Mi chiamo Federica, ho 23 anni. Sono nata a Genova il 24 gennaio 1997 e sono cresciuta in una tipica famiglia borghese genovese, papà Carlo funzionario regionale, mamma Elisabetta libera professionista, un fratello, Andrea, di 9 anni più grande di me, integralista cattolico, frequentatore di Acr, parrocchia, ambienti ecclesiastici. Da bambina anche io sono stata indottrinata dai miei genitori e dall’esempio di mio fratello verso questa visione della vita, partecipazione alla messa domenicale, comunione e cresima, tabù del sesso visto come una cosa di cui non ci si doveva mai macchiare, rapporti rigorosamente dopo il matrimonio, tutti argomenti che sentivo spesso a casa, detti a mio fratello da mia madre ma fatti in modo che anche io ascoltassi affinchè la goccia di quei discorsi scalfisse la pietra e penetrasse nel mio cervello, una sorta di lavaggio del cervello pediatrico.
Ma poi crescendo all’inizio dell’adolescenza, dagli 11 anni in poi, grazie anche alle nuove amicizie delle scuole medie, mi sono poco per volta allontanata da questo ambiente un po’ cupo e repressivo e, pur rimanendo credente, mi sono presa le mie libertà rifiutandomi di seguire la famiglia nella consueta uscita domenicale nella parrocchia di quartiere. Delusione da parte dei miei genitori che mi paragonavano spesso a mio fratello, così buono e bravo! E io, più per accontentarli che per mia convinzione personale, li seguivo nelle festività rigorosamente cattoliche, Natale e Pasqua.
Alle scuole medie ero timida e insicura, avevo pochissime amiche, uscivo poco se non accompagnata dai miei genitori o da mio fratello, non avevo nemmeno un interesse particolare o un hobby. Ascoltavo spesso musica, leggevo, guardavo la tv, oltre allo studio. Insomma, nulla degno di nota.
All’inizio del 2008, dopo che avevo da poco compiuto 11 anni, mia madre sbandierò ai quattro venti che avevo avuto il menarca. La cosa mi diede fastidio. Insomma era una cosa mia, che bisogno c’era di dire a parenti e amici che mi era venuto il ciclo? A loro cosa poteva importare? Solo per dirmi che brava ora non si più una bambina? Ma chi se ne frega dei vostri commenti! Comunque non ho potuto farci nulla.
A 13 anni, terminata la scuola media, mi vedevo brutta. Avevo l’abitudine di guardarmi nuda allo specchio in bagno e constatavo e mi confermavo di essere brutta, con quei capelli lisci con la frangetta di un color castano insignificante, occhi anch’essi castani ma li vedevo poco vivaci e poco espressivi, con quel mio seno appena accennato e i capezzoli piccoli, con quel piccolo ciuffetto di peli, anch’essi castani, al pube e quelle grandi labbra che mi sporgevano in modo che me ne vergognavo. Tutti, parenti e amici di parenti, mi dicevano che ero cosi bella! Ma dove?? Come fanno a dire che sono bella, mi chiedevo! Ed ero pure sola. Avevo solamente un’amica con la quale potevo confidarmi. Io ero ancora nel mondo delle favole e siccome il sesso era un argomento tabù nessuno a casa mi aveva mai parlato dei cambiamenti del mio corpo e di cosa si può scoprire! Ricordo soltanto che quando la sera andavo nel mio letto sentivo come dentro di me un forte desiderio di sdraiarmi a pancia in giù e di mettermi una mano dentro la mutandina per toccarmi la patatina, cosa che iniziavo a fare ma poi quando scoprivo che provavo qualcosa di piacevole toccandomi il clitoride la cui funzione mi era pressochè sconosciuta, lo associavo al sesso come una cosa sporca e smettevo subito. La mia unica e cara amica Alessia, che era decisamente più avanti di me in fatto di malizia, quando eravamo a casa sua e ci confidavamo i nostri pensieri anche più intimi, spesso mi parlava di cose di cui in pratica