Esperienze - Germany 6

  • Scritto da Carletto il 13/08/2021 - 15:46
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Continuo con le storie legate al mio peregrinare in giro per l’Europa volto a studiare le lingue e costruirmi una carriera in ambito alberghiero. Corre l’anno 1983 e sono in Germania, a Düsseldorf. Sono racconti legati ad esperienze di vita vissuta, ma ricordo ai lettori che sono romanzati dalla mia fantasia. Tutti i nomi delle persone e dei luoghi citati nei racconti potrebbero non essere reali, capire ciò che è reale e ciò che è fantasia, lo lascio all’interpretazione del lettore.

Prima di leggere questo capitolo consiglio la lettura dei capitoli precedenti relativi la Germania, altrimenti si fa fatica a comprenderne la trama.

Sono le 8 di mattina e, dopo aver passato le consegne al collega appena entrato in servizio, vado a casa, cercherò di dormire alcune ore. Non so se ce la farò, l’adrenalina per quanto successo durante la notte e l’emozione che mi attanaglia lo stomaco per l’appuntamento che mi attende nel pomeriggio, non sono il massimo per permettermi di prendere sonno.

Sono a letto, ma, niente, non ce la faccio. Mi alzo, una sigaretta e decido di buttarmi sul divano con le cuffie dello stereo sulle orecchie. Incredibilmente funziona, mi sveglio dopo mezzogiorno col gracchiare della puntina del giradischi che, ormai da ore, è arrivata alla fine del vinile. Mi sento riposato, sono contento come una Pasqua. Faccio una veloce colazione, la barba, una doccia e cerco di vestirmi decentemente. Sicuramente, quando andrò a prendere Hanna, i suoi genitori mi vedranno e già conosco la prevenzione che hanno i tedeschi nei confronti di noi italiani emigranti, se poi uno di loro ha un appuntamento con la loro unica figlia….. figuriamoci. Non voglio fare brutta figura. È una bella e calda giornata d’estate, un paio di jeans bianchi, polo Lacoste blu, scarpe da tennis Superga bianche e un maglioncino di cotone azzurro sulle spalle. Mi guardo allo specchio, ok, penso, sportivo ed elegante.

Hanna abita appena fuori città, una zona residenziale in mezzo al verde, solo 20 minuti di macchina. Non fumo finché guido, hai visto mai che, magari, odia i fumatori? Meglio non rischiare. Arrivo alle 15 in punto. Lei è alla finestra e riconosce la mia auto, mi saluta con la mano e mi fa segno di attendere. Esce dopo un paio di minuti, l’accompagnano i genitori. Cazzo, penso, qui butta male!

Il padre mi squadra dall’alto in basso, idem la madre che stringe Hanna per le spalle.

“Buongiorno, io sono Dietrich, il padre di Hanna, tu come ti chiami?”

Ha parlato in modo autoritario, veloce, tedesco stretto, come se volesse mettermi in difficoltà. Ma non mi faccio fregare, rispondo allo stesso modo, ormai con la lingua tedesca non ho più problemi.

“Buongiorno, io sono Karlo, sono italiano, vivo e lavoro a Düsseldorf da un anno. Da quando conosco Hanna, con la quale siamo amici e alla quale già lo scorso settembre avevo detto di non fidarsi di Jürgen perché, secondo me, aveva qualcosa di strano. Oggi sono qui per cercare di fargli dimenticare questa brutta storia e farla divertire. È meglio che restare chiusi in casa e piangersi addosso”.

Tutti e due i genitori restano impressionati e di stucco. Ho risposto a tutte le loro domande prima ancora che me le facessero. Vedo Hanna sorridere: “te l’ho detto papà, Karlo è un amico, ed è un ragazzo con le palle”.

“Complimenti per il tuo tedesco”, risponde Dietrich, “non ci sono molti italiani che lo parlano così bene. Mi sembri un ragazzo con la testa sulle spalle, andate pure a divertirvi, ma mi raccomando, Hanna in questo momento è molto fragile. Ha quasi 23 anni ed è libera di fare quello che vuole, ma se riesci a riportarmela a casa stasera, te ne sarei grato”.

