Vendetta non richiesta

  • Scritto da geniodirazza il 04/07/2023 - 21:40
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Vendetta non richiesta

Ho il cuore in subbuglio, mentre mi avvicino all’appartamento dei miei, quello dove fino a pochi anni addietro ho vissuto tutta la mia esistenza, prima che aprissi il mio studio in centro per diventare l’avvocato di grido, famoso per essere il difensore di tutti i mafiosi della regione e per questo ricco e temuto.

Una parte di me spera di scoprire che è tutta una montatura, un errore dell’agenzia che, senza neppure esserne richiesta da me, forse su commissione di qualche ‘amico’ rimasto sconosciuto, mi ha consegnato, con mio enorme dolore, un ampio e documentato dossier sui comportamenti di madre.

L’altra parte, però, guarda con terrore all’ipotesi che non ci siano stati errori, peraltro assai improbabili, e che rischio di trovarmi davanti a una realtà per me assolutamente inaccettabile.

Il primo approccio con la casa, quando apro con la chiave che non ho mai lasciato, non fa per niente sperare bene; non ho sentore della presenza di mio padre che, per quello che mi hanno informato, dovrebbe essere in casa per un’indisposizione che gli ha impedito di andare al lavoro; né vedo tracce della presenza di mia madre che, da brava massaia, a quell’ora dovrebbe essere affaccendata nei lavori domestici di cui è appassionata cultrice.

Regna nelle stanze e nei corridoi, un silenzio di tomba; rumori vaghi si avvertono dalla camera dove, penso, mio padre è presumibilmente a letto assistito amorosamente da mia madre; quando mi avvicino alla porta socchiusa, i rumori diventano netti e sono tutt’altro che di persone dedite all’assistenza a un malato.

Dallo spiraglio tra le due ante della porta vedo immediatamente mio padre legato mani e piedi alla poltrona accanto al letto che, come so, domina la parete di fronte all’entrata; rimango di sasso, senza fiato, temendo un’aggressione; ma lo specchio a quattro ante dell’armadio laterale mi presenta un quadro ben più allucinante.

Sdraiato sul letto, con la testa verso la porta, è steso un maschio all’apparenza piuttosto selvaggio che se ne sta sdraiato con un fallo enorme, sicuramente superore alla media, ritto in mezzo alle gambe, tra le quali è stesa mia madre, completamente nuda, con il viso rivolto a mio padre al quale dedica smorfie oscene.

Lei piega continuamente la testa verso quella bestia e lecca golosamente i testicoli grossi come albicocche e, da lì, risale lungo l’asta; lo fa più volte, fino alla cappella aperta come un fungo quasi a coprire lo spessore della mazza, che alla fine ingoia per intero, con mia enorme sorpresa, fino a toccare con le labbra i peli del pube; odo nettamente le volgarità che lo stallone le rivolge e vedo chiaramente, con una sensazione di schifo violento, mia madre piegare la mano nel segno delle corna rivolte verso mio padre, mentre gli grida estasiata.

“Vedi, cornuto, come mi fa godere uno stallone vero; questo sì che è un signor fallo, altro che il tuo pisellino inutile e floscio!”

Ho preso il telefonino e riesco a registrare gesti e suoni con vivezza immediata; per un attimo penso di entrare di sorpresa e scatenarmi; poi decido che devo documentare bene l’azione, per quando agirò contro mia madre; mi placo, mi sistemo col telefonino e registro tutto l’amplesso.

Sempre con la colonna sonora delle parolacce di lui e il dileggio di lei al marito, si lanciano nella copula; mia madre gli monta addosso, si fa penetrare violentemente in vagina da quella bestia e lo cavalca a lungo, lussuriosamente, gemendo e godendo; lui la sbatte letteralmente sul letto, le spalanca le cosce e prende a succhiarle il clitoride, strappandole autentici urli di goduria; quando lei si distende languida, le ritorna addosso e la monta alla missionaria.

Deve avere un’ottima resistenza, lo stallone, perché dopo qualche minuto la fa girare, la obbliga a stare carponi e le infila, a freddo, senza lubrificazione, l’enorme fallo nell’ano; lei urla, una prima volta dal dolore e subito dopo per goduria; vanno avanti per qualche minuto, poi lui eiacula nel retto esclamando.

“Devo andare, mi aspettano al negozio!”

Si riveste in fretta, mentre mia madre sembra godersi l’orgasmo tenendosi la vulva; apre la porta e si trova davanti a me che, pistola spianata, lo aspetto deciso anche a sparargli se tenta di aggredirmi; è molto grosso, il macellaio, l’ho riconosciuto, ma io ho l’autorizzazione a girare armato per difesa e lui è uno sconosciuto, secondo la mia tesi, penetrato in casa, che ha legato mio padre alla sedia per fare violenza a mia madre.

“E tu chi diavolo sei?”

Domanda spaventato.

“Nando che ci fai qui? Attento … è mio figlio!”

Interviene mia madre.

“Oddio, l’avvocato?”

E’ in evidente imbarazzo, il maiale; sfila a fianco a me e fugge spaventato; slego mio padre mentre mia madre cerca di coprirsi, non si era mai fatta vedere da me nuda come in quel momento, e mi chiede balbettando di lasciarla andare a lavarsi.

“Forse puoi anche ripulirti dello sperma che hai accolto nel ventre con tanto piacere, ma di lavarti la coscienza dalla colpa, non t’illudere proprio!”

Accompagno mio padre in cucina; si offre di prepararmi un caffè; gli dico che non è il caso e accenno ad andarmene; sopraggiunge mia madre, in accappatoio, e mi apostrofa con rabbia.

“Come ti sei permesso di entrare in casa senza avvisare?”

“Signora, mi perdoni ma io ero di casa qui ed ho regolarmente la chiave; forse lei ignora che ero il padrone di casa, solo qualche anno fa …. “

“Lara, che diavolo dici; lui è padrone di entrare a casa sua come e quando vuole; dal momento poi che ci entrano certi personaggi a fare il proprio comodo, sei almeno ridicola … “

Mio padre è lapidario, lei ha il buonsenso di tacere.

“Perché mi chiami signora? Hai dimenticato che sono tua madre?”

“Una troia che copula come una vacca sotto un toro selvaggio e che fa il segno delle corna a mio padre non ha niente a che vedere con mia madre, donna morigerata e corretta con tutti.”

“E tu come saresti nato se non avessi copulato?”

“Mia madre, dopo la favola del cavolfiore, mi spiegò che ero nato da un gesto d’amore tra lei e mio padre; una troia che tratta suo marito da cornuto e che si fa montare come una vacca brada non ha neppure il diritto di chiamarsi madre; la prego, anzi, da questo momento, di non farsi scappare mai più quel sostantivo nei discorsi che eventualmente intervenissero tra di noi; io non intendo mai più dialogare con lei, se non in termini ufficiali e legali; forse chiederò se è possibile disconoscere la maternità di una prostituta qualsiasi che si spaccia per mia madre; non voglio mai più avere notizie di lei e delle sue colpe.”

“Avvocato, qui non siamo in tribunale; quello che ho fatto non è certamente da vantarsi; ma non è neppure da tribunale; ormai è da anni che l’adulterio non è reato penale.”

“Signora, vedo che è bene informata; però il suo comportamento non è definibile, se non si vuole incorrere in un reato; sappia anche che lei sarà moralmente colpevole di tutto quanto deriverà da questo che lei sembra considerare un errore e che invece io etichetto come colpa imperdonabile; gli errori si pagano e lei pagherà quest’errore per tutta la vita, mi creda.”

Non sa cosa rispondere, guardo mio padre e gli chiedo.

“Da quanto tempo va avanti questa storia? Perché non hai reagito?”

“Due anni fa Lara assaggiò un fallo che era più grosso del mio, commettendo il primo adulterio; poi ha continuato su questa strada e mi ha costretto a subire le angherie sue e dei suoi amanti, trasformando una leggerezza in colpa imperdonabile; non ce la faccio a ribellarmi perché la amo ancora, nonostante tutto, e non voglio perderla.”

“Due anni? Da quando ho aperto lo studio e mi sono trasferito! Brava, signora; tempismo e smodatezza; adesso lei ragiona con l’utero, non più con la testa; ma ride bene chi ride ultimo; e lei pagherà tutto, le umiliazioni e le mortificazioni a mio padre; la profanazione, con le sue sporche copule con stalloni sconosciuti, di un posto per me sacro, la camera dove sono nato; e l’offesa a me; anch’io, lo ricordi, sono cornuto come lui; ma io sono fatto della sua stessa pasta, signora; lei ha partorito la mostruosità che è in lei e l’ha trasmessa a me; si guardi dal mostro che sto per diventare; non avrò pietà e sarà difficile per lei sfuggire alla mia vendetta.”

“Ma vai al diavolo, cornuto tu e tuo padre; io faccio quello che voglio …!”

Stringo i denti e i pugni, respiro a fondo.

“Anch’io, signora, farò quello che voglio, quello che è giusto, ma soprattutto quello che lei merita.”

Me ne vado schifato da mia madre e giuro a me stesso che l’avrebbe pagata.

Passano sei mesi circa e per tutto il tempo non mi faccio vivo con i miei; né loro mi cercano; ma la macchina della vendetta è in moto, anche se io non lo so; e chi mi ha passato le notizie dell’agenzia, continua a fare il suo sporco lavoro.

Ho da tempo una bella storia con Stefania, una giovane avvocata, brunetta tutta pepe, assai ben carrozzata, intelligente e aperta, che ha intrecciato con me una relazione in cui sesso, amore e intelligenza se la giocano a rendere felici i nostri incontri; con lei parlo spesso e volentieri non solo del lavoro più pressante ma anche di tutto quello che ci può interessare; frequentiamo il teatro e il cinema, ceniamo spesso fuori, da soli o con amici, e copuliamo come conigli ogni volta che se ne presenta l’occasione.

Quella sera ma la sono portata a casa, dopo un’allegra cena con un’altra coppia, e siamo ai lunghi preliminari che segnano i nostri incontri; ci siamo baciati con enorme passione ed io ho cominciato a passare le mani, voluttuosamente, sul suo sedere a mandolino, bellissimo da guardare, meraviglioso da toccare, palpare, godere infinitamente; il sesso mi si è gonfiato nello slip fino a dolermi per la pressione; lei si offre a me con amore, spingendo il pube contro il mio e schiacciandomi sul petto i seni che quasi pungono, con i capezzoli ritti e duri.

Comincio a spogliarla e lei lo fa con me, baciandoci lussuriosamente su tutte le parti che a mano a mano scopriamo; io sono appassionato dei suoi seni, non grandi ma compatti, sodi e amorevolissimi; e mi soffermo libidinosamente a succhiare i capezzoli, registrando con gioia la sua eccitazione che cresce; le sollevo la gonna, sposto il tanga e le infilo un dito in vagina; geme e ulula fino a godere.

In quel momento squilla il mio telefonino; quando leggo sul display il nome di mia madre, ho un violento moto di stizza, interrompo la chiamata e spengo il telefonino; mi fiondo ancora più teso, non solo per l’eccitazione, sul corpo di Stefania e cerco di impossessarmene con tutte le mie facoltà; mi frena con dolcezza, mi chiede chi era; rispondo che non è importante e riprendiamo la nostra ‘battaglia’ d’amore.

Nei nostri preliminari, mi sono accorto che Stefania tende immediatamente a impossessarsi del mio sesso per dedicarsi a una fellazione che pratica con molta cura e sapienza, strappandomi orgasmi spesso incontrollabili al punto che alcune volte non sono riuscito a possederla in vagina come avrei voluto; non che mi deluda, perché il piacere che sa darmi è enorme; ma preferisco sempre titillarla io per primo, farla godere e semmai, dopo, penetrarla.

Quella sera decido che non le avrei dato tempo per applicarsi alla fellazione; la faccio sedere sul bordo del letto, la spingo supina sulle lenzuola e le sfilo insieme gonna e tanga; mi tuffo sulla vulva e aggancio immediatamente il clitoride; so che è molto sensibile alla manipolazione dell’organo; prendo a titillarla, succhiarla, mordicchiarla, strappandole urla continue di piacere intenso; sentendosi messa da parte, si solleva a sedere e mi trascina sul letto, sfilandomi insieme pantaloni, boxer e calzini.

Mentre sono immobile al centro del letto, quasi in croce, mi balza addosso con mossa felina e s’impossessa della verga che spinge in gola, al primo colpo, per dare il via alla sua fellazione preferita; la prendo per le anche e la giro per avere la vulva sul viso; non ama molto il sessantanove, perché dice, e ha ragione, che ci si perde tra i due piaceri, quello attivo del dare e quello passivo del ricevere.

Ci coordiniamo come sappiamo fare bene e, sostando quando l’altro succhia e insistendo quando tocca a noi, riusciamo ad avere un rapporto intenso, lunghissimo, punteggiato, per lei, da piccoli orgasmi continui; per me, da un’eccitazione crescente.

“Prendimi, voglio sentirti dentro!”

