Continua la serie di storie legate al mio peregrinare in giro per l’Europa volto a studiare le lingue e costruirmi una carriera in ambito alberghiero. Sono racconti legati ad esperienze di vita vissuta e romanzati dalla mia fantasia. Capire ciò che è reale e ciò che è fantasia, lo lascio all’interpretazione del lettore.
Londra 2
Sono a Londra da ormai un anno, per riuscire a ricevere il certificato con le referenze del prestigioso Savoy Hotel bisogna completare un anno. Ho fatto una discreta carriera, ho iniziato come commis, dopo 4 mesi ero chef-de-rang, dopo 8 mesi sommelier-de-rang e gli ultimi due mesi sono passato ‘giacca verde’, maître-de-rang. I soldi, tuttavia, sono sempre troppo pochi, appena sufficienti per sopravvivere in una città cara come Londra: 75 sterline la settimana. L’aspetto positivo è che gli orari di lavoro sono umani e ho molto tempo libero a disposizione. Tempo che dedico tutti i pomeriggi per andare a scuola, voglio conseguire il “First Cambridge Certificate”.
Tutto ciò però non basta, prima di tutto non ho neppure i soldi per potermi permettere il biglietto d’aereo per tornare a casa e, comunque, a prescindere dal certificato, mi rendo conto che il mio inglese è solo scolastico, lo capisco abbastanza bene grazie alla TV che ho in camera, ma la conversazione è davvero ancora troppo basica. D’altronde, ho solo colleghi italiani ed esco sempre e solo con loro. Le ragazze inglesi che bazzicano nella West-End Londinese schifano la moltitudine di italiani che ronza loro attorno con l’unico scopo di portarle a letto e l’unica occasione per parlare l’inglese è quando si conosce qualche straniero. Le migliori conversazioni in inglese le ho fatte con una ragazza spagnola, Carmen, di Madrid, molto carina, meravigliosa per tante cose, ma lasciamo perdere la lingua inglese, è meglio.
Finisco il mio anno al Savoy e due giorni dopo inizio a lavorare in un ristorante italiano, mitico a quei tempi, il Topo Gigio, nei pressi di Piccadilly Circus. Si lavora 12 ore al giorno, ma guadagno 4 volte tanto rispetto il Savoy. Intanto pensiamo a mettere in tasca un po’ di soldi, poi vedrò il da farsi per l’inglese.
L’ambiente è simpatico, si lavora duro, ma mi facci presto apprezzare anche dai vecchi senatori che là ci lavorano da anni e in Inghilterra si sono creati una famiglia, scegliendo di rimanerci a vita. Sono sempre scettici nei confronti delle meteore come il sottoscritto.
Ciò che mi piace di più è che il ristorante è frequentato soprattutto dalla media borghesia inglese, manager, impiegati, tanti impiegati, alcuni stranieri e pochi italiani. Il clima con i clienti deve essere obbligatoriamente ‘folkloristico’, cioè quello che un inglese si aspetta di trovare in un tipico ristorante italiano, oltre al buon cibo, naturalmente. Questo mi permette di interagire, chiacchierare e scherzare continuamente con i clienti, favorendo parecchio il mio apprendimento della lingua.
Lavoro nell’ultima saletta in fondo assieme ad un burbero, ma, quando vuole, simpaticissimo collega di Parma. Una domenica sera il titolare fa accomodare ad un tavolo una coppia di donne, una teen-ager e una bella signora mora con i capelli lunghi, la mamma, penso. Dice che sono loro ad aver chiesto di sedersi nella nostra saletta. Prendo l’ordinazione facendo un po’ lo scemo, poi, per un motivo o l’altro, vado spesso al loro tavolo, si parla, si scherza, gli faccio conoscere la Sambuca con la mosca (il chicco di caffè), così mi dicono qualcosa di loro. La ragazza ha 17 anni e si chiama Michelle (in onore alla famosa canzone dei Beatles), la mamma ha 46 anni e si chiama Daisy, vengono dal Surrey, circa 45 minuti d’auto dal centro di Londra.