ignoravo il significato. La prima volta che mi parlò di masturbazione e di come lo faceva nel suo letto e nella doccia, la guardai come se parlasse di marziani scesi sulla terra. Mi venne soltanto il barlume, quando mi parlava del suo clitoride, che anche io quando provavo piacere la sera nel mio letto, evidentemente mi toccavo il clitoride! Ma siccome mi vergognavo di ammettere che ero del tutto ignara di ciò che mi andava raccontando, annuivo e le dicevo che, si, anche io facevo come lei. E Alessia, tutta contenta, allora mi chiedeva particolari sui quali mentivo spudoratamente e, anzi, diventavo rossa a parlarne. Un giorno d’estate, terminata la scuola, ancora più incuriosita dai suoi discorsi, tornata a casa mi misi a cercare su internet cosa volesse dire “masturbazione del clitoride” e finalmente avevo capito tutto! Avevo compreso quindi con certezza cosa era quella specie di piacere che provavo quando di notte mettevo la mano sotto la mutandine e quando mi facevo la doccia e lo spruzzo dell’acqua finiva sulla mia patatina. Mi vergognai dei discorsi che avevo fatto con Alessia avendo capito che probabilmente lei si era resa conto che io non avevo fatto mai nulla del genere. Fu così che quella sera, andata a letto, per la prima volta sperimentai in modo consapevole anche se molto goffo la mia prima masturbazione. Ricordandomi delle tecniche di cui mi aveva parlato Alessia, mi abbassai la mutandina e cercai di emularla andando a cercare il mio clitoride che, più o meno, avevo capito dov’era. E frugando e muovendo il dito, finalmente avevo centrato l’obiettivo e pensando ai discorsi della mia amica ho iniziato quella prima masturbazione, a occhi chiusi, concentrata sul piacere che stavo cercando di procurarmi, che mi ha portata ad avere il mio primo piccolo orgasmo. E ne fui turbata! Perché pensando al sesso come ad una cosa sporca, di cui i miei genitori e mio fratello mi avevano sempre riempita la testa, credevo di aver fatto una cosa orribile di cui pentirmi ripromettendomi di non farlo più. Ma siccome per fortuna la natura ha il sopravvento sulle convinzioni personali, o almeno così dovrebbe essere, quella fu la mia prima di una lunga serie di esplorazioni sessuali personali.
A 14 anni, durante il primo anno delle scuole superiori, il liceo scientifico Leonardo da Vinci, mia madre mi portò a fare la prima visita ginecologica dal suo ginecologo di fiducia. Inutile dire che per me fu alquanto imbarazzante sia rispondere alle sue domande, sia durante la visita vera e propria in cui mi mise anche il dito nel culetto, essendo vergine, il tutto alla presenza di mia madre.
Ma in quell’inizio estate del 2011 ebbi una prima significativa svolta nella scoperta della mia sessualità.
Premetto che durante questo primo anno di liceo la mia vita non era cambiata granchè. Ero una adolescente irrequieta, che si vedeva sempre poco bella e poco attraente, nonostante alcuni compagni di classe mi stessero dietro e ai quali non avevo dato alcuna speranza. Tutto ciò che riguardava l’amore e il sesso non mi interessavano, preferivo vivere chiusa nel mio mondo fatto di studio, di letture, di musica e di pochi divertimenti. Mi vedevo qualche volta con Alessia e con alcune mie compagne di classe per feste o per uscite in centro; ma per il resto ero una solitaria, molto di più delle mie coetanee. Mi guardavo sempre allo specchio nuda per sperare di vedere un qualche cambiamento nel mio corpo, ma i risultati mi sembravano sempre gli stessi: zero nuove risorse! L’unica mia consolazione allo stato di desolazione fisico che mi sembrava di avere era la masturbazione che mi dava sollievo e mi aiutava a rilassarmi e a dormire meglio la notte.
