Prima di leggere questo capitolo consiglio la lettura dei capitoli precedenti altrimenti si fa fatica a comprenderne la trama.
Questi ultimi due capitoli rappresentano la chiusura del cerchio, o meglio, è come quando le tessere di un grande puzzle trovano finalmente il proprio incastro dopo tanti tentativi fallimentari che facevano desistere dal continuare a comporlo. Non ci sono episodi particolarmente erotici, ma sono tutti ispirati alla vita reale e romanzati dalla mia fantasia. Capire ciò che è reale e ciò che è fantasia, lo lascio all’interpretazione del lettore.
È il 1996, sono passati 20 anni da quella incredibile estate del 1976, avevo 16 anni, adesso mi manca poco ad arrivare ai 37. Non ho più avuto periodi di così intense emozioni in un lasso di tempo così breve, ma molte cose sono successe e molte altre stanno per succedere, anche se non ne sono ancora consapevole.
Ho lavorato come un negro in giro per mezza Europa, pochi giorni liberi, praticamente mai in ferie, una media di 10 ore di lavoro al giorno, un impegno costante e stressante, feste comandate incluse, in albergo si lavora sempre, sabati e domeniche incluse, ma i risultati non si sono fatti attendere. Ho scalato con fatica tutti i gradini della gerarchia e adesso mi ritrovo con l’incarico di direttore vendite con delega al controllo di gestione in una grande compagnia alberghiera internazionale che ha sede a Francoforte, ma con la principale succursale europea a Milano, dove si trova il mio quartier generale. Ho accettato la nomina a questa condizione, rimanere in Italia, sono stanco di vivere all’estero, la mancanza della cultura e il modo di vivere italiano mi sono diventati ormai insopportabili. Sono rispettato dai colleghi e stimato dal CDA, che ha accettato, con riserva, la mia richiesta, anche se questo ha come conseguenza il fatto che sono perennemente in viaggio, anche 3 aerei la settimana. D'altronde, la Compagnia ha alberghi in quasi tutte le capitali europee e mi ritrovo ad avere un ufficio che mi aspetta praticamente in mezza Europa.
Ciò nonostante non ho mai smesso d’essere un donnaiolo impenitente, il tempo per una donna l’ho sempre trovato. Però, che fosse solo per una notte o per un periodo più lungo, mi innamoro di ogni donna che frequento. Col tempo sono diventato molto selettivo, dò meno importanza al solo aspetto fisico, cerco il coinvolgimento mentale, cerco quella giusta alchimia che rende una relazione eccitante e coinvolgente. Sono stufo delle oche con la testa vuota, pur se sono fighe imperiali.
Il CDA ha deciso che bisogna spingere due mercati strategici per la clientela business, Berlino e poi, a seguire, Bruxelles. Faccio i bagagli, il volo Lufthansa parte fra un’ora da Linate.
Atterro a Berlino Tegel verso le 17, prendo uno dei taxi in attesa all’esterno, alle 18 sono già in albergo. Quando entro colgo immediatamente l’irrigidirsi degli impiegati al ricevimento, ormai ci sono abituato, il mio aspetto, l’atteggiamento e il ruolo ricoperto impongono rispetto e attenzione. È lo stesso direttore dell’albergo che insiste per accompagnarmi in camera. Non mi piace molto questa persona, ha un modo di fare mellifluo, è un po’ viscido, in ascensore cerca di chiedermi a cosa è dovuta la mia visita, ma lo liquido con poche parole: “mi fermo 4 giorni, devo verificare alcuni aspetti gestionali e spingere le vendite. Domani mattina alle 8 vorrei trovarla in ufficio così cominciamo subito”.
Se ne va a testa bassa, credo sia molto più preoccupato di due minuti prima.
Mi hanno assegnato una suite immensa al decimo piano, con una enorme finestra ad angolo. Guardo fuori, la Kudamm è impressionante, un’arteria lunghissima e dritta che attraversa la città, è l’imbrunire e i lampioni sono già tutti accesi con la loro caratteristica luce color ambra. Mi giro e vedo in lontananza le altissime gru sulla Potsdamer Platz, stanno completando la Torre Debis di Renzo Piano, fra un po’ dovrebbero partire anche i lavori per il Sony Center e la vecchia Potsdamer Platz, quella prima della caduta del muro, sarà solo un ricordo. Berlino sta diventando velocemente una delle più importanti città business d’Europa e lo scopo del mio lavoro è quello di farci trovare pronti quando questo succederà.