Michelle è la tipica ragazzotta inglese della media borghesia, un po’ robusta, ma non grassa, poco seno e sedere un po’ grosso, che invoglia a palparlo, capelli scuri corti, pelle chiarissima e occhi verdi, forse 1 metro e 65 o poco più, carina di viso, ma soprattutto con un sorriso simpatico, sorride con gli occhi, sguardo sincero e pulito. La mamma invece è di tutt’altra pasta, ormai conosco quello sguardo, se non ci fosse la figlia potrei portarla al cesso e farmi una sveltina in piedi, basterebbe un’occhiata per intenderci. È giovanile, accuratamente truccata, capelli corvini lunghi, sciolti sulle spalle, trattenuti sulla testa da un paio di occhiali da sole. È snella, un seno importante messo in evidenza da un generoso decolté, quando si alza per andare in bagno noto gli alti tacchi che slanciano i polpacci, muove il culo in modo molto sexy, la gonna con lo spacco dietro ed il suo sguardo da porcella me lo fanno diventare duro subito.
Mi dicono che è già la terza volta che vengono al Topo Gigio, ma io prima non le avevo notate, hanno voluto sedersi nella saletta in fondo perché ci sono io.
Le guardo sorpreso: “ioooo? E perché mai? Neanche ci conosciamo!”.
Vedendo la mia sorpresa Michelle si mette a ridere di gusto e poi diventa rossa, si rivolge alla mamma e sento che gli dice: “no mamma, non glielo dire, mi metti in imbarazzo”.
Daisy invece non vede l’ora di parlare: “perché piaci molto a mia figlia, gli piace soprattutto quando cammini e ti guarda da dietro, hai un culo perfetto che è un piacere ammirare”.
“Scusa Daisy, ma il mio culo piace solo a Michelle oppure un po’ anche a te?”. Io punto a lei, non alla sciacquetta della figlia.
Si mette a ridere: “certo, anche a me, ma sei troppo giovane per la mia età. Io ho ben altri interessi”. Col cazzo, penso, se fossimo soli mi salteresti addosso.
Guardo Michelle e la butto là, più per scherzo che altro: “allora se tua mamma è d’accordo possiamo anche uscire insieme il giorno che sono di riposo, è dopodomani, martedì”.
Risponde subito senza esitare e vedere se la mamma approva o meno: “assolutamente sì, ti va bene se ci incontriamo all’ingresso della stazione di Charing Cross alle 11? È dove arriva il mio treno”.
Cazzo! Che presto che ho fatto! E, sembra oltretutto, con l’approvazione della madre.
Daisy ci guarda, la vedo un po’ perplessa, ma non contraria: “ok, ma bada bene giovanotto, la mia bambina è ancora minorenne, non fare scherzi. Poi tutti e due prendete il treno delle 18 e me la riporti a casa, cenate e poi ti riaccompagno io a Londra con la mia auto. A proposito, dove vivi?”.
“Ho una bella camera in una famiglia di Stockwell, proprio davanti l’Underground”.
“Bhaaa, che schifo di quartiere, ma immagino costi poco”.
“Infatti, costa solo 12 Sterline a settimana e la famiglia che mi ospita è molto gentile, anche se ancora non capisco una parola di quello che dicono, dopo oltre un anno dal mio arrivo a Londra, la cosa mi demoralizza parecchio. Però, con voi due riesco a capire quasi tutto, come mai?”.
“Saranno londinesi purosangue e tra loro parlano solo Cockney (lo strettissimo slang di Londra), noi siamo di un ceto sociale più alto, parliamo un inglese più umano e comprensibile. Col tempo riuscirai a distinguere i vari livelli sociali in base al tipo di inglese parlato”.
Un paio di giorni dopo, puntuale alle 11, sono sul piazzale di Charing Cross e aspetto. La individuo subito nella moltitudine umana che si muove come un formicaio, lei cammina lentamente guardandosi in giro, alzo il braccio e gli vado incontro, mi vede, corre e mi butta le braccia al collo: “sai, non ero sicura che venivi, sono contenta di essermi sbagliata” e mi stampa un bacio con la lingua in bocca da infarto. Sono preso alla sprovvista, non sono abituato a baciare in mezzo alla folla, ricambio, ma la stacco velocemente, sono imbarazzato. Mi guardo intorno, ma nessuno fa caso a noi, come se baciarsi davanti a tutti fosse la cosa più naturale del mondo. Michelle mi guarda e si mette a ridere: “guarda che queste cose a Londra sono tollerate, solo non bisogna farlo davanti un Bobby (poliziotto inglese) perché magari si arrabbia”.