Dunque, finito nel migliore dei modi il primo anno di liceo, ebbi una caduta fisica dovuta allo stress e alla stanchezza; ero agitata, nervosa, inappetente.
Mia madre era una incallita naturopata nel senso che, finchè era possibile, non ci propinava medicine per piccoli disturbi ma preferiva i rimedi naturali. Certo questo non significa che non ci abbia mai dato antibiotici o aspirine quando era necessario, ma finchè era possibile ricorrere a rimedi meno invasivi e meno chimici, mia madre era una esperta in materia! Da piccola infatti mi aveva fatto perette di erbe, mi aveva dato da bere infusi vari, fatte inalazioni di eucaliptolo, anche su aiuto e suggerimento sia del pediatra che di una vicina di casa, infermiera presso uno degli ospedali cittadini, anch’essa fermamente convinta della bontà dei rimedi che la natura ci può offrire.
Allora, vista la mia condizione di quell’inizio giugno del 2011, mia madre disse che era necessario, secondo lei, una cura fatta nuovamente di perette di erbe. Alle mie rimostranze mi disse che non avrebbe avuto la pazienza di convincermi ogni volta e che quindi aveva chiesto all’infermiera del piano di sotto se poteva farmele e lei aveva accettato senza problemi.
Rimasi inerme difronte a questa decisione di mia madre, ma sapevo che non avrei potuto obiettare alcunchè.
Il giorno dopo, era un venerdì pomeriggio, mentre ero in camera mia semi svestita per il caldo, indossavo una maglietta leggera senza ovviamente reggiseno (a che mi serviva, poi, viste le mie tettine che non si decidevano a crescere) e uno short, scalza, mia madre entrò e mi disse di seguirla, che saremmo andate dalla vicina per fare la prima peretta. Mi si strinse lo stomaco all’idea, ma non c’era nulla da fare. Messe le infradito ai piedi, la seguii rassegnata al mio destino di quel pomeriggio.
Scese al piano di sotto, mia madre suonò il campanello della vicina.
Oh buongiorno signora! - disse la vicina, che si chiamava Mariarosaria, chiamata da tutti Rosa – Ciao Federica! Venite entrate!
Entrammo direttamente in un corridoio piuttosto buio, dalle pareti color giallo ocra su cui era appeso qualche quadretto e un armadio a specchi su un lato, corridoio scarsamente illuminato da due faretti posti in alto a metà del muro.
In fondo al corridoio, sulla destra, entrammo in una ampia sala, anch’essa dalle pareti giallo ocra, con un divano nero alla parete destra sopra il quale era appeso un arazzo stile indiano, di fronte una porta-finestra con un terrazzino e di fianco un tavolino, e di fronte un tavolo con la tv e qualche sedia messa qua e là senza molto senso logico.
Accomodatevi, ci disse.
Sedute sul divano, ero piuttosto nervosa e agitata. Fissavo questa signora che conoscevo ovviamente, ma senza averci mai parlato, solo saluti di circostanza quando la incontravo. Zitella da sempre, aveva 67 anni, come mi aveva detto mia madre, piccola di statura, dai capelli ricci di un colore che andava dal nero al grigio corti, arrivavano sopra le spalle, magra ma con quell’accenno di adipe dovuta all’età avanzata, occhi scuri quasi neri, un sorriso da persona anziana e un filo di rossetto. Ricordo bene che indossava una camicetta color panna a maniche corte e una gonna sotto al ginocchio di color scuro e sandali ai piedi, anch’essi che risentivano dell’età.
Grazie Rosa, disse mia madre, poi mi dirà quanto le devo per quello che fa per Federica.
Ma s’immagini, non si preoccupi, lo faccio volentieri per Federica. E tu Federica, come stai diventando bella!, mi disse con un sorriso che mi sembrava forzato.
Fra me pensavo, ecco un’altra che mi dice che sono bella! Ma dove? Mah! Era sicuramente un complimento di circostanza.
Non si preoccupi signora, Federica starà perfettamente in forma finito il ciclo di cui abbiamo parlato!
