La mia relazione con Chiara

  • Scritto da federika il 26/09/2020 - 09:16
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Prima parte

Mi chiamo Federica, ho 23 anni. In questo mio racconto voglio parlarvi della mia reale ed attuale relazione con Chiara. In questa prima parte inizio facendo un accenno al rapporto con i miei genitori di quando ero bambina, per poi passare a parlare della mia adolescenza e delle mie prime scoperte sessuali che hanno influenzato la mia sessualità. Quindi vi racconterò di come io e Chiara ci siamo conosciute e dell’inizio della nostra relazione. Nelle altre parti che pubblicherò dopo vi parlerò di come si è evoluta la nostra relazione fino ad arrivare ad oggi.

Sono nata a Genova il 24 gennaio 1997 e sono cresciuta in una tipica famiglia borghese genovese, papà Carlo funzionario regionale, mamma Elisabetta libera professionista, un fratello, Andrea, di 9 anni più grande di me, integralista cattolico, frequentatore di Acr, parrocchia, ambienti ecclesiastici. Da bambina anche io sono stata indottrinata dai miei genitori e dall’esempio di mio fratello tutto casa, scuola e chiesa verso questa visione della vita, partecipazione alla messa domenicale, comunione, tabù del sesso visto come una cosa di cui non ci si doveva mai macchiare, rapporti rigorosamente dopo il matrimonio, tutti argomenti che sentivo spesso a casa, detti a mio fratello da mia madre ma fatti in modo che anche io ascoltassi affinchè la goccia di quei discorsi scalfisse la pietra e penetrasse nel mio cervello, una sorta di lavaggio del cervello pediatrico.

Ma poi crescendo all’inizio dell’adolescenza, dagli 11 anni in poi, grazie anche alle nuove amicizie delle scuole medie, mi sono poco per volta allontanata da questo ambiente un po’ cupo e repressivo e, pur rimanendo credente, mi sono presa le mie libertà rifiutandomi di seguire la famiglia nella consueta uscita domenicale nella parrocchia di quartiere. Delusione da parte di mia madre che mi paragonava in senso negativo a mio fratello, dicendo che era così buono, bravo e ubbidiente, che avrei dovuto seguire il suo esempio e non avrei dovuto essere sgarbata e soprattutto avrei dovuto dimostrarmi molto più umile e religiosa di come ero! E io, più per accontentarla che per mia convinzione personale, la seguivo nelle festività rigorosamente cattoliche, Natale e Pasqua. Invece mio padre, che accontentava mia madre più per convenienza per assicurarsi la pace familiare che non per convinzione, sotto sotto mi appoggiava e mi copriva, e io mi sentivo in questo modo le spalle coperte e soprattutto non mi sentivo la pecora nera della famiglia.

Ma nonostante la conquista di questa mia piccola indipendenza familiare, nel periodo delle scuole medie ero una ragazzina timida e insicura, avevo pochissime amiche, uscivo poco se non accompagnata dai miei genitori o da mio fratello, non avevo nemmeno un interesse particolare o un hobby. Ascoltavo spesso musica, leggevo, guardavo la tv, oltre allo studio. Insomma, nulla degno di nota.

All’inizio del 2008, dopo che avevo da poco compiuto 11 anni, mia madre sbandierò ai quattro venti che avevo avuto il menarca. La cosa mi diede fastidio. Insomma era una cosa mia, che bisogno c’era di dire a parenti e amici che mi era venuto il ciclo? A loro cosa poteva importare? Solo per dirmi che brava ora non si più una bambina? Ma chi se ne frega dei vostri commenti! Comunque non ho potuto farci nulla.

A 13 anni, terminata la scuola media, mi vedevo brutta. Avevo l’abitudine di guardarmi nuda allo specchio in bagno e constatavo e mi confermavo di essere brutta, con quei capelli lisci con la frangetta di un color castano insignificante, occhi anch’essi castani ma li vedevo poco vivaci e poco espressivi, con quel mio seno appena accennato e i capezzoli piccoli, con quel piccolo ciuffetto di peli, anch’essi castani, al pube e quelle grandi labbra che mi sporgevano in modo che me ne vergognavo. L’unica cosa di cui mi ero accorta rispetto al passato era che un po tutta la mia vagina era più gonfia rispetto a prima, soprattutto quando mi mettevo a pancia su, tiravo su le gambe e con uno specchietto mi guardavo la patatina.

Tutti, parenti e amici di parenti, mi dicevano che ero cosi bella! Ma dove?? Come fanno a dire che sono bella, mi chiedevo! Ed ero pure sola. Mi trovavo in quella età in cui avevo smesso di giocare con le bambole ma nello stesso tempo ne ero ancora attratta, e spesso anche mi sentivo terribilmente irritata e scazzata e volevo stare da sola e per questo avevo solamente un’amica con la quale potevo confidarmi.

A 13 anni vivevo in pratica ancora nel mondo delle favole, grazie alla bolla di sapone in cui mia madre mi aveva fatta vivere, senza spronarmi mai a sperimentare qualcosa di diverso dalla scuola per cui per me il mondo era soprattutto virtuale, anche se il parental control era un agente di custodia molto rigido. E una conseguenza della vita nella bolla di sapone permeata da quella cappa di perbenismo cattolico fu la mia completa ignoranza in merito ai cambiamenti che il corpo di una adolescente subisce, soprattutto quelli relativi allo sviluppo della sessualità, argomento tabù. Ricordo soltanto che quando la sera andavo nel mio letto sentivo come dentro di me un forte desiderio di sdraiarmi a pancia in giù e di mettermi una mano dentro la mutandina per toccarmi la patatina, cosa che iniziavo a fare ma poi quando scoprivo che provavo qualcosa di piacevole toccandomi il clitoride la cui funzione mi era pressochè sconosciuta, lo associavo al sesso come una cosa sporca e smettevo subito.

Unica valvola di sfogo e veicolo di informazioni era la mia unica e cara amica Alessia, che era decisamente più avanti di me in fatto di malizia; quando eravamo a casa sua e ci confidavamo i nostri pensieri anche più intimi, spesso mi parlava di cose di cui in pratica ignoravo il significato. Verso la fine della scuola la prima volta che mi parlò di masturbazione e di come lo faceva nel suo letto e nella doccia, la guardai e ascoltai estremamente incuriosita e un po’ imbarazzata. Mi venne il barlume, quando mi parlava del suo clitoride, che anche io quando provavo piacere la sera nel mio letto, evidentemente mi toccavo il clitoride! Ma siccome mi vergognavo di ammettere che ero piuttosto ignara di ciò che mi andava raccontando con tanta sicurezza, annuivo e le dicevo che, si, anche io facevo come lei. E Alessia, tutta contenta, allora mi chiedeva particolari sui quali mentivo spudoratamente e, anzi, diventavo rossa a parlarne.

Ma Alessia era furba e aveva capito che io mi barcamenavo in una situazione piuttosto difficile e che ero piuttosto ignara sulla sessualità e sapeva pure delle mie difficoltà ad accedere a internet a causa del parental control, al che un giorno d’estate sul suo computer cercammo informazioni molto specifiche sul sesso e sulla masturbazione e cademmo su un articolo intitolato “masturbazione del clitoride”. Leggendolo assieme ridacchiando e vedendo anche qualche filmatino scaricato da emule finalmente avevo capito tutto! Avevo compreso quindi con certezza cosa era quella specie di piacere che provavo quando di notte mettevo la mano sotto la mutandina e quando mi facevo la doccia e lo spruzzo dell’acqua finiva sulla mia patatina.

Fu così che quella sera, andata a letto, per la prima volta sperimentai in modo finalmente consapevole anche se molto goffo la mia prima vera masturbazione. Ricordandomi delle tecniche di cui mi aveva parlato Alessia, mi abbassai la mutandina e cercai di emularla andando a cercare il mio clitoride che, più o meno, ora avevo capito dov’era. E frugando e muovendo il dito, finalmente avevo centrato l’obiettivo e pensando ai discorsi della mia amica e soprattutto ripercorrendo nella mente alcune scene di quei filmatini iniziai quella prima masturbazione, a occhi chiusi, concentrata sul piacere che stavo cercando di procurarmi, che mi ha portata ad avere il mio primo piccolo orgasmo. Tuttavia ne fui turbata! Perché pensando sempre al sesso come ad una cosa sporca, di cui i miei genitori e mio fratello mi avevano sempre riempita la testa, credevo di aver fatto una brutta cosa di cui pentirmi ripromettendomi di non farlo più. Ma siccome per fortuna la natura ha il sopravvento sulle convinzioni personali, o almeno così dovrebbe essere, quella fu la mia prima di una lunga serie di esplorazioni sessuali personali.