Ancora un po’ imbarazzato, anche perché non mi aspettavo un saluto così caloroso al nostro primo incontro, ci avviamo verso Trafalgar Square. L’idea è quella di fare tutta la Mall a piedi fino a Buckingham Palace e vedere se abbiamo la fortuna di beccare il cambio della guardia reale.
Michelle è decisamente carina, un viso leggermente paffuto, ma un bel ovale, nessuna traccia di trucco, con le scarpe da ginnastica è alta esattamente come me, gli stretti jeans evidenziano delle belle gambe lunghe e un bel sedere rotondo, burroso, molto british.
Camminiamo lungo la Mall col suo caratteristico asfalto rosso, Michelle mi stringe la mano come una fidanzata, io faccio finta di essere timido e non mi espongo, in realtà il problema è che conosco sua madre e non posso fare il cretino, altrimenti, dopo quel bacio di benvenuto, me la sarei già portata a casa per scoparla, altro che Buckingham Palace.
“Allora, sei contento di vedermi? Oppure preferivi incontrare mia mamma?”
È una domanda maliziosa, Michelle è meno ragazzina di quanto dimostri, esito a rispondere e lei mi scruta attentamente. Cerco di barare: “non ho capito bene la domanda, puoi ripeterla parlando più lentamente?”
Accenna un sorriso: “ho visto come gli guardavi le tette domenica sera in ristorante, lei lo fa apposta a vestirsi così, credo sia per mettermi in imbarazzo perché io non arrivo ad una seconda mentre lei è una quinta. Sono stata io a chiedergli di ritornare, perché mi piaci molto, fin dal primo momento che ti ho visto, ma forse avrei dovuto tornare da sola, non con lei, che è una mangiatrice di uomini”.
“Scusa Shell…..non ti spiace se ti chiamo così? Mi piace di più”.
“Anzi, piace molto anche a me” e si stringe al mio fianco.
“Dicevo, sono un uomo e le tette di tua mamma sono una calamita per gli occhi, soprattutto se le mette in mostra così generosamente, ma come ha detto lei, io sono un ragazzo di vent’anni, credi mi interessi di più una ragazza di 17 anni oppure una signora con prole di 46 anni? Dai, non scherziamo”.
Vedo che, per il momento, accetta la mia risposta: “sei molto diplomatico, ma non convincente del tutto, invece il fatto che tu mi piaci, cosa ne dici?”.
“Dico che sei molto schietta, sembra che tu già sappia quello che vuoi, anche se hai solo 17 anni”.
“Ok, ma non mi ha risposto, voglio sapere se anch’io ti piaccio”.
“Certo che mi piaci, non ti avrei chiesto di uscire con me altrimenti, davanti a tua mamma, poi! Sei molto carina, ancora non ci conosciamo, ma spero di riuscire a conoscerti più a fondo”.
Dico quest’ultima frase guardandola negli occhi e facendo sottintendere un altro significato. Capisco immediatamente che ha recepito il messaggio dalla sua espressione maliziosa, mi ferma e mi stampa un altro bacio sulla bocca, infila la lingua e la muove su e giù, a casaccio, mi rendo conto che è inesperta, cerca di fare la grande ma è alle prime armi, anche col bacio. Mi stacco, mi guardo intorno, solo pochi turisti intenti a fare foto, nessuno fa caso a noi, gli prendo la testa fra le mani e incollo la mia bocca sulla sua in un bacio particolarmente profondo ed erotico. Sento che geme, incolla il suo bacino al mio e si struscia, mi sta diventando duro, devo staccarmi perché ho dei jeans molto aderenti e l’erezione si vedrebbe da lontano.
“Woooow, che bacio – mi dice – mi hai tolto il fiato, nessuno mi aveva ancora baciata così”
“Non hai mai avuto il ragazzo?”
“No, solo dei brevi flirts a scuola, qualche bacio con la lingua di nascosto, ma capisco adesso che quelli erano solo bacetti tra ragazzini”.
“Questo significa che sei ancora vergine?”
