Esperienze - Germany 1

  • Scritto da Carletto il 26/07/2021 - 14:48
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Continuo con le storie legate al mio peregrinare in giro per l’Europa volto a studiare le lingue e costruirmi una carriera in ambito alberghiero. Corre l’anno 1982 e, dopo oltre 2 anni in terra britannica, sbarco in Germania, a Düsseldorf. Sono racconti legati ad esperienze di vita vissuta, ma ricordo ai lettori che sono romanzati dalla mia fantasia. Tutti i nomi delle persone e dei luoghi citati nei racconti potrebbero non essere reali, capire ciò che è reale e ciò che è fantasia, lo lascio all’interpretazione del lettore.

 

Germany 1

Sono rientrato in Italia da pochi giorni e subito, con i soldi messi da parte col duro lavoro a Londra, decido di comprare la mia prima automobile. Ho puntato la nuova Alfasud TI, 1500 di cilindrata e 105 cavalli. Una belva per quegli anni. Color avorio ed interni marrone, completa di impianto stereo Pioneer e vetri azzurrati. È in pronta consegna e nel giro di una settimana già la guido. È primavera inoltrata, le giornate sono molto belle, faccio il pieno di sole andando anche in spiaggia, è proprio quello che ci vuole dopo due anni di cielo londinese costantemente grigio.

Parto per la Germania verso metà giugno, 1200 Km., quasi tutta autostrada. Arrivo a Düsseldorf verso le 19, ormai è tardi per presentarmi al primo colloquio in albergo, gli uffici saranno tutti chiusi. Decido di fermarmi da qualche parte, esco dall’autostrada appena fuori città, cerco e trovo una pensioncina che mi sembra carina, ha anche il ristorante. Entro e vengo accolto da una specie di piccola matrona, indossa il tipico abito tedesco, gonna lunga a fiorellini sotto il ginocchio, grembiule, corpetto e camicetta bianca ricamata. Ha due tette impressionanti, gli occhi cadono subito su quei meloni ma poi la guardo in faccia, ha un sorriso simpatico, sui 40 anni circa, capelli castani corti e un viso paffuto e rotondo, due guance gonfie e le labbra grosse, gli occhi invece sono indubbiamente da maialina, invece di chiedere se ha una stanza libera mi verrebbe voglia di chiedergli un pompino.

Prendo la stanza e mi accordo per la cena, il costo è onesto. Scendo a tavola verso le 20, dopo una veloce doccia, la matrona mi sta aspettando, in Germania si cena presto e i ristoranti delle Gasthof chiudono proprio alle 20. I pochi clienti rimasti hanno terminato e stanno uscendo dal ristorante, sicuramente li ritroverò fra un po’ tutti al bar a riempirsi di birra. Mangio velocemente un secondo, spezzatino di carne in salsa piccante che loro chiamano gulasch (anche se è molto diverso dall’originale ungherese) e patate al forno, una buona birra alla spina, su questo non hanno rivali, e una grappa di ciliegie.

Durante tutta la cena la piccola matrona mi punta, spesso mi fissa, potrei incoraggiala, ma stasera non ne ho voglia, sono teso per ciò che mi aspetta domani, e poi lei è davvero …… tanta. Guardandola meglio ho notato che ha un culo enorme, è rotondo, ma largo come quello del ponte di una portaerei, mi immagino chili di cellulite e non credo che il mio fratellino riuscirebbe ad alzarsi. È lei che rompe gli indugi e decide di sedersi vicino, vuole fare due chiacchiere. Io parlicchio già un po’ di tedesco, ma mi sento a disagio perché sono più di due anni che non lo pratico. Mi accorgo però che è come andare in bicicletta, una volta imparata una lingua straniera, piano piano ritorna a galla e riesco a capire e farmi capire abbastanza.

Lei si chiama Geltrude, ha 42 anni ed è la proprietaria del Gasthof che, dice, funziona molto bene, ha un bel serbatoio di clienti abituali, rappresentanti per lo più, ma anche uomini d’affari e qualche camionista. Mi dice poi che, molti dei clienti abituali, sono diventati tali grazie al suo personale impegno nel farli stare bene e qualcuno si fa anche 300 Km. solo per passare una notte nella sua pensione. Inizio ad immaginare in cosa consiste il suo personale impegno e me la vedo a farmi un pompino con quelle sue incredibili labbra. Ma stasera, proprio non voglio avere distrazioni, faccio finta di non capire il suo allusivo messaggio a causa della lingua e vado a dormire.

La mattina alle 7 sono già a fare colazione e alle 7,30 ho caricato la macchina. Vado a pagare il conto e trovo Geltrude alle prese con un altro cliente, è dietro un piccolo banco pieno di dépliant e registri. Aspetto e, quando questi si allontana, vedo che si alza dalla sedia, esce dal banco e mi viene incontro. In piedi mi arriva al petto, credo sia meno di 1 metro e 50, ma sarà larga quasi 1 metro. Sorride tutta contenta e mi porge il conto in mano: solo 20 marchi per la camera e tutta la cena: “perbacco, a questo prezzo, conviene venire spesso a trovarti”, dico.

