Alberto stava sistemando il file con la relazione da consegnare alla ditta di cui era consulente, quando squillò il telefonino. Rispose e, cosa incredibile, sentì dopo anni la voce di sua moglie Erika:
“Alberto aiutami, sono in piazza ***, sono mezza nuda, non ho un soldo e non so dove andare”
L’uomo rispose:
“Arrivo, dove sei esattamente”
“In piazza ***, mi riconosci subito: sono la puttana coi capelli viola”
Alberto partì immediatamente, intanto Erika doveva tenere a bada un gruppo di ragazzi che avevano preso a girargli intorno, a cercare di attaccare discorso, attratti dal suo abbigliamento: reggiseno giallo microscopico, minigonna blu che copriva a malapena le natiche, stivali con tacchi e suole altissime, e, ovviamente, la capigliatura viola.
Alberto, a vide distanza, le forme abbondanti della moglie, la capigliatura, e compresa la situazione imbarazzante nella quale si trovava la donna, accelerò.
Giunto vicino a Erika, frenò di colpo, aprì lo sportello e disse:
“Sali!”
La donna si precipitò nella macchina, Alberto chiuse lo sportello e partì:
Erika disse:
“Che stronzi, non mi fregherebbe un cazzo di loro, per me li potevo pure far scopare tutti quanti, ma aspettavo te[I1] -continuò -per chiamarti, pensa, per farmi i prestare da uno un telefonino, ho dovuto fargli un pompino, nel cesso del bar sulla piazza”
Aggiunse:
“Mi sa che quello che dico ti rompe i coglioni, tu non sei abituato alla vita che faccio io”
“A proposito, dove mi porti?”
“A casa”
“La nostra vecchia casa?”
“Si”
“Bella figura ti faccio fare, conciata in questo modo… Stai tranquillo appena trovo una sistemazione me ne vado”
“Puoi restare quando vuoi, è anche casa tua”
“Ma veramente non hai voglia di riempirmi di botte?”
“No”
“Peccato”
“Raccontami che ti è successo”
“Quando sono scappata, sono andata a vivere con la mia padrona e signora, stavo bene con lei, mi frustava, mi trattava come una schiava, si faceva leccare. Poi non mi si è più inculata, se n’è trovata un’altra, e io ero solo la puttana che mandavano in giro dai loro clienti, maschi e femmine, a racimolare quattrini, altre frustate, altre umiliazioni, ma per lei avrei fatto qualsiasi cosa e, come hai capito, la cosa mi piaceva”.
Continuò:
“Stanotte, si è lanciata contro di me, mi ha legato e mi ha frustato fino al mattino, ho pensato addirittura che fossi tornata a piacergli, invece poi mi ha sbattuta per strada”
Erika mostrò la schiena al marito e chiese:
“Si vedono i segni”
“Si, si vedono”
“Bella figura ti farò fare, i vicini vedranno che ti porti a casa una puttana… pure i segni delle frustate, poi…”
“Non ti preoccupare, ti darò la mia giacca”
“Anche se mi piacerebbe che tutti capissero chi sono”
Giunsero a casa, Erika disse
“Dammi qualcosa da mangiare, sto morendo… “
“In frigorifero, ci sono dei tramezzini”
La donna si precipitò in cucina, aprì il frigorifero e prese a divorare il cibo che trovò, finito di mangiare disse:
“Devo pisciare”
Entrò nel bagno e, senza chiudere la porta, si mise a cavalcioni del water, e si svuotò la vescica con un getto rumoroso.
Poi si tolse i pochi abiti, sedette sul divano, allargò le cosce e disse.
“Scopami”
Vedendo il marito visibilmente sconcertato, disse:
“Sono una troia, ti sono piombata in casa all’improvviso, e non ti faccio neppure scopare? … vieni qua”
Senza dire una parola, aprì la patta dei pantaloni, estrasse l’uccello del coniuge e lo ingoiò quasi per intero, mentre lo segava con un lento andirivieni, lo lambiva con la lingua all’interno della cavità calda e umida della bocca.
Erika sapeva portare gli uomini a un passo dal godimento, a quel punto si fermava, ripeteva il gioco fino che impazzivano di desiderio.