Il suo sguardo diventa serio e intenso: “sono venuta a cercarti in ristorante ed ho accettato di uscire con te per capire se sarai tu il primo con cui andrò a letto, per il momento sei sulla buona strada”.
“Grazie, mi sento lusingato, ma se lo scopre tua mamma, come minimo mi castra”.
“Non credo, lei ha capito benissimo le mie intenzioni, il motivo che ti vuole a cena da noi stasera è perché vuole conoscerti meglio e capire se sei il ragazzo adatto a me”.
Bah, penso invece voglia soprattutto capire se dopo la figlia posso scopare anche lei. Mannaggia che pensieri da porco inizio ad avere.
Siamo arrivati davanti Buckingham Palace, il cambio della guardia è iniziato da poco e c’è parecchia gente, non si vede niente. Decidiamo di andare a fare delle foto sulla Whitehall, dove ci sono le guardie dei dragoni a cavallo. Ogni volta che intorno a noi c’è poca gente, oppure passiamo per un angolo semideserto, Michelle ne approfitta per infilarmi la lingua in bocca e strusciare il bacino al mio cazzo. Ha una tale voglia repressa che, quando arriverà il momento, mi schianterà. Ogni tanto, con la scusa che devo riposare, mi siedo su una panchina, devo far raffreddare il fratellino ….. mi rendo conto che in futuro, quando deciderò di uscire con una ragazza, dovrò indossare dei pantaloni più comodi.
Verso le due andiamo al McDonald’s e ci facciamo un paio di hamburger, è il Mac sulla Strand, che ha tre piani. Decidiamo per il piano interrato, di solito semideserto. Ci sediamo su un lungo corridoio ad un tavolo a parete con le panche fisse, non c’è nessuno intorno, solo un ragazzo di colore che sta lavando il pavimento. Siamo uno di fronte l’altra, ma dopo un quarto d’ora Michelle si alza, mi spinge verso la parete e si siede al mio fianco. Mi guarda maliziosamente, non parla e mangia una patatina fritta alla volta guardandomi negli occhi, tira fuori la lingua, la lecca con voluttà e poi la ingoia. Continua a guardarmi, e a me torna duro, mi fa male, chiuso in questi maledetti e strettissimi jeans. Mi guardo intorno, non c’è nessuno, anche il ragazzo di colore non si vede più. C’è una telecamera, ma inquadra l’uscita di sicurezza, apro la cintura di pantaloni e tiro giù la zip ……. Haaaa, finalmente respiro!
Michelle guarda sotto e mi vede con le gambe divaricate e i pantaloni aperti, spalanca gli occhi, è visibilmente sconvolta, ma si mette a ridere.
“Cosa faiiiiii? Sei matto?”
“Scusa, non ne potevo più, però è colpa tua. So che lo fai apposta a mangiare così le patatine, sei tremendamente erotica e io ho i jeans troppo stretti”.
Ha una risata squillante: “e adesso cosa dobbiamo fare? Quanto tempo ci vuole prima che ti passi?”
“Se non mangi più patatine e ci metto sopra il bicchiere di Coca ghiacciato, in 10 minuti dovrebbe passare tutto. Oppure c’è un’altra alternativa ……”.
“Quale?”, mi guarda senza capire.
Lo so, non dovrei, ma è da oltre un’ora che me lo sta facendo diventare duro e io lo tengo sotto controllo, ho gli slip tutti bagnati e scommetto che lei non è da meno nelle sue mutandine. La guardo, gli prendo la mano destra e la infilo sotto il tavolo, proprio sopra il cazzo in erezione che esce per metà dagli slip. Lei appoggia la mano, ma la ritrae quasi spaventata: “non ho mai fatto nulla del genere prima!”, dice sottovoce.
“Non hai ancora mai toccato un cazzo?”
“Non l’ho neppure mai visto, a parte alcune foto di riviste porno che le mie amiche a scuola mi hanno fatto vedere”.
“Senti Michelle, devi renderti conto che non puoi provocare un uomo come hai fatto finora e poi scappare via. Io sto scoppiando e devo fare qualcosa. Dai, fammi passare che vado alla toilette”.
“Ok, ti basta fare la pipì?”, chiede, spostandosi.
“No, vado alla toilette per farmi una sega e sborrare, dopo sono a posto”.