A 14 anni, all’inizio del primo anno delle scuole superiori, il liceo scientifico Leonardo da Vinci, a ottobre mia madre mi portò a fare la prima visita ginecologica dal suo ginecologo di fiducia. Inutile dire che per me fu alquanto imbarazzante sia rispondere alle sue domande, sia durante la visita vera e propria in cui mi mise anche il dito nel culetto, essendo vergine, il tutto alla presenza di mia madre.

A 15 anni invece presi improvvisamente e finalmente più consapevolezza del mio corpo e di conseguenza mi aumentò la autostima. Guardandomi allo specchio finalmente vedevo un seno più accettabile, avevo ormai una seconda, con capezzoli che si erano ingranditi anche se non troppo, i capelli mi si erano allungati e avevo iniziato a farci dei colpi di sole per schiarirli ed erano finalmente diventati di un colore più tendente al biondo e avevo cambiato anche la pettinatura, con la riga in mezzo e i capelli che scendevano ai lati togliendo quindi quella fanciullesca frangetta, anche il mio sorriso era migliorato grazie alla macchinetta che i miei mi avevano fatta mettere dal dentista, ero magra al punto giusto, un bel triangolino di peli castani copriva il mio pube e le grandi labbra si erano sviluppate al punto giusto. Insomma mi vedevo carina, mi davo sempre un 6+ nonostante l’altezza fosse quella che era, circa 163. Avevo anche preso maggiore consapevolezza nel masturbarmi, nel senso che avevo imparato a non usare solamente le dita, ma spesso usavo anche un cuscino che mi mettevo in mezzo alle gambe e sul quale poi mi muovevo più o meno lentamente per raggiungere il piacere e poi mi inventai anche di usare un piccolo peluche dai peli morbidi e dalla parte più dura. Avevo capito che, mettendo questo peluche in mezzo alle gambe e premendoci sopra il clitoride con dei piccoli movimenti, il contatto con i peli e con la parte dura mi procurava un gran piacere tanto che diversi orgasmi li avevo ottenuti proprio grazie a lui! L’unico inconveniente è stato che i peli del povero peluche, a furia di orgasmi, si erano del tutto azzeccati l’uno all’altro a causa dei miei umori che, uscendo dalla vagina, si attaccarono proprio ai peli.

E fu grazie a questa maggiore consapevolezza in me stessa che sempre a 15 anni feci delle importanti scoperte in campo sessuale che diedero una importante spinta al mio orientamento sessuale, seppure in modo tale da crearmi una certa confusione.

Quell’anno la scuola organizzò una gita scolastica a Roma e dintorni, 3 notti in hotel. Saremmo state la mia classe e un’altra classe del secondo anno di cui conoscevo soprattutto una ragazza, Fabrizia, che aveva due anni di più, perché aveva perso un anno di scuola. Io e Fabrizia avevamo fatto conoscenza in quanto le nostre aule erano vicine e diventammo abbastanza amiche. Anzi io la ammiravo perché era cosi sicura di sé, era già “grande” ai miei occhi nei suoi 17 anni, mi sembrava una donna ormai fatta rispetto a me che mi sentivo e mi vedevo nonostante tutto ancora ragazzina. Era decisamente più alta di me, sul metro e 70, aveva capelli neri e lisci  e lunghi con una vistosa frangetta, occhi vispi che andavano dal marrone scuro al quasi nero, non era magra, anzi leggermente in carne ma non troppo, con un seno più prosperoso del mio, sicuramente una terza, mani ben curate e dita sempre con lo smalto, anzi a volte ogni dito con un colore diverso dall’altro, un filo di trucco, portava quasi sempre i pantaloni, quasi mai l’avevo vista a scuola con la gonna che indossava talvolta quando ci vedevamo fuori dalla scuola.

Mi stupii, anzi, che Fabrizia avesse accettata la mia amicizia; stavamo spesso assieme durante gli intervalli e poi ci vedevamo anche il sabato pomeriggio per passeggiare in centro o da sole o con altre compagne di scuola.

Dunque quando la gita fu approvata dagli insegnanti, Fabrizia durante un intervallo mi venne incontro felice dicendomi che le nostre classi sarebbero andate assieme in gita e che assolutamente noi due avremmo dovuto condividere la camera d’hotel, che lei lo avrebbe chiesto all’insegnante che ci accompagnava. Per me andava benissimo, non ero così amica di qualche mia compagna di classe per dividere con lei la camera.  

Finalmente ai primi di marzo partimmo col treno per Roma e, arrivate all’hotel, ci sistemammo nelle camere a noi assegnate e subito dopo iniziammo il primo tour della città. Quella sera, dopo esserci fatte la doccia e dopo aver mangiato e aver chiacchierato, ogni coppia di ragazze e ragazzi si ritirò su ordine dell’insegnante nelle rispettive camere. Fabrizia era molto euforica quella sera, era felice di stare con me in stanza e iniziammo a parlare di tutto, dei ragazzi delle nostre rispettive classi e a sparlare di qualche insegnante, il tutto ridendo e confidandoci “segreti” di cui ognuna di noi era a conoscenza e che l’altra non conosceva. Quando ormai si era fatta quasi mezzanotte e decidemmo di andare a dormire, Fabrizia mi proposte di togliere il comodino che divideva i due letti e di avvicinarli, in modo che potessimo essere più vicine. Ok, per me andava bene.

Così messo il nostro pigiama e sdraiateci a letto, una di fianco all’altra, parlammo ancora un po’ e prima di addormentarci Fabrizia allungò la sua mano per prendere la mia e, stringendola forte, mi diede la buonanotte. Mi sentii lusingata, davvero, di quella stretta di mano, anzi anche inorgoglita. Nessuno finora era stato così dolce con me, al di fuori dei miei genitori, e provare quella nuova sensazione grazie a lei mi fece crescere ancora di più la mia stima e la mia amicizia nei suoi confronti. Anche io gliela strinsi e le diedi la buonanotte.

La sera dopo faceva decisamente freddo, pioveva forte e venne il temporale. Eravamo sedute sui nostri letti, un po’ a giocare col cellulare, un po’ a parlare, a commentare certi atteggiamenti di alcuni nostri compagni, ad immaginare che Tizio e Caia sarebbero andati a letto quella notte, dopo che l’insegnante aveva controllato che tutti fossero stati nelle loro camere. E nel prevedere una notte di sesso tra questi nostri compagni, Fabrizia mi chiese:

-Ma tu allora lo hai fatto?

-No mai e tu?

-Io si, l’anno scorso con Marco F.

-Ah, con lui? E come è stato?

-Bah poco interessante!

-In che senso poco interessante?? Le chiesi ridendo.

-Nel senso che non era bravo!

-Ah cavolo mi dispiace, ma cioè?

-Cioè non sapeva bene come toccarmi e poi ho dovuto masturbarlo io perché gli venisse duro e poi quando abbiamo iniziato mi ha anche fatto male ed è stato veloce!

-Un imbranato…

-Come prima volta è stata da dimenticare. E tu che hai fatto finora?

-Cioè?

-Coi ragazzi! Cosa hai fatto?

-Niente…dissi sospirando.

-Niente?? Ma dai come è possibile!

-Eh…, alzai un po’ le spalle come dire, è così, vergognandomi anche di essere completamente vergine.

-Vabbè dai non preoccuparti, vedrai che recupererai il tempo perduto.

-Speriamo…le dissi alzando gli occhi al cielo.

-Poi sono stata con Fabrizio G., della quarta.

-Non so, non lo conosco.

-Lui era bravo, invece, sai come è bello quando fai sesso con un ragazzo che è capace?

-Lo immagino…

-Fabrizio era bravo a baciarmi, a toccarmi e a masturbarmi e poi…

-E poi?

-E poi sai come è bello quando sei tu a toccarlo e sai, quando glielo prendi in mano e lo muovi gli viene duro e poi glielo baci e lo lecchi e…

-E…?, quei discorsi mi stavano facendo veramente eccitare, ero ormai curiosa di ascoltare quello che mi raccontava.

-E poi lui quando lo ha così duro viene sopra di te e…

-E…?

-E tu sei già eccitata e lui ti penetra e ti fa godere!

Immaginavo la scena, un pene duro lo avevo visto su internet in foto, mai visto direttamente in vita mia…

-E cosa provavi quando ti penetrava?

-E’ fantastico ti senti riempita e nello stesso tempo ti ecciti sempre di più e poi mica stai sempre a pancia su con lui sopra!

-Ah e come ti piaceva?

-A me piaceva stare sopra di lui e poi a pancia sotto con lui dietro. Così mi sentivo del tutto riempita da lui. E poi quando ti viene dentro senti tutto il suo calore, lo sperma che ti invade…mmmhhh…

-Deve essere bello…

-Lo è, devi provare!