Mi sussurra quando si sente vicina a un grande orgasmo; non me lo faccio ripetere; m’inginocchio sul letto, dietro di lei carponi, la prendo da dietro, spingendo l’asta profondamente nell’utero, finché tocco la cervice e mi fermo perché il sesso è troppo invasivo per lei, spinge indietro il sedere e si penetra fino al dolore, incurante delle leggi della fisica.

La monto per un periodo che mi pare lunghissimo e mi fermo più volte, per rallentare la corsa dell’orgasmo, per farle assaporare il piacere fino in fondo, per dare a lei il tempo di coccolarsi l’orgasmo; le chiedo in un sussurro se gradisce, per esplodere nell’orgasmo, cambiare posizione; ne ricevo conferma e mi sfilo; la faccio girare e le monto sullo stomaco, con la verga piantata tra i seni, piccoli ma sodi; a cenni mi comunica che vuole lo sperma nell’utero.

La rassicuro e, dopo avere giocato un poco con le mammelle che uso per accarezzarmi l’asta, la penetro fino in fondo con forza; godiamo simultaneamente, cosa che spesso ci riesce ed è motivo di grande soddisfazione, oltre che d’immenso piacere; quando ho eiaculato, mi scanso per evitare di pesarle inutilmente addosso e mi stendo al suo fianco; subito dopo corre in bagno a lavarsi; quando torna sul letto, sono io ad andare in bagno per fare le mie cose; al ritorno, la trovo che manipola il mio telefonino, che ha riacceso; lo facciamo spesso, dopo l‘amore, per aggiornare le chiamate.

“Ti hanno chiamato due volte tua madre e una tuo padre.”

Mi annuncia perplessa.

“Stefy, non preoccuparti; appena avremo un momento opportuno, ti spiegherò tutto … “

Non può ribattere, perché la suoneria squilla e, dal display, vedo che è mio padre; temendo che mia madre, in quel modo, aggiri l’ostacolo del mio rifiuto a parlarle, rimango cauto e rispondo solo con un sì.

“Ciao, Nando, sono papà … “

Stefania si precipita a mettere il vivavoce; quando cerco di obiettare, m’impone il silenzio col dito; mio padre con voce esitante mi chiede se lo disturbavo.

“Per la verità, avevamo appena finito di fare l’amore; ma tu non mi disturbi mai; dimmi.”

“Io e tua madre vorremmo parlarti … ”

“Papà, ti prego, non parlo per parlare; quando ti riferisci a lei, dimmi ‘mia moglie’ oppure ‘la signora’ ma non usare più quel termine di cui tua moglie si è dimostrata assolutamente indegna; non è più tuo, il problema, è una questione tra me e lei; ha profanato la camera dove sono nato, ha calpestato la mia dignità; non può essere mia madre; lei non avrebbe nemmeno pensato quello che questa donnaccia ha fatto.”

“Io non ce la faccio a essere spietato come te; in quello hai preso da tua madre, non questa donna, tua madre che non era tenera quando si sentiva offesa; io non riesco a provare rancore a lungo; lei, da quando sei stato a casa, è tornata a essere la donna che amavo; tu cerchi vendetta, io preferisco il perdono; tu esigi l’intransigenza, io voglio dimenticare; dobbiamo parlarne; vuoi parlarne con me e con mia moglie, visto che così chiedi che la indico? Con me, soprattutto, prima che con lei?”

Stefania mi guarda spaventata e tace, perché i suoi commenti si sarebbero sentiti.

“Quando, dove, come?”

“Verresti a casa? Hai detto che sei con Stefania; io vorrei conoscere questa donna che sicuramente è degna di te; perché non me la porti a conoscere?”

“Perché nella casa profanata della mia fanciullezza non ci entrerò mai più, dopo che una troia l’ha insozzata in quel modo … “

“Mia moglie propone casa tua … “

“Pranzo e ceno fuori, sono in casa solo dopo cena; non puoi venire a parlarmi a mezzanotte … “

Attimi di silenzio, in cui si consulta con mia madre.

“Domani hai molti impegni?”

“Papà, per parlare con te, ma solo con te, mi libero anche tutto il giorno.”

“Ma ci sarà, ci deve essere anche mia moglie, sia chiaro; possiamo venire intorno alle undici al tuo studio?”

Stefania mi minaccia col pugno chiuso e mi accenna di si con la testa; confermo anche a lui; con un gesto assolutamente imprevedibile, Stefania spiazza entrambi e, approfittando del vivavoce, si rivolge direttamente a mio padre.

“Buonasera Nicola, sono Stefania; come sta?”

La voce di lui è chiaramente emozionata, quasi piange.

“Oddio, ragazza mia, conoscerti così, solo per telefono … è vero che vi volete bene? Pensate di vivere insieme, di sposarvi? Come vorrei conoscerti personalmente!”

“Papà, non correre, vivere insieme, sposarci; per ora stiamo benissimo insieme, se penso a quello che la signora Lara ti ha combinato dopo venticinque anni di matrimonio, mi passa la voglia anche della convivenza; è un ottimo insegnamento che la tua signora mi ha dato; mettilo nel carico, anche questo. In privato ti direi che amo questa donna perché è la persona giusta per me; dopo la vostra esperienza, ho paura anche dell’acqua fredda come quelli che si scottano con l’acqua calda.”

“Tua madre … non m’interrompere, me ne frego della tua rabbia, io so che è tua madre come so che sono tuo padre; lei ha commesso molti errori e molto gravi, anche; ma io ho conosciuto una donna meravigliosa, che mi ha dato un figlio di cui sono più che orgoglioso; dopo la terribile lezione che s’è presa da te, ha cambiato di nuovo rotta; all’improvviso è tornata a essere la donna che amavo, che amo e che voglio amare.

Tua madre sarà con me; so già, senza che tu me lo dica, che sarà un discorso difficile e doloroso, ma non puoi più nasconderti e dovete parlare, dobbiamo parlare, tutti e tre; per favore, convinciti che è giusto parlare di quello che è successo e di quello che sta succedendo; convincitene per me, per favore, non per mia moglie; ho bisogno anch’io di chiarezza.”

“Ma di che parli papà?”

“Davvero non sai niente?”

“Papà, non approfittare della mia pazienza. Che cosa dovrei sapere?”

“Li stanno massacrando, uno a uno?”

“Papà, soggetto, predicato e complemento. Chi sta massacrando chi?”

“Gli uomini che … uffa … quelli che mi hanno umiliato … gli amanti di tua madre … ed anche le loro famiglie innocenti … “

“Chi lo sta facendo?”

“Non si sa; tua ma … mia moglie dice che il mandante sei tu … “

“Di’ a questa st … upida che se afferma questa cosa in pubblico, la denuncio per diffamazione; forse ho ereditato la sua mostruosità, ma non in tutto e sicuramente una buona dose della tua dignità la conservo. Stia attenta a quello che dice … “

“Nando, possiamo parlarne con calma domani?”

“Con quello che mi dici, calma non potrà essere presente, avrà da fare con qualche troia che la mette all’angolo … “

“No, parleremo serenamente e chiariremo … Io lo so che non c’entri, ma forse riuscirai tu a capire che sta succedendo.“

“Questo forse sì, ho già una qualche idea. Però di’ a tua moglie che la colpa di questi eventi è sua come tutto il resto; ed io l’avevo avvertita; e sarà ancora colpa sua se le cose peggioreranno, anche per me.”

“Per te? Perché?”

“Papà, ti prego; ne parliamo domani, per telefono non è il caso. Buonanotte.”

“Buonanotte a te e anche a Stefania; vi saluta la tua mamma, anche se ti da fastidio; e dice che ti vuole bene come sempre.”

Ho appena riattaccato che devo fare i conti con la mia ragazza.

“Senti, amore, prima che tu mi sommerga di domande, siediti e ascolta; molti mesi fa, sei forse, l’agenzia ‘La lince’ mi consegnò un dossier che dimostrava il libertinaggio estremo a cui si era dedicata mia madre con numerosi amanti con i quali copulava a casa sua, nel suo letto, obbligando mio padre ad assistere; non ci fu verso di farmi dire chi avesse commissionato l’indagine.”

“Pensi sia stato don Pasquale, il mammasantissima che hai tirato per i capelli fuori dai guai?”

“Sì, ha certamente creduto di farmi un favore denunciando la perversione di mia madre; andai a casa e la trovai in pieno congresso carnale col suo macellaio; mio padre era legato a una poltrona e obbligato a guardarli; se ti piacciono le scene forti, ho fatto un video da usare se chiederò il disconoscimento di maternità; ma non ho nessuna certezza di farlo.”

“Stai vaneggiando; ‘mater semper certa’ è un principio assoluto; lo spermatozoo devi riconoscerlo dal DNA, l’ovulo è quello e basta; è sempre madre anche se non ti piace, perché batte su un marciapiede. Continua; che hai fatto?”

“Niente, ho detto forse qualche parola forte, nessuna parolaccia, ho proibito a mia madre di chiamarmi figlio ed ho sepolto tutto sotto un tappeto; dopo sei mesi, come hai sentito, tutto ritorna a galla ed ho una paura fottuta.”

“Che paura?”

“Hai sentito che è in atto una vendetta, di cui mia madre, che è più spietata di me, ma anche più perfida, sospetta che io sia il mandante? In ogni caso, è una faccenda assai brutta.”

“Credi che ci sia lo zampino di don Pasquale?”

“Ne sono quasi certo; solo lui può mandare una squadra punitiva a fare del male a intere famiglie; se il male ‘alle innocenti’ come ha detto mio padre è quello che penso io, allora avrò la certezza che è opera sua.”

“In questo caso, che succede?”

“Semplice; il dato assodato è che mi trovo, mio malgrado, debitore di un favore che il mammasantissima crede di avermi fatto, perché ha vendicato l’offesa delle corna che, nel loro criterio di valutazione, è il peggiore oltraggio che si possa arrecare a un uomo d’onore.

Se attribuisco la cosa a lui e per caso non è vero, lo offendo; se dovesse essere come io credo, mi trovo a essere il ‘giustiziere’ senza averlo voluto e avrei sulla coscienza famiglie distrutte, specialmente se don Pasquale ha deciso di far pagare a tutti anche il pizzo, in una zona che finora era esente; qualche danno accessorio vedrai che salterà fuori.

Quello che è peggio, è che domani mia madre verrà ad accusarmi del massacro dei suoi amanti e non riesce a vedere che è stato il suo comportamento a scatenare l’ira di dio … “

“Beh questo però devi farglielo capire; se non lo intende, è proprio una st … upida.”

“No, è l’espressione che hai pensato, non quella che hai detto?”

“Adesso che pensi di fare?”

“Io andrei a dormire. Vieni?”

“Prima però … non hai bisogno di scaricarti? Io sì … “

“Lo davo per scontato; sono troppo teso … “

Arrivano puntuali allo studio; non posso fare a meno di ammirare la figura di mia madre che, a quarantacinque anni, è ancora di una bellezza invidiabile da donne assai più giovani; mio padre, invece, dopo l’episodio, mi pare invecchiato; ha solo una cinquantina di anni e sembra piegato dalla vita, come se ne avesse ottanta; avere scoperto che è strutturalmente un debole, prono alla moglie che improvvisamente si è scoperta una nuova vitalità, acuisce il senso di decadenza che emana.

Mi sento intenerire fino alle lacrime; e cresce in me l’odio per una donna che, per un suo stupido capriccio, per una debolezza forse troppo comune nelle donne, l’ha stroncato completamente; lo vado ad abbracciare e tratto lei con supponenza accennando appena un saluto formale.

Stefania ha voluto esserci e ora mi sta vicino, dietro la scrivania, quasi a moderare lo scontro inevitabile; manda le ragazze a prendere un caffè al bar; ‘paga l’avvocato’ suggerisce perfidamente, io sono portato a sorridere; abbraccia mio padre che ha già sentito per telefono e saluta amichevolmente mia madre, ma evita effusioni; li fa accomodare sulle poltrone davanti a noi.

Mio padre si guarda intorno con aria curiosa; lo anticipo e gli dico che lo studio è mio; gli aggiungo che, oltre alla casa che abito con Stefania, che ancora non ha deciso se trasferirsi definitivamente da me ma che divide ormai con me la vita, è di mia proprietà anche l’appartamento al piano di sopra, corrispondente allo studio; in quello, se vuole, può trasferirsi, anche con sua moglie, se la vuole con sé, a patto che lei firmi un impegno ufficiale a tenere un comportamento che non danneggi la dignità del posto e degli abitanti; mia madre si agita nervosamente sulla sedia ma non ha il coraggio di fiatare.

Inevitabile scatta la domanda.

“Come hai fatto a fare tanti soldi, se eserciti solo da qualche anno?”

“Ho avuto un colpo di fortuna che potrebbe essere anche una disgrazia. … Non guardarmi così; mi fu assegnato, appena abilitato, un giovane che aveva guidato ubriaco e aveva danneggiato la pensilina a una fermata d’autobus; trovai nella legge un cavillo per tirarlo fuori e ci riuscii; era il figlio di un mammasantissima, uno di quei malviventi che imperversano in regione e comandano tutto; da allora sono l’avvocato dei criminali e sono diventato ricco e temuto.”

“Quindi anche la vicenda che ci riguarda potrebbe dipendere da questo signore?”