Lo vedo, gliela leggo negli occhi la voglia e la curiosità: “oppure restiamo qui, non ci vede nessuno, e mi fai una sega sotto il tavolo”.
Ha le guance rosse, ha paura di superare questa soglia, ma la curiosità e la voglia comandano su tutto. Poggia la mano sul membro: “insegnami come si fa”.
Tiro un po’ più giù i jeans, scosto gli slip e gli prendo la mano destra: “impugna con decisione il cazzo, e fai su e giù lentamente, ti dico io quando aumentare il ritmo”.
È tesissima e tutta rossa in faccia, sento la sua manina incerta che inizia a muoversi, si fa via via più sicura e il movimento più veloce. Ha gli occhi piantati su di me, gli piace guardare l’espressione del mio viso, vedo che ogni tanto, con la mano sinistra, si tocca furtivamente in mezzo le gambe, vorrei essere io a toccarla, ma non voglio che si spaventi, meglio lasciargli i suoi tempi. Poi una cosa che non mi aspettavo, chissà dove l’ha visto, si interrompe, sputa un paio di volte sul palmo della mano e la mette sul glande, va su è giù solo sulla cappella lubrificata dalla saliva. L’orgasmo si avvicina velocemente, glielo dico, mi avvicino e appoggio la testa sulla sua spalla, ma lei mi prende per il mento e me la alza: “voglio guardarti finché vieni”, dice.
“Haaaaaa, vengooooo, continua fino alla fine, non fermati, deve uscire ancora tanto sperma, continua, continua ancora!”
Lei continua a segarmi, fa uscire tutto, quando apro gli occhi vedo i suoi fissi su di me, sembra stravolta.
“Che bello, mi è piaciuto un sacco guardarti venire …… e sono stata io a farlo!”
“Cosa faccio adesso?” chiede, “ho la mano piena di questa roba e anche il sotto del tavolo è tutto spruzzato. I pantaloni poi, sono pieni anche loro!”.
Riprendo fiato, sono ancora un po’ sconvolto e rispondo senza pensare: “a molte donne piace ingoiarla”.
“Davvero? Ma non fa schifo? Aspetta, prima la voglio assaggiare”.
Alza la mano e la guarda, sembra un po’ schifata, prima annusa a fondo, poi con la punta della lingua ne assaggia un po’, non è convinta e lecca un po’ di più, muove la sborra dentro la bocca, sembra un sommelier quando assaggia il vino, poi vedo che infila tutto il dito in bocca e lo ciuccia per bene, sono sbalordito, non ci credo che stia succedendo davvero.
“Non è male – dice – ha un gusto indefinito, un po’ salato, ma non fa schifo. Quello che mi piace di più però è l’odore, lo trovo eccitante. Così dicendo lecca tutta la mano, annusa, assapora e poi ingoia l’abbondante quantità di sperma raccolta, infine, raccoglie con le dita i grumi caduti sui pantaloni. Il cazzo ormai è abbastanza floscio, ma è ancora coperto di sperma, si gira per verificare la situazione, ancora nessuno in vista, rassicurata si china sotto il tavolo e inizia a ciucciare e ripulire il cazzo, passa per bene la lingua e lo pulisce tutto. Io sono letteralmente in visibilio.
“Ma davvero sei sicura di non averlo mai fatto prima?”, chiedo, “mi hai quasi fatto un pompino!”
“Assolutamente! E non avrei mai pensato mi piacesse così tanto”.
Madonna Santa, penso, questa ragazza diventerà una bomba del sesso, non vedo l’ora di scoparmela.
Mi ricompongo e usciamo, nessuno ha visto nulla. Quando ci alziamo la guardo in mezzo le gambe, sui jeans una visibile macchia scura, glielo faccio notare: “anche tu però hai bagnato i pantaloni, mi piacerebbe tanto poterli leccare come hai fatto tu”.
È in forte imbarazzo, quasi spaventata, mi tolgo la maglia di lana e gliela lego alla vita, le maniche che cadono sul davanti nascondono tutto. Si giustifica: “fintanto ti masturbavo la cucitura dei jeans era proprio sul mio clitoride e mi strusciavo, ho avuto anch’io un orgasmo”.