Bene, disse mia madre, ora vi lascio. Mi raccomando, Federica, stai tranquilla e appena finito torna a casa, va bene?
Io annuii e mia madre, alzandomi, mi diede un bacio sulla guancia.
Appena chiusa la porta, la signora tornò da me e mi disse di seguirla in cucina che era quasi di fronte alla sala.
Entrammo in questa stanza dove c’era un tavolo con due sedie, una finestra con una tenda bianca di poco conto, un grande armadio arancione che mi sembrava aver visto su internet come arredo vintage anni 60, e poi la cucina vera e propria.
Siediti qui Federica!
Sedutami al tavolo, la osservavo mentre si dava da fare; prese una pentola, la riempì con un po di acqua e la mise a scaldare a fuoco lento; dallo scaffale a fianco prese delle bustine di camomilla che poggiò sul tavolo. Poi si diresse verso quell’armadio arancione e da una porta prese una scatola che mise sul tavolo.
Ecco qui, vieni Federica, cosi mi aiuti.
Non capivo a cosa si riferisse. Ammutolita e piuttosto nervosa e imbarazzata mi avvicinai e lei estrasse dalla scatola una sacca di plastica con un tubo bianco, che allora mi sembrava cosi lungo, con una estremità semi ricurva.
Ecco qui l’occorrente per il tuo primo clistere!, disse sorridendo. Mi aiuti a sciacquarla?
La guardai esterefatta. Pensavo alla peretta, ricordavo quelle che mamma mi aveva fatte da piccola e avevo rivisto su internet come era fatta. E invece mi sono ritrovata di fronte ad un enteroclisma vero e proprio, come poi avevo scoperto si chiamasse! Avrei voluto scappare, ma l’imbarazzo della situazione mi impediva di fare qualunque cosa che non fosse obbedire alla signora Rosa. Presi cosi quella sacca con le mani che mi tremavano un po, ma feci in modo che non se ne accorgesse, e la misi sotto il rubinetto per sciacquarla come mi aveva chiesto di fare. Fra me pensavo che sarebbe stato impossibile per me ricevere cosi tanta acqua che poteva contenere quella sacca! Ero veramente spaventata all’idea! E, come se mi avesse letto nella mente, la signora mi disse:
Stai tranquilla, eh, non la riempiamo mica tutta!
Feci dentro di me un sospiro di sollievo.
Ora mentre l’acqua si riscalda un poco andiamo a prepararci, vieni!
La seguii rassegnata. Ci dirigemmo sempre nel corridoio, ma entrammo in una camera che era posta quasi di fronte a quell’armadio a specchi. Era una camera piccola, dalle pareti bianche, con un piccolo armadio in legno e un letto come il mio, a una piazza e mezza, con vicino un appendiabiti e un tavolo.
Vieni, mi disse, prendendomi docilmente per un braccio per mettermi difronte a lei. Guardandomi negli occhi ma senza dire nulla mi tolse prima la maglietta rimanendo a seno nudo e poi gli short.
Rimasta con le sole mutandine, decisamente piuttosto a disagio, mi fece coricare a pancia giù sul lettino. Appena coricata, sentii le sue dita appoggiarsi all’elastico delle mie mutandine per sfilarmele subito dopo. Rimasta nuda come mamma mi aveva fatta, mi sentivo rossa in viso e con una gran voglia di scappare via. sentii le sue mani ai lati delle mie cosce come a premere sulla mia pelle e siccome non sapevo che cosa dovevo fare mi disse : - Solleva un po il culetto!
Mi sentivo in quel momento esposta completamente nella mia nudità di fronte a questa signora. Fino a quel momento nuda ero stata vista solamente dai miei genitori e da mio fratello, ma cosi intimamente nuda solamente dal pediatra per la consueta visita di controllo.