Indico a mio padre un faldone sulla scrivania.

“Quel dossier mi fu fatto recapitare sei mesi fa da un’agenzia d’investigazioni; contiene la storia del libertinaggio di tua moglie, dalla prima all’ultima esperienza; io non l’avevo commissionato, ma l’agenzia non era autorizzata a rivelare chi l’aveva richiesto, perché questa è la legge; per verificare, decisi di fare un’improvvisata nella data presumibile dai precedenti; la sorpresa la trovai io, te legato alla poltrona e tua moglie che si faceva sbattere come uno zerbino da un selvaggio buzzurro.

Questo è tutto quello che sapevo e che so; l’elenco che si ricava da quel dossier è di una ventina di amanti, in soli due anni; c’è da fare i complimenti, alla signora, che si è data davvero da fare; dopo di allora, non ho fatto detto o sentito niente fino alla tua telefonata di ieri sera.

Posso anche ipotizzare che questo signore, come lo chiami tu, nella convinzione, tutta malavitosa, che le corna siano l’offesa più grave che si possa arrecare a un individuo, perché colpisce la sua dignità, abbia deciso di fare lui la vendetta che io non ho fatto; in certi ambienti l’omertà e la solidarietà sono imprescindibili.

Ma non ho prove e neppure la certezza intima, per indicare lui come mandante o artefice dei massacri; non mi avete detto niente su chi, come, quando siano successe queste cose di cui mi parlate solo come ‘massacri’; ci sono stati morti? Chi sono le vittime? Come faccio a trarre informazioni solo dalla tua notizia che tua moglie è convinta che il mandante sia io?

Questa è solo un’altra offesa gratuita della signora. Mi dici nei particolari che è successo?”

“Nell’arco di questi sei mesi trascorsi, è arrivata notizia che tutto il quartiere è entrato sotto il controllo di una mafia che impone tangenti, controlla la vita di tutti; cinque delle persone che sai pare che abbiano ricevuto una visita di una ‘squadra punitiva’ armata, che ha sequestrato la famiglia ed ha legato e imbavagliato il capofamiglia; un tale, con una dotazione asinina tra le gambe, ha sventrato mogli e figli, anche qualche maschio, sotto gli occhi del ‘colpevole’.“

“Per mia fortuna Stefania può testimoniare che non ho una dotazione asinina … “

“Ma è comunque meravigliosa per me … e non ho bisogno di falli extra large … “

“… come qualcuna di mia conoscenza … “

“Nando, dai, cerca di non pensarci più; hai qualche idea, adesso?”

“Sì; diciamo che ho una quasi certezza … “

“Amore, a chi stai pensando?”

“Hai presente quel tale condannato per lesioni più volte, quello indicato da tutti come ‘il calabrese’? Dicono che abbia una dotazione asinina ed è un uomo di don Pasquale. Sono quasi certo che tutto derivi da lui; ma mi muovo sulla lama di un rasoio, se è così.”

“Scusi, avvocato, perché mai ella dovrebbe muoversi così delicatamente con un farabutto?”

“Signora, perché quello che lei definisce farabutto è un uomo di grande potere; forse, al ‘calabrese’, potrebbe offrirsi una farabutta come lei, se proprio vuole risolvere il problema; forse ne avrebbe meno danni di altre, visti i trafori che si trova.”

“Sei un cafone, un mostro e un cafone!”

“Signora, gradisce il filmato da cui risulta che una sberla di venticinque centimetri balla in tutti i suoi orifizi, bocca, vagina e ano?”

“Mi hai filmato, maledetto?”

“Lei si esibiva meravigliosamente, da professionista; io sono un avvocato, mi preoccupo di avere prove, perché io ragiono con la testa; la differenza tra me, mostro partorito, e lei, che ha partorito il mostro, è che io ragiono col cervello e lei ha imparato a ragionare solo con l’utero; ognuno usa quello di cui dispone; io sono figlio di mio padre, soprattutto, e uso il cervello.”

“Nando, amore, calmati; la vedi che sta male e non ragiona?”

“Stefania, chi ha innescato la valanga? Questa signora ancora crede di potere essere arrogante; forse non ha capito che, se la mia ipotesi è vera, e tu le sai queste cose, è nell’elenco, all’ultimo posto che è quello d’onore perché la sua fine sarà lenta e dolorosa, se non riesco a trovare una via d’uscita; questa signora, e mi risparmio qualunque aggettivo, è condannata a morte e sta ancora giocando con la sua proclamazione di libertà, afferma che le colpe siano tutte mie; ti rendi conto?”

“Sei maledettamente simile a lei; due orgogli che si confrontano e nessuno dei due cede di un millimetro. Lara, mi scusi ma lei dimostra assai poca intelligenza; lei ha messo suo figlio in una condizione di estremo pericolo e tra un poco anch’io rischio di odiarla per il male che fa anche a me, se il nostro rapporto si dovesse incrinare per i suoi pruriti di vagina; e lei continua a impennarsi come la regina del pisello.

Lei ha commesso errori incommensurabili, ha provocato il dolore e il male che soffrono persino quegli imbecilli che sono venuti a copulare con lei solo perché si sentivano tanto maschi perché hanno il sesso grosso.

Questo, mi consenta, è da troia pura; ha oltraggiato e fatto umiliare suo marito; ha profanato un luogo che dovrebbe essere sacro e lo è per Nando, la camera; ha calpestato la dignità di suo figlio che adesso deve scendere a patti con un malvivente che ha approfittato dei suoi errori per creare i presupposti di un ricatto; ha fatto violentare e malmenare una quindicina di persone; ha imposto la camorra al quartiere; non le resta altro da fare che distruggere la città; perdio, ora la smetta e stia al suo posto.”

“Nicola, andiamo via, lo vedi che tuo figlio non vuole aiutarci?”

“Lara, vattene se vuoi; Nando sta parlando con buonsenso e buona volontà; tu sei ancora una volta arrogante e precipitosa. Se vuoi sbagliare ancora, accomodati; ma stavolta tieni presente che hai una sola uscita, il marciapiede; non hai lavoro, non hai reddito, non hai casa, puoi solo andare a battere e così sfoghi anche la tua smania di sesso.

Ora anch’io sono di là da ogni limite di pazienza; eravamo venuti a chiedere aiuto e tu vuoi ergerti a padrona del mondo; quanti danni hai fatto, lo hai sentito; Nando te lo disse a casa, che tutte le conseguenze del tuo errore sarebbero state colpa tua. Affronta le tue responsabilità o vattene, per sempre però.”

“Che cosa volete che faccia? Ho sbagliato, ho sbagliato HO SBAGLIATO; è tutta colpa mia. Che mi resta da fare, figlio mio, non avvocato, perché è a mio figlio che chiedo aiuto, non all’avvocato. Che cosa devo fare? Mi puoi aiutare?”

“Non lo so! Se dovessi essere carogna come te, dovrei suggerire a don Pasquale di anticipare il tuo turno a domani e di fare la scelta definitiva.”

“Nando, che diavolo dici, vuoi far ammazzare tua madre?”

“Stefania, pensaci e ragiona; questa donna è irrecuperabile; farà ancora solo errori e sempre più gravi; ormai non possono stare più nel quartiere perché alla fine sapranno che è stato per colpa della sua ninfomania che sono arrivati i camorristi, il pizzo e le vessazioni; che donne oneste e semplici sono rovinate per i suoi pruriti di vagina. Non ha un lavoro, non ha dove andare; il suicidio sarebbe una dignitosa soluzione.

NON MI DIRE CHE SI TRATTA DI MIA MADRE. Lo so; mi sanguina il cuore a dirlo, ma l’unica soluzione ragionevole che le resta è il suicidio, piuttosto che la prostituzione; se la fa ammazzare don Pasquale, ci guadagna, alla fine. Ti sembro folle?”

“No, sei solo troppo logico, disumano, spietato; ci deve essere un’altra via e solo tu puoi trovarla.”

“PER LEI???? Ma ti rendi conto di quello che dici?”

“No, grande stron … g; adesso mi costringi a dire anche parolacce. Non per lei che sta ancora dimostrando di non meritare nessuna pietà; lo devi fare per tuo padre che è quello che davvero sta soffrendo; io ne sono fuori, in fondo; tu e tua madre state combattendo da imbecilli a chi è più orgoglioso; lui sta sanguinando perché si trova tra una moglie troia e presuntuosa e un figlio avvocato dei malviventi e altrettanto presuntuoso.

Vuoi smetterla di beccarti con questa imbecille e cominciare a ragionare da avvocato, no no, sbaglio, è da uomo che devi ragionare, da uomo come io ti vedo e ti voglio, non da galletto o da avvocato, perdio.”

Fa per andarsene; la afferro per un braccio.

“PERDONAMI”

“Non c’è da perdonare, stupido amore mio; devi decidere e agire. QUALI OPZIONI HAI? Dimentica tua madre, per favore, ti fa solo male.”

“C’è una sola ipotesi, chiedere a don Pasquale un secondo favore, interrompere la vendetta; se lo faccio, però, entro nella sua scuderia automaticamente; rovino la mia carriera ma salvo la vita futura dei miei genitori.”

“Nando non lo fare; non meritiamo il tuo sacrificio; tua madre ha sbagliato; che paghi; io ormai non ho più niente da chiedere alla vita.”

“Nando, non lo fare; non lo merito; lasciami al mio destino … “

“Mamma, ti prego, non aggiungere scempiaggini; io ho visto la gente sulla sedia a rotelle, per una vendetta, ho visto donne col volto squarciato da bocca a orecchio; per quella gente le corna si lavano col sangue e quando vedono il sangue gioiscono, diventano irresistibili; non sai quanto ti farebbero soffrire.”

“Il ‘mamma’ ti è scappato o l’hai voluto?”

“La vuoi smettere di sfidare? Sei la mia mamma, l’unica donna che amavo da adolescente … “

“… e scommetto che ti masturbavi per lei … “

“Sì, amore; mi sono masturbato per anni pensando a mia madre, sognandola nuda; e l’ho vista, nuda, sottomessa a un individuo bestiale che ucciderei con le mie mani; ma è la mia mamma; una parte del mio cervello la odia; ma il resto, la gran parte, la ama ancora. E non rompere anche tu, grillo parlante. Lo sai com’è finito, no?”

“Allora sono ancora la tua mamma? Non è vero che vuoi chiedere il misconoscimento della maternità; anche se mi sono comportata in una maniera che non si può qualificare, riesci ancora a sentirmi come tua madre? Solo questo mi basta; poi posso anche morire, per mano dei malviventi, per suicidio o come volete.”

“Stupida, la tua ora non è ancora venuta.”

“Che fai Nando?”

“Papà, che vuoi che faccia? Salvo il salvabile; se faccio patti col diavolo per salvare dei farabutti, come posso rifiutarmi di farlo per salvare mia madre, tua moglie?”

Ho preso il telefono e digito il numero di don Pasquale; Stefania attiva il vivavoce.

“Carissimo avvocato, come stai?”

“Potresti farmi stare meglio; la pratica è arrivata in Assise; sono certo di spuntarla, con le carte che ho.”

“Tu sei un grande; peccato per qualche problema … ”

Stefania accenna a mia madre che si copre il viso.

“Pasqua’ ma tu non sei napoletano? Come dite voi? Ogne scarrafone è bello a mamma soia? Beh, ogni mamma è bella o’ scarrafone suoio; la mamma è la mamma, senza se e senza ma.”

“Vuoi che fermi tutto?”

“Mi pare che la misura sia completa; il più è fatto; ora penso io ai particolari.”

“Avvoca’ tu sei nel mio cuore; quello che dici per me è Vangelo; dici ‘pace’ e pace sia, da questo momento.”

“Pasquale, a buon rendere, naturalmente; sai con chi stai parlando.”

“Avvoca’ io scelgo sempre gli uomini migliori e tu sei la crema del meglio. Buona giornata.”

Stefania mi si butta addosso e mi bacia.

“Grazie, amore. Te lo dico io, perché te lo sei meritato.”

“Sai quanto mi costerà?”

“Vuoi che facciamo i conti del bottegaio?”

“Ma vai al diavolo. Papà, è chiaro che non potete restare nel quartiere; prima che questa vicenda venga dimenticata passerà molto tempo; e lì non siete al sicuro.

Te lo ripeto; l’appartamento sopra di questo è di mia proprietà ed è vuoto; domani stesso organizzi il trasloco e vi trasferite qui; prego solo che mamma non faccia altre follie; in quel caso, darei io stesso ordine che la massacrino e la facciano morire il più lentamente e dolorosamente possibile, perché avrebbe toccato il fondo da cui non si può riemergere.”

“Nando, adesso ti parlo veramente da madre; non succederà; stai certo che sarò impeccabile; ho sbagliato tanto, per troppo tempo; ora voglio rientrare in me e dedicarmi a mio marito, voglio che perdoni e dimentichi il male che gli ho fatto, il male che vi ho fatto, a tutti.”

“Hai deciso di farmi ridere? Io ero là, quando dicesti che la mazza del macellaio ti faceva godere e che lui aveva solo un pisello inutile; ora cosa fai? Ti accontenti del filo interdentale?”