“Farò del mio meglio Herr Dietrich, quello che le posso promettere è che Hanna passerà una bella e spensierata giornata”.

Saliamo in macchina e partiamo, la guardo, mio Dio quanto è bella, è snella, quasi magra, anche lei con degli stretti jeans bianchi e scarpe da ginnastica, T-shirt corta che lascia intravedere un po’ la nudità della vita e l’ombelico, il seno è regolare, non grosso, forse poco più di una seconda e si intravede un leggero reggiseno. Appoggia sulle ginocchia un pullover e si sistema gli occhiali da sole tra i capelli: una incredibile cascata di ondulati capelli castani, sembrano morbidissimi. Gli arrivano a coprire completamente la schiena e incorniciano un viso bellissimo, occhi castani da cerbiatta e minuto nasino all’insù, le labbra hanno un filo di lucidalabbra, sono leggermente carnose e devo trattenere con fatica il prepotente desiderio di baciarla.

Si avvicina e mi sfiora la guancia con un bacio, sento un brivido lungo la schiena, la guardo con aria interrogativa: “grazie per aver insistito per portarmi fuori, mi sento già meglio, stanotte ho dormito bene e la mattinata è trascorsa senza quasi mai piangermi addosso. Ho sempre pensato al pomeriggio che avremmo passato insieme. Sei un vero amico”.

“Grazie per il bacino Hanna, e grazie per considerarmi tuo amico, ma lo sai che mi piacerebbe essere qualcosa di più per te”.

Si gira a guardarmi: “alcuni mesi fa mi hai detto che eri mezzo cotto di me, credo sia un termine che usate in Italia e che, allora, non avevo ben compreso. Voleva dire che sei mezzo innamorato?”

“Si, esatto, credo di essermi mezzo innamorato il momento che ti ho visto al centralino con le tue cuffiette in testa, ti sei girata e mi hai guardato con quei tuoi bellissimi occhioni. Mi sono letteralmente sciolto!”

Si mette a ridere, ha una risata limpida, gioiosa. Mi guarda, ma non riesco a guidare e continuare questa conversazione, devo poterla guardare anch’io negli occhi. Entro nel parcheggio di un supermercato e lascio il motore acceso: “scusa, ma non riesco a parlare con una persona se non la posso guardare negli occhi e se guido, è impossibile”.

“Ok”, risponde. Abbassa un attimo lo sguardo, poi mi fissa di nuovo, sembra voglia leggermi la mente.

“Senti, e adesso? Dopo tutti questi mesi, posso chiederti se ti è passata oppure se sei ancora ‘mezzo cotto’ come dici tu?”.

“Passata? No, proprio per niente, sarebbe comunque impossibile con te che mi lavori a 10 metri di distanza e ci vediamo tutti i giorni. Ogni volta che ti vedo, sapendoti di un altro, è una fitta al cuore. Scusa se ti sembro cinico, ma ieri sera quando mi hai detto al telefono che avevi lasciato Jürgen ho fatto i salti di gioia. Non ti dico poi, quando hai accettato di uscire con me. Le ore che mi separavano da questo momento non mi sono mai sembrate così lunghe in vita mia”.

L’espressione di Hanna si distende, mi sembra sollevata, un leggero sorriso le disegna le labbra, la speranza che potrei non essere solo un amico si insinua nella mia testa, cerco di resistere, ma non ce la faccio più, è istintivo, mi chino e la bacio leggermente sulle labbra. È un bacio innocente, che mi scombussola dentro, come fosse il primo timido bacio di un adolescente e non ne comprendo il motivo, mi sento travolto da una nuova e sconosciuta emozione. Hanna non rimane indifferente, non si ritrae, sembra stesse aspettando questo bacio, mi guarda, socchiude la bocca e avvicina il volto, mi chino di nuovo e stavolta la bacio sul serio, lei risponde timidamente con la lingua, ma quando il bacio diventa più profondo, mi cinge la nuca con le braccia e mi stringe a sé, risponde e mi bacia come solo una persona assetata davanti all’acqua fresca può fare. È un bacio carico di passione, come se lo avesse aspettato un’eternità e che adesso, finalmente, riceve, è lunghissimo, sembra non volersi staccare più.

