La nuova professoressa- (prima parte)

  • Scritto da daddy99 il 16/10/2020 - 17:15
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Quando mi presentai con in trolley in mano davanti all’istituto universitario, ero contenta. Dopo tanti anni di lavori precari ero stata assunta come docente in psicologia dello sport.

Era domenica, e all’ufficio amministrativo c’era solo un’impiegata. “Buongiorno, sono Silvia Bruni e …”
“Oggi è domenica, per iscriversi deve passare domani” m’interruppe l’impiegata senza staccare gli occhi dal monitor..
“Guardi che non devo iscrivermi, sono una nuova docente. Comincerei domani.”
L’impiegata allora mi guardò sorpresa e cambiò tono.

“ Mi scusi, pensavo fosse una studentessa. Sì certo, l’aspettavamo. Come d’accordo le è stata preparata una camera. Adesso la faccio accompagnare.”

Al telefono mi avevano detto che nel collegio avevano una camera libera. In cuor mio avrei preferito trovare qualcos’altro fuori dalla struttura ma, da quello che sapevo, gli affitti in città erano salati e quindi accettai di buon grado l’offerta.

Un signore mi accompagnò al secondo piano dove erano alloggiate le studentesse fuori sede. La mia camera si trovava in fondo a un lungo corridoio illuminato da brutte luci al neon.

La stanza era piccola e ma appariva pulita e aveva una bella finestra che dava sul giardino interno della struttura. Dopo aver sistemato le mie cose nell’ armadio a muro, mi sdraiai e dormii per un paio d’ore. Quando mi svegliai erano quasi le sette di sera. Ero partita da Milano la mattina presto e da allora non avevo mangiato niente. Cercai sul cellulare l’indirizzo di una pizzeria vicina e ne trovai una a poche centinaia di metri dal collegio.

Scoprii che la pizzeria era molto frequentata da studenti e colleghi e infatti mentre mangiavo la pizza feci conoscenza con una coppia di professori molto simpatici. Anche loro insegnavano all’università e dividevano un appartamento in affitto alla periferia di Perugia. Alla fine della cena m’invitarono a bere a casa loro. Tra vino e chiacchiere facemmo tardi, tanto che erano le due di notte quando mi riaccompagnarono davanti al collegio. La porta era chiusa e mi resi conto che non mi ero fatta dare le chiavi. Mi sentivo sbronza e non sapevo che fare. Mi guardai in giro, tutta la città sembrava dormisse. Improvvisamente sentii scattare la serratura del portone e subito dopo spuntare la testa di una ragazza.
Era in pigiama e sembrava molto agitata: “Ti ho sentita per caso… ma sei pazza a rientrare a quest’ora. Non conosci il regolamento?”
“Regolamento? Quale regolamento?”
“Vedo che sei nuova. Be’ qui chiudono la porta alle undici. E’ meglio che corri in camera, se ti becca Brumilde sei nei guai” sussurrò.

“Brumilde?” dissi, stupita da quel nome grottesco.

“Sì, non è il suo nome. Noi la chiamiamo così perché è severissima… è la responsabile del collegio.”

Mi scappò da ridere. L’idea che mi avesse confusa per una studentessa e che ci fosse una cattivissima Brumilde che ci sorvegliasse mi divertiva. Era tardi e decisi di non dire nulla circa la mia identità. Ringraziai la ragazza e, dopo essermi levata le scarpe camminai in punta di piedi verso la mia camera. Stavo per richiudere la porta quando qualcosa me lo impedì.

“Hai idea di che ore sono, signorina?”
Era una donna sulla quarantina, che mi bloccava la porta e con le braccia conserte mi fissava severamente.

L’ho già detto, ero sbronza per il vino e quasi non riuscii a trattenermi dallo scoppiare a ridere. Questa dev’essere Brumilda – pensai mentre mi appoggiavo alla porta per non scivolare a terra – chissà come ci rimarrà male quando saprà che sono una docente.

“Mi scusi, è il mio primo giorno, non lo sapevo del regolamento” dissi decidendo di prendermi gioco di lei.