“Sei un maiale; forse non sai neanche fare l’amore, sì l’amore, perché io e tuo padre abbiamo fatto sempre e solo l’amore; con quelli che tu chiami i miei amanti, con gli stalloni, ho fatto sesso, ma non ho mai concesso una briciola del mio amore; hai tutto il diritto di dirmi che sono una troia, di disprezzarmi come una prostituta; ma non ti consento di mettere in dubbio che ci siamo amati e ci amiamo, che da quell’amore è nato un figlio che adoriamo, che ancora oggi riusciamo a darci tantissimo amore.

Non esistono solo la vagina e l’ano; se lui ha difficoltà ad accettare la slabbratura della vagina, che c’è, non mi nascondo dietro il dito, o la spanatura dell’ano che è un traforo, come hai avuto l’eleganza di dire; se non se la sente, abbiamo imparato insieme, da giovani, da quando mi sverginò, a fare l’amore in tutti i modi possibili.

Ci basta poco per ritrovarci anche a letto; io ho solo quarantacinque anni e sono una bella donna, non devo piatire i complimenti; lui è un uomo ben solido, di nemmeno cinquant’anni; anche se è in depressione, e ne ha buonissimi motivi, è ancora un valido compagno in amore e forse non puoi nemmeno immaginare che cosa è capace di inventarsi a letto … “

“Lara, qui ti sbagli; mi rendo conto sempre di più che questo figlio è vostro, di tutti e due; il lato ‘infiammabile’ l’ha preso sicuramente da te; per questo vi scontrate con violenza; ma la dolcezza l’ha presa da suo padre, se è vero quello che dici; io e lui le esperienze le abbiamo fatte prima, non insieme; ma io ho scoperto un vero artista dei preliminari; mi dà tanto amore sin da quando ci baciamo che alla fine potrei rinunciare all’amplesso.

Non ha il pisellino, Nando; non ha neppure la supermazza che forse tu hai cercato a un certo momento della tua vita; ma usa quello che ha, che non è poco, in maniera che non m’interesserebbero i venticinque centimetri; basta lui a farmi andare in paradiso, in tutti i paradisi dei credenti di ogni confessione; a questo punto mi hai instillato la curiosità di vedere che cosa ti ha deluso in Nicola per farti andare a cercare le mazze forti.”

“Stefy, è lei che è malata; anche lui è nudo, nel video, e ti ci vorrebbe poco a capire che ha più o meno le stesse mie dimensioni; è stata lei a impazzire non so per chi o perché; stai certa che non è lui che l’ha delusa ma è stata lei che ha avuto una crisi di ninfomania e di masochismo, perché voleva vedere che cosa ci fosse nelle altre stanze e ha disprezzato quella dove aveva trovato tantissimo amore, per venti anni e più.

Quando vivevo in casa, li ho spesso sentiti accoppiarsi; e lei urlava che la sentivano dalla piazza, credimi; e non perché fosse abile lei, ma perché lui sapeva guidarla.”

“Ma allora, quello di spiarci è un vizio antico?”

“Stupida, spiarti non spiarvi; non m’interessava mio padre; era nel tuo utero che volevo tornare, come tutti i ragazzi in tempesta di ormoni; eri tu l’unica donna che volevo; capisci quanto dolore mi ha dato vederti sprecare in braccio a un maiale? Capisci quale strazio hai fatto di un mio mito dell’adolescenza? Ti amavo e ti amo, anche col corpo; e tu ti sei buttata nella spazzatura; arrivi a capire perché ti odio tanto?”

“Quello che capisco è che mi desideravi tanto e non hai fatto niente per dirmelo.”

“Stupida, non lo dovevo dire a una troia che si lascia sbattere da chiunque, dovevo dirlo alla mia mamma adorata, quella che avevo messo sull’altare della Vergine; quella madre che, se avessi osato accennare a un discorso d’incesto, mi avrebbe fatto girare la testa come una trottola, a suon di sberle; per questo dovevo amarla in segreto e da lontano.”

“Lara, perdona la mia faccia tosta, ma non trovi che state parlando troppo significativamente d’incesto, tu e tuo figlio, che è anche il mio uomo? Avete deciso di farmi ingelosire o volete che guardi Nicola con desiderio lussurioso?”

“Nico, mi sa che avevi veramente ragione.”

“In che, mamma?”

“Tuo padre, quando facciamo l’amore, non fa che ripetermi che io sto agitandomi perché vorrei assaggiare mio figlio, a letto; ora scopro che anche tu vorresti assaggiare tua madre; e forse una delle leve della mia follia è stata proprio questa. Ho sempre ritenuto assurda l’idea di un incesto; invece stiamo quasi complottando perché io finisca a letto con te.”

“Se solo fai un accenno, ci penso io a violentarti, non ti mando il calabrese.”

“Ehi, ragazzo; ed io che faccio, la bella statuina?”

“Stefy, siamo chiari; se capita l’occasione e ne parliamo prima, non c’è dolo; e si può fare; che sia mia madre, una nostra amica o una sconosciuta che differenza ti fa?”

“In primo luogo, l’accordo è che non ci deve essere amore ma solo passione; e voi siete fin troppo innamorati; secondariamente, abbiamo anche fissato che, se è possibile, si cerca il bilanciamento.”

“Bene; ma qui che hai?”

“Un uomo di cinquant’anni, molto affascinante che è un’ora che non toglie gli occhi dal mio seno e dal mio sedere, che mi sta facendo eccitare fino a bagnarmi.”

“Vorresti fare l’amore con mio padre? Non è vecchio per te?”

“Scusami, Lara; tua madre è una giovincella vergine?”

“Touchè; ma pensi che lui ci starebbe?”

“Ci sta, ci sta, imbecille. Tu dici che ragioni con la testa ed io con l’utero. Beh, la tua testa non ha toccato una verità fondamentale, l’amore tra noi tre, io tu e tuo padre.

Vuoi sapere perché sono impazzita? Perché te n’eri andato, dopo avermi fatto soffrire l’inferno parlando delle ragazze che ti portavi a letto, senza neanche tastarmi un seno; tuo padre ha sopportato perché sapeva che lo umiliavo per umiliare te, che lo facevo nella casa dove eri cresciuto per punirti, nel letto dove quest’utero ti aveva partorito, per distruggere anche il ricordo di te. Capisci finalmente?

Mi sono comportata da troia perché la ‘mammina’ che dici tu non poteva dire fuori dai denti ‘voglio sentire mio figlio che torna all’utero da dove è nato’; e l’ho dato ad altri, quell’utero; ed ho imposto a mio marito, al mio amore, di sopportare perché dovevo punirvi, tutti e due, i maschi della mia vita.

Volevi questo? Ce l’hai. Ma sappi che anche lui ti vuole, fisicamente vuole tutto quello che è tuo, perché ti abbiamo creato noi; e ora vorrebbe assaporare la tua donna, perché anche lui è stanco di stare a guardare mentre dici quanto sei felice con lei; per questo, non solo ci sta, ma vorrebbe tanto assaporare l’amore di Stefania. Ti è tutto chiaro, mio amato cervellone?”

“Senti, Nando, sono stufa di chiacchiere. Ora io e Nicola andiamo a casa nostra e facciamo l’amore; anzi, lui mi darà tanta passione e tanto piacere ed io ti amerò attraverso di lui; voi fate quel che volete.”

“Stefy, fermati un attimo; adesso andiamo via insieme e ci fermiamo a pranzo; è quasi l’una; la trattoria sotto casa va benissimo; poi andremo a casa e liberi tutti! Però devo avvisarti che, se faccio l’amore con Lara, non posso garantirti che sarà solo sesso, perché io ne sono innamorato da sempre. Sei comunque decisa a farlo?”

“Amore mio, tu la ami e la ameresti comunque; quindi, se del tradimento ti preoccupi, vi ho guardato amarvi mentre sembrava che vi steste scannando; cosa vuoi che mi preoccupi se finalmente vi scambiate un po’ di amore vero? Io mi godo te attraverso tuo padre; se tu vuoi prenderti tutta e solo tua madre, peggio per te; il mio piacere sarà doppio, il tuo semplice.”

“Sei peggio di mia madre; per questo ti adoro.”

“Scusa, avvocato; ma noi dobbiamo fare le marionette nelle vostre mani?”

“Lara, grandissimo amore mio, se non ti riesci a decidere, non vorrai affermare che è colpa mia anche questa!”

Non ribatte, stavolta, mi abbraccia e mi stringe nel bacio più appassionato che abbia mai ricevuto; sento la lingua che impazza nella mia bocca e con prepotenza percorre tutta la cavità; sento il seno matronale, quelle mammelle che per anni ho sognato masturbandomi, premermi sul petto e inondarmi di voglia, di libidine, con i capezzoli che solleticano, spingono, pungono; il fratellino nel mio slip si gonfia di desiderio e preme contro il pube.

“Oh dio, sto colando, sto godendo; maledetto, cosa hai nascosto qui sotto? Ti amo, maledetto figlio odiato, perché mi hai abbandonato, perché hai cercato altre vagine, prima di occuparti della mia? Lo sapevi che ti volevo dentro; perché hai aspettato tanto?”

La blocco immediatamente; mi guarda sorpresa, amareggiata, feroce.

“Hai appena detto che sei spanata davanti e dietro; immagino che tu sia molto tecnica nella fellazione; non ho nessuna intenzione di affondare il sesso in fogna o di assistere a una dimostrazione di perfetta fellatio. Meglio che dimentichiamo e andiamo a pranzo. Non m’interessa più fare l’amore con te.”

Esce per prima dall’ufficio, a testa bassa, sconfitta e umiliata.

Ormai la situazione si è chiarita; i miei si sono trasferiti nell’appartamento sopra lo studio.

Io e Stefania viviamo quasi sempre nella mia casa, anche se lei, per prudenza, non ha lasciato l’appartamento che occupa da anni; nel quartiere dove vivevano i miei, la mafia ha imposto le sue leggi ma ha posto fine alle vessazioni; io continuo il mio lavoro di tutela degli interessi di don Pasquale, Stefania quello delle piccole cause civili; non si è più accennato a ipotesi d’incesto di qualsiasi natura.

L’unico che non si ferma e inventa sempre nuove realtà è proprio don Pasquale che un giorno, al numero riservato del telefono privato mi ordina di parlare con un notaio che rappresenta i suoi interessi; questi mi dice senza perifrasi che sono stato indicato come il più valido candidato a ricoprire un incarico politico nazionale; don Pasquale mi garantisce l’elezione a parlamentare, in cambio, in alcune occasioni dovrò favorire le scelte da lui indicate; ho due giorni per decidere.

Solo con Stefania posso affrontare l’argomento e lei non esita a incitarmi ad accettare; ho fatto trenta tanto vale fare trentuno, è il commento; vincolato come sono, non vale la pena di reclamare una verginità che più non esiste; mio padre se ne rammarica un poco, perché in lui prevale il senso del dolore per la dignità piegata al malaffare; mia madre invece non sta nella pelle all’idea che suo figlio cresca anche politicamente; per lei continua a pesare la ‘misura’ del successo.

Neanche la considerazione che passerò gran parte della settimana a Roma, tornando solo per il week end, riesce a frenare le due donne che mi amano; accetto l’impegno e sei mesi dopo mi trasferisco a Roma, dove hanno reperito per me un ottimo appartamento; dopo qualche tentennamento iniziale, mi muovo nel nuovo ambiente come un pesce in acquario, ‘scoprendo’ le ‘nicchie di rifugio’ e i trucchi per sopravvivere alle ‘coltellate’ che arrivano da ogni parte.

Passo i fine settimana a casa e sono nottate di fuoco con Stefania che è orgogliosissima del mio nuovo impegno e sembra ammirarmi molto, umanamente e professionalmente; quotidianamente, ci sentiamo in Skype e lei mi fa il resoconto della sua giornata; io le racconto le storielle e le situazioni nuove in cui m’imbatto; cerchiamo in ogni modo di tenere fuori i discorsi che riguardano le nostre vite sessuali, ma non possiamo esimerci alla fine di parlarne.

L’intesa vale sempre, se uno dei due prevede una trasgressione, deve subito parlarne; quando, per un qualsiasi motivo, non è in grado di avvisare in anticipo, deve raccontare tutto, nei particolari, immediatamente dopo; in mancanza di comunicazione, la colpa è tradimento e avrà la conseguenza necessaria, Stefania mi assicura che per quei primi mesi non le è capitato e non ha cercato nessuna occasione; le confido che il lavoro m’impedisce perfino di pensarci.

Intanto l’ineffabile don Pasquale mi carica continuamente d’impegni nuovi e mi fa nominare a vario titolo in molte aziende e iniziative da lui controllate; in particolare, mi colpisce che mi attribuisca l’Amministrazione generale di un privè sito in un albergo vicino alla nostra città; cerco di obiettare che la cosa non è esattamente di mio gusto ma mi assicura che è formalmente inattaccabile e che produce un gran flusso di denaro; non posso rifiutare.