-Spero…

Tutti quei discorsi mi avevano fatta eccitare, immaginando quelle scene. Avrei voluto masturbarmi ma era impossibile. Mi misi sotto le coperte. Fabrizia anche, ma lamentando di avere freddo, mi disse:

-Fede, posso venire nel letto con te, che ho freddo?

-Va bene, vieni!

Mi spostai un po’ per farle posto e lei si coricò vicina a me, mettendosi di fianco rivolta verso di me, mettendo la mano sopra il mio stomaco.

-Non ci credo ancora, mi disse, che non hai fatto nulla coi ragazzi!

-Ma si, ti dico, è cosi!

-E come fai quando ne hai voglia?

Mi sentii piuttosto in imbarazzo a risponderle e lì per lì non dissi nulla sorridendo leggermente.

-Allora, come fai?, mi disse ridendo.

-Mi tocco da sola!

-Ahhhh, allora lo fai anche tu!

-Certo, che c’è di strano?

-Nulla anzi! E senti, e con una ragazza hai mai fatto qualcosa?

-Con una ragazza?, le chiesi stupita.

-Si.

-No mai, perché?

-Beh potrebbe essere interessante!

-Interessante?

-Credo di si!.

Restammo in silenzio per un po’ quando lei mise la mano sul mio seno facendo un gesto come se fosse stato involontario. Io sentivo dentro di me ancora tutta quella eccitazione che non ero riuscita a scaricare e il suo gesto non mi diede fastidio.

Alzandosi un po’ verso di me, mi disse:

-Non capisco come mai tu non abbia mai avuto un ragazzo, sei così bella!

-Ma smettila, non sono bella!

-Non mi credi quando ti dico che lo sei?

-Lo dici perché siamo amiche, ma non lo sono.

-Ma se ho visto che alcuni della tua classe e non solo ti filano!

-Ma và!

-Tu sei bella, mettitelo in testa, chiunque vorrebbe baciarti.

-Non credo proprio!

-Ah no?

-No!

Forse per ripicca, forse per voler avere ragione a tutti i costi o forse ancora di più perché lo voleva, Fabrizia si avvicinò a me guardandomi negli occhi con quel suo sguardo un po’ provocatorio che ogni tanto assumeva e io pure la fissai come per chiederle cosa voleva e senza dire nulla mi baciò sulla bocca, tenendo sempre la mano sul mio pigiama sul seno e l’altra mano sulla mia spalla. Un bacio che mi prese alla sprovvista, prima a stampo e poi più vero con la sua lingua dentro la mia bocca. Era la prima volta che ricevevo un vero bacio. Fatto sta che tra l’essere ancora eccitata e l’essere frastornata da quella situazione un po’ surreale in cui mi stavo trovando, non la allontanai ma lasciai che mi baciasse anche se non sapevo esattamente cosa fare. Fabrizia si accorse che non l’avevo respinta, anzi c’ero stata, seppure a mio modo, e smettendo per un attimo mi sussurrò sorridendo:

-Di solito ad un bacio si risponde con un altro bacio.

Riprese a baciarmi e allora io non solo per “obbedire” alla sua richiesta ma anche perché dentro di me sentivo il desiderio di rispondere al suo bacio, un po’ goffamente solleticai la sua lingua con la mia cercando un contatto che mi facesse provare piacere. Ci baciammo a lungo in quella posizione, lei sopra di me e io che, intuitivamente, l’avevo abbracciata come per tenerla più stretta a me e, preso il ritmo e capito un po’ meglio come baciare seguendo i movimenti della sua bocca e della sua lingua, mi dedicai a baciarla con maggiore convinzione e trasporto. Non mi faceva affatto schifo baciare una ragazza! Era il mio primo bacio e mi piaceva molto, mi faceva eccitare e mi faceva stare bene. Non so per quanto tempo andammo avanti ma ad un certo momento, staccatasi da me mi disse sorridendomi:

-Oh wow il tuo primo bacio?

Feci cenno di sì con la testa sorridendole, ma diventando rossa in viso in quanto piuttosto imbarazzata ed evitai di guardarla direttamente negli occhi.

-Beh devo dire che impari in fretta!

-Si?

-Cavolo…all’inizio maluccio ma poi ti sei ripresa alla grande! Non sembri una principiante del bacio!

-Ahah ma smettila dai.

-No dico davvero, a me è piaciuto molto e a te?

-Molto anche a me!

-Posso dormire qui accanto a te?

-Si mi fa piacere.

-Dormiamo che è tardissimo.

Un po’ a malincuore spegnemmo la luce e cercai di dormire; eccitata come ero mi risultò assai difficile ma alla fine mi addormentai.

Il giorno dopo, ultimo di gita, non parlammo dell’accaduto. Quella sera molti nostri compagni organizzarono con l’insegnante un giro notturno per Trastevere ma io, con alcune compagne tra cui Fabrizia, decidemmo di restare in hotel.

-Ti va di salire in camera?, mi chiese.

-Si ok.

Ci mettemmo il pigiama per metterci a guardare la tv, ma nulla ci interessava. Mi ero seduta sul letto e Fabrizia si mise dietro a me e, presi i miei capelli, iniziò ad accarezzarmeli lisciandomeli dietro le spalle. Sorrisi per quel massaggio. Ma poco dopo mi sentii abbracciare da dietro con le sue braccia attorno a miei fianchi e le mani sul mio seno e mi diede alcuni baci sul collo. Rimasi ferma, inerte in quel momento, ma anche desiderosa di scoprire fino a dove sarebbe arrivata, cosa sarebbe successo. Mi voltai istintivamente verso di lei che mi baciò sulla bocca, come la sera precedente e io risposi subito al suo bacio. Restammo abbracciate sedute a baciarci per un bel po’ quando, ancora con le lingue che si baciavano e si solleticavano a vicenda, mi mise le mani sotto la maglia del pigiama e mi strinse il seno e i capezzoli. Mi sentii rabbrividire al contatto diretto delle sue mani sulla mia pelle e soprattutto sui capezzoli, lungo la spina dorsale sentii come una corrente elettrica che si stava espandendo e che aveva la sua massima concentrazione nella mia vagina che si stava inumidendo velocemente. Senza pensarci su, feci lo stesso io con lei e da sotto la sua maglia le presi il seno cercando di stringerlo come potevo. Era un seno piuttosto più grande del mio, ne sentii la consistenza ed il peso, molto di più del mio che lei stava massaggiando senza difficoltà. Staccatasi da me mi sfilò la maglia e si tolse la sua e, tutte e due a seno nudo, mi spinse mettendomi sdraiata sul letto e si mise sopra di me. Ridendo tutte e due della situazione, mi baciò il seno e i capezzoli e, col senno di poi, era esperta nel farlo, non era certo la sua prima volta. Mi teneva fermo il seno con la mano e con la bocca e la lingua lo massaggiava e titillava i miei capezzoli succhiandoli anche; la loro sensibilità acuita da questi gesti così erotici mi fece inarcare un attimo la schiena per il piacere che mi stava procurando e restai ferma per poter assaporare in ogni modo le sue sensuali affettuosità. Con la bocca scese lungo il mio stomaco e la mia pancia per darvi tanti piccoli bacetti e, arrivata all’ombelico, mi fece scivolare il pantalone del pigiama per farmi rimanere solamente con le mutandine. Scese quindi con la bocca sotto all’ombelico fino ad arrivare all’elastico dello slippino che, con un gesto repentino, mi tolse facendomi rimanere completamente nuda. Non provai alcun imbarazzo nella mia nudità stando sotto a Fabrizia che mi stava riempendo di attenzioni così erotiche; ero consapevole che finalmente era arrivata la mia prima volta in fatto di sesso e anche se era con una ragazza anziché con un ragazzo come avevo sempre immaginato non mi importava, il piacere che stavo provando in quel momento superava ogni retaggio e ogni tabù che potessi avere.

Guardandomi con un sorrisetto malizioso, mi mise la mano sulla patatina.

-Wow Fede…

-Cosa?

-Qui siamo tutte eccitate ahah..

Sorrisi alla sua provocazione non sapendo cosa dire essendo anche un po’ in imbarazzo per la sua frase ridiventando tutta rossa in viso. Fabrizia si spogliò del pigiama e, nuda anche lei, si mise di fianco a me e, mentre con una mano massaggiava le mie labbra e il mio clitoride, mi riprese a baciare. Io rimasi ferma pur contraccambiando i suoi baci, al che mi prese la mia mano e la mise sulla sua patatina che era altrettanto eccitata. Era la prima volta che toccavo l’intimità di un’altra ragazza e mi fece impressione sentire al tatto le sue labbra più carnose delle mie e una eccitazione che non era la mia; comunque, presa da quella situazione così particolare, anche io iniziai a masturbarla come stava facendo lei con me, anche se in modo meno preciso del suo, che sapeva perfettamente come amare il mio clitoride e renderlo sempre più turgido.  Dopo avermi fatto “aggiustare” il tiro indirizzando le mie dita sui suoi punti più erogeni e anche un po dentro la vagina, il che mi fece alquanto impressione ma nello stesso tempo anche mi procurò una forte eccitazione, io venni per prima e lei poco dopo di me. L’orgasmo che provai grazie a lei era stato più consistente rispetto ai miei abituali orgasmi solitari.