Quando lo fa ha gli occhi sgranati e lucidi: “erano mesi che aspettavo un bacio così, perché non ho accettato il tuo invito allora? Quanto tempo ho buttato via dietro a un idiota che passa le giornate a farsi le pippe!”. Ci mettiamo a ridere di gusto sulla sua battuta, gli sfioro la guancia con una carezza e ripartiamo.

Il pomeriggio passa velocemente, camminiamo mano nella mano come due fidanzati, ci fermiamo davanti ad ogni vetrina e scherziamo, entriamo nei negozi solo per rompere le palle, lei prova vestiti e scarpe, esprimo il mio giudizio scimmiottando una composta serietà, ma poi usciamo senza comprare nulla e scoppiamo a ridere. Hanna è serena, spensierata, proprio quello di cui aveva bisogno.

Verso le 19 andiamo all’Irish Pub e gli faccio assaggiare il Sweet Tipparary, un cocktail aperitivo che amo particolarmente, a base di whiskey irlandese e Martini rosso, accompagnato da una robusta dose di stuzzicherie per evitare di ubriacarci subito, gli presento Conor, un amico irlandese che lavora nel pub e scopro che Hanna parla abbastanza bene l’inglese, anche se fatica parecchio a comprendere la cadenza e la strana pronuncia tipicamente Irish. Alle 20 siamo al ristorante greco di Demetrios, che si trova proprio sotto casa mia. Hanna non ha mai frequentato locali etnici e rimane affascinata da questa variegata realtà di culture che si trova nella città in cui è nata, per lei è tutto nuovo e mi chiede come faccio ad avere così tanti amici in meno di un anno che sono a Düsseldorf.

Interviene prontamente Demetrios, con una delle sue sgangherate risposte, ma lui è fatto così: “cara Hanna, prima di tutto Karlo abita al 6° piano qui sopra ed è da un anno che gli do da mangiare, ma a parte questo, è un ragazzo col quale è difficile non fare amicizia. Quando hai bisogno lui c’è sempre, e la sbornia di Ouzo che ci siamo presi lo scorso mese perché ha cercato di consolare il mio cuore infranto ne è testimone. In realtà, anch’io ho dovuto consolare lui diverse volte per una ragazza che non lo considerava, e immagino fossi tu, ti ha davvero descritta bene. Mannaggia, ho sempre pensato che esagerasse, sei davvero bellissima, anch’io mi innamorerei subito di una come te”.

Una energica botta sulla spalla e Demetrios si allontana, io sono in forte imbarazzo e sento che divento rosso. Hanna mi guarda incredula: “ma davvero parlava di me? Ero io quella ragazza che non ti considerava?”.

La fisso: “non hai idea di quanto Ouzo ho bevuto con Demetrios cercando di toglierti dalla mia testa”, lui però beve molto più di me. Cerco di sdrammatizzare e cambiare discorso.

Hanna mi fissa intensamente senza parlare, ha uno sguardo profondo e io mi ci perdo entro. Per fortuna arriva la prima pietanza a togliermi dal mio momentaneo rincoglionimento. 

Ceniamo benissimo, mi piace molto la cucina greca e anche Hanna, che non la conosceva, se ne innamora subito. L’Ouzo ghiacciato, poi, aiuta molto.

Sono le dieci di sera, usciamo dal ristorante un po’ brilli, ma contenti. Abbiamo passato un pomeriggio meraviglioso e stare vicino ad Hanna mi ha mandato in estasi. Non è solo bellissima, è una ragazza brillante, intelligente e curiosa. Difficile non innamorarsi, ha un sorriso che ti compra, e il vederla così serena e allegra mi riempie il cuore. Mi spiace sia ora di riportarla a casa.

L’abbraccio e la stringo, è un po’ più bassa di me, ci guardiamo ed è lei che per prima mi bacia, si stringe a me con tutto il corpo, inevitabilmente sente la mia erezione. Alza la testa e mi guarda sorpresa: “ma sono io a provocare questo effetto?”.

