Da sempre ho la passione per lo sperma. Trovo sia squisito sentire la sborra che esplode all’improvviso tra le labbra, sentendo il primo schizzo che ti invade, il suo sapore che si diffonde e riempie le narici. Amo succhiare cazzi: mi piace definirmi una troia, una bocchinara. Quando un uomo è davanti a me, pronto per essere divorato, osservo il suo cazzo attentamente: ne apprezzo la forma irregolare, le vene che lo percorrono, i coglioni pieni percorsi da fremiti sottili – solitamente, è da questi che parto, quando con la punta del dito mi approccio a quella carne, accarezzandone la forma tonda, per poi girovagare su tutta la lunghezza dell’asta, analizzando ogni vena e ogni sporgenza con cura. Adoro il primo momento in cui prendo il cazzo tra le mani e ne scopro la punta, ammirando quella testa lucida, tante volte già umida e succulenta. Quel pezzo di carne è caldo, bollente e solo vederlo mi fa salire l’acquolina in bocca.
Mi piace iniziare con un breve assaggio: appoggio la lingua sulla cappella, lambisco quel liquido trasparente che la avvolge con la punta e gusto, ad occhi chiusi. Parto dall’alto, seguo le pulsazioni che percorrono quella verga, verso il centro che le genera, tracciando scie di saliva ed eccitazione sulla pelle; finalmente, arrivo ai coglioni: mi diverte la loro forma, tenerli in bocca, ruotarci attorno con la lingua, mentre con una mano li soppeso, li massaggio e penso a tutta la sborra che possono contenere e che potrei estrarre di lì a non molto. Ovviamente, amo anche le seghe: quelle fatte con una presa salda e lenta, apprezzando i gemiti del proprietario del cazzo, che si muovono per tutta la lunghezza, con le dita che si soffermano attorno al glande, a stuzzicare il frenulo. È a questo punto, che qualcuno mi chiama troia, puttana. Se questo appellativo non arriva, dico qualcosa di sporco, di volgarità inaspettata e spero che possa avere qualche reazione. Sentire il suono di parole come zoccola, pompinara, succhiacazzi, cagna mi fa bagnare e diventare famelica.
È un richiamo irresistibile, devo divorare quel cazzo che ho tra le mani. Lo accolgo in bocca, lo stringo tra le labbra: massaggio il glande con la lingua, ci giro attorno, freneticamente, mentre con la mano lo percorro con gesto rapido, come se volessi spremerne il contenuto, farlo schizzare fuori, per riversarlo dentro le mie fauci. Mi spingo a fondo, sperando di essere afferrata per i capelli, con forza tirata verso la base, con le lacrime che mi percorrono le guance, la gola invasa e sfondata. Succhio con forza, aspettando il nettare biancastro, che puntualmente arriva, tra grugniti di approvazione e pulsazioni.
Sono innamorata dello sperma: sulla lingua, sulla faccia, sulle labbra. Lo assaporo e lo gusto, ne venero l’odore pungente che mi confonde e mi rende estasiata. Voglio assaporare quel liquido denso, sentirne la consistenza sulla lingua quando si riversa abbondante dentro di me, saggiarlo a fondo, in ogni nota del suo squisito sapore, mentre la mia fica pulsa e cola di umori, richiamando attenzioni che non riceverà – sono una troia, una bocchinara, una lurida ciucciacazzi, un buco da riempire, un corpo che esiste solo per spremere membri, per essere riempito e nutrito di sborra bollente.
Fairy Land
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