Suo marito era disoccupato da ormai sei mesi, fino a che aveva avuto il lavoro le cose erano andate diversamente, non che fosse mai stato un tipo romantico, ma qualche attenzione l'aveva. Adesso niente, voleva solo scopare, sempre scopare, lei usciva di casa con lui nel letto con il membro già ritto di prima mattina, sapeva che la spiava mentre si vestiva, che controllava che mutandine indossava, quando metteva i collant vedeva il suo cazzo diventare sempre più duro e a volte fare capolino fra le lenzuola. Non che la infastidissero quegli sguardi e quelle erezioni, ma avrebbe voluto anche qualche carezza e qualche parola dolce.
Ogni tanto comunque se lo vedeva particolarmente eccitato glielo prendeva in mano e lo stringeva forte, oppure glielo segava un poco piano, a volte arrivava a leccargli la cappella e prenderlo un poco in bocca. Aveva un sapore forte il cazzo di suo marito, forse quella notte si era fatto una sega come al solito guardando qualche porno. Poi lo lasciava così con il cazzo duro e andava a lavorare. A volte lui faceva in tempo a infilarle una mano fra le cosce, a volte le infilava un dito dentro.
In quei casi andava al lavoro con il sapore del membro di suo marito in bocca e le mutandine umide, era una piacevole tortura. Lasciava ogni mattina le sue mutandine sporche in bagno in bellavista, sapeva che lui le avrebbe prese annusate e leccate e poi le avrebbe avvicinate alla cappella dura. Spesso la sera tornando e trovandole in un posto diverso da dove le aveva lasciate, le scopriva umide di sperma e allora la assaggiava con la punta della lingua. Non aveva mai amato il sapore dello sperma, ma quello di suo marito era buono e la eccitava.
Tornava a casa dopo ore di scuola media, e dopo un lungo viaggio in metropolitana stanca e aveva solo voglia di mangiare qualcosa e di riposare un po', il turbamento della mattina, era una cosa lontana. Ma il marito spesso l'aspettava sul divano, il membro barzotto sotto i pantaloni, fingeva di ignorarlo mettendo a posto i piatti. Ma poi lo sentiva avvicinarsi di soppiatto una mano che le alzava la gonna, poi le abbassava le mutandine. Se erano umide lui iniziava ad insultarla, "troia chi te le ha fatte bagnare? Qualche collega?Fai la porca a scuola vero? Muovi questo culo per fare tirare il cazzo a tutti..." Quando era di cattivo umore la scopava più a fondo con più rabbia, lei fingeva di essere scocciata, ma le piaceva quel membro grosso che la riempiva tutta, in cucina con le mutandine abbassate alle ginocchia. Quando era soddisfatto toglieva il membro ancora palpitante e lei sentiva un fiotto di sperma bollente sulle natiche o sulle cosce.
A volte non si accontentava di venirle sul culo e estraendo il membro la girava con un colpo secco e la faceva inginocchiare davanti al suo cazzo duro. Allora lei glielo prendeva in mano e iniziava a segarlo prima piano e poi forte, spesso lui le stringeva forte i capelli e la nuca e spingeva il suo membro imbizzarrito nella sua bocca, o meglio nella sua gola. Le sembrava di soffocare, toccava le sue palle con la punta della lingua. ma la mano di lui non mollava la presa. Si sentiva soffocare ma anche riempire di piacere, come gli schizzi che improvvisi le riempivano la bocca e le colavano in gola, allora spesso con una mano si accarezzava il clitoride o infilava un dito dentro per godere insieme a lui. Altre volte lei gli leccava lentamente la cappella e lui veniva improvvisamente inondandole la faccia e le tette di quella sperma, sempre tanta anche se si faceva continuamente delle seghe e la scopava tutti i giorni.
