Vacanza estiva

  • Scritto da geniodirazza il 29/08/2023 - 23:10
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Vacanza estiva

La vacanza estiva dei miei genitori, nel desiderio di essere ‘diversa’ e ‘alternativa’ era diventata, nel corso degli anni, una vera banalità sistematica.

All’inizio, la scelta della roulotte e dei campeggi naturistici era stata accolta e vissuta come una novità eccitante ed entusiasmante, complici anche la giovanissima età e l’unico figlio, io, ancora piccolo e facile da gestire.

Nel corso degli anni però, complici anche le evoluzioni dell’economia che suggerivano il massimo risparmio possibile, la roulotte era stata parcheggiata nella vicina Istria dove rimaneva tanto perennemente che avevano cavato via anche le ruote ed ora era una casa al mare.

Quando cominciai a sentire i primi stimoli del sesso, fu un problema la convivenza per quasi due mesi nello spazio angusto della roulotte coi miei genitori, ancora abbastanza giovani e focosi per lanciarsi in lunghe galoppate notturne sul giaciglio ‘doppio’, si fa per dire, a pochi centimetri dal mio, ‘singolo’, dal quale si percepiva nitidamente ogni movimento e, soprattutto, ogni suono.

Ci feci un po’ l’abitudine e me la cavai con un numero infinito di masturbazioni sparate più o meno clandestinamente.

Poiché la scelta era stata condivisa abbastanza largamente da molti campeggiatori, ci si trovava ogni anno con le stesse persone in uno spazio piccolo, ma non angusto, a condividere le esperienze di sempre.

Tra tutti gli ‘habitué’ mi aveva sempre affascinato una coppia di stranieri, olandesi mi pareva, che si distinguevano per la totale mancanza di ipocrisia formale; facevano tutto quello che gli veniva per la testa, dove gli andava di farlo, semplicemente mantenendosi nei limiti del rispetto degli spazi altrui.

Sicché mi era capitato spesso di vederli scambiarsi effusioni, che altri definivano troppo spinte, alla piena luce del giorno; visto che avevano scelto sin dall’inizio un posticino più appartato, accanto ad un boschetto protetto, sin dalle prime pressioni ormonali avevo imparato a piazzarmi tra i cespugli per spiare, non visto, le loro copule nello spazio angusto della tenda che avevano collocato dietro alla loro roulotte.

Andò avanti un bel po’, fino all’anno scorso, quando mi ostinai, appena maggiorenne, a non voler celebrare il solito ‘rito estivo’ e tentai in tutti i modi di farmi lasciare libero di andare per mio conto.

Ma, in parte per gli esiti scolastici non entusiasmanti che mi avevano privato di regalie congrue, in parte per una situazione particolarmente delicata delle economie dei miei, fui costretto a passare con loro l’ennesima estate in roulotte, ripromettendomi di cercare il massimo della libertà e di evitare, nei limiti del possibile, di assistere alle loro effusioni notturne, per fortuna meno aggressive e frequenti.

Non persi però l’abitudine di andare a spiare la bella olandese, ormai avevo acquisito la vera nazionalità, e soprattutto le meravigliose evoluzioni che compiva nella piccola tenda, a qualunque ora del giorno.

Un paio di volte, con sommo piacere, la incrociai sulla scogliera che si beava al sole facendoselo entrare soprattutto all’interno delle cosce, sulla meravigliosa vulva ricoperta da una leggera peluria bionda, oppure in mezzo alle natiche direttamente sull’ano stranamente proteso in fuori e di un colore tendente al nerastro che segnalava una lunga abitudine a prendersi nel didietro la notevole mazza del marito.

Fingendo di prendere il sole, mi piazzai ad ammirare fino all’esaurimento il seno pieno e ben disegnato, notevole per mole ed eleganza e soprattutto per due aureole ampie e prominenti sulle quali si ergevano superbi due capezzoli grossi come nocciole e duri come il marmo; ma non era da meno il ventre liscio e piatto, con l’ombelico che emergeva come il classico tortellino e, soprattutto, il monte di venere biondo che culminava nella vulva carnosa, stretta tra due cosce statuarie.

Si accorse di essere osservata, quasi sicuramente, e cominciò a lisciarsi il ventre come se volesse attenuare il calore del sole, ma in realtà con un’evidente allusività che mi costrinse a distendermi supino per nascondere sotto il corpo l’erezione che mi aveva procurato.

Seguivo con gli occhi che mi uscivano dalle orbite la mano che andava ad accarezzare il monte di venere, si insinuava tra le cosce e titillava senza remore né infingimenti la vulva che mi pareva addirittura di vedere bagnarsi; avevo bisogno di masturbarmi con foga; ma a quell’ora e su quella distesa assolata non sapevo proprio come fare.

L’olandesina, intanto, aveva ruotato il corpo sullo scoglio ed ora mi offriva il profilo perfetto della schiena e del sedere, leggermente sollevato per accentuarne la perfetta rotondità; e, fra le natiche, vedevo spuntare la punta delle dita di una mano che stava apertamente armeggiando con la vulva e, in alcuni momenti, con l’ano.

Sentivo il cuore battermi all’impazzata e il sangue pulsarmi nelle tempie; mi alzai di scatto e mi mossi quasi correndo verso i cespugli vicini, con l’intento di masturbarmi con gusto per calmare i bollenti spiriti.

Mi fermai in un punto riparato, impugnai il membro e cominciai a menarmelo; ma non ebbi il tempo di concludere; una mano carezzevole mi percorse la schiena, mi voltai e me la trovai di fronte, incantevole come un’apparizione.

Non disse una parola; impugnò il mio arnese e lo manovrò delicatamente, mandò su e giù la pelle lungo l’asta fino a scappellarlo quasi dolorosamente poi usò l’altra mano per afferrarmi i testicoli che raccolse in una stretta forte e decisa, mentre la destra stringeva l’asta senza muoverla; sentii la voglia partirmi dal midollo e montare lungo il ventre per andare a gonfiare i testicoli prima, poi l’asta che si faceva più dura di quanto mai avessi provato.

Era la prima volta che una donna di quella fatta me lo prendeva in mano, dopo le ragazzine che con gesti impacciati mi avevano masturbato; sentii i sensi che mi abbandonavano e il calore del sole invadermi fino alle ossa.

Lei sembrò soppesare per un attimo la consistenza del mio membro giovane e nuovo, per lei; si abbassò sui talloni, si accostò e poggiò un bacio delicato sulla punta dove già brillava una goccia di preorgasmo; poi affondò decisamente la bocca e sentii la mia anima avvolta da un senso infinito di piacere; caddi in una sorta di deliquio, mentre la sua bocca cominciava a pomparmi l’anima dal corpo.

Non portò a conclusione la fellatio; si staccò di colpo, si sollevò in piedi.

Mi prese per la mano e mi guidò alla vicina tenda dove tante volte l’avevo vista montata dal marito.

Ormai ero in trance e quasi non mi rendevo conto nemmeno di dove fossi, mentre lei si abbassava per entrare nella piccola canadese, si stendeva supina e mi attirava a sé con le mani e con lo sguardo.

Ormai viaggiavo in un sogno nemmeno mai sperato ed entrai scivolando sul suo corpo, di cui avvertivo finalmente il calore intenso e sensuale, la voglia contagiosa che eccitava tutti i miei pori.

Guidandomi con delicatezza, mi fece adagiare tra le sue cosce divaricate, prese in mano il mio membro e lo guidò verso la vulva; sentivo il paradiso aprirsi davanti al mio organo e cerchi multicolori mi ronzavano in testa.

Avvertii la presenza di lui solo quando il fresco di un liquido, o di un gel, mi inondò le natiche e l’ano; mi bloccai interdetto ma lei catturò la mia bocca in un bacio travolgente che dissipò ogni distrazione; sentivo solo il calore della sua bocca e la dolcezza della lingua che intrecciava la mia e la guidava in un gioco di piacere che esaltava quello che mi agitava il ventre sotto la spinta dei colpi del suo pube contro il mio.

Avvertii contro l’ano la grossezza del membro di suo marito, che avevo ammirato in ben diversa situazione, e ne fui spaventato; ma ancora una volta fu lei a rassicurarmi, accarezzandomi il viso, succhiandomi i capezzoli e muovendosi sapientemente sul mio organo con la vulva che era una vera morsa d’amore.

Un lungo bacio soffocò la fitta di dolore che mi si scatenò dal petto e dal ventre, quando la mazza di lui affondò tutta nel mio sederino vergine; ma le mani di lei che mi accarezzavano il didietro, il petto, mi vellicavano i capezzoli e il viso, e, più ancora, il movimento intenso che avevano iniziato, lei da sotto, suo marito da sopra, sulla mia prostata, mi portarono ad un’eccitazione che mi fece perdere il senso della realtà, mi fece affondare in un pozzo senza fondo di libidine e di piacere.

Scaricai tutta la mia voglia nella vagina di lei mentre lui esplodeva in un orgasmo infinito nelle mie viscere e lei urlava nelle convulsioni di un orgasmo mai visto né sentito.

