Sabato, giorno per decidere l’accordo di una possibile fusione e il mio nuovo futuro come scrittore di racconti porno. Sapevo di avere dei lettori e ammiratori ma solo a livello nazionale e in una sfera ristretta, adesso si trattava di fare il grande salto a livello mondiale e questo mi spaventava un po' prima, ora non più. Durante il pranzo, fugace e più simile ad un buffé, furono letti e discussi gli accordi per la fusione. La maggioranza della quota azionaria sarebbe stata della New publishing line con la creazione di una nuova collana specializzata appunto ai racconti di erotismo spinto di cui io sarei stato il primo scrittore. La minoranza sarebbe stata a pannaggio della nostra casa editrice la Short stories and novels publisher. Come detentore della quota di maggioranza la New publishing line poteva contare di avere l’ultima parola su quello che doveva o non doveva essere pubblicato, compresi i miei racconti. Il consiglio di amministrazione della New publishing line per bocca del suo Presidente mi assicuro personalmente che non avrebbe interferito su quello che avrei scritto e che avrebbe tenuto in forte considerazione il mio punto di vista, questo mi rassicurò per quello che avrei detto il giorno dopo. Messo le firme sull’accordo, ci salutammo, convinti che da oggi avremmo scritto un nuovo capitolo della scrittura erotica e forse cambiato anche la percezione dei lettori su erotismo e pornografia. Quello che è erotismo può anche inglobare la pornografia se gestita nel modo giusto, non poteva invece essere l’opposto, cioè la pornografia non può inglobare l’erotismo, quindi restava pornografia e basta.
Il mio editore mi fece il piacere di riaccompagnarmi a casa e strada facendo mi chiese “Come ti senti adesso, Roberto, ad essere il primo scrittore di racconti erotico-pornografici a livello non solo nazionale ma anche mondiale?”. “Non lo so sinceramente, per adesso so solo che sono un po' stanco ma che ho anche poco tempo per terminare l’ultimo racconto, ho da consegnarglielo entro la fine del mese ricorda?”. “Vero ma hai ancora una settimana, per adesso riposati. Hai fatto un’ottima impressione al Presidente della New publishing line, qualcosa deve avergli fatto decidere per darti quelle rassicurazione”. “So certo, una sega sotto il tavolo, ecco cosa lo ha portato a quella decisione”. “Ahahahahah, me lo sentivo che ci avevi messo lo zampino, pardon, la mano”. “Tutto sommato ne è valsa la pena, avevo tutto sotto controllo e ben stretto. Ecco, siamo arrivati”. “Grazie di tutto Roberto sei un buon amico oltre che un grande scrittore a domani allora”. “A domani” scesi dall’auto e lo salutai. Prima di aprire il cancello ci fu un attimo nel quale ripensai a tutti gli eventi significativi trascorsi negli ultimi anni, dal primo mini racconto di pura fantasia che scrissi, fino ad oggi e mi ritenni fortunato. Non per i miei racconti, quelli li avrei scritti comunque e senza diventare famoso, ma tutte quelle persone che avevo incontrato e a tutte le stupende esperienze sessuali vissute. Adesso mi sentivo bene e pronto per affrontare il futuro. I ragazzi avevano fatto mezza giornata e mi avevano detto che sarebbero stati fuori fino a sera tardi. Entrato in casa mi tolsi tutto e restai completamente nudo. Aprì l’acqua della doccia e tirai fuori la mia vestaglia preferita, quella trasparente con disegni floreali. Decisi anche ti tirar fuori quel completino che mi avevano regalato i ragazzi, non avevo seno quindi optai solo per il tanga, molto piccolo, anzi, quasi minuscolo oserei dire ma molto eccitante per chi avesse visto così. Dopo aver fatto la