Ci mettemmo tutte e due a ridere di come avevamo fatto sesso quella sera.

-Ehi allora io sono stata la tua prima volta?

Annuii diventando ancora una volta rossa in viso.

-Wow ne sono lusingata!

-Ma smettila dai…

Tutte e due eravamo divertite dalla situazione e ci ripromettemmo che ci saremmo riviste altre volte a casa sua per riprendere questo gioco.

Fatto sta che, tornate a Genova e alla vita di tutti i giorni, ci vedemmo sì qualche volta a casa sua in cui abbiamo di nuovo fatto sesso, ma poi, terminata la scuola, purtroppo ci perdemmo di vista anche perché lei, perso di nuovo l’anno scolastico, cambiò scuola e zona di frequentazione.

Comunque grazie a lei mi sentii più sicura di me stessa e finalmente non più vergine completa in fatto di sesso. Certo, mi mancava ancora del tutto un rapporto con un ragazzo che ora cercai più assiduamente. Devo dire che ero però anche piuttosto confusa. Cioè mi chiedevo fra me se avevo fatto sesso con Fabrizia e ora stavo cercando un ragazzo, cosa ero? Etero no, ma lesbica nemmeno. Sarei stata una bisessuale per sempre ? Oppure l’incontro con Fabrizia era stato solamente una cosa occasionale?

Una risposta me la diedi ad ottobre di quell’anno quando accettai di uscire con un mio compagno di scuola di due anni più grande di me; lui era cotto di me, pensai, ma aspettai un bel po’ a fare il passo decisivo. In quei mesi ci vedemmo spesso in centro o a casa di qualche compagno in comune dove una sera ci baciammo e, finalmente, riuscii a masturbarlo e subito mi vennero in mente i discorsi che mi fece Fabrizia quella sera in hotel. Ma un conto era ascoltare quei discorsi e un altro farlo direttamente; comunque mi venne spontaneo muovere la mano per farglielo diventare duro solo che non ero pronta a ricevere lo sperma direttamente sulla mano, cosa che mi prese alla sprovvista. Comunque, per fortuna, non lo diedi troppo a vedere e riuscii a pulirmi più o meno bene.

Invece durante le feste di Natale, vedendoci anche più spesso, un giorno poco prima di capodanno, andai a casa sua che era libera e feci con lui per la prima volta l’amore. E fu bello, non come l’esperienza di Fabrizia. Conobbi per la prima volta com’era il sesso orale, riceverlo e farlo, e finalmente anche la penetrazione, prima io distesa sotto di lui e poi anche sopra di lui.

Anche se la mia storia con lui durò pochi mesi, fino a febbraio 2013, non mi sono mai pentita di aver perso la verginità con Marco. E’ stato grazie a lui che ho potuto sperimentare per la prima volta le diverse posizioni in cui si può fare sesso. Avevo così scoperto che stando a pancia giu e con lui che mi penetrava da dietro era la posizione che più mi procurava piacere, seguita da quella in cui ero io a stare sopra di lui e potevo muovermi come più mi piaceva in modo da sentire maggiore eccitazione.

Credo che, oltre al desiderio di farlo davvero con lui, inconsciamente avevo soprattutto la volontà di affermare la mia identità personale lasciandomi alle spalle quello pseudo mondo dorato in cui mia madre voleva continuare a farmi vivere, fatto di illusioni e soprattutto di paure verso la sessualità vista come una cosa di cui non ci si doveva sporcare.

Per tutti i restanti 16 anni non ebbi più alcun rapporto né con ragazzi né con ragazze. Solamente la mia masturbazione mi dava sollievo e con essa potevo scaricare tutte le mie tensioni.

A 17 anni ebbi un periodo di particolare stress e stanchezza dovuti alla scuola ma anche al fatto che ero sempre sola e la sola masturbazione ormai non mi soddisfaceva più di tanto per cui pensai che una soluzione, oltre a fare un po’ di sport, fosse anche avere qualche rapporto sessuale con una persona non necessariamente fidanzato ma anche un amico fidato. E siccome c’era un ragazzo che conoscevo bene e che mi stava dietro da un po’ ma al quale non avevo comunque dato speranza di metterci assieme, un giorno ad una festa ebbi il coraggio di fargli la proposta di diventare scopamici, di fare quindi sesso quando ci andava senza alcun coinvolgimento sentimentale ma solamente da buoni amici. E lui fu entusiasta della mia proposta, sicuramente il portarmi a letto era stato uno dei suoi pensieri fissi negli ultimi tempi. E fu così che solitamente il venerdi pomeriggio ed il sabato, nel periodo scolastico, ci vedevamo a casa sua per fare sesso come avevamo concordato e nel periodo delle vacanze estive anche qualche volta di più. E in effetti questa “cura”, come la chiamavo io, mi servì a scaricare tutta quella tensione che avevo addosso, cura che durò per i miei 17 anni fino a poco dopo i miei 18.

A 19 anni feci l’esame di maturità..una liberazione! Tutti quelli che mi leggono sanno bene cosa significhi liberarsi per sempre della scuola dopo aver affrontato l’esame finale.. finisce un capitolo della propria vita, quello che ci lega ancora agli obblighi scolastici ma anche che ci identifica con l’essere piccoli, adolescenti, chiusi tra i banchi di scuola, in quelle ore con il timore delle interrogazioni, dei compiti a sorpresa, dei compiti a casa. Ora tutto questo era finito e subito mi buttai sui test di medicina per tentare di superare la prova preselettiva per entrare nella facoltà di medicina. Ad inizio settembre feci i test e li superai! Ero iscritta al primo anno della facoltà di medicina di Genova, una eccellenza in Italia. Ero felicissima di questo traguardo raggiunto con le mie sole forze! Ed ero orgogliosa di me e lo erano finalmente anche i miei; mia madre non mancò comunque di rimarcare che questo mio successo era dovuto al fatto che mi ero sempre impegnata a scuola, che non mi ero mai distratta con i ragazzi e che le sue preghiere avevano ottenuto una evidente risposta e che anche io avrei dovuto ringraziare solamente Dio che mi aveva supportata e messo una mano sulla spalla per farmi raggiungere tale risultato. Lo stesso Dio, a detta di mia madre, che aveva fatto ben due doni a mio fratello: incontrare una ragazza cosi brava e pura, ovviamente tutta dedita all’ambiente cattolico dell’Acr e iniziare a lavorare come insegnante supplente in una scuola privata, dopo aver conseguito la laurea in lettere. La lasciai parlare, divertendomi pure, sapendo che la mia verità era ben diversa.

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Un sabato di metà settembre di quel 2016, ancora libera dai futuri impegni universitari, una mia cara amica, Elisa, mi invitò ad una festa di una sua amica, una tale Ludovica, in una villetta nel paese di Sant’Ilario, in Riviera, poco dopo Genova Nervi. Accettai volentieri pensando tra me che poteva essere l’occasione giusta per conoscere qualcuno di interessante dopo così tanto tempo di solitudine sentimentale.

Quindi quel pomeriggio pensai a come prepararmi per arrivare al meglio alla festa. Fatta la doccia, mi guardai allo specchio nuda come ero ormai, come sapete, consueta fare. La statura ormai era quella che era, sul 1.64, i capelli si erano un poco schiariti e quindi ero diventata castano-bionda grazie anche a qualche intervento del parrucchiere e tenevo sempre la striscia in mezzo coi capelli che scendevano ai lati e che ormai avevano superato le spalle, il seno una buona seconda e stava su da solo che era un piacere, per fortuna l’intervento del reggiseno spesso era inutile, e i capezzoli piccoli ma di un bel colore rosso scuro adornati da una aureola non grande ma vivace facevano la loro bella figura. Pancia piatta, e questo mi soddisfaceva, un piccolo triangolino di peli al pube corti castani che la estetista curava ogni volta togliendomi quelli orrendi ai lati delle labbra, grandi labbra non troppo pronunciate ma decisamente simpatiche, il clitoride era il mio ormai insostituibile amico di tante serate a letto, gambe abbastanza dritte e piedi numero 37. Guardandomi di spalle potevo notare un culetto non grande ma abbastanza delineato nelle sue forme. Qualche volta, grazie anche all’aiuto di uno specchietto ingrandente, mi ero esaminata anche l’ano che trovavo decisamente ben fatto impreziosito dal colore roseo scuro attorno. Insomma mi vedevo come una ragazza carina che avrebbe potuto catturare l’attenzione di qualche ragazzo.