Ormai mi sentivo inerme ed incapace a reagire a qualunque ordine mi venisse dato. Col batticuore piegai un po’ le ginocchia in modo da mettermi come mi aveva chiesto, per tenere il culetto più sollevato e sotto alla mia pancia mise un grosso cuscino. Un istante dopo sentii appoggiarsi sul mio buchetto un suo dito che evidentemente aveva cosparso di una pomata rinfrescante e lo sentii muoversi delicatamente tutto attorno e sopra il mio ano e spingersi con delicatezza appena all’interno. Era un’operazione che mi imbarazzava, la mia piena intimità era messa alla luce, ma che mi aveva dato nello stesso tempo anche un brivido che io avevo attribuito al contatto con il freddo della pomata.
Torno subito!, mi disse, appena finito di ungermi.
Voltai un momento la testa per vedere dove stava andando e pochissimo dopo la vidi tornare con in mano quella sacca riempita a metà dell’acqua che aveva messa a scaldare, con un profumo inconfondibile di camomilla che evidentemente aveva disciolta nel liquido, e con quel tubo bianco che pendeva dal fondo della sacca con la parte finale formata da una specie di beccuccio leggermente ricurvo. Rimasi un momento senza fiato, una paura e un’ansia mi stavano prendendo il sopravvento, sentivo che stavo sudando e avevo il batticuore.
La signora appese la sacca all’appendiabiti posto a fianco del letto e, prendendo l’estremità del tubo, vidi che pose sul beccuccio altra pomata, sicuramente la stessa che aveva usata su di me poco prima, spalmandola per tutta quanta la sua lunghezza, dopo di che si sedette al mio fianco e, dopo aver appoggiato la punta dell’arnese sul mio ano, con voce rassicurante, mi disse:
Coraggio, ora fai un bel respirone profondo.
Obbedii e nell’istante in cui lo feci sentii che aveva inserito lentamente, ma per gran parte la sua lunghezza certamente, quel beccuccio nel mio buchino dopo di che si alzò e vidi che armeggiava sotto la sacca, attorno alla piccola valvola che serviva per far defluire l’acqua nel mio intestino. Sentii dapprima un piccolo gorgoglio provenire dalla sacca e subito dopo un primo leggero flusso dell’acqua entrarmi dentro. D’istinto feci uno scatto con la pancia e con le gambe e, penso, anche un gemito di fastidio, al che la signora si sedette al mio fianco e, senza dire nulla, iniziò con una mano a massaggiarmi la schiena e le natiche e con l’altra a massaggiarmi l’intestino. Il caldo contatto delle sue mani ebbe subito su di me un effetto rilassante e positivo; sentivo questo passaggio manuale lieve ed esperto passare lungo tutta la mia spina dorsale, arrivare sul fondo schiena per poi passare sul mio culetto, ora su una natica, ora sull’altra, e nello stesso tempo l’altra mano accarezzare con movimenti circolari la mia pancia fino ad arrivare con le dita a toccare i miei peli. Era una cosa che non avevo mai provata prima, con gli occhi chiusi stavo assaporando quel massaggio cosi esperto, cosi rilassante e cosi rassicurante, anche se nello stesso tempo imbarazzante, che quasi mi stavo dimenticando che mi stava facendo il clistere. Il batticuore e l’ondata di calore che mi pervase mi fece constatare che mi stavo eccitando nel ricevere questo doppio trattamento dalla signora Rosa, ma non capivo bene il motivo di tutto quello che mi stava capitando. Non avevo idea del tempo che era passato. Infatti ad un certo momento sentii, con mio disappunto, che la signora tolse le mani dal mio corpo ed estrasse il tubo dal mio ano.
Sei stata bravissima! Mi disse. Non ti sei mai lamentata! Ora rimani ancora li finchè resisti, mi raccomando! Io sto qui.
Si rimise accanto a me e riprese a massaggiarmi la pancia nello stesso modo in cui mi aveva coccolata prima. Ero felice e tutto questo mi aveva fatto anche dimenticare l’imbarazzo che avevo provato prima nel mostrarle tutte le mie intimità. Qualche minuto dopo mi invitò ad andare in bagno. Nuda come ero mi alzai dal letto e andai nell’attiguo bagno per completare l’opera del clistere.