doccia, veramente ristoratrice, sgranocchiai qualcosa con degli spuntini a base di salatini con burro, acciughe e capperi e sorseggiando vino bianco. Mi distesi sul divano e accesi lo stereo, musica blues, la mia preferita, per svuotare la mente e rilassarmi. I miei ragazzi sarebbero rientrati tardi e non mi preoccupai nel farmi trovare disteso sul divano con in dosso la mia vestaglia e il loro tanga rosso, così passai dal rilassarmi all’addormentarmi. Non li sentì neanche entrare “Guarda com’è, disteso addormentato e sereno” disse Joseph “è bellissimo”. “Ehi, ha indossato il completino che gli abbiamo regalato” disse Isaac “già, ma non ha indossato il reggiseno” sottolineo Michael. “Fa lo stesso, e poi non ce l’ha, anche se potrebbe crescegli se facesse una cura ormonale non credete?” disse Emmy. “Portiamolo a letto, deve essere stanchissimo, non è neanche mezzanotte” e mi sollevarono delicatamente cercando di adagiarmi sul letto. Avevo ancora gli occhi chiusi ma istintivamente cercai di abbracciarli, come facevo sempre quando eravamo tutti insieme sul materassone “Amori miei, siete tornati” dissi ancora immerso nel sonno “mettetemi sul materassone, ho bisogno di dormire con voi” e così fecero. Dopo essersi spogliati si misero intorno a me ed io potei riaddormentarmi felice di avere i loro corpi nudi stretti al mio.
“Finalmente domenica” dissero in coro i miei quattro ragazzoni “meritato riposo. Tu che impegni hai Roberto?”. “Purtroppo devo andare in quella libreria per presentare il mio primo racconto e la nuova collana. Perché non venite anche voi?”. Dopo essersi guardati risposero all’unisono “Siiii !”. Ci preparammo per fare quel viaggetto in autobus insieme. Mi sentivo libero e leggero, non avrei nascosto niente e a nessuno quello che ero dentro veramente, Non mi sarei protetto dietro ai miei racconti. Sull’autobus c’era poca gente e noi ci sistemammo in fondo occupando di fatto l’intero posto. “Allora possiamo abbracciarti dovunque, non è così?”. “Ma certo… venite qui, voglio un bacio da ognuno di voi”. Agli occhi di quelle persone poteva apparire strano, anche se non fecero niente per scandalizzarsi, che un uomo bianco potesse essere baciato da quattro ragazzi neri, ma noi ci volevamo bene e non facevamo atti osceni. Al capolinea persino l’autista ci salutò calorosamente, forse era anche lui come noi? Il tragitto che portava alla libreria lo facemmo a piedi e diversi occhi erano evidentemente più interessati a noi che non a quello che stavano facendo, di fatti furono diversi ad inciampare sull’asfalto cercando di voltarsi per guardarci. Arrivammo alla libreria che c’era già un discreta folla all’entrata. Un ragazzo della sicurezza mi fece entrare “Scusi, può fare entrare anche loro? Sono con me”. “Ok, come vuole” ed entrammo. La sala era spaziosa e ben sistemata. C’era il posto per il pubblico e la stampa e naturalmente il tavolo con diverse copie del mio primo racconto “Che amori di cani”, che diversi di voi avranno sicuramente letto. Il Presidente della nuova casa editrice non era presente per ragioni d’affari ma aveva delegato uno del consiglio per rappresentarlo. C’era naturalmente il mio editore, Carlo, e il posto per me, al centro. “Sedetevi dove volete tesori” e presero posto esattamente dove avrei voluto, davanti a me. Guardai in giro per vedere se c’era Arturo, possibile che si fosse dimenticato di venire? Poi lo vidi, stava entrando mentre la folla era ancora sulla porta. “Ciao Arturo, temevo ti fossi dimenticato…” ma mi chiuse la bocca con un bacio. “Non potevo mancare tesoro” e mi baciò ancora. Non passarono certo