Con il pancino scoperto e le gambe lunghe e lisce, sotto i jeans chiari e corti, le scarpe bianche aperte, la ragazza si fotografava davanti allo specchio con il suo videofonino. Aveva i capelli biondi e lunghi fino al petto, occhi neri, un toppino nero, le unghie delle mani smaltate di rosso. Dall’altra parte, l’uomo la guardava morbosamente, mentre sentiva l’erezione involontaria crescere nei suoi pantaloni. Si avvicinò di più al tavolo in modo da nasconderla, ma il membro toccò il legno ed egli premette di più contro di esso. Si inumidì la bocca che gli si stava asciugando a causa dell’eccitazione. Senza farsene accorgere, se lo toccò rapidamente, spostandolo da un’altra parte e gli sembrò di aver placato la voglia, ma lo sguardo finiva sempre sul volto candido e morbido della ragazza.
«Devo andare un attimo in bagno» disse l’uomo. Si alzò, la guardò meglio, passandosi ancora la lingua sulle labbra e toccandosi l’erezione. Entrò nel bagno, si chiuse dentro, si abbassò i pantaloni e si proiettò l’immagine della ragazza nella mente. Il membro era duro e lungo, se lo afferrò con la mano e iniziò a masturbarsi, pensando a quella bellezza che era nell’altra stanza, che nonostante la mancanza di pudore, tipica delle giovani di quest’epoca, non avrebbe mai potuto possedere.
La immaginò china davanti a lui, a prenderglielo in mano, con quella sua mano bella e delicata, a prenderglielo in bocca, con quella sua boccuccia rossa e carnosa, a leccarglielo con quella lingua lunga che le aveva visto mentre si scattava dei selfie allo specchio. La immaginava di spalle, china ad angolo retto, mantenendosi sul lavandino, mentre egli la penetrava, alternando sesso anale e vaginale. Gli sembrava di sentire i suoi gemiti e le sue grida di piacere. Immaginava di baciarla lascivamente sulla bocca e su tutto il corpo nudo.
«Sei bellissima» le avrebbe detto continuando a baciarla e a penetrarla, cambiando continuamente posizione. L’avrebbe infilata nel suo letto trattandola come una regina, una dea, come una vera donna, come se l’amasse davvero in quel modo. Le avrebbe baciato le sue bellissime natiche.
Già, lo avrebbe fatto, forse, se quella bella ragazza non fosse stata sua figlia.
“Che razza di uomo sono?” si domandò Sergio, con le lacrime agli occhi, come dopo ogni volta che sborrava pensando a sua figlia. Non era da ora che la stava osservando, ma già da quando aveva cominciato ad assumere le tipiche forme di una donna. Già dai primi anni dell’adolescenza. Che ora fosse cresciuta, cambiava solo questo: lui era ancora suo padre. Certo, non era così stupido da confessarlo a un prete o a uno psicologo. Era sempre meglio spararsi una sega e poi cercare di non pensarci.
«Arianna! Aiutami in cucina invece di stare sempre con quel telefonino in mano!» gridò una stridente e fastidiosa voce femminile «non studi e non fai niente tutto il giorno».
«Dai, mamma, non iniziare a rompere!»
Sergio uscì dal bagno. «Che succede?» domandò.
«Che succede, dici? Succede che tua figlia è una fannullona. E tu neanche le dici niente!» gridò Anna, sua moglie. Era una bella donna oltre la quarantina, si poteva notare la somiglianza con la figlia: sembrava infatti la versione quarantenne di Arianna.
Sergio si sentì imbarazzato e allo stesso tempo, irritato. Odiava quando sua moglie rimproverava sua figlia. Come si permetteva?
«Non c’è bisogno di urlare» disse l’uomo mantenendo la calma «Arianna, tesoro, dai una mano a mamma. Vi aiuterò anche io, dai». Glielo aveva detto sorridendo e con dolcezza, accarezzandole i capelli.
«Sì, sì, bravo, coccolala pure!» si lamentò la moglie.
«Oggi andiamo a fare un giro in montagna, così per un po’ non la ascoltiamo» sussurrò l’uomo, scherzando affettuoso, all’orecchio della ragazza.
