Una storia contorta (dalla parte di lui)
E’ praticamente impossibile prevedere dove possa portare un piccolo errore iniziale; quando si innescano meccanismi a catena, anche un gesto involontario, stupido, può avviare processi inarrestabili con conseguenze imprevedibili.
Quando mi iscrissi al sito, non prevedevo assolutamente gli strani sviluppi che avrebbe avuto quel semplice gesto; inizialmente, era nato come un gioco tra me e Velica, la mia compagna, per provocare un poco di animazione e consentire a lei di sfogare il suo naturale esibizionismo ed a me di attuare il narcisistico gusto di sentirla ammirata e desiderata; si trattava solo, almeno nelle prime fasi, di filtrare tanti commenti troppo spinti e spesso volgari, e di garantire, al tempo stesso, che rimanessero segrete le identità per evitare complicazioni indesiderate specialmente nell’ambiente di vita e di lavoro.
Una foto imprudente, dove Velica era parzialmente riconoscibile, fu l’inizio di una vicenda che prese sviluppi assolutamente indesiderati da tutti ed altrettanto imprevedibili; un concittadino, che conoscevamo anche, riconobbe la protagonista della foto e volle approfittarne per avviare un piccolo ricatto per avere il piacere di portarsi a letto una delle donne più belle e desiderate del circondario.
Cominciò così un vero e proprio assedio alla mia compagna, di cui lei si guardò bene dal parlarmi, in parte perché solleticata nella sua vanità dalla situazione che le consentiva di fare qualcosa fuori dal mio controllo, di cui era in qualche modo stufa risultandole spesso troppo vivace e presente; in parte, per timore che rimproverarmi l’errore potesse creare dissapori con lei e con il personaggio, Giulio, che conoscevamo bene.
Cominciò così un dialogo in internet tra lei e il suo corteggiatore, di cui non si rendeva conto che ero perfettamente a conoscenza in ogni suo sviluppo, anche il più semplice, dal momento che una particolare app consentiva al mio smartphone di accedere al computer di casa; una cautela utilizzata per facilitare il mio lavoro tra casa e ufficio diventava così la chiave per accedere ai segreti personali di Velica e all’evoluzione del suo dialogo con Giulio.
Molto sinceramente, devo dire che non avrei trovato nessuna difficoltà a lasciar correre, se fossi stato messo al corrente della vicenda, perché con la mia compagna un punto fermo del rapporto era che la lealtà valeva più di qualunque altro principio basilare della convivenza, considerato anche che la nostra situazione mai ufficializzata o legalizzata ci poneva, razionalmente, quasi nell’obbligo di affidarci alla reciproca fiducia.
Più di una volta, nel corso delle settimane, cercai di far capire a Velica che avrebbe dovuto aprirsi e parlare chiaro, ma altrettante volte mi scontrai con un muro di ostinazione; secondo le sue dichiarazioni, niente stava succedendo e sarebbe stato più corretto che evitassi atteggiamenti polizieschi; per mia garanzia, una volta che suo padre, avvocato di prestigio, era a casa con noi, le chiesi apertamente di parlarmi chiaro e l’avvertii che il taciuto o il non rivelato poteva, col tempo, ritorcersi contro.
Con la solita pervicacia mi accusò di dare corpo alle ombre della mia assurda gelosia e mi invitò a smetterla di atteggiarmi ad investigatore; avvertii suo padre che le conseguenze sarebbero state dure e pagate personalmente; lui non capì, ma subodorò che qualcosa bruciasse e invitò la figlia a rispettare le intese; finì lì, ma senza convinzione per nessuno.
Ipotizzando qualche tentativo, da parte di Velica, di sottrarsi al controllo in atto, di cui comunque non sapeva nulla, mi consultai con un mio amico esperto di internet e mi piazzò una spia che mi avrebbe consentito di accedere a qualunque novità sul sito; quando lei, sospettando che potessi leggere il vecchio account, decise di aprire una nuova pagina solo per sé e per il suo adulterio, immediatamente ne venni a conoscenza e mi sintonizzai diventando l’altro occhio che guardava dentro i loro segreti che, fino a quel momento, si limitavano a scambi di desideri e ipotesi di amplessi non realizzati.
In essi Velica dimostrava una fantasia che a letto non attuava mai, limitandosi a lasciarsi possedere comunque piacesse a me; alcune foto leggermente osé che si scambiarono mi confermarono la tendenza all’esibizionismo che in Velica avevo già tante volte sperimentato anche in occasioni assai particolari; dalla parte di lui, osservai che usava foto di repertorio, tratte da internet, per presentarsi con una dotazione eccezionale, mentre da fonte certa sapevo che, tra le altre cose, era un ipodotato.
Il massimo della perversione a cui arrivarono fu una masturbazione in diretta che, per lei, significò la ripresa in webcam di una sua manipolazione autoerotica, mentre lui lasciava molto all’intuizione e poco alla vista, per inquadrature ufficialmente infelici per colpa della webcam, in realtà per la carenza di cui io sapevo e lei evidentemente no.
Anche questa osservazione mi spinse a chiedere per l’ennesima volta a Velica di parlare chiaro; non era ancora successo niente di grave e lei poteva cavarsela parlando all’ultimo momento; ma, evidentemente, la rabbia contro il ‘maschio oppressore’ era ormai convinta e radicata e generò un nuovo rifiuto.