Ci abbattemmo in un mucchio di membra rilassate e restammo ad ansimare per qualche tempo; poi lui si staccò, io stentai un poco a sollevarmi, tra il languore della copula e il dolore della sodomia; poi mi alzai anche io e mi ripulii con un fazzolettino che lei aveva fatto apparire da chissà dove; anche lei poi scivolò fuori dalla tenda.

“Se ti è piaciuto, quando vuoi, noi siamo qui.”

Fu il congedo; pensai che forse era solo l’inizio.

L’esperienza fatta con Hans ed Helga mi lasciò quanto meno frastornato per tutto il giorno seguente; a parte il fastidio che mi diede per un po’ la violenza che il mio ano vergine aveva subito da una mazza ben consistente, rimaneva ancora confuso il senso di quanto era avvenuto, mescolandosi il piacere provato, assolutamente inedito fino a quel momento, al timore di ‘averla fatta grossa’, col rischio di un’omosessualità esplicita che si manifestasse, il desiderio di assaggiare ancora quella vulva meravigliosa e il timore di subire ulteriori assalti proditori.

Girai un po’ a zonzo per il campo e la spiaggia, continuando il gioco stupido che da anni mi ero abituato a fare, confrontando vulve, sederi, tette e membri da tutte le parti, registrando mentalmente i nuovi arrivi e segnalando quelli più interessanti.

Quel giorno, poi, arrivarono due motociclette enormi e superaccessoriate, con brillanti borchie e metalli da tutte le parti, borsoni di pelle che rimandavano a quelli del Far West.

Le targhe erano tedesche, ma a cavalcarle erano due personaggi agli antipodi; uno era tedesco senza ombra di dubbio, alto atletico biondo e occhi chiari; ma l’altro mi lasciava molte perplessità con la figura più tozza, anche se altrettante elegante e ben messa, i capelli corvini il colorito scuro e gli occhi neri.

Quando feci notare la cosa a mio padre, si limitò a ricordarmi che la Germania è decisamente multirazziale e che facilmente si incontrano giovani tedeschi con famiglie di origine greca, turca o anche siciliana, per via di una lunga storia di immigrazione.

Era decisamente vero; comunque, i due non passarono inosservati, soprattutto per le meravigliose motociclette che sistemarono in bella vista accanto ad un boschetto con due tendine minuscole, quasi da alta montagna.

Verso l’imbrunire, un irrefrenabile istinto di curiosità, o che altro?, mi spinse inevitabilmente dalle parti degli olandesi; vidi immediatamente lui sdraiato sugli scogli a prendere gli ultimi raggi di sole e lei, poco lontana da me, che orinava sugli scogli; guardai sfacciatamente la sua figa che liberava la vescica e lei mi rispose con una sorta di ammiccamento, si rialzò, spruzzò un po’ d’acqua sull’inguine e si avviò verso la roulotte guardandomi con intenzione; la seguii senza neanche riflettere e, dietro la roulotte, la trovai appoggiata su uno sgabellino con la solita aria distratta e insolente; mi fece segno di accostarmi e, senza proferir parola, che sarebbe stata assolutamente inutile, considerata la mia quasi nulla confidenza con altre lingue, mi prese per il membro e mi tirò a sé.

Esitai un attimo al ricordo di quanto era avvenuto, ma mi rassicurò con un gesto vago e mosse la mano sull’asta che reagì da par suo, inalberandosi al massimo.

Perduta ogni remora, mi avvicinai abbastanza perché la punta del membro le sfiorasse il viso; mi passò una mano dietro le anche e mi spinse delicatamente verso di sé.

Quando passò la lingua sulla punta, sentii un brivido intenso contrarmi la schiena e strinsi istintivamente le natiche; mi accarezzò delicatamente, fece ancora pressione sul sedere e l’organo le scivolò dentro la bocca.

Era un’esperienza assolutamente mai vissuta prima, con quella intensità; sentivo il calore della bocca animarmi lo scroto e trasmettersi a tutto il basso ventre, chiusi gli occhi e mi persi nell’estasi della fellatio.

Ma il timore che ancora una volta lui arrivasse alle mie spalle e mi sodomizzasse mi bloccò ancora una volta e istintivamente tirai indietro il bacino.

Ma Helga non si arrese; mi afferrò con ambedue le mani e mi bloccò; con lo sguardo, mi suggeriva di stare calmo, con le mani mi teneva fermo davanti a lei e con la bocca si impossesso di tutta l’asta.

Quando fu completamente dentro, si fermò, mi tenne stretto e cominciò a lambirmi con la lingua, roteandola tutto intorno; mi lasciai andare e lei lo sfilò per una metà dalla bocca per accarezzarlo tutto con la lingua, dalla punta alla radice; le gambe mi tremavano per l’eccitazione e tutto il mio corpo vibrava, sollecitato dalla profonda leccata.

Abbandonata la mia natica, si infilò una mano fra le cosce e vidi che si masturbava con intensità mentre risucchiava rumorosamente il membro nella bocca, lo spingeva dentro e fuori con un ritmo regolare, lo leccava in ogni dove.

Sentivo un formicolio montarmi dai piedi fino al cervello, tremavo in ogni fibra e tutta la tensione si andava a scaricare sul sesso che diventava enorme nella sua bocca.

Sentii la salivazione sull’asta farsi più intensa e calda, vidi il suo ventre fremere e sobbalzare due o tre volte, poi respirò dal naso e risucchiò con forza il membro nella bocca; l’eiaculazione mi esplose quasi involontaria e si scatenò mentre io, per la prima volta, le tenevo ferma la testa perché tutto il mio succo le si vuotasse dentro.

Non si mosse, sentii che ingoiava a più riprese, che leccava e succhiava ogni centimetro di scroto; trattenne l’organo dolcemente in bocca a lungo, finché non si afflosciò completamente; si staccò, si passò la lingua sulle labbra, mi diede un piccolo bacio sull’ombelico e sgattaiolò via.

Rimasi fermo per un po’, appoggiandomi alla roulotte, per riprendere energia; mi sentivo svuotato come se mi avesse risucchiato la vita, con quella fellatio.

Poi mi avviai alla nostra postazione.

Il sole non era del tutto tramontato e la sera gettava ombre strane sui sentieri, tra gli alberi spesso molto fitti; e rumori indistinti e confusi agitavano l’aria, spesso gradevoli e ariosi, talvolta invece cupi e quasi sinistri.

Il folto cespuglio vicino alla nostra roulotte sembrava particolarmente animato; ne venivano gemiti e gridolini molto facilmente interpretabili; qualcuno stava copulando nel fitto dell’erba alta.

Non seppi resistere ad una curiosità infantile e mi accostai circospetto finché non fui in grado di distinguere le forme.

I due tedeschi erano in piedi nella radura; e tra loro c’era una figura femminile piegata a pecora; stava succhiando il membro del biondo, in piedi davanti a lei, mentre, dietro di lei, il moro si dava da fare a spingerle con forza l’asta, forse in vagina o chissà.

Lo spettacolo mi eccitò molto, anche perché la donna esibiva un didietro molto invitante, carnoso e morbido, che schioccava ad ogni affondo del moro; e le sue tette piene, che quello da dietro aveva afferrato per aiutarsi nella spinta, erano davvero due bocce eleganti e morbide; il biondo si limitava a tenerle la testa mentre lei succhiava; ogni tanto, lui spingeva per pomparle in bocca.

Quando i miei occhi si furono abituato alla falsa luce della sera, riconobbi sbalordito che la donna che i due si stavano sbattendo con forza era mia madre; un miliardo di pensieri si affollarono in rapida successione; per un attimo ne rimasi sconvolto, non avendo mai ritenuto mia madre capace di tanto; poi ricordai che lei e mio padre ci davano dentro, e forte; infine mi chiesi come avrebbe reagito mio padre se avesse visto.

Invece, lo vidi apparire mio padre, che entrò nel campo visivo scrollandosi il membro; era andato ad orinare, probabilmente; subito dopo cominciò a menarselo con gusto, mentre accarezzava la bocca e un seno di mia madre.

Poi si andò a collocare alle spalle del biondo e lo vidi armeggiare sulla schiena di quello; sistematosi dietro, con una mano manovrò il membro, poi spinse in avanti, l’altro sobbalzò un poco, trascinando mia madre e il moro nel movimento; poi le movenze si armonizzarono e vidi mio padre stuprare il biondo che mia madre prendeva in bocca, mentre il moro la montava da dietro; o forse la stuprava? Non l’ho mai saputo.

Andarono avanti per un po’; i gemiti, i movimenti lussuriosi e le facce estatiche dicevano chiaro che stavano godendo come scimmie tutti e quattro, anzi, tutti e cinque, visto che mi era venuta su un’erezione spaventosa e mi stavo masturbando fuori dal coro.

Mio padre si staccò per primo, ma solo per portarsi alle spalle del moro; nel farlo, il gruppo si spostò ed io ebbi una visione più chiara del membro del biondo che affondava fino alla radice nella bocca di mia madre, che con una mano gli teneva i testicoli, forse per strozzarli e prolungare il piacere, mentre si era portata l’altra sulla vulva e se la pastrugnava; due membri non le bastavano per godere; vedevo chiaramente l’asta del moro scivolare avanti e indietro tra le natiche di mia madre ma non ero in grado di distinguere dove finisse, se in vagina o nell’ano; dietro di lui, mio padre armeggiò con le dita nel deretano del moro, accostò al sedere la sua mazza; mi appariva addirittura enorme; la infilò decisamente, con una sola spinta, nel ventre del ragazzo.