inosservate queste nostre effusioni amorose ma scaldò ancor di più l’ambiente. Poi entrarono anche alcuni giornalisti che si sedettero davanti nelle sedie a loro assegnate e di seguito furono fatte entrare le persone, o almeno quelle che potettero trovare posto sedute, il resto dovette accontentarsi di restare in piedi nel salone che adiacente. Fu una lunga ed estenuante giornata, con la presentazione della nuova collana e del loro nuovo autore di racconti. Poi fu la volta dei giornalisti che incentrarono le loro domande sullo scrittore e su ciò che i suoi racconti volevano trasmettere, quale e quanti sarebbero stati i racconti da pubblicare oltre il primo che avevo presentato e se i generi si sarebbero differenziati e concentrati solo su un genere, la zoofilia. Non potevo certo rivelare in anticipo tutto quanto, anche se una parte della gente, stampa compresa conoscevano qualcosa dei racconti pur non essendo famosi al grande pubblico. Finite le domande dei giornalisti vollero dare spazio anche a qualcuno del pubblico. “Nel suo primo racconto non si parla di lei e della sua vita privata, ma sembra che lei tragga ispirazione da esperienze vissute in prima persona, è vero?”. “Vero, signor?”. “Mi scusi, non mi sono presentato, mi chiamo Armando”. “Grazie signor Armando. Si è vero, quindi per rispondere in modo esplicito le assicuro che ho avuto esperienze con cani come descritto nel mio primo romanzo, per l’esattezza tre, un meticcio di media taglia e due labrador. Ho vissuto anche dieci anni con i miei due labrador durante i quali abbiamo fatto sesso quasi tutti i giorni, a volte anche due volte al giorno. Le altre esperienze non posso raccontarvele, fanno parte delle prossime uscite”. Notai che alcuni stavano scambiandosi frasi, dovevo aver colpito nel segno lo spirito della serata. “Quindi lei afferma che avere rapporti sessuali con animali è normale? Mi chiamo Marco”. “Se normale, signor Marco, intende condiviso direi di si. Non ho mai forzato nessuno a farlo, piaceva a me ma piaceva anche a loro. Se invece per normale lo intende dal punto di vista morale, dico che la morale spesso può essere un freno che porta certe persone alla depravazione, come la pedofilia, il sadismo, fino anche alla violenza pura su chi non condivide in modo cosciente i tuoi stessi desideri. Quindi affermo che, per me e per gli animali che ho avuto, si, è normale”. Questa mia affermazione mise in subbuglio diverse persone, soprattutto il delegato della nuova casa editrice, che non si aspettavano certo che rispondessi in modo così trasparente. “Devo aggiungere che ho un compagno e ci frequentiamo ormai da almeno dieci anni, fra alti e bassi e che torneremo a vivere insieme nel prossimo mese. Convivo da un mese circa con quattro ragazzi del Ghana ai quali ho trovato un lavoro, rinnovato il permesso di soggiorno e con tutti loro faccio sesso quasi quotidianamente. Questo può sconvolgere molte persone ma ho imparato a non avere segreti perché non faccio del male a nessuno, tutt’altro”. Ci furono attimi di silenzio, quasi si sentivano i respiri dei presenti, poi qualcuno dal fondo si alzò per venire al tavolo fermandosi davanti a me. “Potrei averne una copia? Naturalmente con la dedica”. “Certamente, a chi la dedica?”. “Teresa, mi chiamo Teresa”. Era una giovanissima ragazza e mi sorprese un po' ma fece fare il passo a tutti gli altri che si stavano accalcando per la loro copia con dedica. Il pomeriggio terminò alla grande, tutti ebbero la loro copia con dedica ed uscirono stringendomi la mano, tutti, tranne quel Marco che evidentemente non aveva gradito la mia franchezza. Anche il delegato poi si convinse che avevo fatto la scelta giusta, visto che le oltre duecento copie che avevano portato, erano andate a ruba. “Sei contento Roberto?”