Non saprei dire come tutto iniziò. Sono stato per qualche anno il capo di Francy. Al lavoro lei è sempre stata introversa e riservata, una ragazza molto sensibile e dalla vita privata tumultuosa: i colleghi vociavano spesso delle sue storie tanto intense quanto rapide. La sua facilità a passare da un ragazzo all’altro sembravano stridere con quel carattere chiuso e con la estrema permalosità.
Qualche anno fa lei è stata spostata ad un altra area dell’azienda. Nonostante non ci siamo persi di vista e abbiamo mantenuto un buon un rapporto personale. Lei ha sempre mantenuto quell’atteggiamento di subordine rispetto a me. La sua rilocazione, se da un lato mi è professionalmente dispiaciuta, mi ha permesso d’altro canto di poter essere meno attento al mio comportamento nei suoi confronti... Sì, ci ho provato! Il vociare della sua facilità nel saltare da un uomo all’altro mi aveva dato l’illusione di poter aver sperimentare (per la prima volta) il sesso con una rossa. Dopo settimane di assedio, Francy però aveva infine sentenziato:
“Senti Max, sei simpatico e sto bene con te ma sei impegnato, e io non...” annegando l’ovvia conclusione della frase in un sorso di caffè.
Del resto la macchinetta del caffè è il posto ideale per le relazioni di lavoro. Nel mio caso è stato il primo strumento di dominazione.
“Secondo me staresti benissimo con delle scarpe a tacco alto”. Sorso di caffè. Dalla settimana successiva inizia portare scarpe col tacco (lei è alta un metro e ottanta, motivo che la portava ad indossare solo scarpe a suola piatta).
“Questo smalto ti dona, ce l’hai uguale anche sulle dita dei piedi?”
“No, non metto lo smalto. E poi.. non mi piace mettere in esposizione i miei piedi.”
“Perchè?”
“Non mi piacciono”
“Non ci credo, mi piacerebbe vederli.... Cosa prendi? Solito cappuccino?”. La sera stessa ricevo in chat una foto dei suoi piedi con le unghie smaltate. In effetti ha un piede importante e la cosa che odio di più: l’illice (il dito subito dopo l’alluce) molto più lungo dell’alluce. Piede greco a parte la foto mi produce una certa eccitazione. Le rispondo che sono bellissimi e che dovrebbe adornarli con un bel sandalo per permettermi di ammirarli ogni volta che ci vediamo per il caffè. Lei non risponde. Anzi, non si fa sentire per qualche giorno. Non è una cosa nuova, è capitato altre volte; decido di lasciarla decantare, tanto sarebbe inutile cercare di intuire che tipo di conclusioni la abbiano portata al silenzio. Il successivo venerdì mattina mi propone di accompagnarla in pausa pranzo a prendere un paio di sandali. Bingo! Ovviamente accetto, il cazzo mi diventa duro e ci rimane fino a sera. Ricordo il forte imbarazzo di Francy, probabilmente temeva che qualche collega ci vedesse facendo chissà quali congetture; verificato che il negozio era “sicuro” si è tranquillizzata e lo shopping è stato piacevole. Non volevo esagerare e le ho suggerito un paio di scarpe sobrie, tacco largo, che lasciassero in esposizione le dita dei piedi. Ricordo che quel giorno le regalai anche un anklet che da quel momento è diventato il mio marchio di possesso e il suo di sottomissione.
“Da oggi, ogni volta che ci incontreremo di persona o in chat video, voglio che tu lo indossi”. Lo dissi con tono autoritario, fissandola in viso. Lei non riuscì a tenere il mio sguardo molto a lungo, quindi abbassò leggermente la testa e annuì. Mi ero giocato tutto e avevo vinto. Forse anche lei nei suoi silenzi aveva realizzato che di fatto già la dominavo.... E questo le piaceva. Con la sua accettazione di sottomissione la nostra relazione subì una accelerazione; la pausa pranzo del venerdì diventò il nostro momento di incontro ufficiale per giocare, anche se in realtà ogni momento era buono. Col tempo stabilimmo le regole del gioco: niente sesso con penetrazione tra noi, lei non si sarebbe mai mostrata nuda, la sua sottomissione rimaneva all’interno degli appuntamenti concordati o nel caso lei ne manifestasse il desiderio indossando l’anklet. Era un contratto che mi limitava molto nelle cose che potevo fare, ma era una buon inizio e poi.. Io non avevo alcuna esperienza in materia di dominazione, era preferibile iniziare in modo soft.
