Claudio e lo montai finché sentii distintamente l'orgasmo nascere. Guardai Erica, nella mia stessa posizione ma opposta, e vidi nei suoi occhi che era lo stesso per lei, come lei lo vide nei miei: gemevamo in sincronia, i nostri sedere si agitavano in sincronia, le nostre fiche scopavano i cazzi dei nostri mariti in sincronia, i nostri visi si avvicinarono. Ansimando l'una nella bocca dell'altra, urlammo insieme il nostro orgasmo mentre i fremiti sconquassavano il ventre di entrambe. Subito dopo l'apice, finimmo a mugolare con le nostre labbra unite, baciandoci teneramente. Quando passò passo del tutto, mi abbattei ansimante su Claudio.
«Erica, come va?» chiesi io quando ripresi un po' di fiato.
«Bene, grazie» mormorò lei ansimando nella stessa maniera. «Era da parecchio che non avevo un orgasmo tanto forte».
«Vale anche per me» risposi io, godendomi il cazzo pulsante di Claudio ancora dritto dentro di me, che mi fece venire in mente una cosa. «Ma forse dovremmo far venire anche loro due…»
«Sì, volentieri. Mi piace il sapore dello sperma dopo il sesso» replicò lei per poi chiedermi. «Vuoi Matteo?»
«No, grazie» replicai io ricordandomi che dovevo almeno quattro favori a mio marito. «A Claudio ci penso io».
Estraendo le aste dalle nostre fiche, ci spostammo entrambi con la bocca verso i cazzi dei nostri mariti e li prendemmo, duri e pulsanti, tra le labbra. In soli venti secondi e urlando come un ossesso, Claudio mi venne in bocca schizzando quattro o cinque enormi secchiate di sperma che sbatterono con violenza contro il mio palato. Era stato così eccitato dalla serata e si era trattenuto così tanto che non riuscii a ingoiare tutto il seme che uscì da lui mentre le sue mani premevano sulla mia testa quasi convulsamente. Tirandomi su, tossii un po' e mi rilassai stesa sul petto di mio marito, osservando con lui lo spettacolo che stava avvenendo sull'altro sedile, all'altezza dei nostri visi vicini: Erica che, ferma e con i capelli rossi tenuti stretti dal marito, aveva la bocca letteralmente scopata dal cazzo di Matteo, che dopo pochi secondi le venne in gola urlando di piacere.
«Vuoi un bacio?» mi chiese lei sorridendo, con le labbra ancora sporche dello sperma del marito appena ingoiato, mentre poggiava la schiena sul sedile posteriore a gambe aperte.
«Sì» replicai io, camminando sensualmente a quattro zampe verso di lei sotto gli occhi dei nostri mariti appena venuti, «ma non dove tu puoi immaginare».
Finalmente, le infilai il naso nel cespuglietto rosso che aveva tra le gambe e, facendola mugolare, iniziai a lambire con la mia lingua il suo clitoride. Mi staccai solo una volta per spingerla a seguirmi in un sensualissimo sessantanove e dire:
«Metti il tuo numero sul mio smartphone, ma fa in fretta che la tua lingua è desiderata tra le labbra della mia fica».
Per commenti, idee o altro: Andrea Sada (Skype), [email protected]
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