Mi vestii comunque in modo sportivo, un leggero trucco e Elisa mi venne a prendere con la sua auto alle 19 e andammo in questa località così piccola ma nello stesso tempo suggestiva perché posta in collina, poco sopra al mare, fra gli ulivi, con una vista stupenda sul golfo genovese.

Arrivammo verso le 20 e già c’erano molti invitati tutti a me sconosciuti; era una villetta con un bel giardino, ricco di ulivi e di fiori nelle aiuole, ombrelloni e sedie, tavolini coperti da ampie tovaglie bianche su cui erano posti vassoi pieni di cibarie e varie bottiglie di ogni tipo di bevanda, alcoolica e non. Entrando c’era un’ampia sala con una gran vetrata che dava sul mare in lontananza, divani scuri appoggiati alle pareti bianche, ampi tendaggi anch’essi scuri ai lati della vetrata, vari quadri futuristi appesi alle pareti e dalla parte opposta altri tavolini con ogni ben di Dio in fatto di cibo, salato e dolce,  e di bevande e con i piatti, posate e tovaglioli in gran quantità a diposizione di tutti.

Sapevo che era una festa di compleanno di una ragazza la cui famiglia era sicuramente agiata, ma mi sentivo quasi un’imbucata, visto che non conoscevo nessuno e sicuramente anche chi mi vedeva si sarà chiesto chi diavolo fossi e cosa ci facessi li! Elisa non mi aveva ancora presentata alla padrona di casa e, anzi, dopo aver salutato alcuni suoi conoscenti e aver detto loro chi ero, aveva incontrato un tizio con il quale si era dileguata, facendomi, con un gran sorriso stampato in faccia, un cenno di saluto con la mano come per dire ci vediamo tra un po’.

Immaginando cosa avrebbe fatto Elisa con il suo amico, girai piuttosto annoiata fra il giardino e la sala guardandomi in giro alla ricerca di qualcosa di interessante e di qualcuno con cui poter fare conoscenza in modo da far passare il tempo. Ma vedevo che tutti i presenti già parlavano fra loro, ridevano e scherzavano, non c’era nessuno da solo, magari da un lato, ad aspettare compagnia. Mi sedetti nel giardino a guardare distrattamente il cellulare almeno per non dare a qualcuno l’impressione che ero alla ricerca di un’anima buona che mi tenesse compagnia. Del resto non ero di carattere abbastanza sfacciata da inserirmi in un gruppetto di sconosciuti per partecipare ad una discussione già avviata. Ma poco dopo pensai, ma chi se ne frega, già che sono qui e che ho fame ne approfitto! E cosi, rientrata in sala, presi un piatto, le posate e il tovagliolo, e iniziai a servirmi pregustando la mia cena seduta nel fresco del giardino fra gli ulivi.

Mentre giravo tra un tavolino e l’altro per controllare e valutare ciò che mi piaceva di più fra tutte quelle cibarie e, adocchiata una torta salata dall’aspetto decisamente invitante, balzai a tagliarmene una fetta, istintivamente alzai gli occhi e il mio sguardo si incrociò con quello di una ragazza che stava in piedi, in quel momento da sola, a metà della sala, fra il tavolino dove mi trovavo io e uno di quei divani posti vicino alla vetrata. Non l’avevo ancora vista prima e notai che mi stava fissando anche se con una certa discrezione. Era sicuramente più grande di me. Quel suo sguardo penetrante e magnetico, grazie ai suoi occhi così neri e a quelle sopracciglia così curate che ne delineavano i contorni superiori in modo assolutamente perfetto, e quel suo mezzo sorriso impreziosito da una bocca piccola ma le cui labbra, adornate da un discreto rossetto rosa scuro, ne davano una fotografia degna della migliore Leibovitz, catturano i miei occhi che per qualche istante rimasero appiccicati ai suoi come legati da un invisibile filo a doppio senso. Rimasi per quegli istanti come bloccata, con la forchetta in mano, come calamitata. Ma subito dopo, ripresami da quel momento così particolare, continuai senza pensarci su a fare il mio giro dei tavolini alla ricerca di ciò che più poteva soddisfare le mie papille gustative.

Ero arrivata alla fase del piatto quasi pieno – ma – ancora – una – cosa – ci – può – stare -  quando mi sentii toccare la spalla sinistra e una voce cristallina dirmi:

-Ehi ciao!

Mi voltai e vidi quella ragazza il cui sguardo mi aveva così impressionata.

-Ciao! – le risposi. Ero stupita ma anche contenta nello stesso tempo che qualcuno si fosse degnato di rivolgermi la parola e che quel qualcuno fosse proprio la ragazza che aveva catturata la mia curiosità.

-Non ti ho mai vista, qui, sei un’amica di Ludovica?

-Di chi?, dissi distrattamente senza ricordarmi sul momento chi era.

-Di Ludovica, la padrona di casa!

-Ah si..no..non la conosco, veramente, le dissi con un certo imbarazzo.

-Ahaha non dirmi che ti sei imbucata! , mi disse ridendo.

-No no! Sono venuta con un’amica, Elisa, solo che non mi ha ancora presentata alla padrona di casa e ora non so nemmeno dove sia!, dissi alzando gli occhi al cielo e sentendomi sempre più a disagio. Chissà cosa penserà di me!

-Rimediamo subito, tranquilla, se vuoi ti presento io. Ah io sono Chiara, piacere!

-Io Federica, piacere. Grazie mille!

-Vieni, ecco, Ludovica è quella ragazza laggiù, bionda e coi tacchi alti, è inconfondibile.

Mi sentivo decisamente a disagio ad essere presentata da una sconosciuta ad una sconosciuta, per di più alla sua festa di compleanno e a casa sua!

-Ehi Ludovica, disse Chiara, questa è Federica, amica di Elisa.

-Ciao, mi disse Ludovica, piacere! Grazie di essere venuta! Qui è tutto a tua disposizione.

-Grazie, le risposi con un sorriso credo molto di circostanza, non sentendomi propriamente a mio agio.

-Allora divertiti, vado a salutare i miei amici che sono arrivati! Ci vediamo!

Una meteora la padrona di casa!

“Divertiti” pensai fra me, ma come? Avrei proprio voluto tornarmene a casa. Nel frattempo anche quella Chiara si era dileguata mentre Ludovica mi stava parlando per quei 20 secondi. Mi guardai un attimo in giro e mi misi così alla ricerca di un posto dove potermi sedere e mangiare tranquillamente quando quella sconosciuta, Chiara, tornata poco dopo vicina a me con il suo piatto in mano, mi disse:

-Vieni, andiamo in giardino a mangiare assieme, ti va?

-Si!

Oh finalmente! Pensai tra me, almeno non sarò sola tutta la serata!

Sedute una vicina all’altra ad un tavolino in giardino iniziammo a parlare e subito scoprii che aveva 27 anni e che lavorava nello studio del papà, notaio a Genova, mentre la mamma aveva un negozio in uno dei centri commerciali della città. Non potei fare a meno di notare come oggettivamente fosse una bella ragazza: alta circa 1.70, oltre allo sguardo che mi aveva colpita, aveva capelli neri leggermente a boccoli che le cadevano poco sotto le spalle con una leggera frangetta sulla parte destra della fronte, le mani ben curate e unghie corte con lo smalto rosa chiaro, magra al punto giusto, vestita in modo elegante ma sportivo allo stesso tempo, con una camicetta bianca con merletti da cui traspariva un seno non eccessivamente abbondante ma sicuramente sodo e ben fatto e un pantalone nero aderente, con bei sandali dal tacco non troppo alto e ai piedi lo stesso smalto delle mani.

Dopo essermi presentata anche io, vestita decisamente più sportiva di lei, con una polo bianca e un jeans scuro e anche io dei sandali ai piedi sui quali avevo messo lo smalto nero, cosi come sulle mani, iniziai a dire che avevo 19 anni, avevo fatto la maturità e che ero passata ai test di medicina e che, quindi, avrei intrapreso questa carriera universitaria. Lei mi fece i complimenti, che mi sembravano sinceri, per aver superato uno scoglio cosi difficile. Nello partecipare alla mia gioia per il risultato ottenuto, non potei fare a meno di notare che il suo sorriso era smagliante, aveva denti bianchissimi e perfettamente allineati, e la sua voce era chiarissima, per niente impastata come invece a me a volte capitava quando ero nervosa, e aveva un timbro gradevolissimo all’orecchio. E dal suo sguardo traspariva una ragazza buona, sincera, ma sicuramente decisa e sicura del fatto suo.