Il sobbalzo del moro li costrinse a bloccare per un attimo i movimenti; poi ripresero il ritmo armoniosamente.

Ma non durarono ancora molto; quasi si fossero accordati, esplosero insieme; ed io vidi i corpi agitarsi in un balletto frenetico di piacere.

Mi allontanai di qualche passo, nel timore di essere sorpreso, e me ne stetti in disparte finché intravidi le ombre dei due tedeschi che si allontanavano sul sentiero; stetti un poco ad aspettare che i miei si facessero vivi ma non apparvero; tornai nella postazione e li vidi sdraiati per terra che si leccavano con gusto, lei, da sopra, succhiandogli l’asta e lui, da sotto, perlustrandole con la lingua ano e vulva.

Ero quasi spaventato dalla loro vitalità.

Me ne andai alla roulotte e mi sedetti al tavolino a fumare.

Arrivò solo mia madre, con l’aria un po’ disfatta ma decisamente beata; le labbra arrossate e un po’ sporche erano l’unico segnale di quanto avesse copulato; la guardai con ammirazione; nonostante anni di nudismo, per la prima volta vedevo con lussuria il suo corpo maturo, pieno, armonioso, bello insomma.

Dovevo avere anch’io il viso stralunato, perché lei si venne a sedere accanto a me e guardò subito con sorpresa e, chissà, con interesse il membro che mi era rimasto ben duro fra le gambe; mi guardò con aria interrogativa; le risposi con lo sguardo fisso nei suoi occhi e un gesto a indicare il suo corpo.

“Ci hai visti?”

Mi chiese; feci segno di sì con la testa.

“Per questo …?”

Accennò al mio membro duro; accennai ancora di sì.

“Vuoi che ti aiuti?”

Mi limitai a spostarmi per essere a portata di mano.

La sua mano si mosse e toccò delicatamente, quasi con timore, la mia asta; le accarezzai i capelli; strinse la mano e cominciò a mandarla su e giù in una manipolazione sapiente e amorosa.

Mentre mi masturbava, cominciò a parlare, quasi confessandosi per liberarsi di un peso, e mi disse che il sesso la intrigava molto, che ne aveva sempre fatto moltissimo, non solo con mio padre ma sempre con la sua complicità, visto che erano uguali, almeno in questo; mi raccontò che i due mesi passati in campeggio erano la valvola di scarico per i dieci di lavoro e di pressione, di controllo e di ipocrisia; in un campo internazionale, dove arrivavano da tutto il mondo, non c’era problema di essere riconosciuti o giudicati; a lei piaceva fare sesso, con chiunque, a patto che partecipasse suo marito, e in tutti i modi possibili e immaginabili, senza limite alcuno; per questo, appena erano apparsi i due giovani tedeschi, avevano deciso e manovrato per farseli; l’indomani sarebbero ripartiti e a loro sarebbe rimasto solo il ricordo di una serata straordinaria … Aggiunse.

“Adesso ancora più straordinaria, visto che sto anche masturbando con amore il più bel giovane del mondo, mio figlio.”

Mi piegai per baciarla, ma mi fermò.

“Questo no … non ancora, per lo meno.”

Disse; e ripeté la frase quando cercai di prenderle un seno o di toccarle la figa.

“… Per questo non sono ancora pronta … Forse un giorno …”

E lasciò cadere la frase.

Intanto stava manipolando il mio membro con abilità straordinaria ed io guardavo la cappella farsi sempre più viola, le venuzze gonfiarsi e l’asta inturgidirsi fin quasi a scoppiare; usò l’altra mano per carezzarmi i testicoli, solleticare la prostata e spingersi verso l’ano; quando vi infilò dentro, di colpo, tutto il dito medio, la mia eiaculazione le esplose sul viso, che teneva assai vicino al membro, e le inondò la bocca, i seni e la fronte fino ai capelli.

“Grazie, mamma, grazie per tutto”

Riuscii solo a dirle, mentre mi alzavo e mi ritiravo nella roulotte.

Le confessioni ricevute da mia madre avevano decisamente sconvolto il mio atteggiamento nei suoi confronti; non tanto per la manipolazione che mi aveva fatto, che poteva addirittura essere ricondotta ad un intervento terapeutico per mitigare la tensione che le copule dei miei avevano sui miei ormoni; ma soprattutto per quello che mi aveva rivelato sui loro costumi sessuali e, in particolare, sulla sua intensa e diretta partecipazione alle ‘avventure’ che viveva con mio padre.

Da quel momento, il mio affetto filiale uscì senz’altro rafforzato dalla sincerità del racconto e dalle confidenze di cui mi aveva reso partecipe; ma il mio interesse morboso di maschio continuamente arrapato ne uscì moltiplicato all’infinito e le mie attenzioni furono tutte, quasi immediatamente, per il suo corpo come una meta da raggiungere.

Il suo seno non erano più le mammelle da cui avevo attinto latte e vita, ma due poppe da accarezzare, da strizzare, da succhiare per eccitarla ed eccitarmi; il suo didietro pieno, carnoso, morbido era il cuscino su cui avrei voluto schiacciare il mio ventre per penetrarla nell’ano con forza e con gusto; la vulva che cercavo in ogni modo di osservare o almeno intravedere non aveva niente da spartire con la fessura da cui ero nato, ma una tana di piacere in cui immergere tutto, dalle dita alla lingua al membro.

Sicché non perdevo occasione per spiarla, guardarla, ammirarla, a costo di diventare imbarazzante; e non perdevo occasione per cercare almeno di sfiorarla per sentirmi il membro rizzarsi dalla voglia, spesso provocando piccoli incidenti ‘diplomatici’.

Ma lei rimaneva categoricamente sulle sue posizioni; confessioni e manipolazione erano stato un momento importante e dolce, ma per ora si fermavano lì.

In compenso, gli olandesi mi cercarono loro, stavolta, e fecero di tutto per coinvolgermi nei loro giochi; ma la memoria della sodomizzazione mi lasciava ancora qualche perplessità.

Non resistetti all’infinito, però; e quando Helga mi beccò sugli scogli col sesso ritto, perché pensavo a mia madre, non riuscii ad impedirle di prenderlo in mano e di accarezzarlo voluttuosamente.

Sapevo che Hans era in agguato da qualche parte e le feci cenno che avevo paura, ma mi rassicurò a cenni e, con le dita, mi indicò che potevo fargli anche solo una fellatio.

Non l’avevo mai fatto, ma l’ipotesi di copulare con lei mi spinse a cedere.

Andammo per mano nella roulotte e trovai Hans già steso supino sul letto col membro ritto; Helga mi spinse ed io mi inginocchiai sul letto tra le cosce di lui, impugnai l’asta che si ergeva superba e cominciai a menare la pelle su e giù.

Helga, alle mie spalle, mi costrinse a rotolarmi sul letto fino a sdraiarmi sulla schiena, lui si sollevò a sedere sul mio petto e accostò il membro alla mia bocca.

Mentre leccavo la cappella, trattenendo con la mano l’asta per non farmela infilare tutta in bocca, sentii che lei armeggiava sul suo e sul mio corpo; non vedevo quasi niente, con la mole di lui a ostacolarmi la vista, ma avvertii che anche lei si sistemava a cavalcioni su di me, verso il ventre e che, con una mano fra le cosce, impugnava la mia mazza per dirigerla; pensai si impalasse a smorza candela; e lo fece; solo che, dalla consistenza del foro capii immediatamente che mi stava prendendo nel didietro; ebbi una smorfia di sorpresa e lui ne approfittò per infilarmi il sesso fino in gola.

Decisi di prendermi tutto il piacere che la situazione mi offriva; sentivo il membro fibrillarmi in continue scosse mentre Helga lo spingeva profondamente nel suo intestino; avvertii nettamente lo sfintere che si dilatava ad accogliermi e, di colpo, sentii i suoi glutei affondarmi sul ventre mentre l’asta sprofondava in un abisso di piacere.

L’intensa emozione mi fece salivare molto e rese più agevole il pompaggio a cui Hans aveva dato inizio; bloccai l’asta con la mano e presi a succhiarla come un dolce saporito; la leccai a lungo, in punta e lungo l’asta; più volte la feci scivolare fino in gola e la riportai fuori con un colpo di cervicale.

Poi Helga cominciò a muoversi sul mio membro, su e giù dalla punta alla radice, ed io fui preso da una vertigine di piacere che mi fece sprofondare in una sorta di deliquio; con pochi colpi Hans mi riversò in bocca una lunghissima eiaculazione che accolsi tutta, leccando perfino il membro che si sgonfiava.

Contemporaneamente, dal mio sgorgò un fiume di sperma che Helga accolse con gemiti profondi, scaricandomi sul ventre un lago di umori vaginali.

Crollarono l’uno sull’altro, come svuotati; faticai un poco a liberarmi di loro e sgattaiolai fuori.