“Beh, si …… scusa ma se ti stringi così a me, la sotto, lui inizia a fare quello che vuole e non riesco più a controllarlo”.

Sorride e si stringe ancora di più, struscia il ventre contro il mio inguine.

“Mamma mia, non ho mai sentito un affare così duro, fai impressione, sei sicuro di essere umano?”.

“Mi rendo conto che con quell’altro non c’è paragone, ma ti garantisco che è tutto normale e non sono un alieno. Con me, è sempre così”.

“Mio Dio, non ci credo. Senti un po’, ma sei sicuro di dovermi portare a casa?”

“L’ha chiesto tuo padre”.

“Si, ma ha anche detto che sono libera di fare ciò che voglio”.

“Mmmmh, e tu cosa vuoi fare? Considera che io abito qui sopra, il mio coinquilino ha il turno di notte in albergo e io ho una voglia matta di fare all’amore con te. Voglio darti tutto quello che non sei riuscita ad avere in questi mesi e te lo voglio dare tutto in una notte. Cosa ne pensi?”.

Mi stringe ancora più forte e ci baciamo a lungo con passione. Si stacca e mi fissa negli occhi, la voce è determinata, senza alcuna incertezza: “voglio essere tua, voglio fare all’amore con te come non l’ho mai fatto prima, voglio che mi sbatti come una bambola di pezza e che mi fai godere fino ad esaurirmi. Ti voglio tutto, voglio assaporare ogni centimetro del tuo corpo e voglio che tu faccia lo stesso con me. Questo è ciò che voglio. Ti basta come risposta?”.

Sono travolto dalle sue parole, un mare di emozioni sconosciute mi sommergono, immagino sia la sensazione più vicina all’essere innamorato che io conosca e che non avevo ancora mai provato. Non riesco a rispondere, la stringo e la porto su da me.

Arrivati in casa, Hanna telefona al padre, una telefonata breve per avvisarlo che dorme fuori e rassicurarlo che sta bene, come da tempo non gli succedeva. Nessuna obiezione da parte di Dietrich.

Ci guardiamo negli occhi come due innamorati, io spoglio lei e lei spoglia me, lentamente, assaporando ogni momento, ogni gesto e ogni carezza. Mi sfila la polo ed io la sua t-shirt, il reggiseno è semitrasparente, lo sgancio e mia appare la meraviglia delle sue piccole tette, perfettamente proporzionate sul suo fisico, le aureole rosa e i capezzoli piccoli e turgidi, ognuna ci sta dentro il palmo di una mano e non esito a succhiarle delicatamente una alla volta.

La sento sospirare, mi cinge la nuca con le mani accompagnando la testa da una all’altra. Quando gli tolgo i jeans resto incantato dalla perfezione delle sue gambe affusolate, ha gli slip in pizzo bianco e intravedo la leggera peluria sulla vagina, glieli abbasso e non riesco a trattenermi dal posare un leggero bacio su di essa. Metto le mani dietro, sui suoi perfetti e rotondi glutei e l’avvicino per annusare a fondo il suo odore. Vado in estasi. Mi rialzo, tocca a lei, mi abbassa lentamente i pantaloni, subito il membro, in piena erezione, esce dai minuscoli slip colorati parandosi davanti i suoi occhi. Hanna appare quasi sgomenta, sembra una bambina con un giocattolo nuovo appena aperto, mi abbassa completamente gli slip e lo prende in mano. Non riesce a contenerlo tutto, deve usare anche l’altra mano, mi guarda quasi spaventata. Intuisco che, il termine di paragone col suo precedente compagno cretino, deve essere imbarazzante. La sento sussurrare: “mio Dio, quanto è grosso e duro”.