Ci mettemmo a parlare di tutto, ora sedute al tavolino, ora in piedi a ricaricare i nostri piatti, ora sedute su uno dei divani della sala. Il tempo era volato, con Chiara mi sono sentita a mio agio fin da quando abbiamo iniziato a chiacchierare, come fossimo amiche di vecchia data e non sconosciute. Si era fatta oltre mezzanotte e, dopo aver risposto al messaggio di mia madre – Quando torni? – Fra 3 ore - , Elisa finalmente fece capolino facendomi cenno che voleva andare via. Io invece avrei voluto rimanere ancora a parlare con Chiara, e poi fra me pensai che Elisa era stata davvero una stronza a lasciarmi da sola per tutta la serata, aveva voluta la mia compagnia per andare alla festa ma poi quando si era trattato di scopare col suo amico non ci aveva pensato su un attimo ad abbandonarmi. Per fortuna Chiara, avendo capito la mia riluttanza a tornare a casa, mi disse che mi avrebbe accompagnata, che era venuta da sola in auto, se mi faceva piacere. Ben felice dissi freddamente ad Elisa di tornarsene a casa da sola e che mi sarei arrangiata per il ritorno, e lei fece pure l’offesa!

Alle 2 passate decidemmo di tornare a casa. Non avevo affatto sonno, questo incontro così inaspettato mi aveva messo addosso una scarica di adrenalina che mi aveva dato una carica emotiva e di parlantina che da tempo non avevo più provate. Ero inoltre felice di avere fatto questa nuova e inaspettata conoscenza che avrebbe potuto diventare una mia nuova amica, certo un po più grande di me, ma con la quale avrei potuto parlare di tutto e, forse, anche confidarmi.

Dopo aver chiacchierato ancora durante il tragitto di ritorno a Genova, ci lasciammo sotto casa mia dopo esserci scambiate il numero di cellulare, con la promessa di rivederci al più presto. Andata a letto, non potei fare a meno di ripensare a questa nuova ragazza conosciuta, avevo davanti a me l’immagine del suo volto così radioso e così simpatico, e dentro di me risentivo ancora la sua voce. Mi sentivo felice di averla conosciuta e pensavo che avrei potuto mandare a quel paese Elisa una volta per tutte.

Quella domenica ci scambiammo solo un messaggio di saluto.

Non ci pensai più quel giorno, ma il pomeriggio del giorno dopo, mentre ero in centro per acquistare la cancelleria da utilizzare per i corsi universitari, trovandomi nella centralissima Via XX settembre, mi ricordai che proprio lì c’era l’ufficio dove lavorava Chiara. Siccome era quasi l’ora in cui lei usciva per tornare a casa mi misi di fronte al portone in attesa che uscisse. Neanche dieci minuti dopo infatti si aprì il portone e appena la vidi la salutai.

-Ciao Chiara!

-Ehi Federica, cosa ci fai qua?

-Ero qui in centro per fare acquisti e ho pensato che uscivi a quest’ora e così ho pensato di aspettarti per salutarti!

-Hai fatto benissimo!, mi disse abbracciandomi. Senti Io ho una fame..ti va un aperitivo al Porto Antico?

-Si certo!

Non potei fare a meno di notare che Chiara era raggiante nella sua bellezza, vestita in modo elegante, da ufficio, con un tailleur in giacca e pantalone leggeri, color azzurro chiaro, una camicetta bianca e scarpe nere col tacco non eccessivamente alto, i capelli sciolti, un filo di trucco e rossetto rosa cipria. Un profumo fiorato completava il suo quadro. Non sapevo se ne ero più affascinata o ammirata, ero solamente certa che stare in sua compagnia mi faceva stare bene, mi rilassava, mi rendeva felice, anche se la mia mise di quel momento non era paragonabile alla sua, converse ai piedi, un jeans strappato e una maglietta colorata!

In quei mesi fino a dicembre la nostra amicizia aumentò sempre di più e la nostra sintonia si fece sempre più viva. Io avevo iniziato i corsi all’università, studiavo già molto, ma il pomeriggio trovavo quasi sempre quelle due ore per andare a prenderla all’uscita del lavoro e fare due passi con lei, magari arrivare fino a casa sua che non era peraltro troppo distante da casa mia, entrambe nella circonvallazione a monte della città, in collina, o prenderci un aperitivo.

La mia vita era decisamente cambiata. Dal brutto anatroccolo che ero in adolescenza, come almeno mi vedevo io come ho detto prima almeno fino ai 14 e inizio 15 anni, sola e scontrosa, con poche amicizie, dedita soprattutto allo studio, adesso mi vedevo rifiorita, molto più sicura di me, orgogliosa di quello che avevo ottenuto e anche di questa nuova amicizia che aveva soppiantato le mie ex amiche, Alessia che da tempo ormai non vedevo più ed Elisa con la quale avevo litigato proprio a causa di quella sera di settembre e che avevo mandata a quel paese definitivamente.

Il 23 dicembre di quell’anno andai per la prima volta a casa sua e mi presentò i suoi genitori; abitava in una grande casa decisamente di gran stile, arredata con gusto, che denotava una certa agiatezza della famiglia, in corso Firenze, una delle zone più in della Circonvallazione. Passammo una bellissima serata, dopo esserci scambiate i regali di Natale e aver chiacchierato fino a tarda notte tanto che suo padre fu così gentile da accompagnarmi a casa alle 3 perché temevano che da sola, per la strada, a quell’ora potessi fare qualche incontro poco piacevole.

Devo dire che dentro di me mi sentivo piuttosto in confusione. Andata a letto non avevo sonno, ma ad occhi chiusi pensai tra me che Chiara era diventata per me un punto di riferimento e, senza volerlo, mi stavo rendendo conto che più il tempo passava più dentro di me pensavo a lei. Anche mentre studiavo la mente era sì sulla materia ma il pensiero sottostante era su di lei, a chiedermi cosa stava facendo in quel momento, a quando ci saremmo riviste e a ripensare alle nostre chiacchierate. Cercai in quei giorni di scacciare quei pensieri così strani per me anche se quando mi arrivava un bip di whatsapp speravo sempre fosse lei a scrivermi qualcosa. Per un momento associai la mia breve storia con Fabrizia, che ammiravo a tal punto che eravamo arrivate a fare sesso, con la mia amicizia con Chiara, ma poi mi resi conto che in realtà erano due cose del tutto diverse.

Il 26 dicembre, la sera, uscimmo per andare al cinema al centro commerciale la Fiumara. Dopo mezzanotte, eravamo nella sua auto mentre stavamo tornando verso casa e mi disse:

-Hai già sonno, Federica?

-No, e tu?

-Nemmeno io. Ti va di fermarci a Castelletto? La serata è così mite e bella!

-Va bene!

Castelletto è vicino alle nostre case ed è un piccolo quartiere dove c’è una spianata pedonale dalla quale si gode un bellissimo panorama di tutta la città e del golfo ligure, meta immancabile di tutti i turisti che vengono a Genova.

Ci sedemmo su una panchina di fronte al panorama. In quel momento stavamo in silenzio, io mi sentivo felice e appagata di essere ancora con lei quella sera, anche se dentro di me sentivo che mi mancava qualcosa ma non sapevo dare una spiegazione logica e concreta a questo mio sentimento, non riuscivo ad interpretare quello che, nel profondo del mio animo, probabilmente cercava di venire allo scoperto ma che, per una ragione a me ancora sconosciuta, non riusciva ad emergere, e soprattutto non sapevo cosa fosse questo punto interrogativo che, in piccola parte, guastava la serenità che in quel momento mi rendeva leggera come una farfalla.

Per rompere quel silenzio, Chiara iniziò a parlare e in seguito ad una sua battuta su una nostra conoscente mi misi a ridere come una scema voltandomi verso di lei e facendole un gesto con la mano come per dire..cosa stai dicendo??.. al che anche lei iniziò a ridere e a ridere mettendo una mano attorno al mio braccio destro e spingendoci leggermente spalla a spalla. Come capita quando si ride cosi a crepapelle, finita la ridarella ci siamo ritrovate viso a viso, una di fronte all’altra, il suo sguardo profondo che sembrava fondersi nel mio; io la guardai direttamente negli occhi con un mezzo sorriso sentendo dentro di me una leggerezza unica, mai provata prima, grazie anche al suo sguardo che si perdeva nei miei occhi e al suo sorriso stampato sulle labbra. Chiara, senza dire nulla, si avvicinò lentamente ancora di più a me e improvvisamente mi baciò sulla bocca mettendo la sua mano destra sopra la mia sinistra che avevo poggiata sulla mia gamba. Accadde tutto così all’improvviso in quei pochi secondi: quel bacio inaspettato mi procurò un piacevole stupore e stordimento improvvisi. Con gli occhi chiusi percepii l’umido delle sue labbra sulle mie e un batticuore per quel momento così unico che mi fece trasalire.