Esasperato dall’ostinazione ormai decisamente ingiustificabile e deciso ora a ricambiare la scortesia, feci in modo da avvicinare Carmen, moglie di Giulio, con la quale avevo avuto tempo addietro una notte di fuoco a cui avevamo deciso di non dare seguito perché lei al tempo era già sposata; fu lei a confidarmi la debolezza del marito e a fare il confronto, per lui assai sfavorevole, con la mia notevole dotazione; non mi fu difficile incontrarla e metterla a parte del segreto di cui ero a conoscenza.
Quasi inevitabilmente, finimmo a letto e cominciò così una vicenda paradossale che, alla luce del sole, si sarebbe configurata come un normale scambio di coppia, che era tra le nostre ipotesi di sessualità trasgressiva; ma, mantenuta clandestina, dava vita ad un doppio adulterio, di cui paradossalmente il nostro era concreto e carnale e il loro solo telematico; altri tentativi di portare tutto a chiarezza non ebbero, con Velica, nessun risultato tranne il solito ‘vaffa…’ che mi dispiaceva molto ma mi rendeva più ostinato a punirla.
Arrivammo al punto che io facevo sesso con Carmen, e, mentre la cavalcavo con grande entusiasmo, insieme scorrevamo con gusto le loro chat pregne di promesse e di desiderio; a quel punto, l’obiettivo diventò ‘costruire’ un’occasione per spingerli a letto insieme, sorprenderli e svergognarli alla grande; mi bastò inventare un inevitabile viaggio di lavoro per far scattare il meccanismo della beffa; subito dopo che le ebbi comunicato le date del mio presunto viaggio, Velica si precipitò a fissare con Giulio il modo, il tempo e il luogo per incontrarsi, ignara che stavo seguendo il loro progetto nei particolari.
L’errore maggiore lo commise quando scelse come luogo di incontro la nostra camera da letto; il gesto era particolarmente offensivo, non solo perché venivo indicato da lui come ‘il cornuto’ ma anche per il valore intrinseco di sberleffo che assumeva il gesto di farlo nel mio letto, nella mia casa, in cui lei non aveva diritti, non essendo legalmente nessuno per me, e lui era un qualsiasi invasore abusivo.
Mi incavolai di brutto e Carmen dovette impiegare tutte le sue capacità amatorie per farmi scaricare la rabbia e ricondurmi ad una razionalità più produttiva; ripresa una normalità di raziocinio, parlai ancora con Velica e la invitai, alla fine, vista l’ormai chiara inesistenza di qualsiasi rapporto, a lasciarmi senza scandalo, soprattutto per la sua posizione di insegnante al liceo; come era facilmente prevedibile, mi mandò al diavolo accusandomi di inventare cose che non esistevano; mi augurò buon viaggio; le risposi augurandole buon divertimento; non capì ma sorrise.
L’appuntamento per i due era alle undici del giovedì successivo, subito dopo la partenza del treno che mi avrebbe dovuto portare nella capitale per il convegno; alle dieci uscii da casa in taxi e, dopo un breve giro, mi feci riportare a casa; sapevo che Velica era fuori per commissioni e rientrai segretamente sistemandomi nella camera degli ospiti; sentii che Velica chiamava al telefono Giulio e lo avvertiva che poteva venire, poco dopo lo sentii arrivare.
Chiamai Carmen e le dissi di venire a casa mia dove le avrei fatto trovare la porta aperta; intanto i ‘piccioncini’ si erano appartati nella camera da letto e, da quel poco che sentivo dalla porta chiusa, stavano cominciando i primi approcci; andai ad aprire la porta e trovai già lì Carmen, arrivata come un lampo; andammo silenziosamente verso la camera, aprii con cautela e li sorprendemmo che si erano appena denudati.
“Giorgio!!!!! E tu che ci fai qui?”
“Quello che deve fare un ‘cornuto’ come mi chiamate voi; sorprendervi e cacciarvi fuori dalla mia casa e dalla mia vita!”
Comparve anche Carmen, alle mie spalle.
“Complimenti, Giulio; ti sei appena giocato la condivisione dei beni e ti sei condannato all’elemosina della pubblica assistenza!”
Poi si rivolse a me con aria complice e assassina e suggerì.
“Dici che vale la pena di fargli vedere come fanno l’amore due che sanno mescolare amore, sesso, una grande vagina ed un signor membro? Io quasi quasi farei sesso sul letto davanti a loro e gli lascerei solo la facoltà di osservare come mi fai godere, così imparano tutti e due non solo quello che hanno sprecato con la loro doppiezza, ma anche cosa potevano realizzare se accettavano il rapporto a quattro.”
I due non riuscivano ad articolare parola e si limitarono a tenere bassi gli occhi, e non solo; Carmen mi abbracciò e mi baciò con una voluttà mai sperimentata; il suo gioco di lingua mi eccitò fino al parossismo e sentivo che il membro si alzava duro contro la sua figa che sembrava aprirsi ad accoglierlo; ed eravamo ancora completamente vestiti.
Subito dopo, cominciò lo spogliarello che Carmen condusse con un gioco di esibizionismo che provocò la rabbia di Velica, di fronte all’eccitazione che lo spettacolo provocava in me ed anche nel marito; quando poi passò a spogliare me, la sua divenne autentica gelosia perché si rese conto che la sensualità con cui riusciva a coprire di baci e di lussuriose leccate la mia pelle a mano a mano che la scopriva era degna solo di una grande amante; chiese timidamente.