Geltrude si guarda intorno, non c’è nessuno, la sua espressione cambia, ha lo sguardo da furbetta, abbassa la mano e mi strizza le palle: “è quello che spero, conto di vederti spesso, vedrai che dopo un mio pompino svuota-coglioni non riuscirai più a starmi lontano, te lo garantisco. E poi tu sei giovane e bello, sicuramente ancora con poca esperienza, non hai idea delle porcate che ti posso insegnare”.

Porco boia, mi verrebbe voglia di riempirgli subito la bocca, ma devo partire. Mi limito a sorridere e strizzare forte i due capezzoli che escono prepotentemente da sotto la camicetta, sembrano due chiodi, lei spalanca gli occhi e mi stringe forte i coglioni: “Yaaaaaa, siiiiiii, ti aspetto per continuare, ci divertiremo”.

Alle 8,30 arrivo in albergo, ho l’appuntamento per il colloquio col direttore alle 9. Mi fanno aspettare nell’anticamera, ma alle 10 sono ancora seduto in attesa. Questa è una cosa che mi fa incazzare da matti, trovo che sia mancanza di rispetto, pensavo che solo noi italiani ci comportassimo così, non me lo sarei mai aspettato da un tedesco. Finalmente mi fanno passare, entro in ufficio e vedo un damerino seduto dietro la scrivania con delle carte in mano, alza la testa e inizia a parlare. Capisco immediatamente dal suo terribile tedesco che è italiano, dovevo immaginarlo. Faccio finta di non comprendere quello che dice, in fondo sono appena arrivato per imparare la lingua e lui lo sa bene, allora attacca a parlare in italiano, altro shock, l’accento è fortemente veneto, non posso crederci. Mi ricorda le condizioni e gli accordi presi e mi chiede se ci sono obiezioni: i primi 6 mesi da facchino e poi, se sono diventato abbastanza autonomo con la lingua tedesca, vengo passato al ricevimento come apprendista segretario. Paga: 500 marchi tedeschi al mese, pochi, quasi una misera, ma tant’è, non sono qui per diventare ricco.

Faccio lo stronzo e rispondo in dialetto veneto, mi guarda sorpreso, risponde allo stesso modo, ma solo per dirmi che la prossima volta che mi rivolgo a lui in dialetto mi licenzia in tronco. Cazzo, che stronzo, penso si vergogni delle sue origini rurali.

Vengo indirizzato agli uffici del personale, mi consegnano la divisa, i documenti e le istruzioni per l’iscrizione all’ufficio del lavoro e la cassa malattie, oltre all’indirizzo degli alloggi del personale. Sono le 11,30, l’orario che, solitamente, apre la mensa dipendenti negli alberghi, ci vado, ho un po’ di fame. Mi siedo ad un tavolo con davanti un piatto di …… no, non so assolutamente cosa sia, a parte le immancabili patate. Vedo solo che è una massa scura che puzza come se fossero topi morti, ripugnante. Mi riprometto che, se un giorno riuscirò ad arrivare nella stanza dei bottoni, mi impegnerò sempre per far stare bene la gente che lavora.

Guardo sconsolato la schifezza che ho davanti e alzo gli occhi, vedo un ragazzo in fondo alla mensa che mi fissa, ha la divisa nera dei portieri, mi sembra di conoscerlo, si alza e mi viene incontro. Cazzoooo, siiii, è Lorenzo, abbiamo frequentato insieme l’alberghiero, non nella stessa classe, ma siamo usciti con la stessa compagnia di amici parecchie volte.

Ci abbracciamo: “Ciao Carlo! Anche tu qui, in questa fossa di crucchi? Quando sei arrivato?”

Ci sediamo e gli riassumo un po’ la mia esperienza inglese e l’arrivo in Germania. Gli dico che devo andare agli alloggi del personale e chiedo se sono decenti.

“Per carità, piuttosto pagati una pensione. Gli alloggi si riducono a due enormi stanzoni con 15 letti ognuno, niente armadi, devi tenere le tue cose sotto il letto, finestre senza tende esposte ad est, alle 5 hai già il sole che ti sveglia. 2 cessi sempre intasati e 2 docce luride. Ci sono quasi solo nordafricani e, in estate, la puzza è tremenda, senza contare il fatto che, già la prima notte, finché dormi ti svuotano le valige. Questo è quanto è successo a me quando sono arrivato, 10 mesi fa”.

“Porca miseria, mi sa che dovrò tornare alla pensione dove ho dormito stanotte, ma è a 20 minuti d’auto e mi secca. Ma si riesce a trovare facilmente un monolocale in affitto in questa città?”