“Ok, la prossima volta tocca a me assaggiare ed ingoiare i tuoi succhi”.
Resto in maniche di camicia, è un po’ freddo, decidiamo di anticipare il rientro e saliamo sul treno delle 17.
Dopo meno di un’ora arriviamo a Dorking, nel Surrey, troviamo Daisy che ci aspetta fuori della stazione, saliamo nella sua Range Rover e ci dirigiamo verso casa.
I suoi occhi ci scrutano, chiede come è andata, vuole sapere tutto e non gli sfugge che Michelle ha il mio maglione legato in vita. Alza le maniche e vede la macchia scura sui jeans, non dice nulla, ma un lieve sorriso increspa le sue labbra, Michelle è paonazza. Io sono seduto dietro, si gira e mi lancia un’occhiata che interpreto come di rimprovero. Cazzo! Ci ha sgamati subito.
In cinque minuti arriviamo, è una villetta bifamigliare in un quartiere con le case che sembrano tutte uguali, molto inglese, piano terra e primo piano, un piccolo giardino davanti con prato verde e fiori. Dentro non è molto grande, cucina e sala da pranzo in un unico ambiente, soggiorno e un piccolo bagno con solo i servizi. Davanti l’ingresso ci sono le scale che portano al piano superiore, due camere da letto, ognuna col suo bagno privato più il guardaroba. Daisy è divorziata da anni e ci vivono solo loro due.
La cena è terribile, non glielo dico, dico anzi che è tutto buonissimo, sapevo che la cucina inglese è pessima, ma Daisy cucina davvero male.
La serata trascorre veloce, Daisy vuole sapere tutto di me, da dove arrivo, che esperienze ho, come è la vita a casa mia e, non da ultimo, insiste per sapere quante ragazze ho avuto. Faccio il timido e rispondo che ho avuto solo un paio di ragazze, ma niente di serio, e che adesso sono libero.
Michelle mi guarda con malizia, ha già capito che non è vero niente, ma regge il mio gioco.
Sono quasi le 22 e per arrivare a Londra, col buio, ci vuole un’ora di macchina. Daisy decide che è ora di portarmi a casa e si allontana per andare in bagno. Ne approfitto per salutare Michelle con un bel bacio quasi pornografico, ma dura poco, si stacca e mi dice sottovoce: “stai attento a non fare il cretino con mia mamma, te l’ho detto che lei è una mangiatrice di uomini, ma tu sei mio, che sia chiaro!”
Daisy arriva dopo pochi minuti: “allora, cosa fai martedì prossimo, col tuo giorno di riposo?”.
“Se posso, mi piacerebbe tanto ripetere la giornata di oggi, se invece piove possiamo andare al cinema. Magari non vengo qui a cena, così non ti disturbi a riportarmi indietro. Metto Michelle sul treno e torno a Stockwell”.
“Ok, vediamo, se sono libera non è un problema per me. Michelle ti ha dato il nostro telefono? Casomai mi farai sapere”.
Saliamo in macchina, le strade verso la capitale non sono molto illuminate e Daisy conosce delle scorciatoie per alcune strette strade di campagna, inizia anche a piovigginare. Siamo in macchina da 10 minuti e non abbiamo mai parlato, a un certo punto vedo che gira su una stradina laterale sterrata, fa una ventina di metri e si ferma su una piazzola d’erba di fianco a un grosso albero. Siamo in piena campagna, intorno buio pesto e dalla strada nessuno può vederci. Spegne l’auto e accende la luce della plafoniera interna, mi pianta gli occhi addosso.
“Adesso ascoltami bene, non credere di avermi imbambolato con le tue chiacchere, li conosco gli italiani come te, siete dei figli di puttana che raccontano un sacco di palle. Il mio compagno attuale è un italiano, un napoletano e ho imparato a non fidarmi mai”.
“Ma, Daisy, di cosa stai parlando? Hai idea della differenza che c’è tra un italiano del nord e un napoletano? È la stessa differenza che c’è tra un londinese ed uno scozzese, non so come tu sia abituata, ma ti garantisco che io raramente dico bugie. E poi, di che bugie stai parlando?”
“Cos’era quella macchia sui jeans di Michelle, cosa avete fatto? E non dire che era acqua, lavo le mutande di Michelle da sempre, anche dopo i suoi frequenti ditalini, so riconoscere l’odore di sesso”.