Staccatasi dalle mie labbra Chiara stava quasi per chiedermi scusa visto che non avevo corrisposto al suo bacio quando io, senza quasi rendermi conto realmente della situazione che si stava creando, la baciai a mia volta. E questa volta fu un bacio più vero, appassionato, dolce e estremamente coinvolgente. Ho sentito, con quel bacio, tutto il suo sapore, il suo alito, la sua sensualità, il suo erotismo che sprigionava sempre da tutti i pori ma che io mi ero sempre ostinata a non riconoscere o a non voler riconoscere e che avevo cercato di scacciare dalla mia mente, ma che la natura e i sentimenti in quel frangente avevano fatto emergere in tutta la sua potenza.

Finito quel bacio cosi meraviglioso, mi ritrovai, senza essermene minimamente resa conto, la mia mano sinistra intrecciata alla sua destra, e iniziai appena a dirle:

-Io…

-Shhh, non dire niente, non parlare adesso.

Mi mise la mano sinistra attorno al collo e ci ribaciammo. Un nuovo bacio ancora più consapevole, più frenetico, più denso di sentimento e di femminilità, con i nostri profumi che si confondevano e univano, i nostri respiri che si accoppiavano, le nostre mani che stringevano le une il corpo dell’altra, le nostre lingue che si intrecciavano in vorticosi giochi e danze sensuali dentro le nostre bocche e le nostre salive che si univano e mescolavano…del tutto incuranti di eventuali persone che potessero passare in quel momento e di chi dalle finestre delle case lì vicine potesse vederci.

Quando finimmo di baciarci ci guardammo negli occhi e non potei fare a meno di farle un sorriso ricambiato da Chiara. Non sapevo più cosa dire, prima avrei avuto tante cose da dirle, ma in quel momento no, ero come bloccata, come se quell’ultimo bacio mi avesse resettata.

-Avevo paura…- iniziò a dirmi Chiara interrompendo quel silenzio che si era creato tra noi guardandomi negli occhi – ..cioè è molto tempo che avrei voluto baciarti, ma avevo paura di rovinare la nostra amicizia, ma dentro di me stavo male anche se fingevo che tutto andava bene, e stasera non ce l’ho più fatta! Se…

-Anche io – le dissi interrompendola – ero confusa su quello che provavo per te! Pensavo che fosse solo ammirazione per la splendida persona che sei, forse volevo togliere dalla mia mente l’idea che la mia non fosse solo ammirazione ma qualcosa di più, ma quando mi hai baciata è come se mi avessi tolto dagli occhi la cortina di dubbi che mi circondava…

Allora anche tu provi qualcosa per me? – Mi chiese con gli occhi che le brillavano e pieni di desiderio di avere una risposta positiva.

-Eh…si – riuscii a dire solo questo, mi sentivo ancora confusa, forse un po’ imbarazzata, ma la mia risposta fu del tutto sincera.

Mi abbracciò stretta a sé, felice, entusiasta della mia dichiarazione, dandomi qualche bacio sul collo.

Ingenuamente le feci una domanda adolescenziale:

-Allora che dici, ci mettiamo assieme?

-Ahah certo!

Restammo ancora su quella panchina a parlare, a baciarci, a stringerci, ad abbracciarci.. sentivo addosso a me una strana euforia, una adrenalina… mi sentivo diversa ma in modo del tutto positivo e accattivante, mi sentivo come se una parte di me stessa che non conoscevo ancora bene si fosse impossessata del mio corpo e mi dicesse di vivere la mia vita secondo uno standard in parte diverso da quello da me fino a quel momento conosciuto.

A tarda notte Chiara mi accompagnò sotto casa e ci salutammo con un altro appassionato bacio e ci dichiarammo la nostra felicità per aver squarciato il velo di paure che ci aveva circondate fino a quel momento, paure di manifestare apertamente i nostri sentimenti che avrebbero potuto mettere a rischio la nostra amicizia.

Quella notte non riuscii a prendere sono tanto facilmente; l’euforia che provavo dentro di me era troppa per farmi rilassare e ripensai a lungo alla magnifica serata appena trascorsa e finalmente capii anche cosa era quel malessere interiore che mi tormentava e che non mi permetteva di essere felice del tutto. Quella strana sensazione che sentivo dentro di me non era altro che il mio vero sentimento verso Chiara che stava bussando alla porta del mio cuore ma che mi ostinavo a non aprire e a non ascoltare, forse inconsapevolmente per via dei tabù inculcati dalla famiglia o per paura di scontrarmi con una realtà che inconsciamente non sapevo come gestire. Ma per fortuna ad aprire quella porta ci ha pensata Chiara che, con la sua forza era riuscita a far riemergere definitivamente in me il mio vero sentimento.

Durante tutte le feste di Natale ci vedemmo tutti i giorni e finalmente un giorno che eravamo sole a casa sua facemmo l’amore. Per Chiara non era la prima volta che lo faceva con un’atra ragazza. Lei si dichiarava bisex, avendo avuto anche qualche ragazzo da adolescente, ma dopo i 20 anni aveva avuto solamente qualche ragazza, nessuna delle quali, però, l’aveva mai coinvolta veramente. Riguardo a me, invece, a parte Fabrizia, il mio compagno di scuola con il quale avevo perso la verginità e il mio scopamico, in pratica non avevo più avuto nessun altro. Solamente la masturbazione aveva dato negli ultimi anni sollievo al mio deserto sentimentale. E comunque mai avevo pensato che avrei fatto di nuovo l’amore con un’altra ragazza.

La mia prima volta con Chiara è stata bellissima, appassionata, coinvolgente, molto di più di quando lo feci con Fabrizia. Anzi, Chiara mi ha fatto scoprire un lato della sessualità del tutto nuovo per me, con una potenza di femminilità erotica che non immaginavo nemmeno lontanamente si potesse raggiungere con un’altra donna. Lo stare nude nello stesso letto, baciarsi, stare a contatto con la sua pelle e sentire il mio seno e i miei capezzoli unirsi ai suoi, sentire i suoi, lei con una terza a differenza della mia seconda, scivolare dalla mia bocca mentre li baciavo fino ad attraversare tutto il mio corpo, sentire la sua bocca e la sua lingua giocare ed esplorare tutto il mio corpo senza tralasciare un centimetro della mia pelle per concludere l’esplorazione sul mio clitoride e sulle mie labbra, sentire le sue mani toccare ogni parte di me, stringerla, accarezzarla, ora con tocchi lievi, ora più decisi, fino ad arrivare all’orgasmo sulla sua bocca mentre mi leccava la vagina…e poi i miei tentativi di fare lo stesso con lei, prima un po’ goffamente per la mia inesperienza, e poi con il suo aiuto in modo più mirato e preciso, fino a farla arrivare all’orgasmo mentre ero io a baciarle e leccarle la vagina… tutto questo mi ha proiettata in un mondo di passione, di amore, di tenerezza, di dolcezza che mi stavano dando una gioia, una carica di vita, una potenza mai visti prima.

Qualche giorno dopo, poco prima della fine delle vacanze Chiara mi disse:

-Federica, vorrei presentarti ai miei genitori, cioè li conosci già, ma come la mia ragazza!

Lì per lì rimasi un po stupita della sua richiesta, ma poi dentro di me capii l’importanza della sua decisione, cioè mi resi conto che io ero davvero importante per lei, come lo era lei per me, e non ero una storiella di poco conto sebbene stessimo assieme da così poco tempo. E questo mi aveva fatta sentire orgogliosa di essere la sua ragazza!

-Naturalmente gliene parlerò prima, ma non ci sarà alcun problema, stai tranquilla!

-Sono felice che tu mi voglia presentare ai tuoi come la tua ragazza!, le dissi sorridendo, anche se dal mio sguardo trapelava sicuramente un velo di tristezza che Chiara infatti colse subito.

-Cos’hai? Non sei contenta?

-Certo che lo sono!

-E allora perché quello sguardo un po triste?

-Perché sto pensando che non potrò fare subito lo stesso con la mia famiglia! Te l’ho detto come sono.

-Si lo so, ma sono sicura che riuscirai a trovare il modo giusto per parlargliene e metterli di fronte al fatto compiuto.

-Lo spero, ma sarà difficile! Ma ora non pensiamoci.

Chiara mi abbracciò come per incoraggiarmi ad intraprendere quella difficile strada di parlarne con i miei genitori e mi diede un bel bacio sulla bocca come per suggellare questo patto di fare la mia parte nel rendere pubblica la nostra relazione.

Il 6 gennaio era il giorno fissato per la presentazione  “ufficiale” ai suoi.

Il giorno prima ci eravamo viste in centro e mi aveva detto che, come immaginava, i suoi non avevano fatto alcun problema. Rimasti un attimo stupiti della notizia, subito però avevano detto che ero già loro simpatica come sua amica e che ora, se lei era felice, anche loro lo erano e che erano contenti di conoscermi meglio soprattutto perché ero la ragazza della loro figlia.