Arianna trattenne il sorriso.
«Porta i libri» aggiunse suo padre, «così facciamo una passeggiata e ti fermi anche a studiare».
Dopo pranzo, padre e figlia si prepararono gli zaini e si infilarono in auto. Anna ne approfittò per restare un po’ a casa da sola, pensando che suo marito, con i suoi modi dolci e affabili, avrebbe fatto un bel discorsetto alla loro figlia. Lei non aveva molta pazienza, si irritava subito. Faceva ancora caldo per essere autunno, ma portarono con loro delle maglie e dei giubbotti, nel caso in cui la temperatura fosse stata inferiore in montagna o fosse scesa un po’ alla volta con il calar della sera.
Arianna temeva una paternale e che quella gita non sarebbe stata il massimo del divertimento.
Sergio mise in moto l’automobile e voltandosi un attimo, con la coda dell’occhio, vide le bellissime gambe della figlia. Gli sarebbe tanto piaciuto toccargliele. Al solo pensiero, gli si drizzò di nuovo il cazzo. Deglutì, si inumidì le labbra e se le morse lievemente. Mentre guidava, pur guardando avanti, l’occhio cadeva sempre sulle cosce della giovane. A un certo punto, lo sguardo salì anche verso il petto, sulle piccole tette di Arianna. Alla fine, le guardò le labbra e immaginò di baciarla in bocca. Doveva distogliere quei pensieri dalla mente, doveva concentrarsi a guidare e guardare soltanto avanti. Gli sembrava di sentire la sua mancanza, quando non la guardava, gli sembrava di perdersi qualcosa d’importante.
Sua figlia cominciava a preoccuparsi di quel silenzio. “Forse mi farà una ramanzina quando saremo direttamente in montagna? Forse proprio sul più bello, magari mentre ci stiamo divertendo” pensava Arianna.
Erano arrivati. Scesero dall’auto e suo padre le guardò il culo. Le si avvicinò e accarezzò la schiena nuda, con un fare paterno che non destava alcun sospetto, sorrise «oggi ci rilassiamo un po’, tesoro…va bene?»
«Sì, papà», rispose sfoggiando un affettuoso sorriso.
«Vieni con me, amore mio. Raccogliamo un po’ di castagne. Prendi le buste, sono in macchina».
Arianna riaprì lo sportello e, sporgendosi nell’auto, prese le buste, dando nuova occasione al padre di osservare le sue forme giovanili. Sapendo che da quella posizione, sua figlia, non poteva vederlo, Sergio si leccò le labbra e si premette leggermente una mano sul cazzo. La giovane uscì con due buste e le consegnò al padre.
«Eh no!» disse Sergio «una è tua, vuoi che faccia tutto io? Allora ha ragione la mamma a dire che sei una fannullona». Il tono di Sergio era scherzoso e Arianna si mise a ridere.
Raccolsero le castagne, come avevano detto. Arianna era davanti a lui e cercava di raccogliere sempre più castagne e più velocemente, come se stesse facendo una gara con il padre. Sergio, con il volto teso e il respiro che cominciava a farsi pesante, continuava a guardare il bel culetto sodo della figliola. Le labbra gli tremarono per l’eccitazione. Doveva trovare un modo per chiavarla. Ma avrebbe acconsentito? Avrebbe taciuto? Non avrebbe spifferato tutto? Non sarebbe risultato stupro, abuso sessuale? Non lo avrebbe magari denunciato dopo tanti anni, anche se lì per lì avesse acconsentito?
Non voleva farle del male. Lui la amava sul serio. Ma di un amore morboso.
«Le stai prendendo tutte tu!» disse il padre cercando di usare un tono scherzoso, ma con la voce che gli tremava. La ragazza sghignazzò allegramente. Suo padre la afferrò scherzosamente e la tirò verso di sé «basta adesso, o fai fare la figura dello scemo al tuo vecchio». Arianna rise più forte, ad alta voce, sembrava ancora una bambina. Tenendola stretta a sé, Sergio approfittò del suo ruolo di padre e le diede tanti baci apparentemente innocenti sulla guancia «quant’è bella la mia bambina!» diceva e il cazzo duro sfiorò il culo di sua figlia. Lei non se ne accorse o forse credette che non l’avesse fatto intenzionalmente, perciò quasi non ci fece caso.