Il giorno dopo inizio presto, alle 7 ho già fatto colazione, mi siedo in una poltrona della hall vicino il ricevimento ed esamino come viene gestito il check-out dei clienti. Non va molto bene, ci sono diverse cose da sistemare, ad iniziare dal capo ricevimento che tratta i clienti stranieri con una supponenza tutta tedesca. Fosse per me lo manderei a lavare i piatti. La giornata è serrata, alle 16 mi rendo conto d’aver massacrato il direttore, manca poco che si metta a piangere e decido di chiudere bottega, lo lascio andare a casa, è sfinito, credo proprio di non essergli simpatico.
È tutto il giorno che mi frulla un’idea in testa, ho ancora, conservato nella mia vecchia agenda, indirizzo e telefono di Milly. Mi piacerebbe vedere com’è adesso e poterla salutare. Sempre che ci sia ancora, faccio due calcoli, sono passati 20 anni, adesso dovrebbe averne 47, dieci più di me, speriamo non sia diventata una balena, mi ero quasi innamorato di lei.
Prendo il mio nuovo telefonino aziendale e compongo il numero. Una voce registrata in un tedesco molto stretto mi avvisa che il numero è inesistente. Chiedo al ricevimento l’elenco telefonico e cerco il cognome, lo trovo subito, sono almeno una decina, ma solo uno riporta Milly come nome. Mi metto in disparte e compongo il numero, tre squilli e una voce che mi fa tornare indietro di 20 anni con i ricordi mi risponde: “hallò, chi parla?”.
“Sono io, te lo avevo promesso che sarei venuto a trovarti, vorrei invitarti a cena”.
So che mi ha riconosciuto, il mio accento italiano è inconfondibile, aspetto alcuni lunghi secondi, poi: "sei davvero tu? Sei a Berlino?”.
La sua voce è strozzata, non se lo aspettava e colgo emozione nella sua voce.
“Allora, accetti il mio invito a cena? Se sei libera passo a prenderti alle 19”.
“Mein Gott, certo che sono libera, sono liberissima, non sai da quanto tempo aspettavo questa telefonata”.
“Ok, a dopo allora”.
Alle 19 in punto suono al suo campanello, è una bassa palazzina di due piani in un elegante quartiere nell’immediata periferia, circa 15 minuti di taxi dall’albergo.
“Sei tu?”, il gracchiare del citofono distorce le parole. “Sono io”, rispondo.
“Secondo piano”, dice e sento lo scatto della serratura che apre il portone d’ingresso. Salgo.
Milly apre la porta dell’appartamento e tiro un sospiro di sollievo, è come me l’ero immaginata, si è mantenuta in forma splendida. I capelli adesso sono tagliati corti a maschietto, scuri, ma con delle striature che tendono all’amaranto, lei è un po’ più robusta, ma ancora snella, il viso mostra qualche inevitabile ruga intorno gli occhi e la bocca, ma la luce birichina dello sguardo è la stessa. Indossa un sobrio maglioncino girocollo di lana blu con un filo di perle ed eleganti pantaloni dello stesso colore che disegnano un sedere bello rotondo e per nulla flaccido. Una mise semplice, ma elegante e che mi piace.
Ci guardiamo negli occhi senza parlare per interminabili secondi, mi chiudo la porta alle spalle e subito mi butta le braccia al collo. Mi stringe forte, l’abbraccio anch’io.
“Ciao Milly, finalmente, ti trovo in forma incredibile, per te gli anni non sembrano passati”, gli sussurro nell’orecchio.
Si stacca a fatica, ha gli occhi lucidi.
“Sarei io quella in forma? Ma ti sei guardato allo specchio ultimamente? Tu sei semplicemente perfetto, la maturità ti ha migliorato parecchio e non sento un grammo di grasso. Fai ancora sport?”.
“Nel poco tempo libero faccio ancora canottaggio e faccio molta attenzione all’alimentazione”.
“Parli un tedesco perfetto, quante ragazze tedesche sono servite per farti arrivare a questo livello? E poi sei elegantissimo, non ti ho mai visto vestito così”.
“Ma dai, è un abito da lavoro, solo senza la cravatta. Non ho portato nulla di più casual con me, in aereo ormai viaggio solo col bagaglio a mano”.