Verso l’imbrunire, mentre rientravo per cena da una passeggiata per il campo, vidi i miei che parlavano amichevolmente con gli olandesi; mio padre era abilissimo a cavarsela con tutti gli stranieri solo con pochi vocaboli e una vaga infarinatura di inglese, francese, tedesco e spagnolo; non parlava nessuna lingua ma era straordinariamente capace di comunicare con chiunque.

Per un attimo temetti che parlassero della mia vicenda con i due stranieri; se appartenevano allo stesso gruppo di gaudenti, era facile che si scambiassero notizie, specie quando riguardavano la cerchia.

Ma non avevo motivo di preoccuparmi, in fondo.

Quella sera, mio padre decise di rinunciare alla ‘passeggiata digestiva’ del dopocena e convinse mia madre ad andare a letto subito; andai anch’io nella mia ‘tana’ perché non volevo perdermi la performance sessuale a cui senza dubbio si preparavano.

Le tendine della roulotte erano meno serrate del solito ed un fascio di luce entrava direttamente sul loro letto per cui potevo ammirare anche i particolari; per di più, usavano un tono di voce meno sussurrato del solito e potevo anche ascoltare le loro voci.

Cominciarono con una lunga serie di preliminari; lui la fece sdraiare supina e cominciò a baciarla e leccarla dalla testa in giù verso la gola e i seni che carezzò a lungo con le palme aperte e strizzò con una forza che la faceva gemere; poi leccò le aureole tutto intorno e aggredì con la bocca e coi denti i capezzoli che tormentò a lungo provocandole intense fitte di piacere; sentii lei gemere più volte e lanciare gridolini quando un piccolo orgasmo la raggiungeva; vedevo il suo ventre sobbalzare di piacere, le ginocchia piegarsi in alto e il pube sollevarsi a mettere in mostra la vulva quasi dilatata dal piacere.

Poi lui scivolò sullo stomaco e sul ventre, si intrattenne e vellicare i peli sul monte di venere e si distese su di lei mentre affondava il viso fra le cosce; addirittura riuscivo a distinguere la sua lingua che penetrava la vulva e le labbra che stringevano e succhiavano il clitoride.

Ero affascinato e inebetito dallo spettacolo, quasi neppure mi curavo del mio membro che si era fatto duro come il marmo e mi batteva sul ventre; per timore di essere scoperto, trattenevo perfino il respiro.

Si fermarono quasi per riposare e lui tornò con la testa sul cuscino accanto a lei; ma non smettevano di manipolarsi ed io vedevo nitida la notevole mazza di lui percorsa agilmente dalle dita di lei che non sembrava volergli fare una manipolazione decisiva ma semplicemente tenerlo in tensione per non perderne la durezza.

Anche lui continuava a grufolare tra i peli della vulva, ma anche lui pareva lo facesse quasi distrattamente non per masturbarla, ma per mantenerla eccitata.

Ad un tratto, sentii che stavano dialogando e che parlavano di me; lei diceva che non mi si poteva lasciare fuori dai giochi visto che ormai c’ero dentro; lui ribadiva che le regole valgono per tutti e che dovevo accettare il gioco come tutti.

“Ma è tuo figlio.”

Diceva lei.

“E’ anche tuo figlio, però vuoi farci sesso.”

Ribatteva lui; e non si mossero dalle loro posizioni.

D’altronde, lui aveva ragione da vendere; ero stato inculato dall’olandese, avevo copulato con la femmina, si vedeva chiaro che volevo copulare con mia madre; era giusto anche, quindi, che mi facessi penetrare analmente da mio padre come tutti quelli con cui copulavano e avevano copulato.

Stranamente, mi sentivo ancora più eccitato; l’idea di prendermi nel sedere la verga di mio padre mi stimolava quanto, e forse più, di quella di copulare con mia madre.

Ero un po’ frastornato.

Loro invece non avevano perso ritmo; lasciato a metà il discorso, ripresero la copula che avevano iniziato; fu lei, stavolta, che ribaltò la posizione e si venne a collocare con la testa sull’inguine di lui; anche se la luce non era sufficiente, ebbi netta la sensazione che i nostri sguardi si incrociassero e che lei desse il via ad una esibizione tutta per me.

Afferrò il membro alla radice e, con l’altra mano, strinse ambedue i testicoli, grossi come prugne, abbassò la testa e cominciò a leccare il membro con una golosità inimmaginata.

Lo percorse a lungo con la lingua, dall’alto in basso e poi tutt’intorno; riservò lo stesso trattamento ai testicoli, uno per volta, prendendoli nella bocca e succhiandoli rumorosamente; poi, di colpo, si fece affondare l’asta in bocca, fino ai peli del pube; non avrei mai creduto che un membro così potesse entrare nella sua bocca.

Dall’altra parte, avvertivo, senza poter vedere, che lui aveva ripreso a leccarle vulva ed ano con grande intensità; gli effetti li registravo dai mugolii di lei, dalla salivazione che scorreva sul membro, dalle interruzioni del coito orale quando sopraggiungeva un orgasmo.

Ma lui non si accontentava di una fellatio, anche se così succosa; prendendola per le braccia, la staccò da sé e la fece sistemare carponi sul letto, si spostò alle sue spalle e cominciò a manipolarle da dietro vulva ed ano; lei lo favorì tenendosi le natiche e dilatandole perché apparissero in massima evidenza lo spacco spalancato della vulva e il buco dilatato dell’ano; lui le passò a più riprese le dita nella vulva, stimolò un poco il clitoride finché i gemiti segnalarono un orgasmo; infilò tre dita nella vagina, le ritirò e le spostò direttamente sull’ano che penetrò con forza; lei ebbe uno scatto, poi si rilassò e si appoggiò alla mano che penetrò nel retto fino alle nocche.

Ero letteralmente stralunato e ammiravo la scena senza respirare.

Lui si spostò un poco, accostò alla vulva la punta del membro e spinse dentro; vedevo i grossi testicoli sbattere sull’ano, mentre l’asta scivolava nella vagina dilatata, sentivo lo sciaguattare del membro negli umori vaginali e, da lei, i gemiti quando la cappella andava a colpire l’utero e gli urli soffocati quando le esplodeva un orgasmo.

Mio padre andò avanti un po’ ad ammirare il membro che sbatteva nella vagina; poi lo tirò fuori del tutto, passò due dita nella vulva, le riportò umide sull’ano e spinse a fondo, le ruotò un poco, come per aprirsi un varco; poi appoggiò la cappella all’ano e spinse; vidi nitidamente la figa spalancata dalla recente penetrazione, l’ano che si dilatava e il membro che vi penetrava finché i peli raggiunsero il buco sconquassato; lei si limitò a gemere, infilò una mano fra le cosce e cominciò a titillarsi il clitoride.

Non potevano resistere oltre; lanciando urla bestiali che mi avrebbero svegliato anche se fossi stato addormentato, esplosero in un orgasmo violento, che mi rimbombo fin nelle viscere.

Poi si abbatterono sul letto.

Scesi dal mio giaciglio nel massimo silenzio e scivolai come un’ombra verso la porta; mi andai a sedere accanto al tavolo ancora coperto dai resti della cena e mi accesi una sigaretta.

Ero ancora sconvolto e non riuscivo a dare ordine ai miei pensieri, ma, soprattutto, alle mie voglie inconfessabili.

Lei mi arrivò alle spalle senza che potessi accorgermene; sentii le sue mai sul viso e un leggero bacio sulla nuca; girai la testa sorpreso e lei mise un dito sulla bocca; ‘dorme già!’ mi sussurrò e venne a sedersi sulla panca accanto a me; la vicinanza del suo corpo nudo e l’odore di sesso che emanava mi fecero rizzare immediatamente il membro.

Senza darsene per inteso ‘hai visto tutto?’ mi chiese; feci di sì con la testa; ‘hai anche ascoltato?’; feci di nuovo cenno con la testa; mi guardò con aria interrogativa.

Mi alzai in piedi e lo feci fare anche a lei, le passai le braccia intorno al busto e la baciai sulla bocca con infinita intensità; rispose infilandomi la lingua in gola e roteandola sul palato; mi circondò la vita con un braccio e fece aderire il suo corpo tutto quanto al mio; usò l’altra mano per prendere il mio membro duro e appoggiarlo delicatamente fra le cosce, proprio nello spacco della vulva.

La strinsi con una forza che neanche mi aspettavo e di nuovo infilai la mia lingua nella sua bocca, perlustrandola in ogni dove; la catturò e cominciò a succhiarla come succhiasse una piccola verga; intanto il suo ventre si muoveva in circolo stuzzicando il sesso con le cosce e con la vulva e, al tempo stesso, facendolo strusciare sul clitoride che sentivo gonfio; mi mossi col bacino per possederla fra le cosce; sentii che godeva e mi eccitai ancora di più.

Con un gesto deciso, infilò la mano fra i corpi e afferrò il membro; muovendosi come un contorsionista, portò la cappella alla vagina, si sollevò un poco, si riabbassò e il mio membro fu dentro; era la prima volta che arrivavo a tanto e le ginocchia quasi mi si piegarono per l’emozione; mi strinse con forza, impedendomi di muovermi e riprese a roteare il bacino.