“Facciamo così, io smonto alle 15, se mi aspetti andiamo a casa mia. Sto cercando un coinquilino con cui dividere le spese di affitto e bollette. Quello di prima è tornato in Italia 3 giorni fa, tu capiti giusto a fagiolo”.

Che colpo di culo!

Siamo davanti una palazzina di 5 piani più mansarda nella Fürstenplatz, l’appartamento è proprio la mansarda e non c’è ascensore, 156 scalini! Arrivo su col fiatone, ma l’appartamento è carino, arredato in modo spartano alla tedesca e pulito. Ingresso, telefono fisso del classico colore verde scuro tedesco, soggiorno con divano e due poltrone, ampia camera con due letti da una piazza e mezza, cucina attrezzata e bagno con vasca e doccia, niente bidet, al solito. Il costo dell’affitto è di 300 marchi al mese più le bollette, il tutto da dividere per due. Non male, considerando l’esosità degli affitti di Düsseldorf.

I primi giorni di lavoro sono terribili, essendo l’ultimo arrivato mi spettano tutti i lavori più umili: pulizia cessi, aspirapolvere nella hall che è grande come un campo di calcio, commissioni fuori albergo, posta, lavanderia, giornali, ecc. Mance zero. I miei colleghi più anziani, invece, fanno quasi solo arrivi e partenze, arrivando anche a 100 marchi di mancia al giorno, una vera fortuna.

Tutto cambia una mattina, due settimane dopo che ho preso servizio, arriva un gruppo di americani appena atterrati all’aeroporto, a causa del fuso orario sono stanchi e nervosi, sono tutti texani, e al ricevimento vanno in seria difficoltà perché parlano uno stretto slang e proprio non si capiscono. Le proteste e i volumi dei toni salgono in modo preoccupante, vogliono le camere e andare a letto. Oso intromettermi e chiedo al capo ricevimento se ha bisogno di aiuto: “ma perché, tu riesci a capire quando parlano questi barbari?”, chiede.

“Si, abbastanza bene”.

Alla fine, faccio il check-in del gruppo in 15 minuti, ne accompagno buona parte in camera, raggranellando pure una cinquantina di dollari di mancia e ritorna la calma. Capo ricevimento e primo portiere ringraziano, non troppo però, non si sprecano, io sono pur sempre un umile facchino. Passo tre giorni dietro il banco del ricevimento, con la divisa di facchino, a disposizione degli americani, risolvo diversi problemi sul nascere e soddisfo tutte le loro richieste. Un successo!

Da quel giorno non ho più pulito cessi o passato l’aspirapolvere. Lorenzo, quando entra in servizio e gli racconto i fatti, si mette a ridere: “tu fai il mio stesso iter, ma io non sono mai stato dietro il banco con la divisa da facchino, mi sa che riuscirai a passare al ricevimento prima dei 6 mesi richiesti”.

Dopo due mesi sono ancora facchino, ma mi va benissimo così, faccio solo arrivi e partenze e tiro su un casino di mance. Un cliente arabo, col quale mi sono dimostrato particolarmente umile e ha apprezzato il mio perfetto inglese, mi ha dato il “lenzuolo” di mancia. È così che noi italiani chiamavamo l’enorme banconota da 1000 marchi, due mesi del mio stipendio! Quando il segretario tedesco che era con me l’ha visto, a momenti gli prende un colpo, a lui hanno dato solo 10 marchi.

Però, in quanto a gnocca, niente da fare. Ho provato a farmi avanti con Hanna, una delle centraliniste, una stupenda ragazza di 22 anni, bellissima con quei suoi lunghi capelli ondulati castano chiari, il viso è da rivista di moda e il fisico da sfilata, ci sbavo dietro da giorni: “mi spiace Carlo, tu sei davvero un bel ragazzo, ma io non posso accettare di uscire con te, non ritengo opportuno che qualcuno mi veda in giro con uno dei facchini dell’albergo, se tu avessi la divisa nera, forse, sarebbe diverso”. 

Sarà anche bella, ma la testa è quella di una gallina, mi viene voglia di mandarla a fare in culo, ma decido di aspettare, prima o poi riuscirò a combinarci qualcosa. Cazzo, ha un culetto così rotondo e perfetto che, quando la guardo camminare con i suoi attillati pantaloni della divisa, mi manda fuori di testa. Spero ce l’abbia vergine, mi piacerebbe essere il primo a profanare quel buchetto.

Ormai è estate inoltrata, la voglia di figa è troppa, oggi sono di riposo ed ho deciso di andare a trovare Geltrude, la cicciona del Gasthof conosciuta quando sono arrivato in Germania. L’idea è quella di farsi fare un pompino svuota-coglioni, come li chiama lei, e, se proprio insiste, mi dovrò sacrificare per scoparla, anche se è una balena. Una telefonata e, dopo 20 minuti di macchina, parcheggio davanti la pensione, sono quasi le 11.

