I sette peccati capitali (Pt. 5) – Ira

  • Scritto da Lizbeth il 07/10/2022 - 07:56
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Ed eccomi qua ancora una volta in ascensore, nuda, in attesa del prossimo lavoro.

"Allora ti sei divertita" – La voce gelida di Lilith risuona nel vano.

Per la prima volta la vedo nervosa.

"Per favore ora indossa quel completo" – e mi indica uno strano involucro appeso alla mia destra.

La prendo, scorro la lampo vero il basso e ci trovo dentro il classico abito da alunna giapponese. Collo rovesciato, maniche corte, bottoni. Una gonna scozzese con cerniera laterale. Cravattino scozzese e calze bianche. Un po' banale.

Mentre mi cambio lei continua a parlare - “Purtroppo il tuo prossimo lavoro sarà il peggiore di tutti” - il suo viso è serio - “quindi se vuoi ti riporto al pian terreno e ti regalo 1000 euro in contanti per il disturbo”

Mi intristisco e mi chiedo: cosa potrebbe succedere di così abominevole, e poi mi serve il lavoro, devo abbandonare la mia attività precedente. Timorosa mi ritrovo a dire - “vado avanti” - dopo tutto quello che avevo passato, cosa poteva capitarmi di peggio.

“E' mio figlio” - faccio fatica a percepire la sua voce.

“Scusi signora non ho capito bene”

“Il tuo prossimo cliente è mio figlio” - e senza guardarmi in faccia, mi confessa - “È un ragazzo problematico”

“Problematico in che senso?”

“Lo scoprirai” - alle sue parola l'ascensore si apre Mi ero già cambiata. Deglutisco ed entro nella stanza. Mentre la porta si sta per richiudere alle mie spalle la signora mi urla - “Il tuo compito è di non farti male”. Inizio a tremare.

Tutto è sottosopra, i mobili sono per terra e ci sono evidenti traccie di sangue, mi spavento ancora di più.

Non trovo nessuna traccia del mio cliente, ma all'improvviso sento un urlo. Un ragazzo arriva alle mie spalle - “e tu chi cazzo sei”

“Mi manda tua madre” - sono le unica parole che mi escono dalla bocca.

Mi afferra il braccio - “Vattene!!!”

“Non posso”

“Ho detto vattene”

Lo guardo negli occhi - “Ho detto che non posso” - alzo la voce.

Mi sgancia un destro in pieno viso che mi fa volare contro il muro. Piango.

Devo scappare in qualche modo, ho esagerato lo sento, ma il mio orgoglio prendere li dominio nelle mie emozioni. Avevo detto che rimanevo e rimarrò.

Per la prima volta lo guardo meglio, è decisamente un bel ragazzo, indossa solo una canottiera e ha un bellissimo pene, bello grosso.

Devo fare il mio lavoro, mi avvicino a lui a quattro zampe e gli lecco la cappella.

Lui urla ancora - “Credi che vestirti cosi ti possa aiutare” - mi tira i capelli - “Sei una puttana come altre”

Gli afferro con decisione il cazzo, posso farlo solo in quel modo e prendo la sua cappella in bocca, per la prima volta lo vidi crollare. Almeno spero.

Tira ancora più forte i miei capelli. “Ti ho detto di andartene” - si tocca il cazzo - “Capisci che ti potrei fare male?”

Per un attimo penso di arrendermi, quando vedo con la cosa degli occhi, la mia aguzzina sulla porta dell'ascensore. Forse è li per proteggermi. Allora mi alzo in piedi, mi avvicino a lui e mi sbottono la camicia.

Appena gli tocco il cazzo eretto, mi ritrovo ancora una volta per terra, bestemmio.

Sto per rialzarmi quando una tazza vola a cinque cm dalla mia faccia. “Stai per terra puttana che non sei altro”. Il terrore aumenta.

Si avvicina e mi mette un piede sopra il seno destro - “È questo che vuoi puttana vero” - me lo schiaccia con più forza.

Muove lentamente il piede verso il basso. Mi alza leggermente il gonnellino e introduce le dita sotto di esso, in cerca della mia passera. La trova e mi infila dentro l'alluce.

“Scommetto che nessuno ti ha mai scopato così” - In realtà non è vero, ma non dico nulla.

Lui spinge le dita ancora più in profondità, le sento sbattere contro il mio clito e mi sputa addosso.

Si sdraia sopra di me, si prende il pene in mano - “È questo che vuoi vero, lurida puttana, quanto ti ha pagato mia madre” - parte un'altra sberla, questa è anche più forte, mi prende il seno destro.