Sentivo il sesso avvolto in una nuvola di piacere mai nemmeno sfiorato; avvertii i muscoli della vagina che si contraevano e si rilassavano accarezzandomi il membro per tutta la lunghezza; vidi aureole di tutti i colori esplodermi nella testa e negli occhi.

Non ci muovemmo di un centimetro da dove ci eravamo abbracciati e non facemmo nessun movimento; il solo piacere di avermi dentro o, meglio, di essere dentro di lei, guidò la passione fino al parossismo; sentii che una fiumana di sperma si scaricava nel suo ventre mentre un’altra fiumana sembrava scaturire dal suo utero; lungo le cosce un rivolo di liquidi inondava la pelle e non sapevo più, e non volevo saperlo, se fosse sperma mio, sperma di lui o liquidi di lei.

Restammo fermi così, con le labbra incollate e i corpi avvinghiati finché non ci riprendemmo dall’estasi del momento; ci staccammo con un grosso sforzo mentale.

“Quanto eiaculate, voi due!”

Esclamò ridendo e andò a prendere dei tovaglioli per pulirsi.

Feci lo stesso, almeno quanto potevo, vista l’inondazione.

Mi diede un bacio in fronte, prima di rientrare.

“Buonanotte.”

Mi disse.

“Buonanotte.”

Risposi.

La rogna più grossa, quando si sta in vacanza per un lungo periodo, è sicuramente quella di ricevere una comunicazione che interrompe la pace del momento.

A Mario, mio padre, piovve sulla testa proprio la tegola di un fastidioso adempimento burocratico che non poteva né essere rinviato, né ignorato né demandato ad altri.

Dopo un ciclone di tempestose telefonate con la segreteria, dovette rassegnarsi a sprecare almeno un paio di giorni delle sue sudate vacanze per tornare in fabbrica.

Dopo un larvato tentativo, naturalmente sterile, di trascinarmi nella sua disavventura, decise che sarebbe partito un lunedì mattina con la speranza di essere di ritorno il martedì sera.

Maria, mia madre, ne fu alquanto contrariata, ma non poteva che fare buon viso a cattivo gioco.

La domenica sera ci fu una sorta di ‘cena d’addio’ con alcuni amici, nella generale condivisione del dolore, che mascherava a stento la riflessione ‘meno male che non è capitato a me’; subito dopo, i miei si scatenarono, ovviamente, nella più lunga copula della stagione che mi costrinse ad una veglia vigile col membro duro e tanta voglia di sfogarmi in qualche modo; l’unico possibile fu, ovviamente, una lunga manipolazione.

La mattina del lunedì fui svegliato intorno alle nove dai rumori che venivano dall’altro letto e che segnalavano, inequivocabilmente, la ripresa dell’offensiva serale che culminò in una serie di ruggiti di Mario e di urli di Maria quando alla fine raggiunsero l’orgasmo.

Finalmente si alzarono e si agitarono per la roulotte a ricostruire una valigia che sembrava sprofondata nel dimenticatoio.

Come Dio volle, lui riuscì a rientrare in abiti civili e, con un’infinita serie di raccomandazioni e sbaciucchiamenti di addio, quasi partisse per l’ergastolo, alla fine si allontanò.

Maria si mise in ordine, per quel che valeva nella totale nudità del posto, e mi chiese se la accompagnavo a fare spese nel minimarket del camping.

Accettai per fare qualcosa di diverso dal prendere il sole.

Si sono costruiti molti aneddoti e create molte barzellette sulla fila davanti ai bagni, nei campi nudisti, con signori distinti che impugnano elegantemente il rotolo di carta igienica e fremono perché ‘se non arriva presto il mio turno, mi telefono addosso’; andare a telefonare era il modo garbato per dire che si aveva bisogno di andare in bagno.

Effettivamente, certe situazioni avevano del surreale, specialmente in posti dove la gente si incontrava, si salutava, scambiava convenevoli, il tutto completamente nudi ed esposti ai giudizi e commenti sulle fattezze.

Nei piccoli spazi tra gli scaffali del supermarket, si poteva ammirare tutta la casistica possibile dei fondoschiena, da quelli tesi e prepotenti, con le natiche disegnate col compasso, a quelli pesanti e pieni fino a quelli flaccidi e cascanti; lo stesso valeva per le tette, da quelle superbe e appuntite a quelle piene e ancora in piedi fino a quelle pesanti, appoggiate sullo stomaco o addirittura flaccide e cascanti; qualcuna esibiva con orgoglio i ‘brufoli induriti’ che costituivano i capezzoli senza mammelle; per le vulve, la varietà era meno marcata, tranne che per il colore del pelo, quando non erano rasate, e, solo in qualche caso, le grandi labbra sporgenti quasi oltre le cosce.

Ma anche i membri erano oggetto di ammirazione, o disapprovazione, e di commenti più o meno generosi, da quelli continuamente in semierezione a quelli che sbattevano flaccidi sulle cosce, da quelli che appena spuntavano dai testicoli a quelli che sbatacchiavano a mezza coscia.

La parte più grottesca era data poi dai discorsi banali, che nello specifico diventavano quasi assurdi, per presentarsi, conoscersi, raccontarsi episodi più o meno vivaci.

Il tutto, naturalmente, in una babele di lingue di tutto il mondo, che spesso imponevano la traduzione multipla e simultanea, perché uno parlava solo italiano e francese, un altro solo francese e tedesco o solo tedesco e inglese, solo pochi erano poliglotti e la maggior parte, poi, si esprimeva solo a gesti.

Mi sorpresi a valutare la situazione quando, in tutte le lingue, cominciarono a chiedere conto dell’assenza di Mario; non capivo tanta dimestichezza e Maria mi spiegò che nel corso degli anni, si era formato una sorta di piccolo clan internazionale che, come in tutti i condomini, faceva passare le notizia da bocca a bocca.

Mentre facevamo i nostri acquisti, notai nel gruppo delle amicizie una certa animazione ed un cicaleccio confuso; Maria si limitò a dire ‘è cominciata la corsa’ ed accennò all’ingresso dove erano apparsi due giovani, chiaramente stranieri e forse motociclisti, di cui uno era abbastanza ben messo, fisico asciutto e tartaruga ben stampata sui pettorali, mentre l’altro appariva un po’ più tozzo e tarchiato; in compenso, gli pendeva tra le gambe un arnese che, in totale riposo, gli andava quasi a sfiorare il ginocchio.

Guardai incuriosito verso Maria e lei mi fece cenno che, dopo, mi avrebbe spiegato.

Tornai alla roulotte con la curiosità che mi bruciava dentro; e non facevo niente per nasconderla.

Allora lei, mentre sistemava le cibarie acquistate, cominciò a spiegare; su mia richiesta, partì da lontano.

Da molti anni, mi disse, si frequentavano con quel gruppo di persone, dalle quali avevano appreso il piacere di un sesso sfrenato che non teneva nessun conto dei rapporti di coppia ma si apriva ad ogni esperienza; di più, si cercava di coinvolgere tutti i personaggi degni di interesse che capitassero lì per un giorno o due.

Di fronte alla mia perplessità, mi spiegò che molti anni prima, quando io ero ancora molto piccolo, si erano trovati a cenare con due coppie vicine e che, dopo qualche bicchiere, si erano trovati al centro di effusioni che gli altri si scambiavano tra di loro ma che alla fine li avevano coinvolti; in conclusione, a fine serata lei aveva fatto sesso con suo marito, con i due amici e anche con le rispettive mogli; a quella serata erano seguite altre in cui i partner erano cambiati ma il finale era sempre lo stesso.

Molto spontaneamente, le chiesi dove ero io mentre loro ‘agivano’; mi rispose che il camping aveva un ottimo punto di ritrovo per i piccoli e che gli animatori mi avevano allevato per due mesi all’anno.

Inevitabilmente, le chiesi se avesse copulato con tutti gli uomini del gruppo; mi disse, quasi meravigliandosi, che, si, aveva fatto sesso e non solo con i maschi; inoltre, mi aggiunse che molte volte le era capitato di farlo con uomini e donne di passaggio, coinvolti per una sola sera nei loro giochi sessuali; di fonte alla mia sorpresa, si limitò a ricordarmi l’episodio che aveva generato la mia strana vacanza estiva, la coppia di giovani tedeschi con cui avevo sorpreso lei e Mario che copulavano; inoltre, non dimenticassi che io ero già nel giro dell’esperienza, visto quel che era successo con gli olandesi che erano parte centrale del gruppo.

Un po’ mortificato, abbassai la testa.

Per quel che riguardava la sua frase sulla corsa che iniziava, mi chiarì che l’arrivo dei due giovani, e soprattutto di quello con ‘un arnese notevole’, disse proprio così, aveva fatto scattare un meccanismo che conosceva bene, vale a dire la corsa a sedurre i due per farseli alla grande.

In questo, disse, il migliore era Mario che, pur possedendo solo poche nozioni di lingua straniera, riusciva sempre ad arrivare per primo sulle ‘prede’ e a farsele alla grande, con il suo contributo.

Di fronte alla mia perplessità, mi chiarì ancora che, come già sapevo, c’era una sorta di regola di base; se si trattava di coppia, gli incroci erano liberi; se erano solo femmine o solo maschi, anche le femmine e i maschi del gruppo avevano il diritto di farsi chi volevano come volevano; i rapporti omosessuali, se non erano proprio una prassi, erano comunque ben frequentati.