Mi rendo conto che è inutile menare il can per l’aia, capisce subito se gli racconti una balla. Gli dico tutto, per grandi linee. Non gli basta, vuole anche i dettagli, anche i più piccoli. Man mano che proseguo nel racconto vedo che le guance prendono colore e gli occhi si illuminano, ha lo sguardo eccitato, da porca.
Mi interrompe: “questo significa che ti sei già svuotato completamente oppure ne hai ancora un po’?”
È chiaro cosa vuole e inizio a sentirmi più a mio agio, ho già vissuto queste situazioni: “ho 20 anni e un serbatoio che è appena stato intaccato”, rispondo, per provocarla.
Sorride e mi punta gli occhi in mezzo alle gambe: “vediamo un po’ cosa ha masturbato mia figlia”, si avventa sul cavallo e tira giù la zip con consumata esperienza, io sciolgo la cintura e tiro giù di colpo i pantaloni fino alle ginocchia.
“Beh, devo dire che mia figlia ha scelto bene, sei più interessante del mio attuale compagno”.
Agguanta le palle e le stringe, si avvicina e mi infila la lingua completamente in bocca, è un bacio selvaggio, la sua lingua sembra lunghissima e la muove in maniera porca, si stacca, preme con la mano sulle guance per costringermi a tenerla aperta, ci sputa dentro, il suo sguardo è torbido, mi dice di tirare fuori la lingua, la prende tra le labbra e la succhia quasi a strapparla. Io gli massacro le tette con le mani, sono enormi, si alza la blusa e scosta il reggiseno, prende una tetta e me la schiaccia sulla bocca: “leccala bene, succhia, mordimi il capezzolo, fammi male”, mi dice.
Non me lo faccio ripetere, succhio e mordo come un poppante, mi sento in paradiso, un morso più deciso gli strappa un forte grido: “siiiiiii, haaaaa”. Continua a stringermi le palle, si stacca, abbassa la testa e annusa a fondo il forte e acre odore del mio cazzo, la sento mugolare di gioia e con la bocca aperta ci si tuffa sopra, se lo infila fino in gola. Inizia un pompino da urlo, sembra affamata, succhia come una idrovora, va giù e su facendo scorrere le labbra sull’intera lunghezza dell’asta.
Io mi sposto un po’ e gli palpo il culo, cerco di sollevare la gonna, ma è troppo stretta, lei si ferma, in un attimo se la sfila completamente. Mi rendo conto che sotto non indossa intimo, vede il mio sguardo sorpreso: “cosa credi sia andata a fare in bagno prima di uscire?”.
Si riattacca a succhiare con affondi che mi fanno impazzire, se continua così rischio di venire in due minuti, devo distrarmi in qualche modo e con le dita arrivo alla figa, è già bella bagnata, sento con i polpastrelli le grandi labbra che fuoriescono, infilo dentro il medio fino in fondo, è bella larga, deve aver preso una quantità industriale di cazzi. Lei geme e succhia sempre più forte. Annuso e mi lecco il dito, ha un odore di figa buonissimo e il sapore dei suoi umori mi manda fuori di testa.
La fermo: “aspetta, se continui così vengo subito, te la voglio leccare per bene anch’io”.
“Che porcellino che sei, accomodati pure e bevi tutto, altrimenti si macchia il sedile. Non vorrai mica che Michelle si accorga di qualcosa, vero?”
Ma quanto è troia sta’ donna? Affondo la faccia in mezzo le sue gambe, sento dall’odore che si è lavata prima di uscire e mi rendo conto che io invece è dalla mattina che non mi lavo, oltre al fatto che Michelle mi aveva anche fatto una sega, ma a lei sembra essergli piaciuto un sacco. Inizio a leccare come un matto, sono infoiato come non mi capitava da tempo, lecco e succhio, lei geme e si contorce, parla in modo sconcio usando parole a me ancora sconosciute, gli infilo indice e medio dentro la figa, l’anulare dritto nel buco del culo, inarca la schiena e urla, vuole le dita più in fondo, la sto scopando con le dita, mi prende il polso e mi detta il ritmo, vuole che vada più veloce.