Mi morde l'orecchio destro, la sua cappella continua a sfiorarmi la passera, ma non voleva penetrarmi. Probabilmente è troppo facile.

“Lurida puttana di merda” - Mi afferra il collo con le sue forti mani, la paura si tramuta in terrore puro.

Appena allenta la presa, ma solo leggermente, inizia a penetrarmi con tutta la forza che ha in corpo, mi sento impalata, il mio tremore diventa evidente. In questi due giorni ne avevo passate di ogni, ma questo è troppo, cerco di scappare, ma lui mi tiene ferma.

Urlo cosi forte che spero che qualcuno mi senta, ovviamente la mia aguzzina mi vede, ma non fa nulla per aiutarmi.

Lui per farmi stare zitta mi infila la lingua in gola e inizia a limonarmi con voracità.

Si alza di scatto, mi lascia esausta sul pavimento, scuote il muro con un suo pugno - “Non sai scopare, sei inutile”

Non comprendo, penso di essere stata perfetta, non riesco a muovermi. Mi alzo a fatica. Penso di aver finito e mi dirigo, con difficoltà, verso l'ascensore. Non vedo più il ragazzo e mi calmo per un attimo.

Sono a pochi passi dalla porta, a pochi centimetri dal bottone, quello che mi darebbe la salvezza. Ma qualcuno mi afferra con forza, ovviamente è lui.

“Ma dove cazzo pensi di andare troia”

Mi stringe con forza il braccio destro e in meno di un secondo mi ritrovo la faccia contro il muro. Mi afferra la camicetta dal collo e me la strappa di netto dal corpo. Sento le mie tette nude premere contro il muro. Ora è il momento del gonnellino, anche questa finisce sul pavimento, sono nuda, tranne per i calzini.

“Ora voglio vedere quanto sei troia”

Sento due dita insinuarsi nel mio culo. Mentre con l'altra mano mi tiene la faccia contro il muro.

“Vedo che sei larga, vediamo quanto” - Qualcosa di grosso mi penetra il culo, è la sua mano. Per poco non svengo.

La sua lingua percorre la mia schiena, è una furia senza senno. Mi fa così male che inizio a piangere e fatico a respirare. Mi toglie la mano dal culo, ma il mio ano rimase aperto, sembra quasi che ho un altro canale respiratorio.

Subito mi penetra con il suo pene, che all'inizio non sento neppure.

“Mamma sei una stronza, sei tu che mi ha reso cosi” - Non capisco cosa dice.

Il suo cazzo enorme spinge dentro il mio ano - “Quella dannata volta che mi hai sverginato a 13 anni”

O merda, per un piccolo secondo mi fece pena.

Anche la sua ira sembra scemare pian piano, anche se il suo cazzo mi sfonda letteralmente il culo.

“Ora si che mi sto divertendo” - detto questo mi stringe il culo con le sue mani possenti, mi morde il collo e ansima con più passione.

Il suo cazzo riempe completamente il mio cavo anale. Scorre dentro con facilità. Mi tira i capelli, è l'ennesima volta, se va avanti così, diventerò calva.

“A te serve qualcosa di più, dannata puttana” - Introduce le dita della sua mano destra nella mia bocca e me le fa leccare tutte. Dentro di me spero che raggiungesse l'orgasmo il prima possibile.

La mano si tramuta in pugno e fatico a tenerlo in bocca. Fa uscire la mano con uno schiocco, poi senza dire nulla, me lo mette direttamente in figa. Sono completamente  impalata. Non riesco a muovermi

Pero lo volete sapere una cosa? In questo momento sto godendo come una dannata.

Incredibilmente, visto il contesto, raggiungo un orgasmo intenso. Lui non se ne accorge e continua a fottermi.

Ormai ho la testa altrove, lo lascio fare. Non parla neppure più. Sento una crema diffondersi nel mio culo, sento aria di liberazione. Lui crolla stremato sul pavimento e si nasconde il pene.

Rimango immobile per il terrore, una mano mi raggiunge, vieni piccola, corri. Mi ritrovo nuda inginocchiata davanti Lilith.

Nessuno parla, e silenziosamente mi timbra il cartellino. Mi rannicchio allo specchio, e scoppio in un pianto liberatorio.

Ciao, tra i peccati capitali, metterei anche la "ripetitività". Mio marito ed io abbiamo letto con piacere il tuo primo racconto, poi, l'incipit dei successivi ("Eccomi qui ancora nell'ascensore"), sempre uguale, ci ha scoraggiati.

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