Le rivelazioni, se da un lato mi scuotevano un poco, dall’altro lato mi davano la sensazione di una confidenza, di una sorta di complicità più intensa ed intima con Maria che a quel punto si configurava sempre più come femmina da desiderare piuttosto che come madre da amare.

Le chiesi se c’erano episodi che ricordasse in maniera particolare; si mise a ridere e rimproverò la mia perversa curiosità che voleva indurla a racconti piccanti all’ora di pranzo; poi, più seriamente, mi disse che ce n’erano molti e che volentieri me ne avrebbe parlato, ma in un momento diverso, non mentre stava preparando il pranzo.

Mangiammo allegramente, scherzando un poco sulle cose più varie e, appena sparecchiato, prendemmo il minimo indispensabile, teli da spiaggia, bottiglia d’acqua e cappelli di paglia, e ce ne andammo sulla spiaggetta di sassolini che, ormai da anni, era il nostro ‘lido privato’.

Ci eravamo appena distesi che, sugli scogli alle nostre spalle, apparvero i ragazzi del supermercato in evidente ricerca di un posto appartato; ‘arriva il bell’arnese’ ironizzai; Maria si girò e aggiunse; ‘tra poco vedrai le arpie in caccia’; detto fatto, in breve si profilarono sugli scogli circostanti le sagome di molti degli amici dei miei, che si andarono a collocare in posizione strategica per ammirare i due nuovi; tra loro, spiccavano i due olandesi.

Quando si furono adagiati sullo scoglio, il più alto cominciò a passare della crema sul corpo del più basso; e il massaggio doveva avere un certo effetto, da come il membro di questi cominciò ad ergersi dal ventre; guardai Maria e la vidi accarezzarsi quasi distrattamente un fianco, poi la mano scivolò su un seno; si girò bocconi e vidi la mano sparire sotto il corpo; intuii che si stava toccando e mi girai anch’io per non evidenziare l’erezione che mi stava montando.

Ormai preso nel vortice delle confidenze, dissi che mi pareva assurdo che una vulva, e meno ancora un sedere, potessero ricevere impunemente un volume così grosso.

Maria sorrise e, accennando anche con la testa, ‘si può, si può’ mi disse.

Le chiesi se lo sapeva per esperienza.

Mi disse che era il momento di riprendere il discorso sospeso prima, perché l’episodio che ricordava più volentieri era legato proprio ad un membro di quella portata, se non anche più grosso.

Ascoltai in silenzio.

La cosa era capitata molti anni prima, i primi tempi che avevano cominciato a frequentare il ‘giro dei libertari’; ci avevano messo poco a entrare nel meccanismo a impossessarsene, forse perché, inconsciamente, era quello che da sempre avevano desiderato e non dovevano sforzarsi per niente, per mettere in pratica tutte le immaginazioni più perverse.

Una mattina, proprio come era avvenuto quella mattina, erano entrati nel supermarket due ragazzi poderosi e prestanti, dei quali uno possedeva un membro enorme, oggetto della curiosità e dell’ammirazione di tutti.

Mentre ancora gli altri si guardavano tra di loro domandandosi cosa fare, Mario, che aveva già dato prova di essere di un’intraprendenza unica e di una capacità quasi scandalosa di comunicare senza conoscere le lingue, li aveva già agganciati ed aveva scoperto che erano italiani, del Centro, il più alto e più chiaro di colorito, e della Sicilia il più basso e scuro, quello che si portava dietro un membro da esposizione.

Prima ancora che gli altri si muovessero, Mario li aveva invitati a pranzo nella roulotte e i due avevano accettato, forse per la gioia di incontrare dei connazionali, forse perché da tempo non mangiavano pastasciutta, forse anche perché guardavano speranzosi le forme di Maria; ‘ero ben più giovane e soda’ commentò lei; io le dissi che era ancora meravigliosamente desiderabile. I ragazzi divorarono con gusto la migliore pastasciutta che Maria potesse combinare in quella situazione; poi, mentre Mario e l’altro ragazzo prendevano il caffè, Turi, si ricordava ancora il nome, dopo tanti anni, chiese di andare in bagno; Maria lo accompagnò nella roulotte e restò in attesa fuori della porta; uscendo, lui se la trovò davanti, girata; le cinse la vita e le appoggiò il batacchio tra le chiappe; Maria agitò un poco il sedere e sentì la bestia che si alzava e si infilava tra le natiche; passò una mano fra le cosce, prese il membro e lo portò a contatto con le grandi labbra.

Turi cominciò a baciarle la nuca e il collo, mentre le mani si alzavano sulle tette che strinse con forza attirandola verso di sé; il membro si fece ancora più duro e lui lo mosse avanti e indietro sfregandolo tra vulva ed ano.

Maria sentì i brividi di un primo piccolo orgasmo montarle dall’utero e scaricarsi sulla verga, si girò, sistemò con una mano il membro tra le cosce, strusciando la cappella sul clitoride e facendo aderire completamente l’inguine all’inguine, e lo baciò sulla bocca; mentre roteava la lingua ed esplorava l’interno della bocca, sentiva la mazza fremere e fu presa da una voglia terribile di ingoiarla.

Si abbassò sui talloni e prese in mano l’asta che la costringeva a stare spostata indietro, per arrivare alla bocca; temeva di non essere in grado di farla entrare, ma la bocca si aprì per naturale movimento e l’enorme cappella fu catturata tra le labbra carnose; Turi ebbe un brivido intenso e spinse il cazzo fino a farne entrare quasi un terzo nella bocca spalancata; Maria roteò la lingua intorno alla cappella, la passò sull’asta che aveva in bocca e spinse avanti la testa finché una buona metà dell’organo fu dentro la bocca; si fermò un attimo e cominciò a succhiarlo con foga; sentì che la vagina fibrillava e tolse dall’asta una delle due mani che l’accarezzavano, per portarsela sulla figa a tormentare il clitoride; il secondo orgasmo le esplose direttamente dall’utero e gli umori vaginali si sparsero sul pavimento; sulla spinta dell’orgasmo, senza che se ne accorgesse, risucchiò in gola il membro per intero; quando vide la sua bocca così vicina all’inguine e la mazza tutta sparita nella bocca, Maria si sorprese di se stessa e si lasciò andare ad un nuovo orgasmo che l’altro avvertì nettamente; l’emozione fu tale che eiaculò immediatamente.

Maria si sentì la gola quasi soffocata dal flusso di sperma che il membro le stava spruzzando dentro, ma si limitò a succhiare l’asta e a leccarla con cura.

Mentre la sollevava da terra per le braccia, Turi le prese le chiappe da sotto, le strinse con forza, le allargò e accostò gli indici all’ano che prese a vellicare; Maria reagì baciandolo con foga sulla bocca.

Quando si ripresero un poco, si accorsero che gli altri due erano entrati e stavano guardandosi la scena; avevano i membri ritti e si stavano smanettando a vicenda; Mario prese il ragazzo per la nuca e lo fece abbassare in ginocchio, finché il suo organo fu all’altezza della bocca dell’altro; con una furia quasi bestiale, glielo infilò in gola e cominciò a pompare; l’altro si adeguò e prese a succhiare.

Maria si rovesciò delicatamente sul letto, supina, e allargò le gambe; Turi si inginocchiò ai piedi del letto, le divaricò le ginocchia e affondò la bocca nell’inguine; Maria sentì la lingua morbida e dolce vellicarle l’interno delle cosce, passare sui peli del pube e andare a stimolare le grandi labbra; sollevò ancora le ginocchia e si aprì completamente alla lingua che la vellicava; quando Turi afferrò tra le labbra, e poi tra i denti, il clitoride, sentì il corpo aprirsi come squarciato e desiderò che quel membro la riempisse; lo prese per il viso e lo attirò sopra di sé; percorrendo il corpo, Turi passò la lingua sul ventre, sull’ombelico, sullo stomaco e tra i seni; si fermò a leccarle tette e le aureole finché si impossessò dei capezzoli e cominciò a tormentarli con la lingua e coi denti; Maria li sentiva irrigidirsi fino a dolere e, dai capezzoli, avvertiva scariche di piacere che si scatenavano nel ventre; la vagina sembrava urlare per avere quel bastone.

Non si era ripreso del tutto, il membro di Turi, dopo la prima eiaculazione; ma anche barzotto aveva la dimensione e la capacità per violentare un vulva; Maria lo raccolse con una mano e accostò la cappella alla vulva, spinse in su con un colpo di reni e sentì il membro inondarle la vagina che cedette morbidamente alla penetrazione; era tutto dentro di lei, anche se lo aveva creduto impossibile.

Quando gli ossi pubici si sfregarono, la reazione fu una rapida eccitazione per entrambi; Maria sentì il sesso dilatarsi e reclamare di più, Turi avverti che il membro riprendeva vigore e si gonfiava paurosamente nella vulva dilatata.

Si fermarono un attimo, quasi per prendere respiro o per godersi la penetrazione; videro intanto che Mario aveva già eiaculato nella bocca dell’altro e che ora era lui a prendere il membro in bocca per succhiarlo.

