Come mi piace

  • Scritto da Lizbeth il 22/07/2020 - 09:53
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Si dice che tutto il mondo è un palcoscenico, e gli uomini e le donne sono soltanto attori. Hanno le loro uscite, come le loro entrate e nella vita ognuno recita molte parti.

Quindi quale miglior occasione di Halloween per interpretare una parte o, forse, essere me stessa.

Io adoro essere una donna, tra l’altro pure sexy, non lo dico io, ma gli altri. Ma, una volta ogni tanto, vorrei essere un uomo per poter dire ad alcune ragazze quanto sono belle e come vorrei baciarle, e si anche come vorrei passare una notte con loro. Spesso mi rifiutano. Alcune, per assurdo, mi dicono che si fidanzerebbero con me, se non fossi donna, maledizione.

Ho deciso, questa sera, solo per questa sera, mi chiamerò Andrea. Lo so probabilmente nessuno mi crederà, ma provare non costa nulla.

Per farlo però mi devo travestire, devo assumerò almeno una parvenza maschile e con questi lunghi capelli non vado da nessuna parte. E’ ora di darci un taglio. Prendo il rasoio elettrico, un paio di forbici e un pettine. Le ciocche di capelli cadono velocemente sul pavimento. Forse devo fermarmi. No devo completare l’opera. Con il rasoio elettrico creo delle sfumature ai lati. Mi guardo allo specchio, corto e sbarazzino, mi piace. Decido di tingerli di nero, e aspetto due ore che la tintura agisca.

Ora devo pensare al vestiario, per fortuna mio fratello non c’è. Posso rubare le sue cose. Per prima cosa decido di non mettere il reggiseno, tanto sono piatta. Ora vediamo cosa posso indossare.

Cominciamo con una cosa classica, mi attira una larga camicetta bianca. La indosso, un po’ stropicciata, fico. Slaccio due bottoni. Ora il sotto, ma beh li posso mettere delle normalissime mutandine, però mi balena una idea assurda. Torno in camera mia e rovisto nel comodino accanto al letto. Afferro un oggetto, ma poi penso è troppo grosso. Rovisto ancora. Trovato. Prendo le cinque, me lo allaccio intorno alla vita. E’ uno stra-on color carne di 15 cm, e me lo infilo nella mutande. Già penso che sia una cosa idiota, è scomodo, ma non desisto dalla mia idea.

Torno in camera di mio fratello, ora come completo l’opera. Mi cade l’occhio sul suo gessato d’armani, di cui è gelosissimo. Prendo i pantaloni, mi stanno un po’ larghi e mi cadono. Noto delle bretelle nere e penso che sia un tocco di classe. Mi guardò allo specchio, mica male. Ora la giacca e delle semplici scarpe nero. Controllo, ancora una volta, tutto allo specchio. Manca qualcosa. Il viso sembra ancora troppo femminile.

Prendo i miei occhiali da vista, poi noto un lucido da scarpe. Stranamente mi viene in mente Charlie Chaplin e mi creo due baffi raffinati, sfioro il ridicolo, ma dai siamo ad Halloween.

E’ ora di uscire, indosso la giacca del completo. Sull’attaccapanni accanto alla porta di uscita, vedo la coppola grigia di mio padre. Dentro di me urlo – “Perfetto”.

La festa di svolge in una villa appena fuori città, immersa in un gigantesco parco, è strano presentarsi da sola, o meglio da solo. Per tutto il viaggio in macchina, maledico la mia idea del cazzo finto. Mi procura un fastidio immane, ma sono testarda.

Parcheggio, mostro il mio biglietto all’ingresso, guardano stupefatti il mio nome, ma fanno finta di nulla, ho pagato per essere li. Ora non crediate che sia una festa esclusiva, o addirittura sessuale. E’ una semplice festa in maschera, organizzata dallo stesso proprietario della villa, probabilmente per rimorchiare.

E’ pieno di gente, indossano qualsiasi genere di travestimento, vedo tanti scheletri e tante streghette. Prendo una coca fresca, decido di sedermi su un divanetto, e aspetta il da farsi. Vedo una ragazza truccatissima che mi guarda, ma il suo principe la trascina sulla pista da ballo. Il Dj mette musica classica, strana scelta per una festa dove ci sono principalmente dei giovani.

Ovviamente la luce è soffusa, aiuta a creare l’atmosfera lugubre, e probabilmente aiuta me a fingermi uomo.

Una donna si siede accanto a me e sbuffa – “Quanto sono noiose queste feste” – Mi guarda – “Piacere Miriam”. Tra me penso che sia davvero carina nel suo complicato vestito d’angelo nero. Mora, formosa, non una donna che si definirebbe bella, ma molto affascinante.