Infine, permise all’uomo di scaricare nella sua bocca una copiosa quantità di sperma:
Il marito si avvicinò per abbracciarla e baciarla, e gli sfuggì di dire:
“Erika ti amo, ti ho sempre amato”
“Piantala con l’amore, sei carino, sei gentile, hai un cazzo bello grosso che ti diventa subito duro, ma io sono solo una troia, una troia che hai raccattato, per strada, se vuoi posso essere la tua troia per un po’ ma l’amore non è roba per me… “
“Ma siamo sposati”
“Ti ho sposato per il tuo cazzo, poi quando ho incontrato la mia padrona e signora ti ho piantato senza dire una parola… Del resto anche quando stavamo insieme di corna te ne ho messe tantissime … Però solo servendo la mia padrona e signora ho imparato chi sono veramente… Da come parli. sembra che non capisci proprio un cazzo!”
Vedendo il marito mortificato, Erika si impietosì e disse:
“Tu stai a sentire quello che dice una stupida troia, la mia padrona e signora mi avrebbe già mollato un ceffone sulla bocca”
Il marito disse:
“Andiamo in camera da letto, nell’armadio ci sono i tuoi vecchi vestiti, domani ne compreremo dei nuovi, intanto…”
Erika lo seguì, aprirono l’anta dell’armadio, e la donna fu scossa da risa scomposte mentre diceva:
“Io con questa roba addosso, mi hai preso per una signora? E poi a casa mi piace stare nuda, così, non ti piaccio? Tutti dicono che sono arrapante”
Notando che l’imbarazzo del marito cresceva, la donna gli prese la mano, se la portò tra le cosce e disse:
“Senti, sono tutta bagnata, toccami, palpami così ti torna la voglia, scopami, anzi, inculami… Fino a farmi male, così non pensi più alle cazzate che dico”
Erika si mise di spalle e offrì le natiche al marito, l’uomo, col pene di nuovo eretto, si avvicinò e cercò di inserirlo nella vagina della moglie, da dietro.
La donna, notando la manovra del marito, disse:
“No! Lo voglio nel culo”
L’uomo si guardò intorno per cercare qualcosa che potesse fare da lubrificante.
Non trovando nulla, avvicinò la lingua all’orifizio di Erika e prese a lambirlo.
La donna disse:
“Mi piace, sapessi a quante Zoccole e a quanti porci ho leccato il culo, io … Adesso basta inculami, fammi male”
Con la massima cautela, l’uomo cominciò a penetrare la moglie, la quale invece premette le natiche verso il pene del marito perché la penetrazione fosse più profonda possibile e l’incitò dicendo:
“Dai spingi, fammi male”
L’asta del pene, che sfregava con lo sfintere dilatato della donna, dava al marito sensazioni deliziose, finalmente Alberto godette, mentre Erika si masturbava freneticamente, gridando:
“Si, riempimi il culo di sborra”
Quando fu uscito, Alberto percorse a lungo, con la lingua, l’orifizio aperto della donna.
Erika disse:
“Vedi che non ti faccio solo soffrire, comunque me ne vado appena possibile, voglio tornare nel mio mondo, l’unico in cui mi trovo bene, in mezzo alle puttane come me…”
L’uomo rispose:
“No, voglio che resti”
La donna stupita, osservò:
“E’ la prima volta che mi dai un ordine”
Aggiunse:
“Sei sicuro?”
“Sicurissimo”
“Con me hai sofferto e soffrirai”
“Lo so”
“Almeno picchiami”
Alberto accarezzò la moglie, che in preda a una forte agitazione disse:
“Poi, mi manca Lorna”
L’uomo non chiese nulla sul conto di Lorna, aspettando che fosse la mogli a spiegarsi.
Erika disse:
“Da quando la Padrona e Signora non mi si è più inculata, ho cominciato a godere con Lorna: fa la puttana come me, ci capiamo: lei sa quanto sono troia e io so quanto è troia lei. Dopo il lavoro, prima di dormire ci frustiamo per ore, fino a perdere la ragione… Quando siamo fuori di testa, se sono io a frustarla mi ritrovo che è lei che mi frusta, se è lei che mi frusta, è lei che prende la frustate da me…”
Con tono lamentoso:
“Ho bisogno di lei”
“Falla venire”
“Ma che dici, ma ti rendi conto… “
“Se è tua amica”
“E a fare che?”
“Non so, invitala a pranzo, a cena… Come vuole lei”
“Io lo faccio, ma tu non ti rendi conto di che cosa siamo capaci io e Lorna”
Prosegue:
“L’hai voluto tu, dammi il telefonino che la chiamo”
Minacciosa:
“Non t’immagini nemmeno lontanamente, io e Lorna, le cose che ti faremo fare…”
[I1]continuo
Giovanna
p45
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