Turi cominciò a muoversi delicatamente e Maria sentiva il ventre aprirsi, dilatarsi, fremere in ogni fibra e inseguire il grande orgasmo, quello che giunge dopo una lunga serie di vibrazioni.

Ma non voleva che l’altro venisse subito, non così presto come in bocca, voleva sentirlo dentro, goderselo fino allo spasimo; cominciava anche ad avvertire un leggero prurito all’ano che non voleva essere lasciato fuori dal gioco.

Seguirono lunghi momenti di assoluta stasi; si sentiva solo il respiro affannoso dei quattro, frutto degli abbondanti recenti orgasmi; poi Maria obbligò dolcemente Turi a rotolare sul letto finché fu supino sotto di lei; facendo leva sulle ginocchia, cominciò ad impalarsi, prima lentamente e cautamente, poi con più foga, a mano a mano che sentiva le sue viscere adattarsi all’enorme ingombro del membro ed emettere fluidi in continuazione per effetto dei piccoli orgasmi che si producevano dall’utero sotto le spinte della cappella.

Mario lasciò il ragazzo e si accostò dietro di lei, le spinse la nuca fino a farla quasi distendere su Turi, frugò con le dita fra le natiche, fin dentro l’ano, si accovacciò dietro di lei, accostò il membro all’ano e cominciò a spingerlo dentro.

Maria ebbe un brivido di dolore, quando anche l’intestino fu violentato dalla seconda penetrazione; ma il piacere che ne derivò cancellò subito la prima sensazione e si adeguò contraendo ritmicamente ano e intestino; Mario fu assorbito da una sorta di ‘fellatio anale’ che lo mandò su di giri.

L’altro ragazzo si era accostato dall’altra parte e, cogliendo l’occasione, accostò il membro alla bocca di Maria che non si fece pregare per ingoiarlo quasi di colpo; dopo l’esperienza precedente, era quasi un gioco succhiare questo membro, che non era neppure tanto piccolo.

Ma il desiderio di sperimentare la capacità del suo sfintere con il membro di Turi era ormai entrato dentro la sua mente e dentro la sua libidine; passando una mano tra le cosce, strinse le palle del ragazzo per frenarne l’orgasmo e, con gli occhi, cercò di invitarlo a resistere; sembrava avesse capito.

Accentuò il ritmo del risucchio della bocca sul membro del giovane e in breve lo sentì eiaculare; bevve tutto facilmente; accentuò la pressione ritmica dell’intestino sul sesso di Mario e in breve sentì lo schizzo che le penetrava le budella facendola godere.

Poi si dedicò al membro di Turi, mentre i due si ritiravano rilassati dalla bocca e dall’ano.

Riprese il saliscendi sul membro tornato barzotto, gli strizzò leggermente i capezzoli e in un niente lo sentì di nuovo rigido nella vulva.

Lo prese delicatamente con una mano alla radice e cominciò a farlo scivolare lentamente fuori dalla vagina; ogni movimento era un nuovo brivido di piacere che le attraversava il bacino e si scaricava sull’ano che ora sembrava impaziente di essere violentato.

Quando il membro fu completamente fuori, lo accompagnò verso l’ano strusciandolo sul perineo, avvicinò la punta al forellino e cominciò a fare pressione dall’alto in basso; lo sguardo allucinato di Turi le fece capire che persino lui era spaventato dall’idea del male che poteva provocarle quella scelta; ma aveva deciso e non si fermava.

Quando la cappella forzò le pieghette dell’ano, fu solo piacere, quando entrò fino allo sfintere, furono solo scosse di libidine; quando però esercitò una pressione maggiore per far passare al membro il muscolo che, per quanto dilatato anche dalla recente penetrazione, si opponeva ad una dimensione così inusitata, le fitte di dolore si trasmisero a tutto il ventre; ma la voglia del membro le trasformò in fitte di piacere.

Quando la scappella superò lo sfintere, le tornarono in mente le doglie del parto; ma proprio per questo resistette e sentì la mazza che si impossessava lentamente del suo intestino.

Si fermò immobile con mezzo membro dentro il corpo e l’altra metà che sembrava tenerla sollevata; si abbassò verso il ragazzo e lo baciò sulla bocca intensamente; lui l’abbracciò per le spalle e ricambiò il bacio; Maria gli fece cenno con la testa di spingere e lui cominciò a muovere le reni per far entrare il membro; ma aveva l’aria preoccupata di chi teme le conseguenze.

Invece andò tutto come nei desideri; l’asta scivolò quasi naturalmente e Maria avvertì le sensazioni nuove e straordinarie dei tessuti del suo corpo che avvertivano il fastidio e l’infinito piacere della penetrazione; prima che se ne rendessero conto, l’enorme membro era tutto dentro di lei, i peli della vulva erano mescolati a quelli del pube di lui e il clitoride si strusciava con foga sull’osso pubico.

Maria provò sensazioni che non aveva mai avvertito e che mai più sarebbero ritornate nella sua esperienza; ebbe una serie infinita di orgasmi, prima che arrivasse quello definito, quello che normalmente la squassava tutta e la lasciava senza forze.

Stavolta fu ancora più intenso e sentì gli umori vaginali scorrere fuori dalla vulva come da una fontana aperta; Turi, per parte sua, accompagnò delicatamente la penetrazione anale, provando emozioni nuove e indicibili; arrivò ad eiaculare con una naturalezza che lo sorprese; e godette a lungo, molto a lungo.

La parte più difficile fu tirar via il membro dal didietro, mi raccontò Maria, perché, per quanto ridottosi di dimensione, era comunque una brutta bestia, quella che dovettero far scivolare fuori con mille cautele; ma ci riuscirono e, alla fine, senza che potessero impedirlo, un’immensa colata di sperma si riversò dall’ano spalancato direttamente sul lenzuolo.

Mentre Maria mi raccontava la sua copula col siciliano, il mio membro era diventato di marmo, anche se soffocato tra il mio corpo supino e il telo sui sassolini; per di più mi eccitava vedere che, mentre raccontava, lei continuava a titillarsi la vulva senza neanche cercare di mistificarlo e vedevo i suoi umori espandersi progressivamente sul telo sottostante.

Per fortuna, il mare era a pochi centimetri dalla caletta dei sassolini e non mi fu difficile andare direttamente in acqua per raffreddare i bollenti spiriti; e non solo quelli.

Nuotai per un poco, pur sapendo che non era consigliabile, a così breve distanza dal pranzo; poi tornai a riva quando il mio sesso si era alquanto raggrinzito sotto l’effetto dell’acqua.

Quando mi sdraiai sul telo, notai con sorpresa che Maria ancora si stava titillando apertamente il clitoride.

Le chiesi se quel suo masturbarsi derivava dalle fantasie sul ‘bell’arnese’ che l’olandesina intanto stava seducendo o se dal ricordo di una scopata davvero memorabile.

“E se fosse per tutt’altro motivo?”

Mi rispose ambigua e, continuando a masturbarsi, “stasera dormiamo insieme” mi comunicò.

Quel pomeriggio, la mia mente fu occupata solo a capire mia madre e, soprattutto, la sua evidente schizofrenia tra la vita quotidiana in città, tutta improntata al decoro ed alla rispettabilità, e la persona che invece emergeva in vacanza, una sfrenata ninfomane ansiosa di ogni esperienza nuova e trasgressiva che potesse affacciarsi all’orizzonte suo e del marito, opportuno complice, e forse fautore, delle sue sfrenatezze.

Poiché non mi lesinava risposte e narrazioni, cercai di sapere di più e più profondamente; in particolare, mi colpiva l’insistenza con cui faceva riferimento a giovani sconosciuti con i quali aveva avuto rapporti occasionali di particolare violenza ed eccitazione.

Un episodio ricordò con molto piacere e fu l’incontro con due ragazzi poco più che adolescenti, diciotto, vent’anni ciascuno, dall’aria delicata e quasi verginale che avevano accettato serenamente la proposta di una serata ‘brava’ e avevano subito quasi con entusiasmo la violenza di Mario che si era fatto succhiare l’uccello da tutti e due e li aveva poi stuprati con foga.

Per quanto si riferiva alla loro funzione ‘attiva’ verso Maria, avevano rivelato un certo imbarazzo, specialmente perché la loro ‘dotazione’ era sotto la media comune e non si ritenevano adeguati a soddisfare una donna che aveva evidentemente molta più esperienza e passione.

Maria ricordava quasi con dolcezza gli approcci con i due che aveva sollecitato in tutti i modi con baci, carezze e leccate che avrebbero risvegliato un morto; al più giovane aveva succhiato il membro con tanto entusiasmo che l’altro aveva avuto un evidente moto di eccitazione che lo aveva portato a stringerle con foga la testa e a spingerle l’asta in bocca fino ai testicoli.

Per favorire la situazione, Maria si era sdraiata bocconi sul letto e lo aveva invitato ad entrarle nell’ano, dove la maggiore stretta avrebbe facilitato l’eccitazione; per rendere più intrigante la penetrazione, se ne stava sdraiata, a natiche quasi strette, sicché il ragazzo avvertiva ogni piccola variazione della sensibilità quando il membro penetrava nell’ano; lei, per sua parte, si masturbava con entusiasmo e godeva molto, più dell’emozione del giovane che dello stupro in sé.