. “Contentissimo e ora posso baciarti in pubblico”. Quel bacio fu liberatorio e anche l’abbraccio lo fu. “Allora, come procedono i lavori a casa nuova?”. “Sono a fine, se vuoi puoi venirci anche domani”. “Wow, è fantastico” e lo abbracciai baciandolo dappertutto. “Ehi, amore, mi stai seppellendo di baci. Chissà cosa farai quando vedrai la sorpresa”. “Una sorpresa? Quale sorpresa, dimmelo” gli intimai dandogli un pizzicotto. “E’ una sorpresa, saprai attendere fino a domani?”. “Dovrò prendere un sonnifero, anche perché sono troppo eccitato per tutto quello che mi è successo in questi due giorni. Te l’ho detto che ti amo?”. “Si, almeno un centinaio di volte, ma mi piace sempre sentirtelo dire” e lo bacai di nuovo. La folla aveva abbandonato la sala e i mie ragazzi si avvicinarono. “Sei stato grande Roberto, quel Marco deve avere seri problemi sessuali” disse Isaac. “Ragazzi, io rimango fuori a cena con Arturo e torneremo tardi a casa, non vi dispiace vero?”. “Certo che no, ci vediamo domani mattina. Se vuoi ti diamo una mano per il trasloco, chiediamo un giorno di permesso…”. “No, voi andate al lavoro per il trasloco mi organizzo, e poi mi ci vorranno poche ore per portare le mie poche cose a casa nuova, il resto lo lascio a voi” e li strinsi a me baciandoli “siete bellissimi, come sempre” e si allontanarono.
Arturo mi fece salire in macchina, che aveva parcheggiato nel parcheggio sotterraneo della stazione, e mi fece fare un giro panoramico della città passando dalle colline circostanti, colline che io conoscevo benissimo. Ci fermammo nella piazzetta del paesino e, scendendo dall’auto, mi portò in uno dei posti che adoravo di quel paesino, la vista meravigliosa e mozzafiato della mia città che si mostrava ai nostri occhi. Ci sedemmo su una panchina, mano nella mano, per ammirare il panorama lasciandoci accarezzare dalla brezza fresca della sera che mitigava il caldo della giornata appena trascorsa. “E’ bello qui, non è vero Roberto?”. “Bellissimo, ancor di più perché ho accanto a me la persona che amo” e lo baciai, un bacio lunghissimo, passionale ma anche carico d’amore verso quella persona che mi conosceva profondamente. Restammo ancora un po' ed io mi lasciavo coccolare dal suo tenero abbraccio, fino a quando ci alzammo e lui mi accompagnò, tenendomi per mano, verso un ristorantino lungo una piccola ma ripida salita. “Buona sera” fece il cameriere “Ho prenotato un posto per due”disse Arturo, “prego, questo va bene?” chiese il cameriere”, “perfetto” intervenni io “si vede tutta la città illuminata” e ci sedemmo al tavolo. “Sai, stavo pensando, non è che potresti darmi un accenno della sorpresa?”. “Sei curioso da morire vero?”. “Si”. “Ok, ma solo un piccolissimo indizio. Le sorprese sono tre anche se è una”. “Quindi tre sorprese uguali.. mmm. Potrebbero essere diverse cose”. In quel mentre arrivò il cameriere con i menù “ecco a voi” e ci mettemmo a leggere. “Se volete passo dopo quando avrete deciso..”. “No no, prendiamo due risotti col radicchio rosso e per dopo vediamo, se abbiamo fame”. Benissimo. Da bere cosa volete, acqua e..”. “Vino, rosè, fresco”. “Bene, a dopo”. “Stavo dicendo che se sono tre sorprese ma identiche…”. “Non ho detto identiche, solo che come regalo sono uguali ma di-ver-si!”. “Oh, Arturo, ma è un rompicapo, da quando me lo hai detto è come se stessi cercando di risolvere un caso di omicidio, uno di quelli irrisolti. Non puoi semplicemente dirmelo?”