“Da quanto tempo?”
“Da quando hai cambiato account per amoreggiare con questo sottosviluppato, fisico e mentale. Abbiamo seguito tutte le vostre evoluzioni e siamo in grado di dirvi perché adesso vi lasciamo al vostro destino e ci amiamo fino alla consunzione.”
“Se non me ne volessi andare?”
“Ti denuncerei per occupazione abusiva; non hai nessun diritto legale sulla mia vita e, meno ancora, sulla mia casa; non hai nessun titolo per stare con me; se ti dico che te ne vai, lo fai e basta; potrei anche denunciarvi perché siete venuti, due estranei, a copulare a casa mia, abusivamente, approfittando della mia assenza. Ti avevo già avvertita che era meglio evitare lo scandalo, soprattutto per te; hai rifiutato ogni consiglio del maschio; non metterti a piatire la comprensione dell’oppressore e prevaricatore; sarebbe ancora più umiliante.”
“Io con Giulio non ho fatto l’amore, non ho fatto sesso, non ho fatto niente; ci siamo solo denudati nel nostro letto.”
“Vi siete denudati nel MIO letto, cerca di tenerlo a mente; e, comunque, hai tradito la mia fiducia, rifiutato di dialogare e mi hai anche negato il tuo corpo, ricordi?”
“C’è un modo per ricucire e recuperare il rapporto?”
“Se lo lasci proporre a me, diventa inevitabilmente maschilista; se sei in grado di proporlo tu, fatti avanti adesso o non se ne parlerà più.”
“Non riesco a pensare niente che non sia punitivo e maschilista.”
“Non so che dirti …”
Carmen si era stufata.
“Senti, copuliamo o preferisci fare salotto con la tua amica? Piccola, se Giorgio mi pianta il membro nel didietro, non è il maschietto che mi sta dominando, sono io che domino il suo membro e ne faccio quello che voglio, per il mio piacere, per la mia goduria; se Giorgio mi suggerisce di sorprendervi a letto per farvela pagare, non è lui che mi ha prevaricato e indotto a farti male, sono io che approfitto del suo suggerimento per far emergere il peggio di me.
Ti è mai passato per la testa di ribaltare il punto di vista e cercare di capire quanto prendi dalle cose, oltre a quello che dai? Se te lo possiedi insieme a me, non è il maschietto che ci domina, siamo noi che usiamo il suo meraviglioso membro per godere da matte. Visto che però preferisci le discussioni dialettiche, fa’ un po’ quello che ti pare; io ho voglia e bisogno di copulare. E lo faccio … Adesso!”
Mi rovesciò sul letto e completò la mia spoliazione; quando tirò fuori il sesso ormai di marmo, lo afferrò a due mani e se lo cacciò in bocca fin dove poteva, mugugnando e gemendo, mentre si sgrillettava la vulva e cercava l’orgasmo; Velica cercava di prendere i testicoli in mano, cosciente che era un punto di forza della sua fellatio; l’altra la allontanò, staccò per un attimo la bocca e disse.
“Mettigli la vulva sulla faccia; ne ha per tutte e due; tu ti fai leccare e io me lo succhio; poi ci diamo il cambio.”
Velica sembrava entrare nella dinamica del rapporto multiplo; si accosciò sul mio viso di faccia ad Carmen e, mentre mi si faceva succhiare la vulva da me, prendeva tra le mani le tette di lei e le strizzava, le torceva, le accarezzava, si chinava a cercare di leccarle per passare alle aureole ed infine a succhiare i capezzoli; Carmen godeva da matti, succhiava l’asta come un gelato poi, di colpo, la tirò fuori e si sedette sopra, riempiendosi la vagina fino al limite massimo dell’utero.
Un lamento indicò che la cappella aveva toccato duramente la cervice; mi cavalcarono per qualche minuto, Velica sul mio viso e Carmen sul membro, mentre entrambe si strizzavano i seni e si succhiavano reciprocamente i capezzoli; Giulio tentò di accostarsi al sedere di sua moglie che staccò la bocca dal seno di Velica per ordinargli di sedersi sulla poltrona ai piedi del letto e di masturbarsi fino ad eiaculare e di riprendere di nuovo finché gli restava sperma da espellere.
Lui era umiliato e depresso ma non aveva alternative; se sua moglie lo avesse cacciato fuori, per lui la situazione sarebbe divenuta tragica, vista la capacità professionale di Carmen che in tribunale lo avrebbe distrutto; non pensò neanche per un attimo a Velica, che ormai considerava mio personale patrimonio privato; quindi si sedette e cominciò a masturbarsi.
Dissi alle ragazze di scambiarsi di posto e chiesi a Velica, mentre mi si impalava di schiena, se adesso sarebbe stata disposta a venire con me in un privè, a frequentare campi nudisti, a trasgredire con forza e determinazione, ma sempre con chiarezza; mi avvertì che lo avrebbe fatto con gioia, scusandosi ancora per l’errore.
Chiarì subito che non intendeva più sottostare ai miei dictat e che, anche nelle trasgressioni, aveva diritto alla massima libertà; in caso contrario, meglio lo scandalo; accettai, di necessità; Carmen sembrava non avere chiari i concetti e chiese se c’era posto anche per lei nelle nostre trasgressioni.