Entro: “ciao Geltrude, date da mangiare anche a pranzo oppure mi lasci a digiuno?”, è una battuta giusto per rompere il ghiaccio.

È in piedi all’ingresso tutta sorrisi: “Ma quale pranzo! Ti aspettavo già dopo una settimana e ti fai vivo solo dopo due mesi. Più tardi potrai mangiare, non adesso, e ti garantisco che mangerai come un lupo dopo il trattamento che ho pensato di riservarti. Sono io ad avere fame e sete, ma di te, del tuo cazzo e della tua sborra, ti voglio svuotare completamente i coglioni”.

Non so perché, ma la volgare dialettica di Geltrude mi eccita un casino, capisco ogni sua singola parola. Come il solito, indossa il vestito tradizionale tedesco, con il corpetto stretto in vita ed il seno che esce da sopra, camicetta bianca tutta merletti che non nasconde nulla delle sue incredibili tette, sembrano due gonfi e rotondi meloni. Mi chino per abbracciarla e mi accorgo, quasi sgomento, che sotto non indossa il reggiseno, deve avere due protesi di pietra, penso, non può essere naturale un seno così, è impossibile.     

Vede il mio sguardo e si mette a ridere, mette i palmi delle mani a coppa sotto il seno e me lo mostra orgogliosa: “dimmi la verità, due tette così non le avevi ancora mai viste, ed è tutta roba naturale, almeno in questo, mamma natura è stata generosa con me”.

Allungo le mani e le palpo incredulo, sono morbide e sode, molto sode, i grossi capezzoli turgidi invitano ad essere strizzati, lo faccio e Geltrude geme: “fermati, qui ci possono vedere”, siamo ancora nel corridoio dell’ingresso, “vieni con me, andiamo di sopra”.

Sulle scale mi fa passare avanti, lei dietro cerca di infilarmi le sue dita grassocce tra i glutei, ma ho i jeans stretti e non ci riesce, allora opta per infilare la mano per sotto e palparmi le palle, rido come un matto e faccio le scale a gambe larghe, lei sembra divertirsi un mondo. 

Siamo al primo piano e arriviamo in fondo al corridoio, sulla porta c’è scritto privato, non è una camera dell’albergo. Estrae dalla tasca una chiave e apre, noto che la porta è molto spessa e pesante, l’interno è foderato, sembra la trapunta di un divano: “in questa stanza puoi gridare quanto vuoi, nessuno può sentire”, mi dice Geltrude. Capisco che siamo entrati nella sua stanza privata del trombo.

Un corto corridoio funge da anticamera, subito sulla sinistra un grande e moderno bagno, incredibilmente anche col bidet, però non c’è la porta. Considerando per cosa viene utilizzata la stanza, è evidente che la privacy è superflua.

Entro e resto di sasso, sembra la sala delle torture. Al centro, un enorme letto rotondo ricoperto di raso rosso, ci staranno distese 10 persone minimo, con una miriade di cuscini multicolori di diverse forme, della stessa grandezza, uno specchio appeso sul soffitto sopra il letto, ma sono impressionanti le pareti, tutte ricoperte da griglie e rastrelliere con, in perfetto ordine, una miriade incredibile di oggetti per il sadomaso e non solo. Fruste e frustini, catene, corde, cinghie, manette, cavigliere, maschere di cuoio, indumenti in latex e tante altre cose di cui non conosco l’utilizzo. Mi impressiona la parete dei vibratori e dei falli, ce ne sono tantissimi, alcuni assurdi per un umano, potrebbero sfondare un cavallo. Sulla destra una croce ad X ad altezza uomo con le morse per bloccare polsi e caviglie, sulla sinistra un lettino per i massaggi, ma con un foro al centro e una poltroncina reclinabile sistemata sotto, più in là una poltrona in cuoio rosso con, piantati al centro, due falli di gomma, immagino subito a cosa serva, da un’altra parte un tavolo con sopra un’infinità di tubetti e barattoli con creme, lubrificanti e altri strani unguenti. Ulteriori grandi specchi, sistemati strategicamente intorno, completano questo antro infernale. Sono davvero spaventato, ma anche incuriosito.

“Questa è la mia sala dei giochi, qui mi diverto e faccio divertire i miei amici, uomini, donne e trans. Non hai idea di quanti litri di sborra sono riuscita ad ingoiare in questa stanza. A te piace il sadomaso?”.

“Ma proprio no, a me piace scopare e inculare, stop! Non sono un sottomesso e non mi piace, né ricevere, né procurare dolore per avere un orgasmo. Non fa per me”.

“Si, l’avevo capito, tu sei più un dominante, un alfa tradizionale, ma sono sicura che qualcosa con te riuscirò lo stesso a fare. Vedrai, ci divertiremo”.