Alla fine del quinto mese di pendolarità tra casa e Roma, riesco a ritagliarmi una vacanza un po’ più lunga; un po’ per curiosità, un po’ perché sollecitato dal mio ‘protettore’, il venerdì che rientro, prima ancora di andare a casa, passo dal famoso albergo e vado al privè dove incontro facce ossequenti ma seriamente preoccupate; mi aspetta un fedelissimo di don Pasquale col quale mi rapporto di solito e gli chiedo di farmi vedere l’ufficio e le competenze.

Mi avverte che c’è qualcosa che mi turberà e mi accompagna alla scrivania, apre un computer e manda un video che mi sembra assai lungo; fa parte della collezione quotidiana dei video di sorveglianza e si riferisce a pochi giorni prima; posso solo seguire incuriosito le prime scene; a un tratto compare all’ingresso Stefania, accompagnata da un ragazzo ben piantato, elegante, vestito disinvoltamente in jeans e maglietta; comincio a tremare.

Si vanno a sedere a un tavolo e bevono un drink; a un tratto, i movimenti si fanno molto più disinvolti e il ragazzo infila una mano nel vestito di lei, palpandole il seno; vedo nettamente il pollice e l’indice strofinare il capezzolo; lei fa la smorfia che conosco, segno che gode, si rovescia lussuriosa su di lui e si baciano appassionatamente; un pugno nello stomaco mi torce le budella, perché quella sera la ricordo bene e lei non mi aveva avvertito di niente; né aveva parlato il giorno dopo.

Cosciente che mi ha fatto letteralmente le corna, mi assale una collera mai provata prima; l’altro mi frena e m’invita a guardare perché lo spettacolo, anche se mi turberà molto, vale la pena di essere visto fino alla fine; decido di fare un poco di zapping e di accorciare al massimo il tormento, ma faccio in modo che niente mi sfugga di quanto è avvenuto, frenando a stento i conati di vomito che a mano a mano crescono dal mio stomaco.

Dopo aver pomiciato a lungo al tavolo, lui la invita a ballare; in realtà, non fanno altro che pomiciare in piedi sulla pista, con lei che strofina il ventre contro il suo e l’altro che le fa sentire la grossa mazza, visibile anche dal monitor, fra le cosce fino a solleticarle la vulva; non contento, le massaggia le natiche lussuriosamente; nel giro di poco, le provoca un violento orgasmo il cui urlo arriva fino a noi.

Un altro ragazzo, anche lui ben piantato e ben dotato, si pianta alle sue spalle e ballano in tre, ma in realtà la possiedono in due, perché le hanno sollevato il vestito e la penetrano in contemporanea; per un momento urla di dolore, poi comincia a partecipare libidinosamente alla doppia copula; sono allibito, non riesco a credere ai miei occhi; Stefania non è quella donna; chiedo di fermare il video e di riportarlo al momento del drink; avanzano per fotogrammi.

Con lo zoom riescono a mettere a fuoco che il tizio ha sciolto nel bicchiere della mia donna una pastiglia, forse quella nota come ‘dello stupro’ che l’ha privata di volontà e l’ha resa schiava prima di uno e poi di entrambi; chiedo chi siano i due e mi rispondono che sono in una sala a fianco; uno dei due si vanta di essere figlio del ‘rosso’, un avversario e concorrente di don Pasquale, col quale ha una lunga controversia sopita ma non chiarita.

Mi fanno vedere il resto del video e non posso che inorridire di fronte a quello che Stefania riesce a fare quella notte; si spostano in tre e vanno al corridoio delle sale speciali; la prima che occupano ha solo un grande letto al centro; il primo, il biondino, si distende sul letto e Stefania gli monta addosso in uno spegni candela classico, facendosi arrivare fino allo stomaco l’asta enorme dell’altro; l’altro, il moretto, si accosta alle spalle e la penetra con violenza nell’ano, senza lubrificare.

Lei dapprima urla come un agnello squartato, poi comincia a gemere di goduria; un altro ragazzo, entrato in quel momento, le pianta in bocca una verga extra large per lunghezza e grossezza; Stefania s’impegna a farsi possedere in vagina e nell’ano, mentre succhia la terza mazza e si lascia copulare in bocca; i tre s’impegnano a lungo a possederla ciascuno in un buco, finché, con grugniti disumani, esplodono l’orgasmo contemporaneamente.

Si spostano da quella sala e lei ha difficoltà a camminare, con lo sfintere sfondato, ma poi si riprende e passano ad altre sale; in una subisce l’assalto di cinque individui tutti ben dotati; nella sala del Glory Hole s’intrattiene alcune ore succhiando una decina di falli e prendendone altrettanti in vagina e nel retto; in un’altra masturba e manipola sessi finché il polso le regge; alla fine, ormai distrutta fisicamente, viene accompagnata fuori, caricata su un tassì e spedita via.

Mi faccio consegnare la copia del video e chiedo di incontrare gli autori; mi accompagnano nella sala e li trovo torvi e arroganti che fumano; faccio un segno e un uomo di guardia gli strappa le sigarette; il biondo tenta di ribellarsi; il controllore lo sbatte con violenza sulla sedia e gli impone il silenzio di fronte al capo dei capi; l’altro minaccia di rivolgersi a suo padre; gli consegnano un telefonino e gli impongono di chiamarlo.

Non devo neppure intervenire; il mio collaboratore ha già telefonato a don Pasquale che mi ha lasciato carta bianca; quando il rosso risponde faccio mettere il vivavoce.

“Salve, parla l’onorevole o se preferisce l’avvocato.”

“Onorevole, cosa c’è di tanto importante?”

“Tuo figlio ha osato drogare e violentare la mia donna. La punizione sarebbe di trenta nerbate. Che dici?”

“Imbecille è vero?”

“Papà, ma io non sapevo … C’è anche Franchino con me e pure lui è a rischio … “

“Ah, doppia preda … Onorevole, qual è l’alternativa?”

“Stamattina hai preso due appalti importanti; se, trasferiti con atto notarile, arrivano sulla mia scrivania entro mezz’ora e i ragazzi vengono fatti scomparire dal Paese entro una settimana, la punizione decade. Se fai obiezione, te li rimando come risulteranno dopo il trattamento.”

“Va bene; tra mezz’ora i contratti saranno sulla tua scrivania e domani i ragazzi andranno in Sudamerica a imparare a vivere. Riesci a ritenere chiuso l’incidente?”

“Non chiudo niente; concilio questo episodio; ma al primo sgarro vi ammazzo personalmente, a loro, a te e a tutta la vostra famiglia allargata fino ai compari. E’ una promessa!”

“Scusa l’offesa; non ci saranno conseguenze. Buonanotte.”

Nella mezz’ora successiva la paura si taglia col coltello; il moretto si piscia addosso dalla paura e il biondino trema a ogni movimento dei miei uomini; prima che i termini scadano, sono sul mio tavolo i contratti miliardari che daranno un brutto colpo al rosso e faranno godere don Pasquale; faccio cenno che li lascino liberi e il biondino commette un grave errore; mentre si sta allontanando, arrivato davanti a me, in piedi accano alla porta, esclama.

“Però avresti dovuto vedere come godeva la troia!”

Il calcio che gli arriva nei testicoli è la scarica di tutta la tensione che ho accumulato in quelle ore; sento gli organi separati, spinti e premuti dalla punta della scarpa, che raggiunge la prostata e la schiaccia; lancia un urlo disumano di dolore e si abbatte a terra urlando; il moretto lo prende per le spalle, lo solleva e lo porta via piangente; chiedo ragguagli sullo stato del privé e m’informo sulle prospettive; lascio al mio vice il compito di seguire la struttura e me ne vado a casa.

Mi aspettano tutti e tre, padre madre e fidanzata; hanno l’aria allegra del gatto che ha mangiato un topo grasso; passo senza guardarli e vado in bagno; passando, getto sul tavolo, davanti a Stefania, la copia del video; mi guarda interrogativa; espleto le mie funzioni, rientro nella sala comune e chiedo a mia madre se c’è da mangiare.

“Pensavamo di andare a cena fuori tutti e quattro … “

“Vado al ristorante … da solo!”

Non riesco a mandare giù niente, le farfalle ancora mi agitano lo stomaco e i conati di vomito non si fermano; dopo circa un quarto d’ora, mio padre viene a sedersi di fronte a me.

“Tutto sembra contro Stefania, ma era stata drogata … “

“Hai visto il filmato?”

“Si; ho visto anche i referti dell’ospedale, il giorno dopo; aveva assunto, senza saperlo, la droga dello stupro … “

“Perché difendi quell’imbecille? Per caso te ne sei innamorato? Per caso ci hai copulato anche tu, in mia assenza?”

Vedo mio padre contrarsi tutto e stringere i pugni; me ne aspetto uno in piena faccia; si frena.

“Nando, sei fuori di te; non è il posto per dirci quello che pensiamo l’uno dell’altro, torna a casa e parliamone, se hai un minimo di dignità; altrimenti stasera resti solo … e per sempre, perché io e tua madre usciamo dalla tua carità pelosa e ci troviamo un buco per alloggiare; e Stefania ti lascia per sempre, a te stesso e alla tua rabbia camorristica … “

“Andiamo a casa … “

Il breve tratto da percorrere è una via crucis di silenzi rabbiosi e di odio represso; appena la porta si chiude dietro le nostre spalle, un padre che non conoscevo si esprime con la massima violenza.

“Sei un farabutto malavitoso, vigliacco come tutti i malviventi che rappresenti, non hai un minimo di umanità e non conosci neppure il buonsenso per dialogare da uomo; ti sei comportato come l’essere più abietto della terra, tua madre l’hai definita troia; te la prendi con una povera ragazza che ha solo il torto di amarti; adesso arrivi a mettere in dubbio la mia onestà di padre; mi fai schifo più di tutti i malavitosi con cui sei in combutta.

Io conosco bene quello che è successo ed ho pazientato come sempre sono abituato a fare perché voglio andare avanti; tu hai sentito una sola campana e hai condannato tutti. Sei un verme indegno di qualunque affetto … “

“Senti, mezzo uomo, tu puoi avere tutte le corna che vuoi ed esserne contento; se io sono un mafioso, è perché tua moglie mi ci ha costretto, favorito da quella mezza troia che mi ha convinto a piegarmi al mafioso; se ti azzardi a tenere con me il tono arrogante che non hai saputo usare con tua moglie quando era necessario, siete voi che non mi vedrete più. Mi sai dire perché mi avete taciuto questo per giorni? Senti, Stefy; io non voglio aggredire perché oggi ho già usato troppa violenza.

Cominciamo dal principio. Perché non mi hai avvertito che avevi appuntamento col biondino? Non era nei patti che, se ti prendevi una sera di libertà, mi avvertivi?”

“E’ successo tutto dopo che c’eravamo sentiti; a quel punto non ho voluto tornare a chiamarti per non disturbarti; ho pensato che non sarebbe successo niente di grave e che te ne avrei parlato l’indomani … “

“Già … e hai continuato a non disturbarmi anche quando avete deciso di andare al privè … “

“Ero sempre convinta che non sarebbe successo niente e non ho voluto disturbarti … “

“Certo … meglio che il disturbo lo avessi dopo, tutto insieme, con le aggravanti del caso … “

“Ho sbagliato; dimmi che non ce la fai a tenermi con te e me ne vado, ora stesso; sapevo che rischiavo questo; ho sbagliato e pago … Addio! Nicola, Lara, perdonatemi, vi voglio bene … “

“Ragazza, nella mia nuova logica, quella che tu hai scelto, le corna al capo si pagano care. Tu non sei esente … “

“Aspetta! Se esci da questa casa, noi veniamo con te; stasera ci arrangiamo e da domani liberiamo la vita dell’onorevole dalle presenze che lo schiavo di don Pasquale ritiene indegne … “

“Amico, non ti azzardare a dire certe cose; io non sono schiavo di nessuno!”

“No, scusatelo, il mostro che il mio utero ha prodotto, è tua la definizione, ricordi?, quel mostro è solo schiavo della sua arroganza, della sua smania di controllare anche le nostre vagine; ed ha avuto anche ragione, quando si è trattato della mia che io ho usato contro la sua incommensurabile maestà; ma si sente al di sopra di tutto anche quando si tratta della disgrazia capitata a una povera ragazza … “

“Tu sei una troia conclamata. La povera ragazza doveva solo dire alla reception che era la mia fidanzata; alla donna del capo nessuno avrebbe osato torcere un capello … !”

“Hai ragione, ho sbagliato un’altra volta, perché non mi sono ricordata che il mio amore era proprietario del locale; mi sono lasciata andare all’idea di una serata diversa ed ho perso la testa. Giusto, hai perfettamente ragione; Nicola, perdonami, ma non me la sento più di chiedere scusa a un padrone così autorevole; io devo andare via, non ci resisto più accanto a chi mi dimostra tanto schifo; ho casa mia e mi rifugio là; se decidete, lo spazio per voi si ricava, stringendoci. Io me ne vado.”

“Nando, questo è un atto finale; qui ci sono le chiavi del ‘tuo’ appartamento; io te le appoggio sul tavolo; se il tuo bisogno di vendetta ti spinge a cacciarci fuori dalla tua vita, prendile e fanne l’uso che vuoi; se vuoi ricucire quell’unità che abbiamo realizzato con l’amore, non con lo sperma che si lava via, allora rifletti che qualunque orgasmo si cancella se l’amore prevale; se vuoi ragionare, dammi quelle chiavi, perdona quel che è stato, parlatene, a lungo, anche senza amore, senza toccarvi.