Capitò così un giorno che, dopo aver bevuto il solito caffè, le chiesi di aspettare e me ne andai. Qualche minuto dopo tornai con il bicchiere di caffè pieno del mio sperma:
“Bevilo” le dissi. Francy, una volta avvicinato alla bocca e capito di cosa si trattasse, diventò viola in viso e abbassò la testa contrariata.
“Bevi” ripetei in un sussurro vicino a suo orecchio. Lei bevette tutto, guadandosi intorno con circospezione. Poco dopo in chat mi ringraziò per quel che avevo fatto scusandosi per aver esitato. Capitava spesso che le facessi bere il mio sperma, raramente in ufficio, più spesso nei nostri incontri del venerdì. Io mi sedevo in divano. Lei si metteva in ginocchio per terra, al mio fianco, sguardo a terra. Venivo su un bicchiere. Lei beveva ringraziandomi. Poi mi chiedeva il permesso di andare in bagno a masturbarsi. Qualche volta glie lo negavo: mi eccitava vederla tornare al lavoro con il fuoco tra le gambe. Le mandavo poi un messaggio qualche ora dopo o alla sera:
“Adesso puoi”
“Ti ringrazio Max”. Era la sua frase tipica. Mi eccitava da morire quel tono, il senso di gratitudine che trasmetteva il suo corpo quando lo diceva che mi figuravo anche quando leggevo i messaggi.
Verso la fine del nostro rapporto, io decidevo ogni suo orgasmo, ogni sua scopata. Mi mandava le foto del suo partner conosciuto tipicamente su meetic o tinder. Spesso prima di uscire la sera, per sapere fino a dove le permettevo di spingersi. Altre volte mi scriveva in piena serata:
“Aiuto! Il tipo mi piace e continua a fare allusioni. Vorrei portarlo a casa”
“Hai messo il vestito che ti avevo detto? Hai l’anklet?”
“Sì, ho fatto tutto quello che mi hai detto”
“Va bene, tieni il telefono acceso. Quando ti chiamerò trova una scusa e fermati, qualsiasi cosa tu stia facendo. ”
“ok, ti ringrazio”. So che godeva mentre lo diceva almeno quanto godevo io.
A volte trovavo una scusa per uscire di casa e mi appostavo davanti a casa sua per vedere se faceva come dicevo io. E lo faceva sempre. A volte non chiamavo se non a tarda notte o dopo che lei mi dava la buona notte con la solita formula di ringraziamento per averle concesso l’orgasmo. Un paio di volte telefonai durante la scopata. Una volta vidi dopo pochi minuti il tipo uscire sbattendo la porta con violenza.
“Sono qui fuori. Tutto bene? Posso entrare?”
“Sì certo”. Attesi davanti alla porta finchè Francy non venne ad aprire. Attesi ancora un paio di minuti e poi entrai. Lei era in camera da letto, si era rivestita, era naturalmente in ginocchio a testa bassa.
“Avete scopato?”
“Eravamo ai preliminari”
“Vi rivedrete?”
“Non penso”
“Come mai?”
“Si è incazzato quando lo ho fermato. Comunque ti ringrazio, Max. Continuava a toccarmi.... lì”
“Lì dove?”
“Lì DOVE?”
“Dietro”. La cosa iniziava a farsi interessante.
“E tu?”. Silenzio
“Tu cosa gli hai detto?”
“Ho continuato a spostargli la mano. Poi ho iniziato a usare... La bocca... Poi hai chiamato”
“Dovevi avvisarmi, è la prima volta che accade? O è già successo e non me lo hai mai detto?” Sono realmente alterato, lei lo capisce e va sulla difensiva
“No, no. Altri me lo avevano chiesto ma ho sempre detto di no. E poi....”
Lunga pausa, intuisce che la sto fissando
“Sono vergine...Lì”. In effetti non avevamo mai affrontato il tema del sesso anale!
“Ti chiedo scusa, Max. Non avevo mai pensato che... E poi non so se mi piacerebbe. Insomma è sporco...”
“Stai zitta!”. Francy si zittisce immediatamente.
“Vieni qui!”. Lei obbedisce mentre io lentamente mi spoglio. Il cazzo è duro al solo pensiero di quello che sto per farle. Confido sul suo senso di colpa per fare un passo importante nel nostro rapporto. Mi avvicino e metto un piede sopra il letto in modo da renderle accessibile il mio sesso, il perineo, il buco del culo. Poi, tenendo con una mano l’asta
“Lecca. Lecca le palle, il perineo, il buco del culo. Voglio sentire la tua lingua. E cerca di fare un buon lavoro!”