Cazzo! Ma io sono venuto solo per un pompino, in che guaio mi sto cacciando?

“Intanto che io preparo, vai in bagno e fatti una doccia, mi raccomando, lavati bene il culetto, in profondità”.

Quest’ultima richiesta mi preoccupa non poco, che intenzioni ha Geltrude?

Sono sotto la doccia, completamente aperta e senza privacy anche quella, Geltrude entra e si siede sul bidet, vedo che si lava rumorosamente a lungo le parti intime. Ho modo di guardarla bene, è piccola, ma tutto sommato proporzionata nella sua strana e grossa fisicità, abbronzata, viso paffuto e rubicondo, labbra carnose, tette incredibili che sfidano la gravità, sembrano gonfie, il resto del busto con delle pieghe di grasso sui lati, ma non sembra flaccido e cadente. La cosa che più colpisce però è il culo, è enormemente largo, anche questo è rotondo e sembra gonfiato col compressore, ma sodo, contrariamente a quanto credevo non c’è traccia di cellulite, le cosce sono larghe e muscolose, polpacci scolpiti e caviglia fine. Quando si gira gli guardo la figa, completamente depilata, ma con tutta la carne che c’è attorno non riesco a vederla bene.

Rientro nella stanza nudo, Geltrude mi squadra dall’alto al basso, il fratellino si sta svegliando, non è in erezione, ma se ne intuiscono le dimensioni.

“Non sei male, si vede cha fai sport, hai un bel fisico scolpito e un bel faccino, ma in quanto a dotazione io sono abituata a calibri ben superiori”.

Questa affermazione mi manda in depressione e il fratellino inizia a ritirarsi.

“Perbacco, è parecchio permaloso il tuo cazzo, dai stenditi a culo per aria sul lettino dei massaggi, vedo di farmi perdonare”.

“Ok, senti Geltrude, però il mio culo lo lasci stare, io là sono ancora vergine e così voglio rimanere”.

“Non preoccuparti, io non faccio nulla che tu non voglia, ma sono sicura che prima di sera sarai tu a chiedermi di scoparti il culo”.

Sono ancora incerto e perplesso, ma mi stendo a pancia sotto sul lettino, il cazzo è proprio sopra il buco e fuoriesce da sotto. Sul grande specchio a fianco vedo Geltrude che si accomoda sulla poltroncina reclinabile, ha in mano un fallo che mi sembra enorme, è grosso e saranno almeno 20 cm., vedo che è lucido, evidentemente già ricoperto di lubrificante.

Geltrude si posiziona con la bocca sotto il mio cazzo, allarga le gambe e inizia, piano piano, ad infilarsi dentro il fallo in gomma, geme e va giù decisa, non ci credo, ma in breve riesce ad infilarselo tutto dentro, lo spettacolo mi elettrizza e il fratellino si sveglia completamente. Geltrude si gira verso di me, lo sguardo torbido, da porca, guarda il cazzo e si lecca le labbra, mi diventa di marmo senza che lei l’abbia ancora sfiorato.

“Siiiiiii, è così che ti volevo, adesso sei pronto. Ti voglio mungere come una vacca e bere tutto il latte”.

Lancio un urlo, la bocca di Geltrude si è serrata sul mio cazzo, è pazzesco, si è chiusa intorno ad esso e mi sembra interamente stretto in una morsa. La forza della sua bocca è impressionante, sembra abbia messo in funzione una mungitrice industriale, ha un ritmo lento, va su e giù e ogni tanto ci sputa sopra per lubrificare l’asta, adesso capisco cosa intendeva quando diceva che mi mungeva, mi sembra di scopare lo stretto culo di una vergine, ma con l’aggiunta del risucchio, succhia che sembra volerlo strappare. La lenta azione della sua bocca mi fa impazzire, un pompino così neppure pensavo fosse possibile, sento brividi lungo la schiena e lo stomaco in fibrillazione, non può essere vero, ma sento già l'orgasmo salire. 

Nessuna donna, anche se gran pompinara, è mai riuscita a farmi godere con la bocca in meno di 10 minuti, Geltrude ci riesce in 3 minuti! Sono con la faccia schiacciata sul lettino e grido, guardo lo specchio e lei ingurgita tutto, beve dal cazzo come da una bottiglia di latte, un piccolo rivolo scende sulla guancia, ma col dito raccoglie e se lo porta in bocca. Strizza per bene le palle, non vuole sprecare nulla, mi ha spremuto come un limone.

Con la bocca piena di sperma riprende a masturbarsi con l’enorme fallo di gomma e viene gridando. Io sono steso sul lettino che la guardo e riprendo fiato. Esce dalla poltrona reclinabile e si butta sul lettone a gambe aperte, mettendosi due cuscini sotto la schiena, continuando a leccarsi le labbra, mi dice che adesso tocca a me dargli piacere.