Ma parlatene e cercate di dimenticare. Ma devi decidere adesso, perché abbiamo bisogno di riposare; è stata una brutta e lunga serata.”

“Quella casa è vostra, per l’amore che mi avete dato fino a qualche mese fa; non è sottoposta al mio capriccio o alle mie ire; è vostra di diritto; forse ho detto a sproposito cose che non pensavo; è stata l’ira ad accecarmi; cara Stefy; il mio amore non ha subito nessun danno da un episodio increscioso; sono nero di collera e forse avrò bisogno di tempo per calmarmi, ma non voglio perderti; voglio che resti accanto a me, come sempre.

“Nando, io non ho mai amato come amo te; non voglio perderti, anche se commetto qualche sciocchezza; non ti chiedo di dimenticare e so che avrai bisogno di tempo per digerire quello che è successo; ma sarò qui ad aspettarti sempre, qualunque cosa succeda.”

“Lara, non abbiamo cenato; che ne dici di andare alla trattoria qui sotto e mangiare qualcosa prima di andare a casa?”

“Ragazzi, voi che fate’ Venite con noi?”

“No, Lara, grazie; preparo qui una pastasciutta per tutti e due; poi vado a letto, se Nando mi vuole con sé; o sul divano, se non se la sente.”

“Ciao; state sereni; non va tutto bene, ma siamo in grado di superare l’empasse; visto che ho qualche giorno di sosta, ci vediamo domani o dopodomani.”

Vado in bagno, m’infilo sotto la doccia e aspetto che Stefania mi chieda di venire anche lei; ma non so se per pudore o per polemica non sembra farsi viva; decido di rompere io il ghiaccio e urlo per chiederle un sapone nuovo; apre quasi esitando e si muove impacciata per il bagno; sta piangendo.

“Non mi lavi la schiena?”

E’ il segnale; in un attimo è nuda sotto il getto, insieme a me.

“Ho paura della voragine che potrei trovare là sotto.”

“Stupido!!!!! A parte che un batacchio come il tuo non si trova facilmente sul mercato ed io ci sono abituata da tanto; devi sapere che, un giorno dopo l’incidente, i miei tessuti avevano un’invidiabile tonicità e i muscoli avevano recuperato fino a essere come prima; sono state copule, certo; ed anche numerose; ma sono andate tutte via con l’acqua della doccia; l’amore non c’era, in quegli amplessi; quello è cresciuto dopo, con i sensi di colpa.”

“Però una ventina in una sera è quasi un record!”

“Se me ne ricordassi almeno una sola, avresti ragione; io non c’ero, capisci; ero totalmente fuori di me.”

“Devono essere potenti quelle pastiglie.”

“Non mi sono nemmeno accorta che me ne davano … “

“Le hanno sciolte nell’aranciata … “

“Immagino che tu sappia chi è stato … “

“E tu?”

“Ho saputo dopo che era stato il figlio del rosso con suo cugino; so che l’hanno convocato al privè; qualcuno dice che li hanno puniti.”

“La smetti di masturbarmi? Io sto aspettando da una settimana; se insisti, eiaculo; hai paura a farti penetrare?”

“Ancora!?! Imbecille, mettilo dentro, sentirai che dolore per te, prima che per me!”

“Se arriviamo a ritrovarci innamorati, avrò ricavato da un brutto incidente un guadagno enorme … “

“Di che diavolo di guadagno parli?”

“Forse sarebbe meglio che tu non sapessi; se parlo, rischio di perderti. Vuoi rischiare?”

“Io non ti lascio, neanche se mi confessi che hai ucciso qualcuno con le tue mani; dopo tutto quello che è capitato, non mi posso scandalizzare di niente.”

“Hai detto tu che a violentarti sono stati il figlio e il nipote del rosso, o almeno che sono stati i primi responsabili; il più colpito è stato don Pasquale che ha fatto un gesto significativo; mi ha dato carta bianca per gestire la vicenda; in pratica, mi ha promosso suo vice; questo, in quegli ambienti, è tantissimo.”

“Quindi adesso sei pienamente organico alla mala … “

“Stefy, mi costringi a ripetere; per caso ricordi chi mi suggerì di chiedere il secondo favore pur sapendo che mi comprometteva?”

“Ma si trattava di salvare la vita di tua madre … “

“… a spese della mia libertà. Chi mi ha sollecitato ad accettare la candidatura, al servizio della mala?”

“Ma era per la tua carriera … !”

“… anche questo a spese della mia autonomia … Lo sai che in certe organizzazioni si esce solo da morti?”

“Va bene; sei un mammasantissima … o quasi. Ci può stare. Che c’entrano quei due ragazzi?”

“Forse non mi hai ascoltato; le corna a un capo si pagano con trenta vergate che, nella migliore delle ipotesi ti rendono storpio; è esattamente quello che toccherebbe a te per come ti sei comportata; per tua buona sorte c’è la prova che eri drogata … io avevo carta bianca e quindi dovevo decidere io, senza aiuti e senza consigli … “

“Che hai fatto?”

Tremava quasi in attesa della risposta.

“Stai calma … per ora …. Mi sono appellato a una convinzione che gira in Parlamento; se difendi i principi e applichi il rigore, ti trovi povero ma con grande soddisfazione; se scegli la trattativa, qualcosa di concreto ti resterà.”

“E quindi … ?”

“Stefy, mi pare che ti sei messa sul pulpito per predicare, dimenticando chi ha innescato il problema … “

“No; sono terrorizzata da quello che stai per dirmi; ma so bene che alla radice ci sono la stupidità di tua madre e un errore madornale mio; sono stata io a metterti nella necessità di scegliere. Che hai fatto?”

“Ho detto al rosso che potevo commutare la condanna in cambio dei contratti per due lavori in Francia da miliardi di euro e a patto che i due fossero esiliati all’estero. Per non trovarsi a dover fare il funerale a figlio e nipote, ha accettato; don Pasquale mi aveva dato carta bianca e i contratti sono miei. Ecco il guadagno; risparmiare due vite e incassare tanti soldi.”

“Va bene; hai deciso per il meglio, mi pare.”

“Sì, per ora, perché erano solo corna da dimenticare; ma potrebbe arrivare in qualunque momento, il giorno in cui dovrò ordinare l’uccisione di qualcuno; e, da vice del boss, non potrei essere tanto magnanimo … “

“Puoi rinunciare a tutto e tirarti indietro?”

“Perdio, ti ho appena detto che da certe strutture si esce in un solo modo, morti. Come vedi, i miei timori non erano campati in aria; ce la fai a restarmi ancora a fianco, sapendo cosa potrebbe accadere?”

“Sei sicuro di non avere difetti?”

“No, ne ho tantissimi e qualcuno insopportabile … “

“Allora, come ti accetto oggi, ti accetterei anche se ti dovessi macchiare di colpe gravissime; spero solo che non debba rispondere anch’io di concorso in reato o di un reato gravissimo.”

“Gli unici reati che rischi di commettere sono quelli contro la pubblica morale; e quelli voglio commetterli con te. Se non avessimo perso tempo in chiacchiere, saremmo già alla terza copula e non sotto il getto che si è fatto freddo.”

“Dai, preparo un po’ di pasta, poi facciamo l’amore e ti dirò tutto quello che vuoi sapere.”

“Prepara la pasta; per la tua esperienza al privè, mi ci porterai e la rifarai adattata a noi.”

“Dici davvero che vuoi venire con me al privè?”

“Intanto, è mio e possiamo anche andare solo a vedere che tutto funzioni; in secondo luogo, non ti drogherò; infine, se ripeti qualche performance con me, non sarebbe la prima volta che ci esibiamo in pubblico e in gruppo. Quindi, dov’è il problema”

“E’ nella pasta che scuoce e si fredda … Domani andiamo a trovare i tuoi e ti riappacifichi?“

“Signori giudici, ammetto di essere un mafioso, riconosco di essere un mammasantissima; ma tenete ben presente che non sono in grado di intendere e di volere perché chi guida le mie decisioni, è Stefania … che si sappia … !”

La mattina seguente, come proposto da Stefania, andiamo a pranzo con i miei; ho notato, su un braccio della mia fidanzata, alcuni segni più o meno sbiaditi, quasi tutti circolari; sospetto che siano i timbri, alcuni indelebili altri un po’ meno, che ormai nei bar e nelle discoteche è costume apporre ai clienti fissi; noto, per una strana coincidenza, che anche mia madre li porta più o meno nella stessa posizione; non do peso alla cosa e andiamo al solito ristorante.

Mentre aspettiamo che ci servano, noto che una bella ragazza, che serve ai tavoli, ha molti segni coincidenti sullo stesso braccio; mentre vado al bagno, la incrocio e, per curiosità; le chiedo che cosa significhino; si mette a ridere e dice che quei timbri li appongono solo ai frequentatori conosciuti dei privè della zona; riconosco a quel punto il logo del privè mio e, in quel momento, un pugno allo stomaco mi avrebbe fatto meno effetto.

Chiamo Michele, il collaboratore che don Pasquale mi ha assegnato come vice, e gli chiedo conto della cosa; mi dice con voce quasi contrita che devo parlarne direttamente perché la cosa è peggiore di quel che ha ritenuto lui stesso; torno al tavolo, invento che mi hanno richiamato all’improvviso da Roma; li saluto frettolosamente, rifiuto l’offerta di Stefania di accompagnarmi all’auto, li lascio di stucco al tavolo del ristorante e vado a casa; salgo in macchina e mi dirigo al privè.

Michele mi chiede scusa ma precisa che solo adesso che hanno visionato tutti i video, da alcuni particolari hanno scoperto che al ‘raid’ della mia fidanzata ha partecipato anche mia madre; da ulteriori indagini, risulta chiaro che da alcuni mesi, metodicamente, il mercoledì sera le due frequentano uno dei locali osé della zona, distinguendosi per prestazioni ‘al limite’; mi consegna una chiavetta nella quale sono registrate tutte le attività delle due.

Sono furibondo, ma m’impongo il massimo autocontrollo; chiedo se hanno notizie di attività previste per il prossimo mercoledì e mi dice che hanno prenotato proprio nel nostro privè; dico a Michele che quello sfregio va punito, anche se si tratta di mia madre e della mia fidanzata, anzi proprio per questo; conveniamo che è una fortuna se non salta fuori che il figlio e il nipote del rosso non sono colpevoli che marginalmente; ho un po’ di paura, ma mi sento un verme.

Gli chiedo di organizzare qualcosa che lasci un bruttissimo segno, mi propone di invitare il calabrese a fare giustizia; gli raccomando di muoversi con cautela, farsi firmare delle liberatorie preventive, essendo Stefania un avvocato anche se civilista e di poca esperienza su casi grossi; mi assicura che già hanno avuto casi analoghi; lo avverto che sarei immediatamente andato a Roma, ma che il mercoledì sera sarei stato lì per la prima parte almeno della vicenda.

Non è facile, guidare fino a Roma, ma in qualche modo me la cavo e giungo stremato in piena notte; mi rifugio in casa mia e riaccendo il telefono spento alla partenza; ci sono telefonate perse, messaggi e notifiche in Whats App di Stefania che chiede notizie; rispondo che è un’emergenza politica, che sto bene e che non sarò reperibile per tutta la settimana, per via di riunioni e votazioni che m’impegnano nel lavoro; mi farò vivo io.

Passo i giorni in un inferno d’incubi, di rabbia, di desiderio di vendetta, di sensi di colpa; ma ormai è chiaro che sia mia madre che Stefania sono irrecuperabili e che devo lasciare che le cose facciano il loro corso; per tentare di scuotermi, accetto un invito a pranzo da una famiglia di notabili della città e faccio anche una corte discreta ed elegante alla ragazza che cercano abbastanza evidentemente di rifilarmi come fidanzata.

So che il Capo dei Capi vedrebbe con somma soddisfazione quella scelta, perché imparentarmi con una delle famiglie più autorevoli della città significherebbe rafforzare quell’aura di onestà e di pulizia che a lui fa comodo per avere nel cuore del potere un suo uomo assolutamente inattaccabile anche per la posizione sociale che raggiungerebbe con un matrimonio di lusso; ma l’idea di quel che soffriranno le mie donne mi tormenta.

Il mercoledì mattina, data per cui è prevista l’esecuzione della ‘vendetta’, ricevo una strana, lunga telefonata di mio padre che ancora mi sollecita a recuperare il mio rapporto con le due donne che lui vede incrinato per un mio atteggiamento di eccessivo rigore rispetto a episodi che lui ha sempre valutato con estrema pazienza; a quel punto scatto e divento spietato e feroce.

“Senti, ameba senza spina dorsale, schiavo forse della tua stessa tendenza a farti calpestare, ne ho fin sopra i capelli del tuo buonismo imbecille che ti ha procurato solo corna, umiliazioni e mortificazioni; ricordati che mi hai oltraggiato con termini che si addicevano più a te; sei stato falso, traditore, complice delle troiate di tua moglie e della signorina; mi hai taciuto tutto e raccontato favole per prendermi per i fondelli.