Andiamo insieme dentro la doccia, è un po’ stretta e dobbiamo stare attaccati, ci insaponiamo a vicenda, è bellissimo passare le mani insaponate su tutto il suo corpo, sono lunghe carezze che Hanna assapora con gli occhi chiusi e con un continuo gemito di piacere. Lo fa anche lei, si sofferma a lungo sul mio petto villoso, gioca con i peli e i polpastrelli vanno a tastare pettorali e addome, le mani risalgono lungo i fianchi fin sotto le ascelle, si avvicina alla mia guancia e mi sussurra il suo piacere: “è eccitante toccarti, hai un fisico scolpito e non smetterei mai”. La mano scende ad accarezzare il pene, mi vengono i brividi, abbassa lo sguardo e inizia a masturbarmi timidamente, gli prendo la mano e l’accompagno.

Passo anch’io la mano sulla sua vagina, è bagnata, non solo dall’acqua, tormento il clitoride e infilo un po’ il dito, il liquido dei suoi umori lo avvolge, è caldissimo. Lei geme e quasi devo sorreggerla, è travolta dal piacere. La giro, accarezzo la sua schiena, la bacio sulla nuca e appoggio il membro tra i suoi glutei. Geme più forte, inarca la schiena e si china leggermente per farmi spazio tra di essi, mi muovo su e giù e il desiderio di prenderla subito è irresistibile.

Lei sembra leggermi il pensiero: “Siiiiii, ti voglio adesso, ti voglio dentro, ti prego, fammi tua”.

Mi piego sulle ginocchia, il glande cerca l’apertura e la trova subito, lei allarga le gambe e spingo, entro in lei, è caldissima e stretta, mi sento avvolgere dalle pareti vaginali, una sensazione stupenda. Il suo gemito è roco, profondo: “haaaaa, siiiiii, così, mio Dio come mi sento riempita, è la prima volta che mi succede, non credevo possibile provare un piacere così intenso”.

Affondo con sempre maggior forza, i colpi di reni sono potenti, ogni volta che entro la alzo sulle punte dei piedi, lei è con la faccia e le braccia appoggiata alle mattonelle della parete bagnata della doccia. L’acqua continua a scorrere, è diretta sulla sua schiena e porta via gli ultimi residui di sapone, lei non smette di gemere. Si piega ancora di più e con le mani gli allargo i glutei, vedo il fiore dello sfintere, è piccolo, leggermente bruno, raccolgo con l’indice un po’ del sapone rimasto e l’appoggio sopra, spingo un po’ e inserisco la prima falange. Lei inarca ancora di più la schiena e geme forte, non si sottrae, ha capito cosa voglio fare e si posiziona meglio, come non aspettasse altro.

Continuo a pompare a fondo e ad ogni colpo infilo sempre di più l’indice, fino ad arrivare alla base. Adesso, ogni affondo è accompagnato dalla penetrazione del dito, che entra ed esce dall’ano con sempre maggior facilità. Improvvisamente, allunga il braccio all’indietro, con la mano mi artiglia il fianco e mi ferma quando sono completamente dentro di lei, la sento vibrare, trema come una foglia ed esplode con un lungo gemito. Devo prenderla per i fianchi e reggerla in piedi altrimenti rischia di accasciarsi a terra. Sento il pene avvolto dai suoi caldi umori, continua a godere quasi in silenzio, assesto un ultimo forte colpo prima di uscire, il suo urlo mi sorprende, è fortissimo, sembra un urlo liberatorio, mi rendo conto che sta scaricando di colpo lo stress e la frustrazione accumulata nei mesi di un tossico e malato rapporto con la persona sbagliata.

Finalmente apre gli occhi, esco da lei che si gira, sta piangendo, respira a fatica, mi abbraccia e mi dice “grazie”, continua a ripetere grazie, si appoggia sulla mia spalla, rialza il viso e cerca la mia bocca, mi bacia quasi con furia, alla fine scoppia in una risata liberatoria.

Lascio che si sfoghi completamente, l’acqua della doccia gli ha completamente bagnato i capelli che adesso gli arrivano a lambire i glutei, chiudo l’acqua, si china e vede il membro in completa erezione, non si era ancora resa conto che io non sono venuto. Alza il volto e mi guarda, adesso il suo viso è più disteso e lo sguardo è cambiato, un leggero sorriso increspa le sue labbra, raccoglie un po’ di sapone e cinge il pene a due mani, una sulla radice e una intorno il glande, inizia un lento movimento su e giù che mi manda in tilt.