L’esamino per un po’. Guardo il corto abito nero senza maniche, con una corta sopra gonna a pois argentanti. E’ decisamente aderente, oppure è lei che straborda. Le fisso la scollatura. I collant neri e le scarpe decoltè nere. Mi soffermo sulle ali nere, dovrebbero essere fastidiose quanto il mio pene finto.

Torno alla realtà, vedo che mi fissa, mi allunga la mano – “Allora?”

“A si scusami, piacere L.” – Stavo per dire il mio vero nome, abbasso la voce – “Piacere Andrea”.

Pure lei mi osserva dal capo ai piedi – “Come mai un bel ragazzo come te, sta qui da solo”.

Quei complimenti mi imbarazzano, ancora con la voce con un tono basso – “Beh la mia ragazza è stata invitata a ballare e lei ha accettato” – e indico una ragazza a caso.

“Ma guarda che maleducata”

“Che ci vuoi fare, le donne” – Che risposta idiota.

Si alza in piedi, mi prende per mano – “Beh che ne dici di una piccola vendetta” – Mi trascina sulla pista da ballo. Parte un Valzer, sono imbranata a ballare. Dopo un attimo di titubanza è lei che mi conduce. Ci avviciniamo alla coppia con la mia presunta fidanzata, Miriam li saluta. Loro ci guardano stranamente.

“Che direbbe la tua ragazza, se ora usciamo in giardino”

Non so che rispondere e lei non l'attende. Smette di ballare. Saluta l’altra coppia. E mi trascina verso il portone della terrazza e usciamo al fresco.

“Come mi annoiano certe feste, purtroppo devo parteciparci, le organizza mio padre”.

Io l’ascolto silenziosa.

“Vuoi vedere il mio posto preferito?” – Rispondo affermativamente con la testa.

Avanziamo per il giardino. Arriviamo ai limiti di una foresta e ci inoltriamo – “Qui la proprietà finisce” – Camminiamo per qualche minuto. Il buio mi spaventa, ma lei cammina decisa, come se conoscesse quei sentieri come le sue tasche. Giungemmo ad uno spazio, li era più chiaro, la luna proiettava la sua luminosità. Davanti a noi individuai un piccolo laghetto. Lei si sedette accanto a un albero e mi indicò l’erba accanto a lei. Mi sedetti a pochi centimetri da lei.

“Non sei di molte parole” – non volevo che capisse che ero una donna – “però sei molto carino sai” – mi osservò meglio – “Ti trovo molto femminile e questo mi piace”.

Mi toglie la coppola – “Così va meglio” – Mi accarezza i capelli – “Sembra che te li sei tagliati da solo”.

Impugna l'aste degli occhiali e mi sfila - “Non nascondere mai i tuoi bellissimi occhi verdi”.

Il chiarore della luna illumina il suo viso e mi sembra di cogliere una lacrima. Possibile che questa bella donna sia così triste?.

Getta dei sassi nel lago. Mi distraggo, poi appena mi giro verso di lei mi bacia e poi mi chiede scusa.

“Che sciocca, perché ti scusi”

“Beh la tua ragazza”

Mi metto a ridere – “Beh quella non è la mia ragazza” – non so come esprimermi – “Non volevo che si pensasse che fossi solo”.

Ride a squarcia gola – “Guarda che lo sapevo, conosco tutti i nomi degli invitati” – Mi prende la mano – “E non c’era nessun Andrea”.

O merda, cerco una scusa a caso e non sapendo cosa rispondere la bacio, le metto la lingua in gola. Lei spalanca gli occhi, ma accoglie la mia lingua e me la lecca con la sua. Stiamo limonando.

Lei mi sfiora il petto con la mano, ci siamo ora mi becca – “Chi l’avrebbe mai detto, sei muscoloso”.

Possibile che sia cosi ingenua. Continuiamo a limonare. Scivoliamo lentamente sull’erba e lei è sopra di me e mi accarezza i capelli. Sembra di essere immersa in un sogno.

Mi leva la giacca e si toglie le ali, quelle erano decisamente scomode. Poi si china sopra di me e inizia a sbottonarmi la camicia. La fermo, non voglia che conosca il mio segreto, almeno non così presto. Ci baciamo per minuti che sembrano infiniti. Si toglie il gonnellino e struscia le sue mutandine sul mio cazzo finto.

“Sei già duro, ottimo”

“Beh, con una bella ragazza come te, è il minimo” – Cerco ti tenere la parte.

“E’ inutile che fai il macho, sei troppo dolce per esserlo”

Forse dovrei dirle la verità, forse devo smetterla con questa messinscena, ma non voglio, per una volta tanto mi sento bene, mi sento completa.

Si gira, si mette a sedere sull’erba, si alza i capelli – “aiutami” – Vedo i lacci del suo vestito e l’aiuto a toglierselo. Il suo seno risplende al chiaro di luna, lo prendo da dietro e l’accarezzo, le bacio il collo. Siamo a novembre, in teoria dovrebbe essere freddo, ma io non lo sento. Sento solo il calore dei nostri corpi.