“Scusa, che stai facendo adesso? … Appunto! Basta allargare l’orizzonte e si fanno cose straordinarie!”
“E lui?”
L’accenno era a Giulio.
“Un uomo valido fa sempre comodo se si vuole realizzare un quartetto; perdonagli e cominciamo a giocare in quattro … “
“A patto che io sia protagonista con voi e che lui, quando viene ammesso, stia al mio servizio.”
“Aggiudicato!”
Chiosò Velica che era diventata la padrona della situazione, come presto avrebbe dimostrato.
Una storia contorta (dalla parte di lei)
Giorgio è forse il migliore compagno che si possa desiderare; attento, premuroso, legato a suo modo a principi sani, non escluso quello della famiglia anche se, dopo dieci anni di convivenza, non si è mai preso la briga di chiedere nemmeno se per caso avessi un qualche desiderio di costituire una famiglia come legge comanda; probabilmente gli avrei detto di no; ma in questo, come in altre situazioni, la sua convinzione era che la sua razionalità andasse al di là di ogni convenzione o luogo comune, per cui era impossibile che qualcuno non riconoscesse la giustezza del suo punto di vista
Erano i momenti che io amavo definire, senza mai dirglielo, naturalmente, di ‘onnipotenza logica’, quando cioè si credeva arbitro assoluto del mondo sulla base della sua stringente coerenza razionale; la conseguenza era spesso un atteggiamento prevaricatorio e maschilista a cui ero costretta a sottostare per evitare lunghe ed inutili discussioni.
Quando decise di aprire un account su un sito di incontri, espressi tutto il mio disagio e, perché no, un certo malumore per esporre in pubblico istanze tanto private; la garanzia di anonimato, la certezza che avrebbe fatto tutto per il meglio senza nessuna sbavatura, insomma la supponenza che lo caratterizzava lo indusse a realizzare la pagina ed anche a pubblicare alcune foto, per la verità assai castigate, che mi riprendevano in maniera irriconoscibile, secondo Giorgio, in costume al mare.
Accettai mio malgrado e passammo un po’ di tempo a filtrare commenti assai azzardati che, per una professoressa del locale liceo, erano per lo meno pericolosi se fossero arrivati agli occhi di alunni e colleghi; ma il mio compagno era ormai lanciatissimo nella sua sicumera che niente sarebbe trapelato e si limitò a continuare la ricerca per occasioni particolari di ‘trasgressione’ a cui intendeva invitarmi.
Non eravamo nuovi a certe esperienze, per la verità; e molte volte ci eravamo assai divertiti in cene promiscue, in genere realizzando con altre coppie incontri di scambio dove ci eravamo alquanto divertiti; in quei casi, comunque, era sempre Giorgio che sceglieva gli interlocutori, normalmente perché rimaneva affascinato dalla donna della coppia; a me restava l’obbligo di vedermela col maschio anche se non mi stimolava più di tanto.
Le volte che avevo chiesto di scegliere io, aveva accampato mille motivazioni, tutte razionalissime, per fare a modo suo; non avevo di che lamentarmi e non mi ero mai lamentata, ma un certo disagio lo avvertivo, quando mi rendevo conto di essere una bella pupattola nelle sue trame di gioco; nel caso della pagina sul sito, era evidente la sua volontà di allargare la sfera dei nostri interessi, che fino a quel momento si era limitata all’ambiente della regione; Giorgio sperava in occasioni di più vasto respiro.
La botta arrivò all’improvviso, inaspettata ed imprevedibile; il sito figurava a suo nome, ma un tale giu67 si rivolse a noi usando il plurale e dando quindi precisa la sensazione che avesse capito esattamente chi fossimo in realtà; in un ambiente piccolo e ristretto come la provincia meridionale, era gravissimo che emergesse un simile sospetto a carico dell’avvocato di grido e della professoressa integerrima.
Tutto un mondo sociale e civile rischiava di crollarci intorno; per questo, decisi di assumere la diretta responsabilità e cominciai a chattare con giu67 che si rivelò un tale Giulio nostro amico, la cui moglie Carmen aveva in passato avuto una storiella anche con Giorgio, di cui si sapeva poco in giro; ed io, stranamente, ero una delle poche che aveva qualche vaga informazione.
Il mio compagno assunse subito un atteggiamento di fermezza e di lotta che poteva portare a scandalose conseguenze; io preferii prendere la questione da un altro lato e cominciai a chattare con Giulio per diverse possibili prospettive; in primo luogo, i precedenti tra Giorgio e Carmen potevano forse favorire un’ipotesi di scambio che non sarebbe dispiaciuta a nessuno.
In secondo luogo, mi pareva quanto meno prudente evitare che Giulio spiattellasse in pubblico il nostro impegno di ricerca di coppie ‘stravaganti’; in terzo luogo, la corte di Giulio non mi disturbava affatto o, per lo meno, mi gratificava almeno più degli incontri a cui avevo partecipato perché Giorgio voleva possedere la moglie del malcapitato marito; infine, ma forse soprattutto, perché ero stufa di sottostare alle imposizioni di Giorgio e di obbedire ciecamente ai suoi dictat.