A volte la sera lei si metteva delle mutandine molto eccitanti e girava per casa facendo finta di avere delle cose da fare, sapeva che era pericoloso farlo, ma forse per questo a volte le andava. Sapeva che se lo eccitava troppo, e se lui aveva bevuto un po' non le bastava prenderla come faceva tutti i giorni, voleva di più, Iniziava a schiaffeggiarle le natiche, prima piano, come degli innocenti buffetti, poi con dei colpi più decisi che lasciavano le impronta rosse delle dita sulla pelle, poi come tutti i padroni dopo il bastone usava la carota, le leccava le natiche arrossate, e nel mentre le spostava le mutandine. Iniziava a leccarle il clitoride, a massaggiarlo con la lingua e poi le labbra, le apriva con la punta della lingua e poi con le dita. Lei nel mentre gli slacciava i pantaloni e gli prendeva il membro in mano, già barzotto, e iniziava a segarglielo piano inumidendosi la mano con la saliva. Lui non mollava il clitoride con la lingua ed ad un certo punto infilava due dita dentro. In quel momento lei sentiva un piacere fulminante e stringeva forte la sua cappella. Lui non smetteva fino a che lei non era venuta, a volte squirtava sulle sue dita, e solo allora la metteva a pecorina e le infilava la cappella dentro. Quelle sere lui era insaziabile, dopo avergli aperto la figa, passava al culo, e con quella cappella grossa e dura era un piacere ma anche un dolore.
Lei sapeva di essere la vittima di quel gioco perverso, ma anche il carnefice, era lei che mandava avanti la baracca ed era lei in fondo a tirare le fila del gioco, per lei ormai suo marito era uno stallone da monta. Sapeva che più lo eccitava più lui sarebbe stato brutale nel prenderla, lo calcolava con precisione sempre maggiore, e con sempre più intenzionalità, poi scoprì un altro gioco, ancora più eccitante.
A scuola era arrivato da poco un nuovo professore di educazione fisica, molto giovane, biondo molto muscoloso. Non era il tipo di ragazzo che l'avessero ma incuriosita fino ad allora, ma il suo comportamento timido, che contrastava con quel fisico aggressivo non la lasciarono indifferente. E neanche lui sembrava indifferente, sentiva i suoi sguardi densi quando passava in corridoio, sulle gambe, sulle cosce e sulle natiche. Erano sguardi maliziosi, ma non brutali come quelli del marito, erano più timidi e le facevano un misto di eccitazione e tenerezza. Iniziò ogni giorno a provocarlo, un giorno erano soli nel corridoio e lei fece cadere apposta un libro nel raccoglierlo si chinò in modo da far vedere il bordo delle mutandine, andando via vide con la coda dell'occhio un rigonfiamento dei pantaloni di lui che non osò però dire una parola e scoperto arrossì.
Si vestiva sempre più provocante, tirò fuori le mutandine più sexy che aveva e ne comprò delle nuove, anche se questo gioco aveva i suoi inconvenienti a casa. Il marito vedendola sempre più sexy la costringeva a continui rapporti, anche la mattina prima del lavoro, spesso prendeva la metropolitana di corsa con lo sperma del marito che le colava dentro i collant. Era un piacevole supplizio, ma intanto con il professore di ginnastica non vedeva nessun progresso.
Faceva un giro più lungo apposta per uscire da scuola e passare davanti alla palestra, lui la aspettava sulla porta ma poi quando la vedeva non riusciva a proferire parola.
L'occasione propizia le capitò durante un consiglio di classe. Di solito si tenevano in sala professori, una stanzetta piuttosto angusta con delle cattedre e delle sedie, ma quel giorno degli operai la stavano imbiancando e la riunione venne spostata nell'aula delle proiezioni, era una stanza grande con i banchi a semicerchio che salivano di diversi gradini. Lei arrivò leggermente in ritardo, il prof di educazione fisica era seduto in alto in un banco da solo, restava sempre in disparte per la timidezza in quelle situazioni. Lei si sedette accanto a lui. Si era messa giarrettiera e calze nere, molto vintage, aveva delle gambe bellissime, difficili da non notare che salivano affusolate a dei fianchi che lasciava senza fiato.
La luce era un poco fioca, le riunione noiosa.
Lei sentiva gli sguardi di lui, ma quando provava ad intercettarli lui si voltava e diventava rosso. Lei si alzò un poco la gonna, fino a far intravvedere il bordo delle calze, vide con la coda dell'occhio che lui non riusciva a distogliere lo sguardo. Poi la preside lo interrogò e lui rispose interdetto alzandosi in piedi come fosse un studente balbettando.