Pompo forte, all’improvviso mi blocca la mano, si irrigidisce, si scuote tutta e un grido fortissimo riempie l’abitacolo dell’auto. Ha un orgasmo dirompente e mi riempie la bocca dei suoi umori, ingoio e slappo come un matto. Ha un sapore di figa matura buonissimo, tiro fuori il dito dal culo e glielo lecco a fondo. Sento un po’ di odore, ma non me ne frega niente, continuo a leccare, lei si allarga lo sfintere tirando con le mani sui glutei.
Continua a gemere: “Siiiiii, ancora, leccami il culo, leccami tutta, trattami da troia”.
E da troia la tratto, adesso dirigo io il gioco, mi risistemo seduto dalla mia parte, la prendo per i capelli e gli schiaccio la bocca aperta sul mio cazzo, detto il ritmo, la scopo in bocca quasi con violenza, gli affondo la testa e la tengo giù finché sento che quasi gli manca il respiro, produce un casino di saliva, ma appena mi fermo è lei che riprende a succhiare come una matta, succhia, stringe labbra e lingua così forte che sembra mi voglia strappare la cappella. Vengo di colpo, una sborrata pazzesca, lei sembra che si stia soffocando, ma sento che ingoia tutto ciò che può.
Mi butto sfinito sul sedile, lei continua a leccare e succhiare il cazzo per far uscire ogni residuo, si lecca le mani, succhia in mezzo i peli del pube dove ci sono larghe chiazze di sborra, continua per un bel pezzo, si ferma solo quando non c’è più nulla e il cazzo si è afflosciato.
“Mmmmm, che mega bevuta! Che buona la tua sborra, ha il sapore di ragazzo giovane, ogni volta che ci vedremo dovrai farmela bere. Ma prima di tutto dobbiamo organizzarci, una mattina quando Michelle è a scuola prendi il treno e vieni da me, voglio il tuo cazzo in culo, voglio che mi sfondi per bene”.
Si risistema, mi dà un altro bacio che ha il sapore del mio sperma, un’ultima strizzata alle palle e rimette in moto l’auto. Il tutto è durato non più di 20 minuti. Sono sconvolto.
Durante tutto il tragitto continua a strusciare la mano sul mio cavallo e inevitabilmente il cazzo ritorna duro. Arriviamo, sono le 23 passate, parcheggia vicino a dove abito lasciando l’auto accesa, si gira, mi infila la lingua in bocca e continua a palparmi: “Mmmmmm, beata gioventù, ti è tornato duro di nuovo, ma non posso fermarmi, Michelle si insospettirebbe, credo dovrai farti una sega ….. falla pensando che sono io che ti sto facendo un pompino, io farò lo stesso a casa col mio vibratore infilato nel culetto”. Sono davvero sconvolto, una donna del genere è la prima volta che mi capita, è una ninfomane!
“Prima di andarmene, alcune condizioni da rispettare se vuoi continuare a frequentare Michelle. Ho già capito che vuole farsi sverginare da te, ok, mi sta bene, ma non toccargli il culo, è ancora troppo presto, guai a te. E, comunque, cerca d’essere dolce, vai piano e non come stasera che eri infoiato come se fossi un cane davanti ad una cagna in calore, ci siamo capiti?”
“Ok, ……va, va bene”. Rispondo con gli occhi spalancati, mai avrei pensato che una madre mi spiegasse come sverginargli la figlia. Ma che razza di famiglia è?
“E lo fai a casa nostra, martedì prossimo io trovo una scusa per stare fuori tutto il giorno e faccio in modo di rientrare nel tardo pomeriggio …… poi però, ti riaccompagno io a casa, come stasera. Ti piace l’idea?”.
“Oooook! Spero d’avere cartucce a sufficienza”.
“Di questo non devi preoccuparti, ci penso io, sono riuscita a farlo drizzare anche ad un uomo di 75 anni. Non vedo l’ora di sentire il tuo bastone dentro il mio culo, era da tanto che non ne trovavo uno così duro. Ciao”.
Un bacio sulle labbra e scendo. Vado verso casa, è a soli 50 metri, non vedo l’ora di buttarmi a letto e spararmi una sega, altrimenti scoppio.
Darkside87mi (Kaji)
Carletto
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