Finito tutto mi rivestii. Mi sentivo un po frastornata, sia per l’effetto del clistere che anche per l’effetto che aveva avuto su di me quel massaggio!
Sei stata davvero brava!, mi disse Rosa salutandomi, allora ci vediamo esattamente tra una settimana per il secondo clistere!
Le sorrisi compiaciuta del prossimo appuntamento, la salutai e me ne tornai a casa.
Quella sera, andata a letto, non potei far a meno di masturbarmi ripensando a quel pomeriggio. Mi tornavano alla mente tutti i movimenti che aveva fatto sul mio corpo, perfino quando mi aveva unto l’ano era ora diventato per me un motivo di eccitazione, e poi soprattutto i massaggi che mi stavano dando brividi di piacere. Risentivo su di me il lieve massaggio sul mio culetto e soprattutto sulla pancia e il contatto coi miei peli. Era tutto cosi bello! Come avrei adesso voluto che la signora avesse osato di più! Masturbandomi pensavo a come avrei potuto agire la prossima volta affinchè la signora potesse massaggiarmi più in profondità. Provavo dentro di me un misto di vergogna e di eccitazione, un mix esplosivo che mi fece avere un potente orgasmo.
Quella settimana contavo i giorni che mancavano al prossimo appuntamento e più si avvicinava più ero tesa ma nello stesso tempo anche eccitata all’idea di riprovare quelle emozioni e magari anche qualcosa in più.
Finalmente arrivò il venerdi e il pomeriggio scesi da sola dalla signora.
Tutta la preparazione del clistere si svolse allo stesso modo, con qualche discorso in più rispetto alla volta precedente avendomi chiesto poi come era andata, se avevo avuto dei benefici da quel primo clistere ed io, mentendo, le dissi che no, non mi sembrava di aver sentito qualche effetto positivo. Mi disse di non preoccuparmi, che ovviamente uno solo non è sufficiente per avere un qualche risultato degno di nota e che avremmo fatto un ciclo di almeno 5 o 6 clisteri al mese, al che dentro di me sentii una certa esultanza a tale notizia. Durante questa seconda seduta, mentre ero coricata sul lettino nuda come al solito e mentre la signora aveva iniziato a massaggiarmi con la consueta dolce modalità, cercai di mettere in pratica ciò che nei pensieri della masturbazione mi sembrava facile, ossia invogliarla ad osare di più. Ma un conto sono le fantasie, un altro è la realtà. L’unica cosa che mi è venuta da fare in quel frangente è stato di aprire un poco di più le gambe e di sollevare leggermente di più il sedere con la scusa di essere più comoda, ma ciò non comportò pressochè alcuna reazione da parte della signora Rosa la quale, rispetto alla volta precedente, mi aveva massaggiate un po anche le gambe.
Il terzo venerdi finalmente la svolta tanto agognata. Che la signora lo avesse percepito o capito non lo so esattamente o se fu un “incidente di percorso”, fatto sta che le mie fantasie avevano iniziato a trasformarsi in realtà.
Anche quel giorno ero distesa nuda sul lettino ad inizio clistere e la signora iniziò a massaggiarmi nel consueto modo sia sulla schiena, che sul culetto che sulla pancia. Stavo assaporando con la mia consueta rilassatezza ed eccitazione quel contatto con le sue mani tanto da venirmi spontaneo allargare un poco le gambe ed emettere un sospiro come di sollievo. In quel momento Rosa, che si stava soffermando sulla mia natica destra, scese con la mano sulla mia coscia e, con un movimento circolare fatto con il palmo, me la stava massaggiando ma ad un certo punto sentii le sue dita arrivare a sfiorare le mie labbra che erano più che umide. Dentro di me mi si bloccò il respiro e mi prese un forte batticuore dovuto a quel misto tra vergogna di essere stata “scoperta” eccitata e di eccitazione dovuta proprio a questa scoperta. Non immaginavo se era una cosa fatta apposta o se era un incidente, quei secondi successivi mi avrebbero confermato l’una o l’altra ipotesi.