Sono io che, adesso, mi appoggio alla parete della doccia, alzo la testa e mi godo questo momento. Lei continua a fissarmi fino a quando vede che i miei gemiti si fanno più intensi, sento che accelera il movimento, sto per venire, la avviso. Mette una mano a coppa sotto il glande e con l’altra continua a segarmi velocemente. Vengo e il primo schizzo si infrange sul suo ventre, sposta la mano a coppa e riesce ad intercettare quasi tutto lo sperma rimanente. Continua nella sua azione finché non esce più niente, vedo che la sua mano sinistra ha raccolto un’abbondante dose di sperma, non so cosa voglia fare, poi, con mia grande sorpresa, avvicina la mano alla bocca e beve tutto, come fosse acqua e si dovesse dissetare.

Sono in tranche, quasi non ci credo. Mi prende il viso tra le mani e la sua bocca si incolla alla mia, sento il sapore del mio sperma invadermi, si mischia con la sua saliva, le lingue roteano e si cercano, devo ingoiarne un po’, ma lei non sembra d’accordo, inizia a succhiare nuovamente dentro la sua bocca tutto ciò che trova nella mia e, alla fine, ingoia tutto. È la prima volta in vita mia che provo un bacio del genere, è una cosa talmente erotica che resto impressionato. Non voglio chiedergli dove l’ha imparato, in fondo non mi interessa, certo è che scopro il suo nuovo lato, quello che teneva nascosto, quello che mi fa impazzire di più.

Se penso che quell’idiota di Jürgen si è fatto scappare una ragazza del genere per andare a puttane, mi viene da ridere.

Usciamo dalla doccia e ci asciughiamo a vicenda. Lei cerca di asciugare meglio che può i suoi lunghissimi capelli tamponandoli col telo spugna, ma ci vorrebbe un’ora. Vede il phon, si posiziona a gambe larghe davanti lo specchio appannato e mi chiede di asciugarglieli da dietro.

“Mi raccomando, resta lontano col getto d’aria, perché se è troppo caldo i capelli si rovinano”.

Mi posiziono dietro e accendo il phon, ma è difficilissimo restare concentrati con la visione di quel corpicino perfetto che, a gambe larghe, si muove a destra e sinistra, la schiena che si inarca indietro e le mani che agitano la chioma. La visione del suo culetto che continua ad agitarsi mi fa riscaldare il sangue, lei dallo specchio se ne accorge e si mette a ridere, ho un’erezione impressionante, la cappella è diventata viola.

Si gira, prende il phon e lo spegne: “credo che così possa bastare, adesso seguimi”.

Il suo sguardo è tutto un programma, non ha più niente della Hanna che sono andato a prendere a casa sua solo alcune ore prima, questa è un’altra ragazza, è una donna consapevole del suo fascino e della sua bellezza, che sa come portare un uomo in paradiso.

La seguo inebetito, o meglio, seguo quel culetto che mi balla davanti e dal quale non riesco a staccare gli occhi. Arriviamo in camera da letto, per fortuna la mattina ho cambiato le lenzuola sia nel mio che nel letto di Lorenzo. Mi fa cenno di unirli, adesso sembra un enorme matrimoniale, chiudo la porta perché già so che i nostri gemiti si sentiranno fin sulla tromba delle scale, mi dice di stendermi supino, lei si inginocchia al mio fianco. La lascio fare, sono completamente nelle sue mani, potrebbe chiedermi di tutto e tutto gli darei.

Mi afferra a due mani il pene, lo guarda, anche lei sembra in estasi, ci soffia sopra e poi inizia un lento movimento su e giù. Avvicina la bocca e con la punta della lingua tormenta il meato, poi la fa roteare intorno il glande, si sofferma sul frenulo ed io inizio a tremare tutto. Finalmente apre la bocca e cerca d’infilarselo dentro, ci riesce solo parzialmente, oltre non ci arriva. Si stacca e mi dice: “ma qualche donna è mai riuscita a prenderlo tutto in bocca?”.