Non mi ci volle molto a capire che il mio compagno aveva intercettato la nostra chat e che seguiva passo passo i nostri colloqui; lo lasciai fare e decisi di divertirmi alle sue spalle per percorsi diversi da quelli che lui stava controllando; d’accordo con alcune amiche, cominciai la sera a frequentare alcuni posticini eleganti e seri dove ci intrattenevamo in ameni conversari sui massimi sistemi.
Una volta al mese, però, dopo aver chiacchierato a vuoto al solito bar, quattro di noi partivamo per la loro folle serata e, con un sistema che le altre tre avevano già collaudato da tempo, andavamo in una cittadina vicina dove era possibile darsi alla pazza gioia in un locale assai famoso per ‘incontri liberi’ tra persone gaudenti.
La prima volta che ci capitai, sentivo un groppo alla gola, un magone perché contravvenivo a tutti i principi ispiratori del mio rapporto con Giorgio; lo amavo, lo avevo sempre amato, nonostante il suo caratteraccio, e non avevo nessuna intenzione di tradirlo; ma Livia mi fece osservare che un incontro con uno sconosciuto, senza coinvolgimenti amorosi, solo per una sana serata di sesso, non poteva che fare bene alla salute.
Anche lei era profondamente innamorata del marito, ma sapeva ben distinguere; l’amore a casa, il sesso al bar, solo il tempo di un amplesso gratificante, una lavata, un’asciugata e tutto tornava come sempre; decisi di provarci, soprattutto perché mi trovai all’improvviso di fronte ad un gruppo di ragazzi scolpiti nella roccia, o nel bronzo, come si preferisce, autentici esemplari unici di bellezza maschile.
Uno, biondo come un angelo, con gli occhi azzurri e un corpo perfetto, mi affascinò subito, lo invitai a ballare e mi sentii trasportare in un’altra dimensione, quando prese a strusciarsi addosso a me e a farmi sentire il suo sesso duro come l’acciaio contro il pube provocandomi flussi di umori.
Quasi non mi resi conto che ci appartavamo in un angolo riparato da paraventi, dove un ampio divano ci accolse come il più comodo dei letti; mentre mi baciava appassionatamente, avvertii che mi spogliava con grazia ed amore; lasciai fare e sfilai a lui l’unico indumento che aveva mantenuto, un pantaloncino che lo fasciava come una seconda pelle, dal quale sbucò un membro di cui non avevo mai visto pari.
La mia natura libidinosa si scatenò di colpo e mi trovai a succhiarlo come un gelato dolcissimo e, subito dopo, a lavorarlo con la bocca fino a soffocarmi; passai con lui due ore di autentica estasi dei sensi abbandonandomi a tutte le forme di piacere che avevo conosciuto, che avevo sognato o che mi inventavo sul momento; quando mi penetrò analmente, sentii le farfalle volarmi nello stomaco e il mio urlo di piacere si sentì per largo tratto.
Le mie amiche, che avevano vissuto un’esperienza parallela con gli altri ragazzi, mi vennero a strappare al mio piacere prima che perdessi completamente la testa e mi obbligarono quasi a tornare in me e a rientrare a casa prima che si scatenasse l’inferno.
Mentre Giorgio si ostinava a pedinarmi in internet, io cominciai ad apprezzare il piacere di trasgredire per mio conto e non su comando del mio compagno; cercavo di non contrastarlo per non arrivare alla rottura, ma gli lasciavo ancora credere che fosse Giulio il mio obiettivo primario, attraverso piccoli dettagli che lo rendevano attento e sospettoso; per accentuare i suoi sospetti, decisi di cambiare account, sapendo perfettamente che mi avrebbe rintracciato anche sul nuovo profilo e riservandomi su quello di scatenare ulteriormente la sua gelosia.
In una occasione mi masturbai in diretta, davanti alla webcam, ufficialmente dedicando la masturbazione a Giulio, ma dentro di me godendo da pazzi al pensiero che Giorgio mi stesse guardando; Giulio, da parte sua, doveva fare salti mortali perché non si vedesse che la sua dotazione era quasi minima; lui ignorava che io lo avessi saputo con certezza dalle mie amiche che conoscevano bene sua moglie e Giorgio era altrettanto convinto che io stessi rovinando il nostro rapporto per un individuo neppure interessante dal punto di vista sessuale.
I ‘giochi’ con le amiche andarono avanti per un po’; dopo il famoso bar della prima uscita, fu la volta di ambienti più impegnativi, come un privè dove mi scatenai al di là di qualunque mia stessa previsione; non feci molto sesso in senso stretto, ma mi divertii soprattutto nella sala del Glory Hole, dove da pareti fittizie di cartongesso sbucavano, in appositi fori, numerosi membri maschili, tutti di notevoli dimensioni, coi quali una signora come me, al centro di una piccola sala, poteva scatenare la sua libidine senza vedere con chi lo facesse e senza essere vista dagli altri.
In una serata arrivai a farne godere con la bocca fino a dieci, tutti nerboruti e ricchi di sperma che mi versavano su tutto il corpo; prima di concludere, decisi di prendere il più grosso direttamente nell’ano; fu un procedimento lento e molto doloroso, nel quale dovetti chiedere l’aiuto delle mie amiche e solo dopo un interminabile percorso riuscii a sentirlo tutto dentro di me e a godere fino a che eiaculò una fiumana infinita di sperma a cui risposi con un orgasmo stratosferico.