Quando si risedette, la gonna sfiorava le mutandine. Lui diventò paonazzo, e i suoi jeans diventarono sempre più aderenti. Lei prese la mano muscolosa di lui e la mise sul suo ginocchio. Rimase lì a lungo e la sentì sempre più calda e sudata, poi finalmente si mosse verso l'alto. Più saliva e più lei apriva lentamente le cosce, quasi impercettibilmente. Quando arrivò alla fine delle calze e sentì i polpastrelli caldi di lui sulla pelle liscia delle sue cosce ebbe un fremito.
Ci mise ancora molti interminabili minuti ad arrivare alle mutandine, che ormai erano irrimediabilmente umide. Ma la riunione volgeva al termine e lui era troppo lento. Lei tolse la mano di lui e mise la sua sulle mutandine e le spostò, mentre l'altra mano si mise ad accarezzare il rigonfiamento dei pantaloni di lui. Il membro di lui era così teso, che sembrava capace di rompere il tessuto del jeans da un momento all'altro. Accarezzava quel tessuto ruvido sapientemente, stringendo la punta con forza. Abbassò la lampo e infilò una mano dentro, riuscì faticosamente a tirare fuori quel membro così duro, era meno largo di quello di suo marito ma lungo e duro. Si bagno un palmo della mano con la saliva e iniziò a massaggiare la punta. Sentiva che lui aveva il respiro sempre più affannato, lo vide in volto paonazzo, capì che non sarebbe durato a lungo come suo marito, con lui a volte le venivano i crampi per quanto ci metteva a venire. Con l'altra mano si accarezzava il clitoride e infilò un dito dentro, fece appena in tempo perché sentì il cazzo di lui esploderle in mano, in in una serie di fiotti densi e abbondanti.
Sì tolse le mutandine e le mise in tasca a lui senza che se ne accorgesse, poi sì abbassò la gonna e raggiunge l'uscita della scuola, la riunione era appena finita un tempismo perfetto.
Andando verso la metropolitana si pentì di avergli lasciato le mutandine, e se suo marito se ne fosse accorto? Forse era meglio se si fermava a comprarne un altro paio, ma forse quella mattina l'aveva spiata ed era peggio. Decise che una volta arrivata a casa sarebbe andata subito in bagno e ne avrebbe indossato un paio. Ma durante il tragitto in metropolitana, le arrivò un messaggio del marito, non del tutto inatteso a dire il vero, spesso le scriveva quando sapeva che stava per tornare. Le comunicava che l'aspettava a casa aveva preparato il pranzo ma e anche il dessert, ovviamente per chiarire di cosa si trattasse correlò l'informazione con una foto del suo membro eretto.
Non le facevano molta impressione le foto del cazzo di suo marito, ma quel giorno le riaccesero la voglia che il professore di ginnastica non era stato in grado di portare a termine.
L'eccitazione era molta e arrivata a casa non si preoccupò di mettersi le mutandine e anzi durante il pranzo fece cadere la forchetta e chiese al marito di raccoglierla. Aprì le cosce e mostrò il suo sesso gonfio di voglia in tutto il suo splendore.
Non sapeva come il marito avrebbe reagito a vederla senza mutandine, forse l'avrebbe punita duramente, ma non le importava. Forse aveva anche voglia di essere punita, ma inaspettatamente il marito fece una cosa che faceva raramente, iniziò a leccarle le cosce e il sesso avidamente. Ebbe un orgasmo fortissimo mentre il marito la leccava, e prendendogli il membro in mano pensò a quello del collega, erano così diversi eppure così eccitanti entrambi, lo prese in bocca e poi ci salì sopra. Lo cavalcò a lungo venendo di nuovo, mentre il marito le stringeva i fianchi e giocava con i suoi capezzoli. Ogni tanto chiudeva gli occhi e confondeva i membri, ma quello del marito era così duro e così grosso da riportarla presto alla realtà, voleva sentire il sapore del suo sperma in bocca, non lo aveva mai desiderato tanto.
Giovanna
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gianni
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