Entriamo in casa e mi dirige verso il salotto, è un appartamento di medie dimensioni arredato con mobili minimali in wengé, l’ordine e la pulizia regnano sovrani, mi piace, anche se è tutto molto tedesco.
Ci sediamo sul divano, vicini, mi prende la mano, capisco che ha un mucchio di cose da chiedermi, ma l’anticipo con la domanda che più mi preme: "sei sposata?”.
Mi sorride, ma è un sorriso forzato: "sono stata sposata 10 anni, ma le cose già dopo 5 anni non funzionavano più, alla fine abbiamo divorziato, nessun figlio. Sono ancora in contatto con lui e ogni tanto ci vediamo. Si è risposato ed ha un bambino, ma io non ho più voluto farlo, non ci credo più, credo anzi che le cose tra di noi non andassero bene perché, in fondo, non sono mai stata realmente innamorata di lui, o perlomeno non sono più riuscita ad innamorarmi di un uomo come lo ero di te. Non hai idea di quanto tempo ci ho messo per farmela passare, Nina ha fatto di tutto e, anche se ero sposata, mi ha portato in quel famoso club prive’ di cui ti ho parlato. Ho conosciuto uomini che mi hanno fatto divertire moltissimo, ma nessuno mai è stato come te. Rimani sempre un meraviglioso bastardo e sono felicissima di averti incontrato di nuovo”.
Mi butta le braccia al collo e mi bacia, un bacio bellissimo e profondo che ricambio. Ricordo ancora come bacia Milly, ritrovo lo stesso trasporto, lo stesso sapore della saliva, lo stesso modo erotico di muovere la lingua dentro la mia bocca, quanto mi piace”.
Ci stacchiamo a fatica: "fermiamoci, continuiamo dopo, adesso andiamo a cena, ho prenotato un ristorante italiano qui vicino, è un posto molto carino e romantico. Il proprietario è un mio caro amico. Mangeremo bene”.
La cena nel ristorante di Ciro è squisita, si mangia il miglior pesce fresco di Berlino. Mangiamo di gusto e un’intera bottiglia di Prosecco finisce giusto al dessert. Siamo ambedue un po’ brilli, per fortuna non devo guidare. Per tutta la cena parliamo di noi, cosa abbiamo fatto, le nostre esperienze e il ricordo delle nostre pazze notti di 20 anni prima quando Milly, per prima, mi ha insegnato a fare l’amore con una donna. Mi dice che Michael, il marito di Nina, è morto, un infarto, troppa birra e vita sedentaria l’hanno steso a soli 50 anni. Nina però non si è persa d’animo, dopo un anno si era già risposata con un riccone e passa gran parte dell’anno alle Canarie dove ha una bella villa con piscina.
Un taxi ci riporta a casa sua, entriamo e mi sembra di rivivere il primo incontro avuto con Nina quando ha voluto “assaggiarmi”. Milly mi salta addosso, mi spoglia e mi passa la lingua dappertutto, è scatenata, sembra voglia recuperare il tempo perso.
Andiamo in camera da letto e si dedica subito a succhiarmi il cazzo giocando col mio culo, riesce a farmi godere in meno di 5 minuti, ingoia ingorda tutto lo sperma e continua a spompinare finché ritorna duro. “Lo voglio nel culo adesso, non l’ho mai dato a nessuno, aspettavo te, io ti ho sverginato 20 anni fa, adesso tocca a te farlo con me”.
Facciamo l’amore fino a consumarci, senza sosta, fino a quando non ne possiamo più, fino a quando, abbracciati, ci addormentiamo, consapevoli che al risveglio avremo continuato ancora.
La mattina dopo vado a lavorare a mezzogiorno, il direttore dell’albergo ormai sperava di non rivedermi e quasi sviene quando mi vede arrivare. Decido che, per il momento, l’ho già strigliato a sufficienza e lo lascio tranquillo, ma domani è un altro giorno e, se voglio i risultati che mi sono imposto, devo continuare, mio malgrado, a martellare.
Ho continuato ad andare assiduamente a Berlino ancora per un paio di mesi, il vecchio direttore poi si è dimesso e l’ho sostituito con un giovane di mia fiducia, i risultati, importanti, sono arrivati subito e, inutile dirlo, non ho più dormito in albergo, un altro letto mi aspettava.
Continua
Il prossimo sarà il capitolo finale
Darkside87mi (Kaji)
Carletto
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