Sono certo che ti senti santo o che addirittura godi quando il giovedì mattina, come succederà domani, tua moglie si presenta a te con i rivoli di sperma che le colano dai capelli fino alle unghie dei piedi; non so se sei perfino felice di amarla come se fosse la più angelica delle creature quando ti arriva sfondata in ogni dove; hai garantito che era cambiata e migliorata; ora so che hai mentito, non so se per complicità o assoluta inettitudine.

Io non sono fatto della tua stessa pasta di verme che gode a farsi chiamare cornuto dalla moglie che si sta facendo sbattere dal macellaio; vi avevo avvertito che avreste pagato per il male che stavate facendo; il conto sta per arrivare e sarà salato; se non sei in grado di frenare la follia di quelle due troie, sparisci e non farti vedere più; ormai sono vendicativo; e tu non sarai fuori dalla mia vendetta perché ti sei reso complice delle umiliazioni che mi hanno inflitto e che pagheranno care, ci puoi giurare!”

Stacco la comunicazione e faccio scattare il blocco di chiamate; passo la mattinata muovendomi nervosamente negli ambienti di lavoro e rischiando più volte la lite con altri parlamentari perché scatto a ogni piccola discrepanza; ormai per me esiste solo il momento in cui correrò all’hotel, assisterò, ad ogni costo, al raid delle due e alle conseguenze e tornerò a Roma per lasciare intendere che non mi sono mosso.

Faccio il percorso a una velocità pazzesca, evitando per un pelo di essere fermato dalla Polizia e arrivo al privè un bel po’ di tempo prima del previsto; Michele mi assicura che la prenotazione è stata confermata e che la trappola è pronta; verso le 21, le due si presentano in abito da troie pure; le fermano e gli chiedono di firmare una liberatoria per qualunque evento fosse capitato e per le eventuali conseguenze di loro libere scelte.

Stefania ha un momento di resipiscenza, chiede perché mai quella novità, Michele abilmente comunica che alcune sale presentano qualche incognita e, se decidono di frequentarle, è a loro rischio e pericolo; Lara lo deride apertamente, dichiarando che loro erano in grado di gestire qualunque situazione, spinge Stefania a firmare e dà l’esempio, sottoscrivendo in pratica la loro condanna.

Si fiondano immediatamente sulla pista e, con un canovaccio ormai abituale, sono immediatamente aggredite da un gruppo di ragazzi allupati, ottimamente attrezzati e avvertiti di farle godere allo spasimo con tutti i mezzi, in ogni modo; c’è allora un’esplosione quasi di mazze dure e fuori norma, si va dai ventidue centimetri in su, che le signore accolgono su tutto il corpo, fingendo di ballare e in realtà strusciandosi coi fianchi, coi ventri, coi seni su ciascuno dei maschietti.

In moltissime occasioni l’orgasmo viene loro provocato da diversi falli che stimolano, da sotto le minigonne microscopiche e spostando il perizoma inesistente, titillando i clitoridi e stuzzicando le vulve dall’imbocco; leggo gli orgasmi di Stefania dalle smorfie che ben conosco e mi rendo conto che gode fino in fondo; più volte sento nettamente che brindano al prepotente cornuto che stanno cornificando; si danno di gomito e ridono.

Per un raptus di perversione, telefono a mio padre; mi risponde subito; chiedo di parlare con sua moglie; mi dice che è uscita; rifletto ad alta voce.

“Già, è mercoledì, la serata delle troie; buon divertimento a te e a loro! Stai attento a domani, potrebbero esserci grandi sorprese!”

Sentiamo nettamente il telefonino di mia madre squillare; risponde, manda al diavolo l’interlocutore e ripiomba addosso ai ragazzi che la stanno palpando da tutte le parti; dico a Michele di far partire la trappola e con un gesto, gli indico ‘nessuna pietà’; mi guarda spaventato; non mi ha mai visto così spietato; ha anche qualche piccola esitazione; poi comunica qualcosa ai ragazzi in pista.

Le due sono accompagnate in una sala con un solo enorme letto; i sei accompagnatori le montano prima individualmente, poi in doppie classiche vagina ano, poi in trio con l’aggiunta di una fellazione; le due, imperterrite, godono versando continuamente umori dalle vagine e urlano piacere a ogni nuova penetrazione, quando i ragazzi si alternano nel turno, evitando in ogni modo di eiaculare per non spomparsi.

A un segnale di Michele, godono contemporaneamente, tre su una donna e tre sull’altra; si sentono le grida di giubilo delle due mentre lo sperma le riempie nell’utero, nel retto e in gola; altri ragazzi che se ne erano stai immobili lungo le pareti subentrano, ma si limitano ad accompagnarle lungo il corridoio ad altre sale; nella prima che occupano, le possiedono in piedi, davanti e dietro, invitando alcuni giovani neri assai nerboruti a sostituirli.

Odo le urla delle due, inizialmente di sorpresa e di dolore, diventare sempre più di godimento esaltante; lo schifo mi prende allo stomaco e comincio a sentirmi quasi male; Stefania è portata in un’altra sala, dove una ventina di energumeni la prende in tutti i modi, in tutte le posizioni, in tutti i fori praticabili finché, insieme, le versano addosso decine di eiaculazioni che le coprono il corpo di sperma; lei ride felice.

Lara ha subito una sorte analoga in altra sala, dove è passata da un sesso cavallino all’altro ridendo e gioendo come una pasqua; per circa due ore si scatenano in un sabba di sesso violento pazzesco; il colmo lo raggiungono nella sala del Glory Hole, dove fanno godere con la bocca non meno di dieci falli ciascuna, tutti di notevoli dimensioni, mentre vagine e ani sono riempiti contemporaneamente da altri maschi presenti.

Siamo all’apice della serata; Michele da un ordine e due dei ragazzi le prendono per mano e le accompagnano a una sala che è indicata da un cartello come ‘sala nera’; prima di varcare la soglia, si sente netta la voce del ragazzo che le avverte che entrare lì è pericoloso; fa leggere la scritta ripresa da Dante, che campeggia come all’ingresso alla città di Dite; suggerisce che il dolore in quella sala può risultare insopportabile; le due fanno spallucce e li obbligano a spostarsi per entrare.

Dentro ci sono due letti gemelli e sei ragazzi in piedi; le loro mazze sono cavalline, dai venticinque centimetri in su; senza esitazione si lanciano sul più vicino e prendono a succhiare i sessi; se li passano tutti con la bocca; poi si stendono ciascuna su un lettino e li prendono, in fila, tutti e sei in vagina e nell’ano; si ode soltanto l’urlo continuo delle due che godono; per un attimo spero che si siano svuotate e almeno smettano; ma non è così.

Quando due dei ragazzi chiedono a ciascuna se vuole rendere più vivace l’incontro facendosi ammanettare al letto, le due si guardano in faccia scoppiano in una risata e danno l’assenso; quando sono ancorate ai montanti de letto, la porta si apre ed entra ‘il calabrese’; tra le sue cosce oscilla un sesso a dir poco spaventoso; le donne hanno la visuale coperta dai giovani che le ammanettano e le possiedono.

Quando si alzano e si allontanano, il grido di Stefania è assolutamente disumano.

“Noooooooooo, Lara questo è venuto ad ammazzarci. Nando, ti prego; lo so che mi senti, abbi pietà, sii umano almeno quel poco che ci risparmi la vita; faremo quello che vuoi, saremo le tue schiave, non farci massacrare così!”

Michele da un segnale e il calabrese avanza verso Lara, completamente spalancata, inchiodata in croce sul lettino; non ho motivo per assistere oltre; dico a Michele di procedere fino alla fine senza pietà, esco, monto in auto e mi dirigo a Roma; lungo il corridoio, mentre mi allontano, odo le urla di mia madre massacrata a chiudere il cerchio della sua imbecillità.

Rientro che albeggia e passo a letto la mattinata; quando mi alzo, mollemente mi adagio nelle funzioni quotidiane, doccia, rasatura, vestizione; per il caffè, telefono al bar e mi faccio portare la colazione che consumo in cucina; ho silenziato il telefono ma di tanto in tanto un lieve segnale mi avverte che ci sono tentativi di chiamata a cui risponde la segreteria; prima di uscire per andare a lavorare, decido di rispondere.

“Ciao Nicola, che diamine vuoi ancora?”

“Ho bisogno di aiuto; Lara e Stefania sono all’ospedale in pessime condizioni.”

“Hanno avuto un incidente?”

“No … “

“Senti non ho tempo da perdere; decidi se vuoi parlare o preferisci andare al diavolo!”

“Il calabrese le ha ridotto male!”

“Ti spieghi per favore, o fai ancora lo struzzo e nascondi la testa?”

“Tua madre e la tua fidanzata sono andate al privè dell’albergo, hanno trovato il calabrese e le ha devastate!”

“Ah, tua moglie e la mia ex sono così troie che frequentano i privè alle mie spalle, mi fanno le corna, mi chiamano cornuto, si scontrano col peggiore nemico, sapendo che ha un compito da svolgere; e tu pretendi che io faccia qualcosa per quelle due fogne?”

“Quando vieni a casa?”

“Nicola, mio padre, mia madre e la mia fidanzata sono morti sabato scorso, ricordi, a tavola, quando i loro altarini sono stati scoperti; io non ho più una casa; ora appartengo a una nuova famiglia, quella che tu non riconoscerai mai; non abbiamo una casa e viviamo dove capita; non c’è una casa a cui tornare. Addio!”

Stacco la comunicazione; mi richiama immediatamente.

“Senti, ho impegni fino a domani a mezzogiorno; poi devo occuparmi dei miei interessi nella vostra città; se trovo un momento per parlare, ci incontriamo e mi fai la solita lamentela sull’umanità, sui tuoi bisogni, sul perdono e su tutte le altre imbecillità che ti appartengono; forse ti starò anche ad ascoltare per i pochi minuti che ti potrò dedicare; ma i fatti sono già avvenuti, non sono decisi da me e non voglio occuparmene nemmeno di striscio.

Bada che quelle due non hanno ancora pagato il debito che hanno contratto con la famiglia; io ho già venduto l’anima; ricordati che hai mentito spudoratamente e mi avete costretto a comportarmi da mafioso con due ragazzi che avevano avuto solo la colpa di farsi affascinare da Stefania e farle fare l’amore come lei aveva chiesto; non hai tu e non hanno loro nessun diritto a chiedere niente; avete condizionato la mia vita; e ancora non è finita l’ira di Lui.

Vi avevo avvertito che lei avrebbe pagato tutte le conseguenze delle sue colpe; ora si aggiungono le tue e quelle di Stefania; la colpa non è stata ancora scontata; prima o poi sconteranno la condanna definitiva, perché io non chiederò più indulgenza come ho già fatto per tua moglie. Forse dovreste pensare a un bel suicidio di massa.”

Chiudo e stavolta blocco la chiamata; ma sto male, un male intenso, fisico, che mi prende allo stomaco; vomito anche l’anima; so che sto condannando due persone; ma avevo avvertito la mia fidanzata che, prima o poi, una simile decisione avrei dovuto prenderla; purtroppo, tocca proprio a lei; a meno che … decido di tornare a casa e di riesaminare ancora la situazione; ma sono molto combattuto tra il desiderio di vendetta e la coscienza che la grande troia è comunque mia madre.

Sistemo le cose con il mio ufficio e avverto il capogruppo che devo tornare a casa per gravi problemi familiari; arrivo in prima serata e decido di non farmi vivo con i miei fino all’indomani; telefono a un primario dell’ospedale e gli chiedo chi possa darmi informazioni su mia madre e sulla mia fidanzata; per una fortunata coincidenza, è proprio lui; poiché siamo vecchi amici, m’invita a casa sua e mi aggiorna.

Lara e Stefania sono state oggetto di una vera e propria aggressione sessuale da parte di almeno sei giovani assai ben dotati che comunque le hanno possedute con danni non gravissimi; l’intervento però di un altro soggetto, evidentemente fornito di una dotazione asinina, ha fatto danni gravissimi; certi organi non sono recuperabili, in particolare le ovaie e il clitoride; per il resto, si può procedere a una ricostruzione che potrebbe rimediare i danni.

La situazione peggiore è quella di mia madre, in considerazione anche dell’età; ma una parvenza di regolarità si può ipotizzare, escludendo la capacità riproduttiva e la sensibilità sessuale; per Stefania, più giovane di quasi trent’anni e strutturalmente più tonica e capace di recuperare le funzioni muscolari, può essere auspicato un recupero totale di vagina, utero, sfintere e ano, con regolari funzioni di contenimento ma limitazioni della capacità sessuali.

Gli chiedo cosa poteva costare la ricostruzione; mi avverte che solo una clinica importante può operare gli interventi e il costo sarebbe di almeno centomila euro per ciascuna; gli dico che andrò il giorno seguente in ospedale e che faccia preparare i documenti per il ricovero in clinica; in un raptus inspiegabile di generosità, m’incarico io di saldare le competenze; sono deciso a chiudere il capitolo col minore danno possibile.