Quando me lo estrassero dalle viscere, sanguinavo dall’ano e dovettero medicarmi; per conseguenza, a casa arrivai in pessime condizioni; per due settimane, non fui in grado di reggere assalti sessuali da parte di Giorgio e fui costretta a respingerlo, anche per evitare che emergesse una verità pericolosa per il nostro rapporto; naturalmente, lui non accettò questa situazione e più volte minacciò di rompere la nostra relazione.
Non avendo risposte utili da fornire, mi chiusi in un mutismo quasi offensivo che accettò solo grazie ad un suo esasperato senso dell’educazione; decisi di smettere con quelle ‘scappatelle’ perché ormai la corda era troppo tesa per reggere ancora; previdentemente, definii l’acquisto di un miniappartamento nel caso avesse deciso di cacciarmi via dalla sua vita e dalla casa che era sua e solo sua.
Intanto, anche la lunghissima sceneggiata della nostra rottura sembrava arrivare al capitolo finale, quello in cui lui sperava di sorprendermi in flagrante consesso carnale e sbattermi fuori definitivamente; anche se la cosa mi procurava un enorme dolore, ormai ero avviata a vivere me stessa e la mia sessualità in un dimensione diversa e lontana dalla sua ed anche l’ipotesi di un’ultima scena in cui ci fosse il grande rifiuto non mi spaventava più di tanto.
Forse avrei cambiato idea, ma solo se lui si fosse piegato un poco alle mie esigenze; senza aver concordato niente, ambedue lavorammo molto a quella ‘scena madre’; Giorgio annunciò che sarebbe andato per un fine settimana a Roma per un convegno, che io sapevo dai suoi colleghi essere stato inventato di sana pianta, ed io comunicai a Giulio la mia intenzione di fare finalmente l’amore con lui nella casa di Giorgio, che lui si ostinava a chiamare ‘il cornuto’ senza che potessi impedirlo, e dare una svolta alla nostra storia.
Quella mattina di giovedì finsi di uscire per faccende mentre Giorgio aspettava il taxi che l’avrebbe accompagnato alla stazione; appena lui fu uscito, io rientrai; subito dopo, lo stesso taxi lo riportò, come avevo previsto, a casa nostra; si nascose nella camera degli ospiti ed io feci finta di rientrare dopo poco; chiamai Giulio e lo avvertii che poteva venire; un quarto d’ora dopo eravamo in camera da letto e lui si stava spogliando.
Io mi gingillavo per far passare il tempo senza farmi beccare nuda in flagrante connubio; sentii che la porta si apriva e capii che qualcuno era entrato; pensavo fosse Carmen, la moglie di Giulio, che Lidia mi aveva avvisato essere al corrente di tutto; ero ancora in intimo e non avevo commesso adulterio quando Giorgio fece la sua sceneggiata accusandomi delle peggio nefandezze; poi entrò Carmen e Giulio fu davvero distrutto, unica vera vittima delle nostre macchinazioni.
Non obiettai quasi niente alle infuocate accuse di Giorgio e guardai con aria complice Carmen che dovette intuire qualcosa, perché all’improvviso gli propose di fare l’amore davanti a noi; in tal modo, confessava che avevano già una storia, mentre io non ero stata neppure toccata da Giulio; questo metteva già in difficoltà Giorgio che comunque cominciò a fare l’amore con lei; io mi aggregai e in pochi minuti ero in sintonia con Carmen con la quale mi dividevo il mio maschietto in perfetta armonia.
Lo possedemmo in tutti i modi e lo facemmo godere al punto che dovette chiedermi se ero disposta a frequentare con lui un privè o un campo nudisti; assumendo l’aria della vergine sacrificata, mi dichiarai disposta a tutto quello che voleva a patto che riconoscesse la sua debolezza e mi consentisse libertà di azione nelle trasgressioni; non poteva negare se non voleva scandali.
Per mia fortuna, quando entrai a piedi uniti nel loro gioco, impalandomi direttamente nell’ano, Giorgio, forse preso dall’emozione delle due donne con lui, non si rese conto che la sua mazza, benché notevole, non faceva nessuna fatica a penetrare uno sfintere provato da forzature gravi e recenti.
D’altronde, la mia comprovata abilità a mungere il suo membro tanto con i muscoli della vagina quanto con quelli del retto mi consentivano di dargli tante e tali emozioni che certe osservazioni passavano in secondo piano; comunque, la penetrazione fu soddisfacente per lui e consolatoria per me, che ancora non avevo sperimentato le mie reazioni dopo l’’incidente’ al privè che mi era costato la medicazione all’ano e una lunga sosta nell’attività sessuale.
Di lì a costruire l’intesa con Carmen, al limite del piacere lesbico, il passo fu breve e, alla fine della ‘seduta’, eravamo perfettamente intesi che avremmo fatto particolari esperienze comuni, nelle quali, tra l’altro, il ruolo di noi donne sarebbe stato non solo di autonomia ma anche di orientamento; in sostanza, Giorgio non si rendeva conto, e forse per lui fu persino un bene, che entro poco tempo la sua arroganza sarebbe stata abbattuta e che avrebbe avuto finalmente il piacere di scoprire la solidarietà e la parità con noi donne
Fu tale la sua gioia, nel vedere affermate quelle che riteneva sue conquiste, la visita al privè prima di tutte, che volle immediatamente darsi da fare per arrivare ad una ‘perlustrazione preliminare’ proprio al privè dove mi ero tanto distinta per la mia passionalità; mentre in bagno ci facevamo la doccia insieme, approfittandone per toccarci lussuriosamente e baciarci come due vecchie amanti lesbiche, avvertii Carmen di badare bene a quello che diceva e faceva se non voleva rovinare un rapporto che prometteva di essere meraviglioso.