Mi posiziono in ginocchio tra le sue gambe, è completamente rasata e il fallo di gomma ha dilatato la figa all’inverosimile. Il clitoride è incredibile, è grosso e lungo almeno 4 cm., sembra un piccolo cazzo scapellato. È lei che mi dice cosa devo fare, per me è tutto nuovo, sono inebetito: “Voglio che mi spompini il clitoride, poi, stringi a pugno la tua mano e me la infili dentro, fermati solo quando il polso è dentro per metà”.

Mi tuffo a leccare e succhiare il clitoride, lecco la figa e il suo succo, ha un sapore acre, l’odore è forte, come se non si fosse lavata. Non apprezza come lavoro sul clitoride: “succhialo forte, non aver paura di farmi male, stringilo tra i denti e succhia forte”. 

Faccio come dice e subito inizia a gridare, si dimena, si bagna tanto e passo a leccare il culo. Incredibilmente lo vedo chiuso, stretto, come se non facesse l’anale. Ritorno a leccare la figa e infilo dentro quattro dita, ci ballo dentro, chiudo la mano stringendo a coppa le dita e provo ad infilarla, spingo e, piano piano entro, Geltrude va in visibilio, ha la figa slabbrata e larghissima. Spingo a fondo e riesco a far passare le nocche, è come se avessi infilato la mano in un barattolo di miele caldissimo, la sensazione è strana. Inizio a roteare la mano e continuando a spingere arrivo fino a metà del polso. Geltrude grida: “siiiii, scopami con la mano, muoviti dentro”. Inizio a pompare su e giù, non avevo mai fatto una cosa del genere e vedere la mia mano tutta dentro fino al polso mi sconvolge.

Continuo a pompare con la mano e mi chino di nuova leccare lo sfintere, faccio una prova infilando delicatamente l'indice della mano libera nel buchetto. Lei subito reagisce inarcando la schiena e gemendo forte: “fai piano, anche se ti sembra incredibile, ho il culo quasi vergine. L’ho concesso solo ad una persona, ma è passato parecchio tempo”.

Continuo a pompare, l’indice va su e giù nel culo e, finalmente, esplode: “hoooooo, siiiiii, vengoooo, guarda come sbrodolo, sono una vacca, dai, dimmelo che sono una vacca”.

Non riesco a dire niente, sono sconvolto per ciò che ho appena fatto, tolgo delicatamente la mano e vedo una figa che dire aperta è riduttivo. Sborra davvero quasi come un uomo, produce un volume di umori incredibile. Continuo a pomparla nel culo con l’indice, ma ormai si è svuotata e mi fermo. 

Gli dico: “sai, se mi permetti di farti il culo, ti prometto che sarò delicato e sono sicuro che poi cambierai idea sul mio calibro. Che ne dici?”.

Mi guarda, sembra ci stia pensando, si prende il mio cazzo in mano per soppesarlo, alla fine risponde: “ok, ci sto, ma tu devi accettare la stessa cosa da me, anch’io ti voglio inculare”.

“Ma di cosa parli, cosa vuoi fare?”

Si alza e prende da una griglia alla parete uno strano groviglio di cinghie in cuoio, attaccati ci sono due falli in gomma.

“Questo è uno strap-on, ma me lo sono fatto fare su misura per la mia circonferenza e ha i falli intercambiabili. Il fallo grande all’interno entra nella mia figa, quello più piccolo di fuori è per il tuo culetto. Aspetta, tu sei vergine, ne metto uno più piccolo”.

Dalla stessa rastrelliera sceglie un fallo di misura diversa, è grande, più o meno, come uno stimolatore prostatico e poco grosso, ma il mio culo è pur sempre vergine e sono molto preoccupato.

Toglie quello che c’è e avvita il nuovo, poi infila il groviglio di cinghie come fosse un paio di mutande e lo assicura fisso in vita. Dal tavolo delle creme sceglie un tubetto nero e, schiacciandolo, si riempie la mano di un liquido denso e vischioso che sparge con attenzione su ambedue i falli, si mette sopra il letto in ginocchio e inizia ad infilarsi quello interno.

“Geltrude, sei sicura di quello che fai? Questo mostro è addirittura più grande di quello di prima, ti sfonda!”.

“Non preoccuparti per me tesoro, piuttosto, fra poco tocca a te, vieni sul letto e mettiti supino col culo per aria, così posso anche segarti. Non preoccuparti, proverai solo piacere, ormai sono una esperta”.