Uscito da casa sua, mentre vado a cena, avverto Michele di comunicare al rosso che revoco la condanna ai ragazzi e che può lasciarli stare a casa, a patto che si comportino meglio; a don Pasquale, di far sapere che la vertenza col rosso si chiude e che le due donne devono essere lasciate definitivamente in pace; si rende conto delle scelte che faccio; mi avverte che la decisione può disturbare il Capo dei Capi, perché contravviene alle sue regole.

“So quello che faccio, Michele; don Pasquale mi deve molto; posso permettermi questo strappo; lui sa come rifarsi.”

Dopo cena, sono molto esitante sull’ipotesi di andare a dormire nell’appartamento che ho condiviso con Stefania e dove troppe cose mi avrebbero aggredito e mi sarebbero pesate sulla coscienza; decido di rifugiarmi nel mio vecchio studio e di riposare sul divano; trovo che tutto è perfettamente in ordine perché lo studio non ha mai smesso di funzionare e il personale, segretari e squadra delle pulizie, hanno tenuto in piena efficienza i locali.

Dormo male, naturalmente, in parte per la scarsa comodità del divano, in parte per i dubbi che mi assillano; mi lavo approssimativamente nel bagnetto; mi vesto con gli abiti che avevo da Roma; passo dal solito bar per fare colazione e, verso le dieci, vado all’ospedale; chiedo delle due e mi dicono che sono ricoverate nella stessa stanza doppia, dove ci sono altre persone arrivate presto la mattina.

Entrato, vedo subito mio padre su una sedia ai piedi del letto di sua moglie che dorme in una posa innaturale, forse per il dolore intenso; Stefania è seduta sul letto, appoggiata a una montagna di cuscini; sulle sedie ai piedi del letto due sconosciuti che intuisco essere sua madre e suo padre; entro senza un cenno di saluto, appoggio sui comodini delle due la copia della chiavetta USB che ho realizzato dall’originale e guardo interrogativamente mio padre; ha gli occhi lucidi.

“Grazie, Nando, speravo proprio che venissi … “

Noto che Stefania aveva messo la chiavetta nel suo tablet e stava guardando il filmato.

“Come stai?”

“Da quanto sapevi?”

“Da sabato scorso, al ristorante … “

“La ragazza ti ha aperto gli occhi … “

“Già, poi ho scoperto che sono il cornuto potente da abbattere, che da mesi mi riempivate di corna, che mi odiate come la peste dopo avermi costretto a essere quello che sono diventato … “

“Il reato è estinto o la pena deve ancora arrivare?”

“Hai sempre saputo che non decido io; avete sfidato forze superiori; temo che non sia finita; lei ha avviato la discesa, tu hai voluto che mi mettessi il cappio al collo chiedendomi di fare la telefonata che ti avrebbe condannata se sgarravi, poi mi hai convinto a legarmi a triplo filo accettando la candidatura; adesso il vostro comportamento vi porta alla condanna che sai … “

“Non ce la fai a evitarci le nerbate?”

“Intanto, le meritate tutte; poi non so se voglio ancora vincolarmi con un altro favore; non riesco a prendere decisioni; alla donna che amavo avrei chiesto consiglio; a te non posso fare altro che maledirti … “

“Quindi, è come se fossi nel famoso ‘miglio verde’?”

Mio padre capisce al volo.

“Lara rischia ancora?”

“Che cosa ha fatto per uscire dalle minacce?”

“Non puoi avere ancora un gesto di pietà, di compassione, di magnanimità, di umanità?”

“Se tu avessi compiuto un gesto di coraggio, se solo mi avessi avvertito la prima volta, non saremmo a questo punto … “

“Il passato è una storia di colpe di noi tre, tutti e tre; ma vorrei parlare di futuro con te; che tu lo voglia o no, è tua madre che condanni, è la tua donna che fai uccidere.”

“Eravate stati bene avvertiti; lei sapeva che avrebbe pagato tutte le conseguenze, Stefy sapeva che la condanna non l’avrei pronunciata io; tu non solo le hai coperte ma mi hai ingannato … “

“Ti ripeto; vedi un futuro o devo fare la scelta che mi hai suggerito?”

“Che cosa volete che faccia, visto che la mia vita la decidete voi?”

“Nando, l’unica cosa è un’altra telefonata; sei così coinvolto che non puoi peggiorare la tua situazione; se chiami, forse io posso ancora sperare di rimanere in vita e di costruire un mio futuro, anche se senza di te non mi attira affatto.”

“Ci hai pensato mentre ti facevi libidinosamente massacrare?”

“No; pensavo solo che il tuo potere potesse e dovesse essere umiliato … “

“Complimenti! E adesso, devi chiedere pietà in ginocchio … “

“No, ho la mia dignità; hai ragione anche stavolta; ho sbagliato e devo pagare; vuol dire che passerò i prossimi mesi ad aspettare che uno sconosciuto mi massacri in omaggio al tuo potere indiscutibile … “

“Tu sei Nando, il fidanzato, oh scusami, l’uomo tradito e umiliato da mia figlia, immagino. Io sono Franca, la mamma di Stefania.”

“Nicola, ti ricordi che cosa mi insegnavi quando non eri il traditore vigliacco che sei e lei non era la donnaccia che si è rivelata, ma eravate i genitori che adoravo e da cui accettavo tutto, soprattutto le indicazioni di vita? Mi dicevi che un bravo ragazzo si rivolge alla suocera col nome di mamma perché è una seconda madre; io ho seppellito mia madre qualche mese fa, sotto a un macellaio; e sono stato tradito, umiliato e mortificato dalla donna che amavo al di sopra di tutte le cose del mondo.

Franca, tu avresti dovuto essere per me ‘mamma’, in un momento in cui quella legittima e naturale perdeva il diritto; non so se ho sbagliato a non sposare Stefania; forse si sarebbe comportata comunque come ha fatto; ma forse avrei ancora un faro a cui rivolgermi, una mamma surrogata che forse poteva aiutarmi a uscire da questo ginepraio; invece sono qui a dirti che devo condannare a morte quella che credevo mia madre e quella che consideravo la mia compagna per sempre.

Ti accorgi di come sa essere beffarda la vita? T’incrocio quando sto per perderti per sempre.”

“Tu non lo puoi sapere, ma sei stato il mio figlio surrogato, quando parlavo con mia figlia, non questa troia indegna di qualunque giudizio, ma con mia figlia, una donna bella, fortunata, con una prospettiva di vita e con un compagno che amava e che io consideravo il figlio mai avuto. Soffro quanto te per questo vuoto che si è creato. Ma Stefania è mia figlia; ti chiedo in ginocchio, da madre, di perdonarla e di lasciarla viva, per me non per lei.”

“Tua figlia ha ragione; più in basso di dove mi ha spinto lei, non posso arrivare; devi sperare che, chi può, accetti la mia raccomandazione.”

Squilla il telefonino; è il rosso.

“Ciao, rosso; si ho dato io l’ordine di sospendere; ho pensato che sarebbe esagerata la punizione; fallo restare con te, ma assicurati che righi dritto … lo sai che i favori si ricambiano, ma spero che avremo tanto tempo per parlare ancora. Ciao.”

“Hai perdonato ai ragazzi?”

“Certo, è chiaro che solo tu e Nicola vi siete inventati la pillola dello stupro; sei stata tu ad abbordarli e a portarteli al privè; è stata la tua smania di offendermi che li ha resi colpevoli; io cerco di essere giusto, quando posso; loro erano innocenti e tu ti sei caricata della doppia colpa di farmi comportare da mafioso e di rischiare la loro morte.”

“Nando, l’elenco delle mie colpe è lungo; io ho paura della morte; a loro l’hai risparmiata; mia madre ti chiede di risparmiarla anche a me. Ce la fai? Riesci a fare una telefonata e poi dimenticarti di me? Io non voglio dimenticarti e non ci riuscirò mai; so che non ti merito e che non ti avrò più; ma non uccidermi o, se devi farlo, usa tu il nerbo per fare la tua giustizia; forse mi peserà meno, morire per mano tua.”

Squilla ancora il telefono, ma è quello privato di don Pasquale; Stefania mi chiede se metto il vivavoce; la accontento.

“Ciao, onorevole; mi dicono che sei all’ospedale. Hai perdonato?”

“Perché me lo chiedi?”

“Ragazzo mio, tu sei uno che evita le condanne; hai perdonato ai due ragazzi e forse è stato giusto; hai perdonato a tua madre; ora vuoi perdonare anche alla tua infedele fidanzata?”

“Pasquale, sii chiaro e dimmi subito; che cosa chiedi in cambio se io ti dico che non voglio che siano più minacciate mia madre e la mia ex fidanzata?

“Hai fatto anche troppe storie con quella ragazza a Roma; t’impegni a frequentarla e, se è il caso, sposarla, anche se sei innamorato di una traditrice infedele e ninfomane?”

“Adesso vuoi controllare anche la mia vita privata? Cristina per Stefania? Anche se io fossi innamorato di Stefania e non provassi niente per Cristina?”

“Avvocato mio carissimo, non controllo niente; io vado al sodo; mi serve che ti sposi con una nobildonna romana che ti dia un lustro e una credibilità; quelli hanno tanto blasone e pochi soldi; io metto i soldi e tu prendi il blasone; io ti propongo di lasciare una donna di facili costumi per una giovane perfino vergine che garantisca me e te. Se scegli di andare a trovare Cristina e di corteggiarla fino a farti sposare, sono con te; se resti con Stefania, sei mio nemico. Che decidi?”

“Fissa questi pranzi e queste cene a Roma; dimenticherò Stefania; ma lei e mia madre vengono lasciate in pace. Chiaro?”

“Carissimo onorevole, complimenti per la scelta. Saluta, da parte mia, tua madre, tuo padre; ah, non sapevi che c’era anche lui in lista? Ti ha tradito più di Giuda!; ed anche quella nobildonna che è comunque un bel bocconcino.”

“Pasquale, io sono un uomo pacifico; se mi costringi alla violenza, la mia prima vittima sarai tu. Ciao; ci vediamo a Roma ai pranzi ufficiali.”

Ho appena chiuso il telefono che entra il primario con un codazzo di medici; un’infermiera reca delle carte che mi consegna.

“Allora, signore, la situazione è migliore di quello che avevamo ipotizzato; ci sono danni ed anche gravi; ma un consulto col direttore della ‘Salus’, la clinica specializzata, mi ha confermato che si possono fare gli interventi di ricostruzione; niente da fare per le ovaie e, per la signora Lara, non è possibile il ripristino del clitoride; ma per il resto le funzioni torneranno normali. Come vi avevo avvertite, oggi stesso sarete trasferite alla clinica e sarete avviate alla procedura d’intervento.”

Io intanto sto firmando le carte, Stefania appare perplessa.

“Dottore, scusi, ma chi garantisce la copertura delle spese; lei parlava di cifre iperboliche … “

L’altro sta zitto; io ho preso il telefonino e sto chiamando la banca di riferimento; chiedo del direttore al quale detto le coordinate che mi sono state indicate; do disposizioni per il bonifico alla clinica e faccio indicare nella causale spese mediche urgenti per la madre e per la fidanzata dell’onorevole … ; il direttore conferma e l’infermiera controlla; è tutto in ordine e si può procedere al trasferimento; il medico mi dà la mano.

“Nando, hai fatto la cosa giusta; auguri per tutto. Ciao.”

“Hai pagato tu? … Anche per me? … Perché lo fai?”

“Quante volte ho fatto per te delle cose senza avere un perché, anzi sapendo che mi stavi inducendo in errore?”

“Molte, forse troppe … Ma questa non me la aspettavo; mi restituisci alla vita e mi fai ricostruire il sesso che ho usato per umiliarti … “

“Ricordi l’invito ad andare dove mi portava il cuore? Oggi il mio cuore andava lì. Spero solo di non rivederti mai più, di dimenticare presto il dolore che mi hai provocato e tutta la storia vissuta con te. Addio, amore mio perduto.”

“Non ce la farò a cancellarti dalla mia vita. Ti auguro di essere felice. Addio anche a te, amore mio immutato.”

Franca sta piangendo a calde lacrime.

“Mi dispiace, mi dispiace tanto averti incontrato e doverti perdere; sei un uomo eccezionale; sai, nelle favole gli orchi sono sempre principi vittime di un maleficio; forse anche il mostro che qualcuno vede in te è invece un principe che i malefici di due streghe hanno trasformato in mostro; ma il buono che c’è in te è più forte. Auguri, figlio mio, che tu possa trovare la serenità che le streghe ti hanno rubato.”

Si solleva sulle punte, perché è molto più bassa di me, e mi bacia su una guancia; istintivamente la stringo a me e le sussurro.

“Auguri anche a te, mamma; e spero che tua figlia si comporti meglio, in futuro.”

“Posso ringraziarti anch’io per quello che hai fatto per tua madre ed anche per me?”

Mio padre è distrutto, invecchiato ancora di più di come lo ricordavo.

“Ciao mamma, bella finta addormentata. Cerca di stare bene, ma non solo fisicamente … “

Non mi degna di risposta e finge ancora di dormire.

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