Quando riuscì a sentire le natiche riempirgli l’inguine e il membro profondamente immerso nel deretano, lui si sdraiò sulla schiena e prese a carezzarla con dolcezza dovunque potesse arrivare, dai capelli ai glutei.

Raccontando, Maria mi disse che fu presa da un dolce languore e si abbandonò alle carezze con piacere mai provato prima; ebbe un lungo, dolcissimo orgasmo, mentre lui la accarezzava; e solo quando si fu rilassata lo incitò a muoversi in lei finché sentì lo sperma colarle nell’intestino.

Quasi per contrappunto, mi raccontò invece di due giovani francesi, incontrati in altra occasione, che si erano rivelati particolarmente aggressivi, anche perché dotati di organi notevoli con i quali pensavano di poter dominare la femmina obbligandola alle pratiche che loro preferivano.

Maria mi disse che nei loro confronti si era scoperta improvvisamente severa ed autoritaria; frenandoli con decisione, aveva imposto che, insieme, la leccassero da tutte le parti, mentre Mario approfittava largamente dei loro deretani; e solo quando la fecero godere con gusto almeno tre volte, consentì che uno la penetrasse da dietro, mentre lei succhiava il membro all’altro, seduto di fronte a lei.

Quasi deliziata dal ricordo, mi disse che fece di tutto per rendere i due membri, per la verità assai notevoli, due gingilli con cui giocare, manovrando sapientemente i muscoli della vagina, per l’uno, che apertamente andava in estasi a sentire il suo organo così succhiato dalla vagina, e scatenandosi con la bocca sull’altro membro, facendogli percorrere tutte le vie del piacere con leccate lunghe e meticolose sull’asta, sui testicoli e sull’inguine e risucchiando il membro fino in fondo alla gola.

Esplosero insieme e furono due eiaculazioni lunghe e ricche di sperma che assorbì nel ventre e nella gola con la massima partecipazione.

Alla fine, forse per umiliarli, li fece stendere, gli montò sopra e urinò con forza sui loro visi, sui loro petti e sui loro sessi.

Ero quasi sconvolto dai racconti che mi faceva, ma capivo anche che c’era una forte spinta interiore a indurla a copulare con tanta foga e con tanto entusiasmo.

Raccontò ancora, e a lungo, delle vicende vissute; avevo quasi la sensazione che, finalmente, potesse scaricarsi da un peso; e mi dava un’intensa emozione, quasi sessuale, sentirmi partecipe delle sue vicende, o almeno della loro narrazione; glielo dissi e lei mi fece un’ulteriore, decisiva confessione.

Aveva parlato un poco della cosa con uno degli amici del gruppo, l’unico italiano, che di professione faceva il terapeuta; e lui le aveva spiegato che quasi certamente si agitava in lei l’ansia di una volontà di incesto che aveva rimosso e che emergeva ogni volta che era davanti ad un situazione di sesso trasgressivo, specialmente se si trattava di ragazzi sui quali poteva trasferire il suo desiderio di fare sesso con il figlio; in altri termini, la sua smania di sesso nascondeva soprattutto il desiderio di copulare con me.

Rimanemmo a lungo inebetiti e silenziosi, dopo questa dichiarazione che, tra le altre cose, chiariva anche il suo bisogno, all’interno di un rapporto sessuale ormai realizzato, di parlarmene e di raccontarmi tutto, o quasi.

Mentre Maria dava sfogo al suo lungo racconto - confessione, arricchendolo anche di molti altri particolari meno significativi, io continuavo a cercare di mistificare al meglio l'erezione quasi costante che i suoi discorsi, ma soprattutto la sua vicinanza e la promessa implicita che aveva fatto per la sera, mi procuravano inevitabilmente.

Cercai di distrarmi e indagai con lo sguardo sulla scogliera per capire cosa fosse successo al resto del gruppo; ma era evidente che le ‘attività’ si erano trasferite altrove; e sugli scogli c'erano solo, sparsi, gruppi di persone stese come ramarri a godersi il sole.

Cercai di dormire e ci riuscii anche, per un poco; poi il calore eccessivo mi suggerì di andare a rifugiarmi all'ombra del camper; Maria mi seguì, anche se con meno entusiasmo, vista la passione che aveva per il sole e per le rocce roventi.

Andammo a sciacquarci alle docce e rientrammo per bere una bibita fresca; poi lei mi propose di fare un giro e di andare a comprare qualcosa di ‘sfizioso’ per la cena.

Ero felicissimo di stare con lei, di averla tutta per me almeno per alcune ore; e non glielo nascosi; ma mi frenò quando cercai di abbracciarla; mi disse.

“Ogni cosa a suo tempo e il sesso verrà poi; per ora fai il bravo figliolo con la sua bella mamma."

Non c'era niente che potessi obiettare e l'accompagnai fedele e servizievole nel giro al piccolo market.

Ciondolammo per un po' oziosamente per il campo, commentando tutto quello che ci colpiva l'interesse e alla fine ci dedicammo a preparare la cena; non capitava spesso che la seguissi così docilmente nel lavoro di casa; ma quel pomeriggio mi sentivo molto più disponibile e amorevole del solito.

Cenammo piuttosto presto, per quella stagione e per le abitudini del campo; ma, anche se non lo ammettevo nemmeno con me stesso, avevo una voglia irrefrenabile di andare a letto con lei; e credo che il desiderio non fosse solo mio, vista la rapidità con cui le fasi della preparazione venivano effettuate.

Dopo aver cenato, la accompagnai ai servizi e la aiutai a rassettare, cosa che facevo assai di rado e quasi sempre obbligato a viva forza; poi ce ne stemmo a prendere il caffè beandoci del fresco della sera che attenuava una giornata risultata particolarmente calda.

Inutile dire che il mio pensiero era fisso al momento successivo, quello in cui avrei avuto il massimo possesso di un corpo che ormai adoravo oltre ogni limite del lecito; Maria sembrava quasi divertita di vedere il mio membro che si rizzava e spesso colpiva il basso tavolino da picnic dove sedevamo; osservava il mio viso e pareva leggere i miei pensieri che erano già stesi sul letto con lei; ogni tanto sorrideva sorniona.

Finché, si alzò di scatto, mi prese per mano, ‘vieni’ mi disse e mi accompagnò dentro.

Andò a stendersi direttamente sul letto più grande e aprì le braccia per invitarmi a raggiungerla; salii in ginocchio sul letto, tra le gambe divaricate di lei e mi stesi addosso facendo aderire tutto il mio corpo al suo.

Infilò una mano fra di noi, afferrò il membro che era un obelisco di marmo, sollevò il pube e si fece penetrare con un solo movimento.

Ancora una volta, vidi bagliori di luce balenarmi nel cervello, sentii il corpo sciogliersi in un nuovo languore e mi mossi per montarla.

Maria mi bloccò con le braccia le spalle e fece ruotare le gambe intorno al mio bacino, incrociandole dietro la mia schiena, stringendomi in una morsa che mi impediva qualsiasi movimento; mi stringeva tutto, dal viso affondato contro il suo al torace schiacciato contro il suo seno, al bacino che era diventato tutt'uno col suo; non si muoveva e mi impediva di muovermi; solo i muscoli della sua vagina carezzavano il mio sesso e il clitoride si strofinava impercettibilmente per il movimento dei muscoli interni.

Forse furono solo pochi minuti, ma ebbero l'intensità di un'eternità; dopo mi sarei sentito stupido, ma in quel momento mi fischiavano le orecchie, mi suonavano campane nella testa, mi ruotavano negli occhi i colori dell'iride, il corpo mi si scioglieva e diventava tutt'uno col suo; pompavo sangue al membro senza muoverlo e questo stimolava la mia eccitazione quasi quanto la pressione della vagina.

Eiaculai senza accorgermene; sentii che il corpo mi si svuotava, che mi scioglievo in un abbandono infinito e inimmaginato; sentii che anche lei arrivava all'orgasmo, quasi all'unisono con me, e che si scioglieva in altrettanto languore, in altrettanta dolce sfinitezza.

Fu un istante da incanto.

Poi le cose sembrarono riprendere consistenza e tornarono i rumori abituali, ripresero corpo gli oggetti.

Mi liberò il bacino dall'abbraccio delle gambe e le spalle da quello delle braccia, mi spinse delicatamente di lato e mi ritrovai accanto a lei, a guardare il soffitto, cercando di riprendere dimestichezza col mondo.

"Non volevo che mi cavalcassi; volevo riprenderti dentro di me, riassorbiti nel mio utero, sentire che tutto il tuo corpo è mio da sempre e che il mio corpo ti appartiene di diritto."

Mi limitai a sussurrare.

"Grazie è stata l'emozione più bella che si possa provare".

Di colpo, quasi pentita, si sollevò a sedere, si tamponò la vulva per non colare sul letto e andò in bagno; sentii che si risciacquava; poi venne a sdraiarsi vicino a me e cominciò a giocherellare col sesso moscio.

"Se te la senti, possiamo anche farci una bella copula, adesso!"

Le sorrisi e, con un gesto della mano, ‘dammi tempo’ le feci capire.

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