Il suo seno è molto morbido e la sua pelle è liscia, adoro accarezzarlo. Prendo coraggio, scendo con la mano, la metto nelle sue mutandine e inizio a masturbarla. Ascolto i suoi dolci, eccitanti gemiti. Le mie dita sfiorano il suo clitoride, le infilo dentro di lei che si abbandona a me. Non potendomi spogliare è l’unica cosa che posso compiere per farla godere.

Appoggia le mani sul manto erboso, si mette in ginocchio, mi fissa, mi bacia. Mette le mani sui bottoni dei pantaloni – “Voglio il tuo cazzo”.

Ci siamo, la magia è finita. Cerco di resistere, mi allontano di qualche centimetro, ma lei riesce ad abbassarli, rimango con le mutandine e il cazzo finto.

Mi guarda – “Uhnn mutandine da donna, pervertito” – Ride. Possibile che non si sia accorta. Per completare l'opera mi slaccia lentamente le scarpe, le toglie, mi toglie in modo definitivo i pantaloni, mi sfila le mutandine e afferra il mio cazzo con le sue mani – “Piccolo, ma grosso e duro” – Lo lecca.

Non se ne è accorta?, assurdo, penso che sia il buio. Vedo che se lo infila in bocca e lo succhia e mi mette due dita nel culo – “Ai miei amanti piace sempre”.

Le sue dita scorrono all’interno del mio ano, mi vengono i brividi, ma perché non se ne accorge?.

Mi fa appoggiare la schiena ad un albero, mi sbottona leggermente la camicia e mi bacia in mezzo al petto. Si infila il cazzo nella figa e la scopo, così in mezzo alla natura. Per la prima volta la vedo sorridere. Ho un colpo di fulmine, sento di essere innamorata di quella donna, ma cosa succederà quando scoprirà la verità, anche perché prima o poi succederà.

I suoi movimenti si fanno sempre più sensuali. Il tutto è reso speciale dalla luce della luna. Due amanti iimprobabili in quella notte dedicata al diavolo.

Si china leggermente all’indietro, così posso vedere meglio il suo corpo, l’accarezzo dolcemente il seno e vedo i suo capelli dondolare, come in una danza satanica.

Improvvisamente silenzio. Inizia a piovere. I nostri corpi vengono inondati dall’acqua, ma nulla ci ferma. Lei sussurra. Sento i miei baffi sciogliersi. Torna ad abbracciarmi, mi bacia e in quel attimo, in quel preciso momento, emette un gemito ancora più intenso. Ha raggiunto l’orgasmo.

Rimaniamo abbracciate per qualche attimo. Mi bacia ancora, mi accarezza il viso – “Poverino ma tu non hai goduto” – Mi afferra il cazzo – “Ci penso io a te” – e me lo strappa vita. Ride – “Pensi davvero che non me ne sono accorta, Lizbeth” - In quel preciso istante ricordo che conosce i nomi di tutti gli invitati.

Mi sbottona la camicia ormai inzuppata. Mi lecca entrambi i capezzoli, li morde, scende sui miei addominali – “Non sarai un uomo, ma hai decisamente un bel corpo”.

Mi morde il clito, me lo succhia. Urlo.

Mi infila due dita nella figa, che poi diventano tre, inizia a fottermi. Rimango immobile incantata. Il mio corpo si contorce, mi accarezzo i miei piccoli seni. Lei unisce la lingua alle dita, mi riempe.

I suoi movimenti accelerano, la sua lingua gioca con il mio clito indurito. Mi allarga le gambe, passa i suoi capezzoli sopra il mio sesso. Non riesco a controllarmi il mio corpo si agita, mi scopa con le sue tette. Le preme contro di me. Esplodo.

Per la prima volta ci accorgiamo della pioggia, sentiamo il freddo diffondersi nei nostri corpi. Corriamo senza scarpe, verso la villa. Dimentico il cazzo finto sulla riva del laghetto. Ma stavolta mi conduce verso un'altra area. Entriamo da un portone laterale, saliamo le scale, e ci troviamo in un mini appartamento, dove ci asciughiamo e riscaldiamo.

Dormo da lei per tutta la notte, questa volta da donna, ma questa è un'altra storia.

Davvero intrigante, molto sottile, come se nell'immaginazione, al di là della verità anatomica, ci sia un'altra verità che sottende la separazione tra i generi, una verità mentale, sensuale, che attende di essere deflorata nella sua consistenza immaginaria, per essere messa alla prova di un riconoscimento da parte di una persona vera, anche solo per gioco, anzi, solo per gioco... Racconto asciutto e pieno di mistero... Sarebbe bello come fu per Kafka, trovarsi a leggerli dal vivo l'uno all'altro, come in un club clandestino della lettura, per sorridere e sorriderne...
Sempre bravissima e bellissime le tue storie. ??

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