Lei rimane impietrita. Esita per qualche secondo, poi si alza e va in cucina a bere qualcosa. Io mi stendo sul letto e attendo. Non ha detto la safe word, sta combattendo sicuramente con se stessa per capire cosa fare. Dopo qualche minuto Francy torna, e si mette nella posizione di prima. Faccio altrettanto.
“Ti chiedo scusa, Max. Grazie per quello che fai per me”. Francy Avvicina la testa al mio sesso e si mette a leccare le palle lisce. E’ la prima volta che Francy mi tocca intimamente e questo mi fa trasalire. Cerco di non darlo a vedere.
“Ti sembra una cosa sporca? Ti sembra sporco?”
Lei fa cenno di no ma lo schifo che prova è evidente. Ricordo di aver provato una grande ammirazione per quella donna che si sottoponeva ad umiliazioni mai immaginate, si annullava per provare emozioni nuove, profonde .
Il venerdì successivo mi presentai al nostro consueto appuntamento con un set di pulizia “intima” e 3 plug di dimensione variabile. Chiesi a Francy di indossare subito il più piccolo.
“Posso?” Era appena uscita dal bagno e volevo verificare che lo avesse indossato. Lei fece un cenno di consenso. Feci scivolare la mano dalla schiena in basso lungo la gonna a tubo. Insinuandomi all’interno della fessura tra le natiche riuscii a percepire il tappo tondo.
I primi giorni non furono facili per Francy. Mi chiedeva spesso di poterlo togliere, anche solo per qualche ora. La regola che le avevo imposto era di indossarlo durante tutta la giornata lavorativa; una volta a casa mastrurbarsi e quindi rimuoverlo. E non ammisi deroghe. Notai con piacere che la ritrosia scomparve nel corso dei giorni lasciando spazio alla curiosità e infine al piacere di essere intimamente e segretamente penetrata da un oggetto estraneo in pubblico. Era un piccolo segreto che condividavamo con la machinetta del caffè e che ci dava eccitazione. Nel suo solito modo di esprimersi a mezze parole capii che aveva guadagnato consapevolezza di una parte del suo corpo che poteva regalare stimoli nuovi. Qualche tempo dopo, avendo indossato senza difficoltà anche il terzo e più grande plug, decisi che lo sfintere era pronto e liberai Francy dall’obbligo di indossarli. Nelle nostre pause al lavoro mi divertivo a stuzzicarla per carpire le sue emozioni su questa esperienza. Notavo spesso un appena percettibile contrazione delle cosce e godevo all’idea che potesse averne uno addosso. Di certo lo indossava nei nostri incontri del venerdì. In quel periodo frequentava con regolarità Paolo (che è attualmente il suo ragazzo). Più di qualche volta le imposi di indossare un plug a sua scelta quando usciva con lui. Non volle mai confidarmi che reazioni questo provocava all’amico e se quando facevano sesso lei lo rimuoveva. Ero però certo che non fecero mai sesso anale. La prima volta fu infatti con me.
“Buongiorno Max”. Mi scrisse quel giovedì di Gennaio in chat
“Ciao Francy”
“Ci vediamo domani?”. Era una domanda insolita. Ci sentivamo solo se uno di noi era impossibiltato
“Sì, tutto bene?”
“Sì....” Tre minuti di silenzio stampa, poi
“Ho pensato a lungo e vorrei....” Altri dieci minuti di silenzio, al che scrivo
“Dimmi pure, non aver paura”
“Se a te va bene, per domani, pensavo una cosa...” Vi risparmio una mezz’ora di frasi di questo taglio, poi finalmente
“Vorrei rimuovere dal nostro contratto la regola 1”. La penetrazione! Quindi Francy voleva far sesso con me. La cosa mi sembrava molto strana, per mesi aveva sollevato muraglie in forza della mia relazione sentimentale. Inoltre adesso anche lei era impegnata.
“Va bene, posso sapere il perchè?”
“Te lo spiego domani”. Un misto di eccitazione e di curiosità mi avvolse fino all’indomani. Di fatto non avevo mai visto Francy nuda, forse una volta in intimo. Lei invece mi conosceva bene. Nei nostri incontri del venerdì alzava spesso lo sguardo per guardare il mio cazzo che schizzava in un bicchiere il suo cocktail. L’episodio della leccata del buco del culo aveva fatto fare un salto al nostro rapporto, per la prima volta lei mi aveva toccato, cosa che io non avevo mai fatto. Da quel momento ad ogni nostro incontro, dopo aver bevuto il mio sperma, mi chiedeva il permesso di leccarmi le palle e il buco del culo, quella umiliazione la eccitava da morire, le diedi il permesso di toccarsi e di strofinarsi sulla mia gamba. Lei sollevava la gonna e si infilava una mano dentro al perizoma strusciandosi fino a venire con un sospiro strozzato.