. “No, però sono convintissimo che salterai di gioia appena lo vedrai, o meglio, li vedrai”. “I regali?”. “Certo che si e cosa” e mi baciò mettendomi la mano sulla coscia, incurante di alcune persone che ci stavano osservando. Ora si che era bellissimo, potevamo amarci senza curarci degli sguardi altrui. Tornò il cameriere con acqua e vino rosè fresco. Mentre aspettavamo il risotto, continuammo a parlare, toccandoci, baciandoci e sorseggiando il vino e le poche persone presenti sembravano quasi gradire le nostre effusioni, in fondo, due persone che si amano sono sempre una bella cosa da vedere. La serata trascorse piacevolissimamente e velocemente che non ci accorgemmo dell’ora tarda. “Cavolo” esclamo Arturo “non credevo fosse così tardi. Vuoi che ti riaccompagni a casa?”. “Vorrei restare ancora un po' con te e vorrei che la serata non finisse mai per risvegliarmi al mattino accanto a te”. “Allora ho capito cosa devo fare, vieni, usciamo da qui”. Pagò il conto e ci incamminammo verso l’auto, poi mi fece salire. “Ora per favore mettiti questa benda”. “Ma perché, dove vuoi portarmi? Vuoi rapirmi?”. “Non devi vedere dove andiamo ma ti prometto che ti piacerà tantissimo” e mise in moto. Non capivo ne dove stavamo andando ne quanto tempo trascorse, forse un’ora e durante tutto il tragitto tenni la benda e lui mi cantava la canzone, la nostra canzone che ascoltammo la prima notte passata insieme in quella fattoria. C’era quella musica di sottofondo e lui ci cantava sopra, più e più volte, quasi a volermi stordire. Poi la macchina si fermò. “Ecco, siamo arrivati, ancora un po' e potrai toglierti la benda”. Mi fece scendere e mi accompagnò in quella che doveva essere una casa o un appartamento, lo avvertì perché l’aria si fece più fresca rispetto a fuori e molto più silenziosa. “Adesso puoi toglierti la benda”. Quando lo feci mi resi subito conto che era una casa, e da quello che vedevo, anche molto spaziosa. Eravamo nel salotto entrata con mobili antichi, quadri, un grande schermo al muro, un tavolino al centro con poltrone e divano e un caminetto situato al centro della parete più lunga. “Vieni, ti faccio vedere il resto”. “Ma, è casa tua?”. “Si, ed ora anche la tua”. Il suo studio, la cucina spaziosa, i bagni, uno con doccia l’altro con idromassaggio. Poi mi invitò a seguirlo al piano superiore dove c’erano tre camere, ampie e con balcone, tranne la nostra con terrazza, e due bagni. “Vedi, una è per noi, questa” bellissima con un lettone per rigirarsi la notte pensai. “Questa invece è per i ragazzi e l’altra è per altri ospiti, se e quando verranno”. “Sono tutte grandi, non mi avevi detto che avevi una cosa così”. “In realtà era più piccola ma col terreno che avevo acquistato ho voluto fare dei cambiamenti. E poi guarda” e aprì la nostra terrazza. “Che bello, hai un bellissimo giardino e tanto verde qui intorno. E quel casottino cos’è?” domandai. “Per ora una rimessa ma la sto facendo arredare”. Notai di nuovo quel suo sguardo che aveva quando nascondeva qualcosa. “Non ti credo, non è un’autorimessa vero?”. Non posso nasconderti niente vero? Ok, vieni” e mi accompagnò fuori dalla casa dirigendoci verso quel casottino. “Sei pronto?”