«Sei così bella, figlia mia. Dammi un bacio». Lei glielo diede, sulla guancia, ma pieno di sincero affetto filiale.
«Vieni qui, siediti addosso a me come quando eri piccola».
Arianna dovette trovare molto divertente ritornare bambina e accettò, ridendo e tirando scherzosamente fuori la lingua.
Si sedette sulle gambe del padre, il quale fece piccoli e lievi, quasi impercettibili movimenti per far avvicinare il culo di sua figlia al proprio cazzo. Continuò a baciarle le guance e la strinse dolcemente con le sue braccia.
«Dimmi, ce l’hai il fidanzato?».
«No, papà».
«Ma come? Non hanno visto quanto sei bella? Ma sono sicuro che sei tu a rifiutarli, vero?»
Arianna non rispose. Notò che Sergio si lasciava andare sempre di più, le aveva appoggiato la mano sulla coscia e aveva cominciato ad accarezzarla. Erano solo carezze da padre, provò a convincersi Arianna, finché quella mano non finì in mezzo alle gambe della giovane, che si immobilizzò.
Sergio prese a darle baci sul collo, facendo sentire ad Arianna un brivido di piacere che la portò in confusione. Ma come? Le piaceva? Vedendo che Arianna non opponeva resistenza, Sergio le diede un bacio sulla bocca. Anche se poco convinta e timidamente, Arianna ricambiò. Sembrava intimorita da ciò che stava accadendo, come fosse in soggezione. Suo padre le diede altri baci sulla bocca. Poi la guardò negli occhi e si accorse che erano gonfi di lacrime.
Restò agghiacciato: “oh no, sto abusando di mia figlia” pensò con orrore “che sto facendo?”
Indietreggiò. «Scusami, Arianna, scusami, ti prego…sono un mostro, perdonami…»
Arianna scoppiò a piangere e si avvicinò lentamente a suo padre «no, papà, non sei un mostro!» e lo abbracciò, stringendolo alla vita. Con il viso umido, cominciò a baciare il davanti dei pantaloni di Sergio. Ripeté quel gesto più volte, finché Sergio non si decise ad abbassare la zip e tirare fuori il cazzo. Arianna glielo prese in mano e iniziò a leccarglielo tutto, a baciargli le palle per poi succhiarle. Masturbò un po’ suo padre e poi gli prese il cazzo in bocca, succhiandoglielo.
Suo padre si meravigliò di quanto sua figlia fosse brava a fare i bocchini. «Che brava» commentò «adesso dammi un bacio sulla bocca, con la lingua». La ragazza si sollevò leggermente e, tenendo in mano il cazzo del padre, tirò fuori la sua bella lingua con cui toccò quella del genitore.
Si slinguazzarono per un po’, finché Sergio non la spogliò, togliendole prima la maglietta, poi il reggiseno, leccando finalmente le belle tettine piccole della figlia. La fece alzare in piedi e le sbottonò gli shorts. Sotto, indossava un perizoma nero: questo eccitò Sergio ancor più di quanto non lo fosse già. Prima glielo baciò, quasi con devozione, poi glielo sfilò. Vide la patatina con pochi peletti biondi e prese a leccargliela.
«Ah sì, papà!» ansimò la giovane, sentendo la lingua del genitore che giocava con la sua fica.
«Girati» le ordinò Sergio. La ragazza obbedì e lui le baciò il culo, leccandoglielo. Lui prima le inumidì le chiappe, poi il buchetto del culo.
«Siediti su di me, piccola».
La ragazza guardò dietro di sé e vide il cazzo del padre. Capì che doveva farlo entrare dentro di lei e cercò di posizionarsi bene per farsi inculare.
«Ah sì, che bel culo che hai, Arianna» e trafisse sua figlia violentemente.
«Ah, così mi fai male, papà!» si lamentò Arianna.