L’indomani non ci fu una spiegazione ma solo monosillabi. E ad essere sincero non mi importava.
“Spogliati”. Francy, sempre a testa bassa depositò i vestiti sul letto rimanendo in reggiseno e perizoma. Si notava tra le chiappe il tappo del plug più grande che aveva indossato scuramente per tutta la mattinata e questo mi eccitò ulteriormente. La camera aveva poca luce, notavo ancora una volta in Francy quel senso di umiliazione e timidezza che si dibatteva dentro di lei e le provocava violente emozioni.
“Anche il reggiseno”. Lentamente lo sfila e poi si copre con un braccio.
“Metti le braccia dietro la schiena”. Il corpo di Francy non è bello e non è armonioso, Francy è attraente come tutte le donne che vivono e trasmettono la consapevolezza della loro femminilità. Appena accenno un movimento lei apre la bocca, la penetro con il mio sesso eccitato e inizio a scoparla in bocca in modo cadenzato, saggiando fino a dove posso spingermi. Lei è brava, accoglie il mio cazzo e mi fa godere, ingoia il mio succo e poi mi ringrazia.
“Togli il perizoma, vai a letto e masturbati col dildo”. E’ completamente depilata, ha rispettato uno dei primi ordini che le impartii mesi prima (la sua fica doveva essere sempre perfettamente liscia). Brava. Le labbra di Francy sono scure e importanti. Si muove abilmente giocando anche con le dita. Si mostra a me per la prima volta nuda, è eccitata, imbarazzata di dover fare una cosa così intima con uno spettatore. Le impongo di non strozzare il suo piacere e di lasciarsi andare. La insulto e la sollecito a godere fino a che non vedo il suo orgasmo arrivare: improvviso e violento.
Qualche giorno dopo mi contatta
“Buongiorno Max”
“Ciao Francy”
“Ti ringrazio per venerdì scorso. Spero di non averti offeso con la mia richiesta”
“Tutto bene. Vuoi ripristinare la regola?”
“Tu lo vuoi?”
“No”
“Allora per me va bene. Ieri sera Paolo mi ha chiesto una cosa...”
“...quello?”
“Sì, ha visto che porto sempre.... e ha pensato...”. Decido di lasciarla sospesa
“L’idea di farlo ti eccita?”
“....non so”
“pVieni da me”. Dieci minuti dopo Vedo Francy che attraversa il corridoio dell’open space, bussa ed entra nel mio ufficio. Senza parlare mi alzo e la accompagno in una sala riunioni.
“Dammi le mutande”
Francydeglutisce sonoramente ed esegue l’ordine senza discutere.
“Sono umide. Scommetto che il pensiero di Paolo che ti sfonda il culo ti fa bagnare da morire”. Contrazione di cosce
“Non so...”. Mi metto dietro di lei. In effetti coi tacchi mi supera di una quindicina di centimetri in altezza. Le sollevo la gonna e le infilo un dito nella fica. In effetti è fradicia.
Metto le mutande il tasca ed esco dicendo “Ci vediamo venerdì. Fatti trovare pronta...”
Uscendo la sento dire “Va bene. Grazie Max”
Quel venerdì fu il nostro ultimo incontro. La porta era aperta, entrai e la trovai sul letto nuda. Aveva indossato uno slip aperto dietro apposta per rapporti anali: sorrisi al pensiero che quella stessa ragazza fino a qualche mese fa vestiva solo decathlon. Il plug era appoggiato su un comodino; il buco del culo era intriso di lubrificante. Non so cosa passasse nella mente di Francy mentre la scopavo, se godeva o semplicemente cercava di capire che sensazioni arrivavano da quella nuova esperienza. La lasciai nuda, esausta, stesa sul letto. Il trucco era colato, e stava scendendo qualche ultima lacrima. Mi salutò con il consueto ringraziamento. Il lunedì successivo trovai l’anklet sulla scrivania del mio ufficio. Non le chiesi il motivo della scelta. Pochi giorni dopo, con il primo il lockdown dovemmo interrompere anche i nostri incontri alla macchinetta.
Giovanna Esse
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