“Lascia perdere le altre donne, nessuna è mai riuscita a farmi provare le sensazioni che mi stai regalando, mi fai impazzire”.

Riprende e mi godo la sua calda bocca che mi avvolge e mi sega in contemporanea. Mamma mia che bello!

Spingo verso di me il suo fianco, capisce cosa voglio e si mette sopra in posizione di 69. La visione che ho, a pochi centimetri dagli occhi, quasi mi commuove e inizio subito a leccare in profondità, sento che riprende a bagnarsi abbondantemente, il sapore è quasi dolce, ma è quando inizio a leccare il clitoride che lei interrompe ciò che stava facendo per gemere forte, mi fermo e riprende a leccarmelo, riprendo a tormentare il clitoride e, di nuovo, quasi un grido e un gemito roco.

“Guarda che se continui così non riuscirò mai a farti un pompino come si deve, me lo lasci succhiare con calma il tuo bellissimo cazzo?”.

Mi metto a ridere: “ok, ma in futuro dovrai abituarti a godere finché anche tu fai godere me, godere insieme è la cosa più bella tra un uomo e una donna”. 

Si scioglie dalla posizione di 69, non posso stare fermo se ho quel ben di Dio a portata di bocca, e lei riprende a dedicarsi con passione al pompino. Gli piace leccarlo, si vede che gli piace tanto, ogni volta che affonda la bocca mugola più forte di me e ogni volta riesce ad andare più in fondo, quando è fuori prende fiato succhiando la cappella, gli ho detto di dedicare un po’ di attenzione alle palle e, da brava allieva, prende in bocca un testicolo alla volta e lo ciuccia con voluttà, senza mai dimenticarsi il suo costante e lento movimento con la mano. Deve fermarsi, altrimenti rischio di venire di nuovo.

“Fermati - gli dico -, adesso tocca a me altrimenti i giochi finiscono subito”.

Lascia il pene e mi guarda quasi imbronciata, non avrebbe più smesso. La giro supina e mi posiziono tra le sue gambe, gli metto un cuscino sotto la schiena e mi soffermo ad ammirare ancora una volta ciò che mi si para davanti. La vagina è ricoperta da dei corti ricci castani, tutto intorno è depilata, il fiorellino dello sfintere appare piccolo e chiuso. Ancora nessuno l’ha profanato. Allargo con le dita le piccole labbra e vado a leccare il rosa dell’interno, già tutto bagnato dei suoi umori, lei geme, geme forte, arrivo sul piccolo clitoride che è diventato turgido, inarca immediatamente la schiena e lancia un grido, sento la sua mano sulla nuca a spingermi più in fondo, ma non voglio ancora farla godere, è troppo presto. Mi stacco.

“Nooooo, cosa fai? Continua ti prego, così mi fai impazzire!”.

Mi abbasso e inizio a leccare l’ano, infilo dentro la lingua più che posso, ma è stretto, bagno il dito nei suoi caldi umori e vado a tormentare il fiorellino, lo spingo un po’ dentro, lei sospira come se attendesse qualcosa, torno con la lingua sul clitoride e, adesso, inizio a succhiare forte, sento un urlo e affondo il dito tutto dentro il culo.

Lei reagisce gridando e tremando: “Haaaaa, cosa mi stai facendo, hoooooo, che bello, si continua, continua che vengo …… siiiiii, vengoooooo, haaaaaa”.

Ho il dito ben piantato dentro il suo culetto e la bocca mi si riempie dei suoi umori, mmmmmh, che buoni, lecco come un matto, li voglio bere tutti, non ne sarei mai sazio.

Mi tiro su e, con la bocca ancora piena del suo piacere uniamo le lingue in uno scambio di fluidi inebriante.

Poi glielo dico: “non questa sera, ma la prossima volta che faremo all’amore voglio il tuo culetto, me lo vuoi concedere?”