. “Pronto per cosa”, “per le sorprese” apri la porta e accese la luce. Quello che vidi mi fece gridare dalla gioia e gli saltai in braccio. “Amore, ma, sono bellissimi”. “Lo sapevo che ti sarebbero piaciuti tanto, vai, saranno i tuoi guardiani del corpo”. Mi avvicinai a loro sicuro che mi avrebbero accettato. Arturo mi aveva fatto un triplice regalo, tre Corsi. Per chi non li conosce, sono cani di grossa taglia, di origine italiane. Le dimensioni medie di un maschio vanno dai sessantaquattro e i sessantotto centimetri di altezza per quarantacinque cinquanta chili di peso in età adulta ed è un molosso. Molto affettuosi con la famiglia a cui appartengono ed instaurano col padrone un rapporto molto stretto, intimo oserei dire, lo seguono ovunque come un’ombra ma non invadenti. Dolce, leale e protettivo ed è sempre alla ricerca del contatto fisico di chi ama. Quando fui davanti, si misero a girarmi attorno per sentire i miei odori. “Vedi? Stanno facendo la tua conoscenza”. “Sono adorabili, quanti anni hanno?”. “Solo sette mesi e crescono ancora, almeno fino ad un anno. Li ho presi una settimana fa da un amico che ha un allevamento e pensavo fossero la taglia e la razza giusta per te. Dovrai solo terminare l’addestramento perché ti riconoscano come il loro padrone”. “E se poi diventassero loro i miei padroni?”. “Di solito non è così e lo sai, le gerarchie sono solo all’interno del branco, ma in quel caso sarebbe opportuno che loro sapessero che tu sei il capo branco e ti concedi come unica cagna del branco, una specie di matriarcato”. “Sono bellissimi” dissi mentre mi misi in ginocchio con loro che mi annusavano. Poi successe quello che era inevitabile, vista la mia dimestichezza con i cani maschi. Cominciarono a leccarmi sul viso, come a baciarmi ed io risposi con entusiasmo. Erano ancora cuccioli ma sembrava avessero già chiaro il loro compito con me. “Puoi, se vuoi, spogliarti e iniziare lo svezzamento”. Non sapevo se spogliarmi o cominciare ad accarezzarli e optai per la prima. In breve mi ritrovai nudo con loro che mi leccavano ovunque. Sentire quelle grosse lingue rugose sul mio corpo fu come rivivere desideri ancestrali. Lasciavano scie di saliva enorme sul mio corpo e la cosa mi eccitava tantissimo. Uno di loro mi si era messo dietro e puntava il naso al mio culo. “Vedi? Sembra quasi che sappiano già cosa fare”. Non sapevo ancora come chiamarli e già ero li a fare sesso con loro. La lingua del primo mi stava eccitando e feci il gesto di mettermi a pecorina, era quello che aspettava. Le sue leccate poderose puntarono direttamente al mio buco mentre io accarezzavo e cercavo di raggiungere i cazzi degli altri due. Vi immaginate la scena? Io, nudo, a pecorina con tre Corsi che mi sovrastavano ed erano pronti a farmi di tutto. Arturo stava osservando la scena e si era tirato giù i pantaloni per masturbarsi. Ce l’aveva durissimo e io lo intravedevo coperto com’ero dai miei molossi color antracite. Le punte dei due cazzi che avevo di fronte avevano fatto capolino ma non avevo ancora l’idea delle reali dimensioni, fino a che, iniziando a segarli, non li vidi fuori, rossi, duri e morbidi al tatto. Il nodo non era fuori ma intravedevo le sue parziali dimensioni. Enormi, davvero enormi. L’altro dietro ci dava dentro con la lingua, evidentemente gli piaceva tanto il mio buco ma poi non resistette ancora. Mi salì sopra ed io feci fatica a sorreggerlo tanto era pesante. Poggiava la sua testona sulle mie spalle, sbavando mentre dietro cercava la strada per entrare, schizzando ogni tanto per lubrificarlo. Lasciai perdere gli altri due e mi dedicai ad aiutarlo, era inesperto e si sarebbe agitato troppo non trovando il buco subito. Così cercai di tranquillizzarlo, parlandogli, dicendogli cose dolci, accarezzandolo sul testone. Poi misi la mano dietro e glielo presi in mano per portarlo al buco del piacere. Lui lo senti e cominciò a dare dei colpetti. Non ci mise tanto a rendersi conto di aver trovato la strada e iniziò a spingere con potenza. Mi stava montando alla grande