Mi rispose che sapeva già abbastanza dai pettegolezzi delle amiche, specialmente quelle comuni, e che aveva aspettato solo di incontrarmi in un letto per capire fino a che punto fossimo consonanti nel piacere lesbico; dalla mattinata aveva imparato molte cose, prima fra tutte che, fra i tre, la più esperta di trasgressioni e di inganni ero io e che non le dispiaceva affatto vedere la cresta di Giorgio un poco abbassata; anche lei lo ammirava molto e provava molto piacere con lui, ma preferiva vederlo un poco più umile e cedevole con le donne; ci ripromettemmo, nel corso della visita al privè, di plasmarlo alle nostre esigenze.
Recuperata una certa armonia di vita, i rapporti tra me e Giorgio ritornarono sul binario della normalità; quelli fra lui e Carmen salirono di tono e si attestarono sulla relazione intensa palese sia a suo marito e a me, che non facevamo obiezioni; quelli tra me e Carmen scivolarono lentamente verso una passione lesbica non impegnativa ma ricca di spunti interessanti.
L’unico a rimanere del tutto sconfitto fu il povero Giulio che aveva innescato tutta la vicenda e che alla fine si trovava quasi senza famiglia e senza amici, perché Carmen gli si concedeva col contagocce, considerata anche la sproporzione tra la sua dotazione e quella di Giorgio, e noi non gli davamo molta importanza nei nostri progetti.
La ‘spedizione’ al privè fu organizzata da Giorgio con la sua solita efficienza e con una carica di mistero anche eccessiva, per cui si assicurò che ci dotassero di mascherine al momento di entrare e volle tenere ad ogni costo segrete le identità delle signore; la cosa rischiava di creare qualche disagio quando mi presentai e dovetti fulminare con lo sguardo il direttore ed alcuni dirigenti, prima che rivelassero che mi conoscevano già.
Per fortuna, Giorgio preferì presentarmi come sua moglie e questo valse a convincerli a tacere; entrati che fummo, Giorgio volle assumersi il ruolo di guida e sbagliò più volte, finché non decisi di rivelare che le mie amiche mi avevano parlato molto di quel posto, che ormai mi pareva di conoscerlo a menadito e mi posi alla testa dei quattro; le risatine sotto i baffi di Carmen erano il chiaro segno del mutamento in atto.
Entrammo in una sala con un solo letto al centro e avvertii che a quel punto si poteva fare sesso anche con estranei, invitandoli tra quelli che occhieggiavano dalle pareti; per dimostrarlo, chiamai un ragazzo bello robusto, biondo, occhi azzurri, gran fisico e, soprattutto, bella dotazione; lo feci stendere sul letto, mi ci impalai con la vagina e invitai Giorgio a penetrarmi analmente, in doppia con l’altro.
Dopo un attimo di perplessità, si lanciò con foga su di me e mi penetrò con forza; mentre mi pompava, gli chiesi se avesse desiderato vedermi praticare una fellatio ad un altro; accettò, per curiosità, ed io invitai un moretto a venirmi sopra la testa e ad offrirmi in bocca la sua notevole mazza; in sostanza, feci l’amore con tutti e tre e, azionando al meglio i muscoli interni, li portai ad un orgasmo violento che mi inondò viscere, intestino e gola.
Subito dopo, li scaricai tutti e tre, mi sciacquai ad una fontanella nell’angolo e mi avviai ad altra sala, glissando le domande di Giorgio che non si capacitava che io gestissi con tanta autorevolezza la cosa; fummo raggiunti da Carmen e Giulio che avevano avuto una stessa esperienza e ne erano soddisfatti.
Entrammo nella sala del Glory Hole e dovetti chiarire prima la funzione dei fori e dei membri che ne spuntavano; naturalmente, la cosa migliore fu l’esempio e dovetti dimostrare al mio compagno che poteva con gioia possedere analmente Carmen mentre lei si dedicava alla fellatio con uno dei più nerboruti membri che apparivano dalla parete; dovetti anche suggerirgli di frenare l’orgasmo se voleva godersi la serata e non crollare subito.
Con molta, voluta, cattiveria, gli feci presente che io e Carmen eravamo chiaramente multiorgasmiche e che non avremmo mollato presto il piacere che ci offriva il posto; se non voleva essere spedito ad attenderci in macchina, era meglio che dosasse le forze; sembrò che avesse capito; quasi rassegnato a chiedere a me, volle sapere come poteva godere con me mentre mi dedicavo ad altro membro.
Gli feci presente che con quelli che sbucavano dalle pareti si poteva fare tutto e, volendo, potevo farmi penetrare, anche analmente nel caso, da uno di quelli mentre lui mi possedeva in bocca nel più eccitante dei rapporti orali; chiese di provare e lo accontentai, mentre alla mente mi ritornava la volta che il mio sfintere uscì distrutto da una situazione simile, ma lui non se ne era neanche accorto.