«Scusa, piccolina, faccio piano». Sergio riprovò a essere più delicato, ficcando lentamente il suo cazzo nell’ano piccolo e stretto della figlia. Le infilò prima la cappella.
«Così va bene, piccolina?»
«Sì» rispose lei, dolcemente, più rassicurata. Suo padre la baciò sul collo, sulle guance e sulla bocca.
«Quanto sei bona, figlia mia! Scommetto che tutti i ragazzi quando ti vedono, si arrapano e vorrebbero chiavarti». Le fece aprire la bocca e le infilò di nuovo dentro la lingua.
«Adesso cerca di spingerti il cazzo un po’ più dentro al culo, facciamo un po’ alla volta, tesoro mio».
Con l’aiuto del padre, la ragazza cercò di farsi entrare tutto il cazzo nel culo, ma sentì di nuovo dolore, emise un gemito e dovette rallentare.
«Riproviamo, amore?» domandò il padre, con dolcezza «se proprio non ce la fai, lasciamo stare».
«Sì, va bene, papà».
“Ce la devo fare” pensò Arianna, determinata. Con un movimento del culo, provò ad allargarsi meglio l’ano, facendo entrare il cazzo del padre almeno fino a metà.
«Sì! Che bello!» fece suo padre «hai un culetto stupendo, tesoro mio». Sergio cominciò a chiavarla nel culo, attento a non farle male. Non ci poteva quasi credere che stava fottendo la sua bellissima figlia, gli era sembrato impossibile fino ad allora.
«Ti piace?» le domandò.
«Sì, ma fa un po’ male…»
Suo padre si accorse che dal culo della figlia stava uscendo un po’ di sangue, ma non le disse nulla per non spaventarla. «Faccio più piano, amore?»
«Sì, papà».
La inculò per altri minuti e poi tirò fuori il suo cazzo.
«Ora davanti…»
Arianna si girò timidamente. Suo padre notò il suo voltò sul quale era dipinta un’espressione un po’ insicura.
«Che succede, piccola?»
«Eh…è che ho un po’ paura, papà…»
«Vuoi dire che questa sarebbe la prima volta?»
La ragazza annuì.
«Allora, se vuoi, lasciamo stare. Forse sarebbe meglio se tu avessi la prima esperienza con un giovane della tua età. È una cosa importante, non trovi?»
La ragazza arrossì: «No, papà, lo voglio fare con te. Voglio che tu sia il primo, così mi insegni. Dovrebbero essere sempre i papà a sverginare le figlie e insegnarle».
Suo padre sorrise: «Vieni qui, amore mio» e avvicinandola a sé, le baciò la vagina. Alzandosi in piedi, si sputò sul cazzo e provò, delicatamente, a inserirlo nella fica della “sua bambina”.
«Ahi!» si lamentò la giovane, appena suo padre le appoggiò il cazzo sul buco provando a entrare.
«Scusa, piccolina. Faccio piano piano, amore mio. Questo è un momento importante, per te».
Il padre riprovò, ma Arianna si lamentò ugualmente «mi brucia, papà» disse con espressione dolorante. Questa volta, suo padre pensò che sarebbe stato meglio procedere. Infilò il pene un altro po’. Si rese conto di quanto fosse bizzarra la vita: lui non aveva mai scopato una donna vergine. Questa, dunque, era una “prima esperienza” anche per lui, in un certo senso.
Spinse il cazzo più dentro, finché la figlia non lo senti di più. Ebbe una sensazione mista tra piacere e dolore.
«Ti piace, amore mio?» le disse, mentre la chiavava nella fica e le toccava il culo «ti amo, lo sai, piccolina? Sei la cocca di papà tu, lo sai?»
«Sì, papà» rispose la ragazza che cominciava a eccitarsi. Suo padre la baciò in bocca con la lingua e la chiavò un po’ più forte e veloce.
«Ah!» gemette la ragazza, non sapeva neanche più lei se di piacere o di dolore. Sergio si arrapò ancora di più e aumentò il ritmo.
«Oddio, papà…mi sta uscendo il sangue!»
Sergio guardò giù e vide che era vero.