e, nonostante fosse ancora un cucciolo, era possente e pesante ma riuscivo a gestirlo abbastanza bene. Più si eccitava più spingeva, più spingeva più si eccitava...e più il suo cazzo raggiungeva dimensioni enormi. Il suo nodo si ingrossava e mi sbatteva contro le natiche e le sue grosse palle contro le mie. Arrivò il momento di decidere se prendere il nodo dentro di me o lasciarlo fuori. Decisi che per la prima volta sarebbe stato meglio fuori, anche se c’era Arturo ad aiutarmi. Così presi in mano l’asta alla base e tenni fuori il nodo quando il cucciolone, dopo cinque minuti di monta, si arrestò. Fu quello il momento che attendevo sempre nelle mie esperienze di zoofilia, il momento in cui gli animali si fermano e riversano tutta la sborra che hanno dentro la mia pancia. Visto che non avevo il nodo dentro, avrei potuto anche estrarlo fuori ma mi sarei perso il piacere di sentire il suo liquido caldo scorrere nel mio intestino, quindi restammo così per circa mezz’ora. Gli altri due, nel frattempo, si stavano leccando e questo mi dispiacque perché li avevo messi da parte, ma non era quello che volevo. Mi riproposi di farmi perdonare e la prossima volta mi sarei concesso a tutti e tre contemporaneamente. Quando fu tutto finito mi sdraiai in mezzo a loro, avrei anche potuto fare a meno di un letto con tanta morbidezza e calore intorno a me. “Arturo” dissi “Grazie è il più regalo della mia vita, sei riuscito a colmare quel vuoto che avevo dopo la perdita dei miei due amori. Grazie”.
Poco dopo mi rialzai, lasciando quel morbido e accogliente giaciglio dei miei tre nuovi amori, accarezzandoli e dandogli la buona notte. “A domani cuccioloni miei”. “Adesso riposerai nel nostro lettone amore, andiamo” mi disse Arturo e insieme salimmo in camera per una notte di solamente sonno e coccole.
La nuova settimana che era cominciata, mi vedeva impegnato nell’organizzare il trasloco, così ero andato alla mia vecchia abitazione per inscatolare tutte le mie cose, dai libri ai dischi, dall’impianto stereo alle scrivanie, dai computer a tutti i miei vestiti, comprese le mie chitarre delle quali non vi ho mai fatto menzione, ma ne posseggo diverse. I mobili della camera della cucina e tutto il resto, lo lasciai ai ragazzi, almeno fino a quando non si fossero decisi a trasferirsi con me e Arturo. Nel giro di un paio di giorni avevo fatto trasferire tutto mentre io mi dedicavo a riordinare le mie cose nella nostra nuova casa. £C’è ancora una cosa che resta da fare” mi disse Arturo “vendere o non vendere la tua vecchia casa? Se non lo vuoi fare lo capisco ma non ha senso tenerla, non credi?”. “Hai ragione e poi quei soldi mi servono perché ho un sogno nel cassetto”. “Quale” mi chiese. “Vorrei avere una mia casa editrice, piccola ma con gli appoggi giusti potrei pubblicare non solo i miei racconti, ma anche quelli di altri scrittori che vogliono avventurarsi in questo genere, solo porno di zoofilia, lo capisci?”. “Certo” e mi abbracciò teneramente come solo lui sapeva fare. Da quel giorno le cose fra noi sono andate benissimo, io, Arturo, i miei quattro ragazzi neri e le mie tre guardie del corpo che ormai avevano raggiunto due anni di età e la taglia massima di un molosso.
PS: Come promesso, ho terminato questo mio ultimo racconto e lo consegnerò alla nuova casa editrice. Un saluto affettuoso a tutti voi, carissimi. Vorrei prendermi una pausa per cercare e trovare nuove esperienze per altri racconti. Non vi lascio e sarò sempre con voi. Un bacio sulle vostre cappelle, con amore il vostro porcello Roberto.
Monica
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