“Il regolamento ti è stato spedito a casa, avresti dovuto leggerlo. Vieni con me.”

“Ma sono stanca … non possiamo parlarne domattina?”

“Adesso!” Detto questo mi afferrò per un braccio e mi trascinò lungo il corridoio fino dentro la sua camera.

“Allora signorina, come la mettiamo?”

“Ma, non so … la prossima volta cercherò di stare più attenta all’orologio.” risposi.

“I tuoi ti hanno mai sculacciata?”

Subito credetti di aver capito male: sgranai gli occhi incredula.

“Ti ho chiesto se i tuoi ti hanno mai sculacciata?”

“No, mai … non mi hanno mai toccata. Ma che c’entra?”

La donna borbottò tra di sé, qualcosa di negativo circa l’educazione che avevo ricevuto. Poi avvicinandosi al mio viso: “E hanno fatto molto male. Oltre al ritardo hai anche bevuto. E non negare, si sente dall’ alito.”

A quel punto stavo per rivelarle la mia identità e finirla con l’imbarazzante equivoco ma mi sentivo la testa stranamente leggera come se fossi tornata improvvisamente bambina. Aprii la bocca ma farfugliai qualcosa di incomprensibile. Ricominciai a ridere stupidamente.

A quel punto, probabilmente, Brumilde si sentì legittimata a fare quello che aveva in mente: si sedette sul letto e con uno strattone mi rovesciò di traverso sulle sue ginocchia. Poi mi sollevò la gonna sulla schiena e con un solo strappo, mi abbassò collant e mutandine fino alle ginocchia.

“No, la prego, non mi faccia questo” queste sono le uniche parole che riuscii a biascicare prima che sul mio povere sedere si scatenasse l’inferno. Brumilde sculacciava così forte che mi fece perdere ogni pudore. Per tutto il tempo non feci altro che dimenarmi e strillare come una disperata. Immagino che le ragazze del secondo piano fossero tutt’orecchi!

 

Andò avanti così 5 minuti buoni di orologio, e si fermò solo perché le doleva il braccio.

“Cosa hai da dire?” mi chiese alla fine.

“Mi dispiace, non lo farò più.” Mi sentivo così indolenzita e rintronata che avrei potuto dire qualsiasi cosa. Ma il mio calvario non era finito. Dopo avermi fatta rialzare, mi spinse a suon di sculaccioni contro una parete.

“Signorina, ecco quello che capita quando ci si ubriaca e non si rispettano le regole. Sono stata abbastanza chiara?”

Io, faccia al muro, non smettevo di piangere.

“Allora, rispondi!” insistette lei tenendomi la gonna sollevata con una mano e sculacciandomi con l’altra.

“Siiiii …. siii …” urlai disperata.

“Adesso rimani lì, cinque minuti a pensare ai tuoi errori.”

Quando terminarono i cinque minuti , Brumilda, mi diede il permesso di andarmene.

“Spero che questo ti serva da lezione.” Disse congedandomi.

Umiliata, raccattai mutandine, collant e scarpe che durante la sculacciata erano volate da tutte le parti e tornai nella mia camera.

Appena chiusa la porta mi gettai vestita sotto le coperte a piangere a dirotto. L’effetto del vino stava svanendo e minuto dopo minuto mi sentivo sempre più avvilita. Eppure, malgrado la dolorosa umiliazione che avevo dovuto subire sentivo nel basso ventre crescere una strana sensazione. Mi toccai, ero bagnata. Infilai due dita dentro e dolcemente mi masturbai. Tutte quei pensieri, quelle fantasie, tenute sotto chiavi per anni, strisciarono fuori dalla scatola nera della mia mente. Mi sentivo fragile e leggera come una bambina. Una bambina sculacciata. Non ero mai stata tanto vulnerabile in vita mia. Dopo l’orgasmo mi addormentai con il pollice in bocca.

continua

Ciao ho letto il tuo racconto e devo dire che lho trovato molto interessante ed eccitante non vedo l'ora di leggere il seguito Fantasia o storia vera? Kiss luca
Mi sono liberamente inspirato a una storia vera. Grazie per il commento

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