Mi posiziono come ha detto, le gambe per aria e un cuscino sotto la schiena, nel frattempo il mostro di gomma è entrato tutto dentro la sua figa, non so come sia possibile, ma vedo che la base in cuoio aderisce alla vagina, vuol dire che il fallo è tutto inserito. Gli occhi sembrano fuori dalle orbite ed emette un continuo lamento, parla con la voce rotta, non capisco una parola, si avvicina, inizia a masturbarmi con la mano unta di gel lubrificante, appoggia lo strap-on e spinge. Lo sento entrare, non fa male, solo un po’ di fastidio, per fortuna è un affare abbastanza corto. Capisco che è tutto dentro quando inizia a pompare e batte deciso sulla ghiandola prostatica. Non provo molto piacere all’inizio, brucia un po’, ma poi il piacere aumenta sempre di più, aumenta e diventa indescrivibile, come non credevo possibile. Geltrude gode da matti, è incontrollabile, spinge con dei colpi di reni fortissimi e ogni volta che lo fa, in automatico il suo fallo entra forte anche su di lei. Se ne avesse scelto per me uno più grande mi avrebbe sfondato e fatto molto male, non sembra capire più niente. Un urlo fortissimo, si ferma di colpo, alza la testa e un braccio, sembra ululare alla luna, vedo schizzare da sotto lo strap-on, bagna dappertutto, sta squirtando litri di liquido e urla come un’ossessa.

Non smette mai di masturbarmi e devo venire anch’io, glielo dico a voce alta, ma sembra non sentirmi, continua a cavalcarmi e ululare, esplodo in un lunghissimo orgasmo e produco una quantità incredibile di sperma. Geltrude si ferma di colpo, si rende conto che sto venendo e mi guarda sorpresa, sembra calmarsi, esce da me e si butta a capofitto a leccare ed ingoiare tutto ciò che ho prodotto. Lecca tutto con pignoleria e ingoia, si vede proprio che gli piace.

Si butta sul letto con gli occhi fissi sullo specchio al soffitto, respira ancora come avesse il fiatone, si ciuccia le labbra per gustarsi gli ultimi residui di sperma. Anch’io sono sfinito, sono venuto 2 volte, ma tutte e due in maniera sconvolgente e mi sento svuotato. Non credo riuscirò a fare quello che ho chiesto, il fratellino difficilmente riuscirà a rialzarsi.

Geltrude si riprende: “adesso tocca a te, ti ho promesso il culo e ogni promessa è un debito, solo, ti prego di fare piano”.

“Non preoccuparti, non credo di riuscirci oggi, sono sfinito, non ce la faccio più, guarda il mio cazzo, ormai non ne può più”.

“Vuoi scherzare? Mi devi un’altra sborrata, ci penso io a far tornare in attenti il tuo cazzo”.

Geltrude va in bagno a fare la pipì e sento l’acqua scorrere, mi tocco e sento lo sfintere allargato, brucia un po’, il pene è molle privo di vita. Non so proprio come farà a destarlo, ma se succederà voglio fare in modo che se lo ricordi per un pezzo. Vado alla griglia sulla parete e scelgo un fallo di dimensioni e forma umana, comunque sui 20 cm., lo ungo velocemente con un po’ di gel e lo nascondo sotto un cuscino. 

Ritorna dal bagno con un unguento, me lo passa delicatamente sul buco e sento un immediato sollievo. Che organizzazione!

Si spalma un’abbondante dose di lubrificante sul suo culo, si gira, mi guarda e torno a vedere lo sguardo torbido da vacca mungitrice. Si china e me lo prende a due mani, una stringe l’asta e l’altra le palle. Di nuovo sento la sua incredibile bocca che avvolge il mio cazzo, stringe e pompa lentamente, non lo credevo possibile, ma dopo un po’ ritorna duro. Si stacca, lo palpa, ma non sembra soddisfatta: “dai, lo so che puoi fare di meglio, concentrati, lo voglio più duro”.

Inizia a soffiare dentro l’orifizio, poi ci si posiziona sopra con le labbra e succhia forte, sento come una scossa, una sensazione mai sentita prima, inarco la schiena e mi rendo conto d’averlo nuovamente durissimo.

“Ok, sei pronto – mi dice – inculami e fammi godere”.

Si gira sulle ginocchia, si mette a pecorina e con le mani si allarga i glutei. La visione di quel culo enorme e quel buchetto incredibilmente stretto è magnetica. Infilo pima un dito e subito dopo il secondo, è ben lubrificato ed entro facilmente, sono un po’ rude e inizio subito a pompare e roteare le dita, lei geme e continua a dire di fare piano, ma so che è abituata al dolore e non ci faccio caso. Infilo anche un terzo dito, lei grida un po’ più forte, ma non si tira indietro. Dopo cinque minuti di questo trattamento mi sembra sufficientemente dilatata e subito mi infilo un preservativo, appoggio il glande allo sfintere, non gli lascio il tempo per pensarci e spingo subito forte, la cappella entra di colpo. Lei lancia un urlo: “Haaaaaa, pianoooooo, bastardo, così mi spacchi”.