Frenai il suo orgasmo appena in tempo per impedirgli l’errore di una nuova eiaculazione e stimolai lo sconosciuto per accelerare l’orgasmo, poi mi sganciai; in quel momento, Carmen notò in alto alcune classifiche, una da cui risultava il ritmo maggiore, dieci fellatio in un’ora, che, lei non lo sapeva, apparteneva a me; e l’altra per il numero complessivo in una sera che era addirittura di cinquanta, roba da slogarsi le mascelle.
Quando chiese ad una ragazza del servizio che passava, fui costretta a farle gli occhi feroci perché non parlasse, ma ebbi la sensazione che Carmen avesse intuito; infatti, passandomi accanto, si congratulò con la campionessa; come avevo previsto, Giorgio ben presto si nauseò della situazione e, dopo altre due eiaculazioni irresistibili, decise di ritirarsi nell’auto a pisolare lasciandoci libertà di sesso; capii che molte delle sue velleità trasgressive erano scemate.
Invece a me e a Carmen era cresciuta la voglia di fare tanto sesso, per cui non ci frenammo; fino alle due di mattina ne facemmo di tutti i colori, individualmente e in coppia; quando raggiungemmo i nostri uomini alla macchina, eravamo letteralmente ricoperte di sperma fin nei capelli ed avemmo bisogno di una lunga doccia per lavarci e per recuperare.
La mattina seguente, i discorsi erano di tutt’altro tenore; Giorgio sosteneva che, soddisfatta la curiosità, l’esperimento poteva essere dimenticato; io e Carmen dicemmo chiaro che quelle cose si possono fare benissimo senza maschietti limitanti e che in seguito ci saremmo divertite ogni volta che volevamo; quando Giorgio tentò di accampare l’amore a motivazione opposta, mi scatenai e gli feci osservare che aveva preteso tante arditezze e mi ci aveva coinvolto con la dichiarazione che l’amore è una cosa e il sesso un’altra, che le conseguenze del sesso si lavano, si asciugano e spariscono mentre l’amore resta intatto; tutto questo, finché era lui a chiedere e decidere la trasgressione; quando eravamo noi a chiederla, saltava fuori il talebano del presunto amore.
“La regola è valida oggi come lo è stata sempre, come lo sarà sempre. Se non sopporti che io viva liberamente il mio sesso, me ne vado; non accetto le tue catene. Forse mi allontanerò soffrendo e piangerò molto, ma poi mi asciugherò le lacrime e ricomincerò da capo, con un altro uomo, se non sarà possibile farlo con un altro amore, perché un amore come il nostro non si compra al mercato, ma si vive e si soffre per anni, anche se sembra che tu non te ne ricordi o non lo abbia mai capito.
In ogni modo, ricomincerò da sola e mi auguro che tu possa reggere senza la mia pazienza e la mia comprensione che ti hanno consentito di sembrare normale anche quando facevi il tiranno. Se hai deciso che me ne devo andare, ho già comprato la mia casa, ho il mio lavoro, ho il mio corpo ancora bellissimo e me lo godo fino a che posso.
Se un giorno, per somma disgrazia, dovessi trovarmi vecchia, inetta e bisognosa di un briciolo di compagnia, alla peggio posso anche venire a cercare te, se avrai ancora la forza di farmi compagnia. Fino ad allora, la vita è mia e, con te o senza di te, intendo viverla.”
Intervenne Carmen che aveva ascoltato in silenzio.
“Se e quando vorrai, io per te ci sarò sempre; e, dopo questa notte, posso esserci anche con tutta la sessualità di cui sono capace; ti voglio bene come ad una sorella, ma sono anche qualche volta disposta ad amarti come un’amante vera; sarà semplicemente l’affetto fraterno che si dilata a diventare amore fisico; non resterai mai sola; per te ci sarò sempre.”
Finalmente tirò fuori la voce anche Giulio.
“Posso dire che anche io ci sono per voi due e che sono pronto a farmi zerbino, tappetino, schiavo, quello che volete, basta che mi fate godere di una piccola parte dell’amore che emanate da ogni fibra. Mi consentite di dire che vi amo?”
Scoppiammo a ridere tutte e due e lo abbracciammo con affetto; Giorgio si trovò all’improvviso solo, fragile e dipendente da due donne che amava in maniera diversa; soprattutto vedeva il suo orgoglio fatto a pezzi e gettato alle ortiche; poteva solo decidere se cacciarmi via e affrontare da solo una nuova vita o realizzare quel quartetto che, teoricamente, aveva a lungo sognato e che, quando si era materializzato, gli aveva fatto paura.
La concretezza non era quella che aveva sognato, ma sarebbe stata comunque una convivenza pacifica capace di molte grandi occasioni di gioia e di piacere, se solo avesse saputo adeguarsi ai tempi e ai modi; continuò a brontolare, ma, in fondo, si rendeva conto che anche vedere quelle due meraviglie farsi coprire di sperma da giovani impazziti di piacere era uno spettacolo irripetibile e, dopo la doccia, di quei segni non restava niente, mentre l’amore, quello vero, era ancora fermo, stabile e forte tra lui e me; e volendo, sarebbe cresciuto anche con quelle nuove esperienze; per questo, stiamo ancora insieme e ne facciamo ancora di tutti i colori, anche se tanti anni sono passati.
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