«Non aver paura, tesoro, è normale, essendo la prima volta» disse fermandosi un attimo. Con un fazzoletto, pulì il sangue dalla fica di sua figlia, mentre cercava di tranquillizzarla «ti ho rotto l’imene, succede a tutte le donne la prima volta. Così, d’ora in poi non dovrebbe farti più male quando lo farai di nuovo» e mentre pronunciava quelle parole, continuava a tamponare il sangue e la baciò teneramente in bocca.
«Ti amo, figlia mia!»
«Anche io ti amo, papà».
Lui le accarezzò le cosce e le baciò le tette. Le leccò di nuovo le labbra e le domandò: «Sei pronta per continuare?»
«Sì» rispose la giovane. Si mise in piedi, allargando le gambe. Suo padre puntò il suo cazzo dritto sul buco della fica di sua figlia e riuscì a chiavarla con più disinvoltura.
«Ti amo!» le sussurrava all’orecchio mentre la fotteva «ti amo, ti amo, Arianna!»
La baciava, la palpava, mentre sentiva il cazzo che voleva esplodere di piacere.
«Ah sì, Arianna, amore mio!»
Le diede due botte un po’ più forti ed esclamò «Ah sì, ora vengo!»
Avrebbe tanto voluto sborrarle nella fica, ma sapeva che questo avrebbe potuto causare dei guai seri. Così uscì dalla fica della figlia e le mise il cazzo in mano.
«Masturbami e fammi sborrare!»
«Sì, papà» rispose la ragazza, smanettando.
«Prendilo in bocca».
La ragazza allungò la lingua leccando la punta del cazzo di suo padre e poi succhiandolo.
«Oh sì, sborro!» gridò suo padre, riprendendosi il cazzo in mano e, mirando alla bocca di sua figlia, finalmente sborrò. Un po’ di sperma le finì nei capelli, un po’ in faccia. Fortunatamente, la giovane aveva chiuso gli occhi, perché la sborra era arrivata anche lì. L’uomo rimise il cazzo in bocca a sua figlia, per farselo pulire. Arianna ingoiò la sborra, compresa quella che le era rimasta in faccia e che la giovane aveva raccolto con le dita.
«Ti è piaciuto?» domandò il padre.
«Sì, papà, e a te?»
«Sì, amore mio. E voglio farlo ancora». Si rivestirono e si addormentarono abbracciati. Quando si svegliarono, Sergio aiutò sua figlia a fare i compiti.
Tornarono a casa, felici e soddisfatti. Sergio assicurò a sua moglie che Arianna aveva fatto il suo dovere e che insieme, avevano raccolto anche le castagne, che cucinarono e mangiarono insieme tutti e tre.
Una sera, Arianna disse a suo padre: «papà, devo dirti una cosa».
«Dimmi, piccolina».
«Penso che mamma abbia un amante».
«Lo so, amore mio.»
«E non ti dà fastidio?»
«No, perché anche io ce l’ho».
«Davvero?» domandò confusa la ragazza, con aria interrogativa «E chi è?»
«Tu».
Quando sua moglie si assentava da casa, talvolta per giorni interi, con qualsiasi pretesto, Sergio sapeva che in realtà lei si stava vedendo con l’amante. Pensò che questo fosse un punto a suo favore, perché ne approfittava per chiavare con sua figlia. Una di quelle sere, Arianna era sgattaiolata dalla propria camera in quella del padre, infilandosi nel letto di Sergio e prendendoglielo in bocca, spompinandolo. Avevano di nuovo fatto sesso, godendo molto. Altre volte era suo padre a infilarsi nel letto di sua figlia, scopandola. Dopo quella volta in montagna, i due avevano intrapreso una vera e propria relazione amorosa clandestina, adulterina e incestuosa. Sergio continuava comunque a fare il padre e l’amante allo stesso tempo.
Ma tutto cambiò, quando una sera, entrando inaspettatamente nella stanza, Anna trovò padre e figlia nudi nel letto, che dormivano abbracciati e con le mani dell’uno appoggiate sulle parti intime dell’altra.
Jaggold
Eddy Lanotte
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Eddy Lanotte
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