Sono troppo infoiato per darle retta, continuo a spingere deciso, entro con forza, ma entro, il gel lubrificante fa il suo lavoro. Lei istintivamente stringe i muscoli anali e sento molta resistenza, faccio fatica, mollo due sonori schiaffoni sulle chiappe che la fanno gridare ancora più forte, ma ottengo il risultato sperato, sento che i muscoli si rilassano e do un micidiale colpo di reni ed entro del tutto. Cazzo se urla, grida parolacce incomprensibili e continua a dirmi che sono un porco bastardo. So di avergli fatto male, ma ho anche capito che razza di porca è, lo so che poi gli piacerà, e allora inizio a pompare, piano all’inizio, la sento ancora troppo stretta, ma via via aumento e, dopo un po’, pompo di brutto, senza riguardo, modalità martello pneumatico.

Geltrude continua ad insultarmi, geme ad alto volume, grida, ma sento che i suoi versi sono diversi, adesso inizia a godere. Prendo da sotto il cuscino il fallo che avevo nascosto e l’appoggio alla figa, esco un attimo dal suo culo e, quando spingo per rientrare, per sotto spingo e inserisco anche il fallo. Devo spingere forte, quasi con brutalità, ma entra tutto insieme al mio nel culo.

La reazione di Geltrude è difficile da descrivere, per un momento non emette alcun suono, la sorpresa la blocca, poi l’urlo che esce dalla sua gola è quasi disumano, fortissimo, spero davvero che la stanza sia ben insonorizzata. Trema e si scuote, sembra abbia le convulsioni come un epilettico, mi blocco spaventato.

“Noooooo, non fermarti bastardo schifoso, continua, pompa forte, fammi male, aprimi il culoooooo”.

Non me lo faccio ripetere e vado giù forte e veloce, mi coordino in modo che ad ogni affondo entri il mio cazzo e quello di gomma in contemporanea, e ad ogni colpo lei grida e ulula, ormai i muscoli delle cosce non mi reggono più e cerco di dare gli ultimi micidiali colpi di reni, non so neppure come possa resistere ad un assalto del genere, sotto sento sciacquare e uno spruzzo mi allaga le gambe, sta squirtando di nuovo e, finalmente, esplode in un orgasmo violento. Non ce la faccio più e gridando vengo anch’io, riempio il preservativo. Lei con il culo per aria e la faccia sul letto si gira e mi guarda, è sconvolta, tutta rossa in faccia, la bocca aperta a prendere fiato. Esco piano, lei si gira e si mette supina, non riesce a parlare, ha gli occhi sbarrati e respira a fatica. Io do tregua alle mie cosce e mi siedo sui polpacci, estraggo piano il preservativo pieno zeppo di sperma, lo avvicino alla sua bocca e rovescio dentro tutto il contenuto. Quasi gli va per traverso, si alza sui gomiti per deglutire meglio, ma non perde neppure una goccia.

Restiamo distesi sul letto senza parlare per 10 minuti. Finalmente ci riprendiamo e vado a fami una doccia. Arriva anche lei, ma entra dopo che ho finito io. Mi sto asciugando e finalmente parla.

“Lo sai vero che sei un porco? Sei giovane e dovevo essere io ad insegnarti nuove porcherie, invece mi hai aperto come un cocomero e mi hai fatto tanto male……come piace a me. Erano anni che non godevo e soffrivo così tanto, mi hai fatto provare sensazioni incredibili. Ho il sapore del tuo sperma in bocca e, stasera, non vorrei cenare per conservarne il gusto il più a lungo possibile. Sappi che qui da me sarai sempre il benvenuto. Mi secca dividerti con qualcun altro, ma quando vuoi posso organizzare una festa con pochi selezionati invitati. Ho un paio di amiche quarantenni, molto belle, che sicuramente ti vorranno conoscere. Se vuoi posso invitare anche un trans che abita a Dortmund, è una donna in tutto, bellissima, solo con un cazzo di 20 cm.”.

“Ok, mi va bene tutto, casomai ti telefono e ci mettiamo d’accordo. Adesso però ho fame e poi devo dormire almeno 10 ore. Mi hai prosciugato come nessuno mai aveva fatto. Quando verrò alla tua festa, devo fare in modo di avere due giorni di fila liberi”.

Geltrude si unge con del balsamo lenitivo il culo e poi scendiamo a mangiare.

Quando rientro a casa sono le 20, vado subito a letto e, ripensando all’incredibile giornata appena trascorsa, cerco di dormire. Lorenzo rientra dopo poco: “ciao Carlo, come va? Cosa hai fatto oggi che eri di riposo? Ti sei lasciato vivere?”.

“Niente di particolare, ho oziato tutto il giorno, nel pomeriggio sono andato al cinema a guardarmi un film a luci rosse, mi sono fatto una sega e adesso voglio dormire perché ho sonno. Ciao, a domani”.

 

Continua

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