Quel giorno verso mezzogiorno arrivai a casa loro, ero piuttosto emozionata, lo ammetto. Mi venne ad aprire Chiara e, abbracciatami, andammo in sala dove poco dopo sono arrivati i suoi genitori.

-Ciao Federica, mi disse sua madre abbracciandomi e dandomi un bacio sulla guancia.

-Buongiorno signora.

-Benvenuta! Mi disse subito dopo suo padre dandomi anche lui due baci sulle guance.

-Grazie

-Vieni accomodati, mi disse sua madre.

Io e Chiara ci sedemmo vicine su un divano, mentre i suoi genitori erano seduti di fianco a noi. Devo dire che in quel frangente mi sentivo piuttosto osservata da loro, che mi conoscevano già, ma avevo come l’impressione che volessero studiarmi visto che ero lì in veste di ragazza di Chiara.

Invece per fortuna fu una conversazione molto piacevole e informale e alla fine sua madre mi disse:

-Sai noi un po ti conoscevamo già, ma adesso siamo felici di sapere che tu e Chiara vi amate!

Forse provai un po’ di imbarazzo per quella sua dichiarazione cosi sincera e spontanea, ma dentro di me ero veramente felice perché mi sentivo accolta nella loro famiglia, mi sentivo ora loro parte integrante. Erano riusciti a mettermi a mio agio in ogni senso. Sua madre mi aveva spinta a sentirmi libera a casa loro, come se fosse stata casa mia, di fare come volevo che per loro non c’era alcun problema. Beh ovviamente non sarei mai stata in piena liberà come a casa mia, tranne che in camera con Chiara. Allora lì si che già prima di allora mi ero liberata di ogni remora quando abbiamo fatto l’amore per la prima volta. In camera sua mi sentivo completamente a mio agio, potevo stare scalza, nuda, in intimo, che mi sentivo protetta da Chiara, si creava un mondo tutto nostro nel quale nessuno poteva entrare senza permesso. Così come quella sera del 6 gennaio che dormimmo assieme, pur con i suoi genitori in casa.

A Chiara piaceva prendere l’iniziativa. Una volta chiuse in camera, iniziammo a baciarci abbracciate, ora in piedi, ora appoggiate al tavolo, dopo di che lei iniziò a spogliarmi con una certa eccitante violenza, quasi a volermi strappare i vestiti di dosso. Finii nuda, con lei ancora del tutto vestita, che mi aveva buttata sul letto e mi stava leccando e mordicchiando i capezzoli mentre nello stesso tempo si stava slacciando i pantaloni per toglierseli. Ero in preda ad una totale frenesia e eccitazione per quel suo nuovo modo di farmi godere. Chiara, ormai nuda sotto, in un baleno si tolse anche il sopra e iniziammo a fare l’amore, e l’idea che non eravamo da sole in casa, che i suoi genitori erano in sala e in camera da letto, mi faceva sentire ancora più parte integrante della loro famiglia ma nello stesso tempo mi creava quella sorta di eccitante imbarazzo che rendeva l’atmosfera già surriscaldata di elettrizzanti umori ancora più impregnata di una esaltante carica erotica di complicità con Chiara. Sapevo che eravamo chiuse nel nostro mondo e che era solo e unicamente il nostro caldo rifugio, nude avvolte nelle lenzuola e nelle coperte del suo letto, tutte appassionate a baciarci a lungo abbracciate l’una all’altra, a ripeterci tante volte “Ti amo”. Il contatto con la sua pelle liscia e profumata, i suoi baci, i lenti movimenti del suo corpo sul mio, i suoi capelli che mi scivolano sul viso mentre la sua bocca mi baciava i capezzoli e poi poco alla volta scendeva lungo il mio corpo per baciarmi lo stomaco, l’ombelico, il pube mi avevano fatte venire scariche di eccitante adrenalina che mi avevano procurato una serie di piacevolissimi brividi e scariche elettriche lungo tutta la schiena e sui capezzoli.  Arrivata al pube, mi disse “Aspetta”.  Si mise sopra di me ma all’inverso, con il suo sedere e vagina sul mio viso e il suo viso sulla mia vagina. Appena iniziò a leccarmi il clitoride sentii una nuova scarica elettrica più potente delle precedenti che mi portò immediatamente ad abbracciare il suo sedere ai lati e a proiettare la mia bocca sulla sua vagina e a leccarle le labbra e il clitoride che già erano impregnate di bagnata eccitazione. Il calore della sua eccitazione sulla mia bocca, il bagnato della sua vagina che faceva scivolare dentro le mie dita mentre la mia lingua stuzzicava il suo clitoride e le mie labbra lo succhiavano alternando movimenti, pressione, durata, e la sua bocca che tormentava il mio clitoride e le sue dite che esploravano la mia vagina ora più fuori ora più dentro alla ricerca del mio punto G che ha trovato con abile facilità, mi fecero sciogliere in uno stato di concitazione, esagitazione, smanie che erano lì a portarmi ad un orgasmo che si preannunciava esplosivo.

Non so quanto tempo passammo a fare l’amore in quella posizione nuova per me, ma completamente eccitante, ma fatto sta che arrivammo all’orgasmo quasi contemporaneamente. Chiara era sicuramente più brava di me a dirigere e a controllare la mia eccitazione e ad accorgersi quando stavo per venire in modo da prolungare al massimo la mia eccitazione e a coordinarla con la sua, mentre io ero ancora dedita a leccare e a baciare tutta la sua vagina senza rendermi molto conto del suo livello di eccitazione e se era prossima all’orgasmo. Era Chiara che riusciva a fare un controllo generale della situazione eccitatoria mia e sua e fu così che fece in modo che avessimo l’orgasmo pressochè allo stesso tempo con i suoi caldi umori che fecero capolino sulla mia lingua come i miei copiosi sulla sua.

Ogni volta che facevamo l’amore era una sorpresa, con Chiara! Perché sapeva come farmi godere in un modo diverso dal precedente, come farmi eccitare ma anche semplicemente come farmi sentire protetta e al sicuro con un abbraccio, con un sorriso, con i suoi soli occhi, con le sue mani, con una sua parola.

Quella sera dopo aver fatto l’amore ancora una volta, ci addormentammo nude, ben avvolte nelle coperte e il risveglio del mattino dopo fu assolutamente dolce. Perché eravamo sole in casa e restammo a letto ancora per un bel po’, senza fare l’amore ma abbracciate, ora lei sopra di me, ora io sopra di lei, ora di fianco viso a viso, a baciarci e a parlare del nostro futuro, di quello che ci sarebbe piaciuto fare assieme, di viaggi, di sport, di avventure, e a ridere e a scherzare e a farci il solletico. Poi verso le 11 ci facemmo la doccia assieme e poi una bella colazione. Il resto della giornata lo passammo a casa sua, sempre con il saluto a mia madre che chissà cosa pensava io facessi, chissà con quale mascalzone di ragazzo, in assoluto relax anche quando i suoi tornarono a casa.

Il giorno dopo Chiara sarebbe dovuta tornare al lavoro nello studio del papà mentre io avrei dovuto riprendere i corsi all’università e mettermi a studiare d’impegno per affrontare i primi esami di medicina, che sono anche piuttosto tosti, soprattutto biologia, chimica e fisica medica.  Ma il mio esame più tosto era raccontare ai miei genitori della relazione con Chiara.

Cosi quel pomeriggio tardi, molto a malincuore, salutai Chiara e i suoi genitori, per tornare a casa mia, con la promessa però che tutti i giorni sarei andata a prenderla al lavoro anche per stare assieme solo per il tragitto per andare a casa sua e che avrei recuperato quel tempo tolto allo studio la sera. Chiara, dal canto suo, mi disse che non dovevo venire tutti i giorni perché non voleva che io perdessi troppo tempo togliendolo ai libri e che ci saremmo rifatte il fine settimana.

Complimenti Federica. Scritta benissimo e credo sia vera perchè la veridicità della storia emerge forte. Se non lo fosse l'hai resa realistica ed è un altro tuo merito. Scrivo anch'io storie qui come Dominus e sono tutte storie reali, apprezzate proprio perché riesco a far trasparire nei dettagli e nelle sensazioni quanto accaduto. Spesso chi mi scrive con me ha trovato dentro di sei tendenze e desideri nuovi che prima non aveva mai sentito. Se ti vuoi confrontare puoi scrivere tranquillamente a [email protected]. Di me per ora sappi che ho 59 anni, milanese, sposato con una figlia. Mi piace essere sincero. Bruno
Grazie, ti ho scritto alla tua mail.
Decisamente ben scritto, fluido. Bello bello bello
Grazie Stefania, del resto è la storia realmente vissuta da me. Se vuoi scrivermi [email protected]
Complimenti per la storia eccitante ed elegante.
Grazie anche a te Giovanna, è la storia realmente da me vissuta. Anche tu se vuoi scrviermi [email protected]

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