Per un istante non sentii più le sue dita sulle mie labbra e un “Uffa” fra di me lo pensai ma un istante dopo sentii la sua mano che stava continuando a rilassare la mia pancia scendere leggermente tanto che l’inizio del suo palmo era sui miei peli e un suo dito arrivare a premere sul mio clitoride. Di nuovo un blocco di respiro mi ha pervasa e una nuova palpitazione, questa volta più forte ancora, mi aveva conquistata. In quel momento un massaggio ben più efficace di quello sulla pancia e sulla schiena mi stava creando una sensazione unica. Rosa, in modo del tutto sapiente ed amabile, si mise ora a “schiacciare” ora a titillare il mio clitoride, in un modo che da sola non mi ero mai sognata di fare e mai avrei immaginato di provare da un’altra persona. Lo sentii inturgidirsi in un lampo. I movimenti lenti e precisi del suo dito erano diretti a stimolare nel modo più efficace possibile il mio clitoride, soprattutto il movimento che lo titillava dopo averlo premuto erano “devastanti”: i piccoli colpetti che dava col polpastrello erano bombe ormonali che inondavano la mia vagina di secrezioni che mi portarono, da lì a poco, ad avere un orgasmo favoloso al quale ho risposto con un sospiro strozzato di piacere e di stanchezza per quello stato di eccitazione cosi lungo e portato all’esasperazione finale, il tutto permeato da quel clistere di cui, peraltro, ero rimasta pressochè ignara. Troppo imperanti erano gli ormoni che mi avevano avvolta per rendermi conto dell’acqua che mi stava entrando nell’intestino.
Terminato quel clistere, Rosa, mentre mi stava ancora massaggiando la pancia prima di correre in bagno, con un lieve tono di voce mi disse:
Stai tranquilla, non c’è nulla di cui vergognarsi per quello che ti è accaduto. E’ del tutto normale quando si riceve un clistere. Sono le terminazioni nervose che collegano ano e vagina che vengono stimolate e che ti producono piacere. Soprattutto poi alla tua età!
Io annuii con un leggero sorriso.
Inutile dire che da quel venerdi e per tutti i successivi venerdi fino all’ottavo clistere, termine della cura, la signora ad ogni seduta mi ha massaggiata in quel modo cosi efficacemente devastante.
Durante i miei restanti 15 anni, mi bastava poco per indurre mia madre a telefonare alla signora Rosa per chiederle il solito piacere (per mia madre piacere del favore che faceva, per me con doppio senso). Quando il desiderio diventava impellente mi bastava fingere inappetenza la sera, svogliatezza, dire di essere stitica e mia madre, dopo avermi fatto domande su cosa mi sentissi esattamente, se fossi andata in bagno e con che frequenza, se avevo mangiato a scuola schifezze varie, aveva la soluzione pronta, la telefonata alla signora Rosa. Facevo finta di sbuffare, e più lo facevo e più mia madre mi costringeva a scendere al piano di sotto, ma dentro di me si creava un crogiolo di sentimenti contrastanti e deflagranti. Certo un po di imbarazzo c’era sempre nello stare nuda, o con la canotta d’inverno, ma la sapienza del massaggio sia rilassante che intimo prevaleva su ogni cosa. Il venerdi pomeriggio, di ritorno da scuola, o la domenica pomeriggio erano quasi sempre i due giorni dedicati a questa piacevolissima cura.
Certo, col senno di poi, mi sono anche resa conto che la signora Rosa aveva approfittato del momento di turbamento di una ragazzina quale ero allora per dare sfogo a sue represse frustrazioni da zitella quale era sempre stata, ma non ne ho portato rancore perché probabilmente grazie a questo approccio saffico ho avuto una visione più completa della sessualità.
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Luisa
Federica
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