“L’avevo capito che ti piace, ma anch’io lo voglio tanto. Quello che hai fatto stasera, solo con un dito, mi ha fatto godere come neppure immaginavo. Non oso pensare cosa succederà quando ci infilerai il pene. Ma perché non stasera, io lo voglio”.

“Stasera voglio fare all’amore e coccolarti tutta la notte, senza la paura che, domani, tuo padre mi voglia uccidere quando vedrà che ti fa male sederti e capisce cosa ho fatto”.

Hanna ride di gusto: “va bene, e allora cosa vuoi fare adesso?”

“Sali sopra di me e cavalcami, scatena tutta la tua libido e infilati il mio cazzo tutto dentro. Voglio farti godere fino a quando non ne puoi più”.

Mi guarda con occhi carichi di desiderio, sembra una gattina che fa le fusa, si stende sopra di me, sfrega i capezzoli sul mio petto, mugola di piacere, sento che scende col bacino, il glande accarezza la vagina a cercarne l’ingresso, ma ci ripensa, si rialza e si mette quasi in piedi, si piega sulle ginocchia e prende con una mano l’asta, la indirizza e si lascia cadere di colpo. Entro fino in fondo e lei lancia un urlo fortissimo, si è letteralmente impalata, rimane ferma con gli occhi spalancati e la bocca aperta, mi fissa, ma è come se non mi vedesse.

“Mio Dio, cosa ho fatto, cosa mi stai facendo fare? Non posso crederci, ti sento dentro, è come un palo rovente che mi riempie tutta, haaaaaaaa!”.

Inizia a muoversi piano, poi si fa più veloce, entra ed esce cercando di andare, se possibile, ancora più a fondo. Io la tengo per i fianchi per coordinarne l’azione, si muove sempre più in fretta e i gemiti diventano grida, mi rendo conto che sta avendo un orgasmo continuo, gode e non capisco quante volte venga, ma i suoi umori sgorgano continui, scendendo lungo il mio bacino, fino a bagnare il lenzuolo.

Sta ancora godendo e gridando quando, di colpo, decido di rovesciarla sul letto, mi guarda sgomenta, mi metto in ginocchio dietro di lei e gli artiglio le anche, la metto a pecora e, con un’unica potente spinta di reni, la penetro fino ad urtare l’utero. Le sue braccia sono stese a tenere in alto il busto e la testa piegata indietro, ha un gemito profondo, di soddisfazione, un lungo “siiiiiii” esce dalla sua bocca e inizio a pompare come un matto, nonostante tutto la sento ancora stretta, la sto sconquassando, gli stringo forte i glutei e sento che sono vicino a venire. Lei lo capisce perché inizio a gemere forte, si ferma, esce da me con un gemito e, rimanendo in ginocchio si gira, prende il cazzo in bocca e proprio in quel momento esplodo. Gli tengo la testa per non farla uscire, ma non serve perché è lei che cerca di ingoiare tutto quello che può, fino alla fine. Mi butto sfinito sul letto e lei mi segue sempre col membro in bocca, non lo lascia e continua a succhiare e leccare per lunghi minuti, finché si rilassa e si affloscia. Solo in quel momento si rialza, mi guarda soddisfatta e si passa la lingua sulle labbra.

Sono sconvolto dalla sua carica erotica, mi ha travolto, ancora non riesco a realizzare cosa sia successo in meno di una giornata, ma mi sembra di galleggiare sopra una nuvola. Credo davvero d’essermi preso una colossale sbandata, il pensiero mi spaventa. Se per lei sono solo una scopata, utile per dimenticare la brutta storia passata, sono destinato a soffrire un casino. Si stende sopra di me e mi abbraccia forte, mi bacia, sento ancora il sapore del mio sperma sulla sua lingua. Si ferma, si avvicina con le labbra al mio orecchio, respira ancora forte, gli accarezzo la schiena dolcemente e il respiro diventa regolare.

È poco più di un sussurro, ma le sue parole sono chiarissime. Sono le parole che mai avrei sperato, parole che mi portano in paradiso: “mesi fa mi avevi detto che mi avresti fatta innamorare di te …..ci sei riuscito, credo di essermi innamorata di te Karlo”.

 

Continua

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