La schiava tutta d'un pezzo

  • Scritto da italsex il 25/03/2020 - 14:01
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La conoscenza.

Conobbi Roberta, questo è il nome della mia amante, a causa del mio lavoro. Sono un dirigente dell’amministrazione pubblica, e mi occupo di relazionarmi con l’utenza, guidando un ufficio di relazione con il pubblico, di un importante municipalizzata della città dove abito. Lei aveva un esposto da fare per un problema sofferto nel passato, e fu introdotta nel mio ufficio. All’inizio non mi stava simpatica, quel suo modo saccente di fare, quel suo profumo penetrante, il suo modo di gesticolare mentre parlava, tutte cose che odio e che mi indisponevano. La lasciai parlare, e come di solito faccio promisi di cercare di risolvere il problema. Gli diedi, come faccio spesso, appuntamento da lì a una quindicina di giorni, e la dimenticai completamente. Le settimane passarono e esattamente al quindicesimo giorno rieccola bussare al mio ufficio. Appena la vidi mi caddero le braccia, non avevo per nulla pensato alla sua situazione e per questo il mio imbarazzo era evidente già dai saluti. Il problema però era stato risolto in “maniera autonoma”, e lei voleva solamente ringraziarmi per quello che credeva fosse stato un mio interessamento. Io feci buon viso a cattivo gioco, mi presi i ringraziamenti e mi pavoneggiai un po’. Passò qualche giorno e il destino completò l’opera, incontrai Roberta in un supermercato molto vicino a dove lavoro, io dovevo rimanere a pranzo in ufficio e stavo facendomi un panino, lei invece la spesa. Mi stupì quando mi invitò a pranzo, ma non so neppure io perché accettai. Fu una pausa divertente e abbastanza tranquilla, seppi che aveva una decina d’anni più di me, che abitava sola stante il suo matrimonio finito con un brutto divorzio, e che il suo unico figlio aveva rotto con entrambi i genitori a causa della separazione. La vidi, a casa sua, con un occhio diverso. Non mi sembrava più la donna saccente e presuntuosa della prima volta, ma una persona che cercava di farsi rispettare, dopo i tanti drammi che la vita aveva ad essa riservata. Ci scambiammo i cellulari, e all’uscita ci salutammo con un bacio sulle guance.

L’inizio.

Non c’era stato nulla quel giorno, ma la faccia di Roberta, la sua voce, il suo profumo tornavano prepotentemente nella mia testa. Non avevo mai tradito mia moglie, che per inciso è una gran bella donna, non sapevo cosa mi stesse succedendo ma spesso nei momenti di sovrappensiero pensavo a quella donna, più grande di me, ma che aveva fatto breccia nella mia testa. La chiamai. Fu una telefonata lunghissima e strana, parlammo del più e del meno, ma la cosa che mi incuriosì era che la donna sapeva esattamente cosa stavo pensando. Mi disse che aveva vissuto gli ultimi giorni con l’immagine della mia faccia costantemente in testa, mi disse che spesso mi pensava, mi disse che voleva rivedermi. Accettai di slancio. Probabilmente non era la cosa giusta da fare, ma non era il mio cervello a comandare, ma la mia pancia, quando la mia bocca disse “anch’io”. Ci accordammo per l’indomani a pranzo sempre a casa sua, le dissi che era meglio se il nostro fosse stato un incontro “riservato”, accetto’. Il giorno dopo non stavo nella pelle, le ore passate in ufficio erano interminabili, non riuscivo proprio a concentrarmi, pensavo che forse tra qualche ora avrei tradito mia moglie per la prima volta, e lo avrei fatto con una donna più grande di me. Ero eccitato dalla situazione ma anche spaventato, di fatto non conoscevo nulla della donna che avrei incontrato, e mille domande mi frullavano per il cervello. Fui quasi tentato di chiamarla e annullare il pranzo, ma la voglia di rivederla era troppo forte. Arrivò l’ora, e come in trance mi ritrovai a suonare al suo appartamento, mi aprì subito, probabilmente mi aspettava. Questa volta mi bacio appoggiando delicatamente le sue labbra sulle mie, era il prologo che mi spaventava ma che allo stesso tempo mi intrigava. Non ci nutrimmo di cibo ma dei nostri corpi, ci amammo come due animali in calore, era una cosa che non saprei spiegare, ma i nostri corpi erano attirati uno dall’altro come due calamite. Scopammo per tutta la pausa pranzo, raggiungendo entrambi una soddisfazione estrema, che almeno personalmente era da tanto che non provavo con mia moglie.

Il consolidamento del rapporto.

Arrivai a casa con un senso di colpa abbastanza accentuato, ma soddisfatto corporalmente e mentalmente. Avevo tradito mia moglie e lo avevo fatto con gusto, stavo bene e ero sicuro che mentalmente mi sarei abituato. Non ci sentimmo con Roberta quella sera, ma la mattina dopo appena uscii di casa gli mandai un messaggio, gli dissi che mi era piaciuto e che ero stato bene, la risposta non si fece attendere e fu una risposta di due parole che mi fece felice: “Pure io”. Anche per quel pranzo fui invitato a casa sua, e anche quella pausa fu dedicata ai nostri corpi, alla fine decidemmo che ci saremmo rivisti fin quando saremmo stati bene, non avremmo “forzato” vedendoci spesso, ma avremmo limitato gli incontri a quando ne avevamo voglia. Decidemmo pure che sarei stato io a mantenere i rapporti tramite messaggi, lei era libera io no, e non voleva mettermi in difficoltà con messaggi che sarebbero potuti essere “compromettenti”. Usci da quella casa con la consapevolezza di essermi fatto l’amante, un amante che mi avrebbe dato infinite soddisfazioni corporali.

La mia schiava.

Passarono alcuni mesi, e alla fine conobbi il lato nascosto della mia Roberta. La donna che si presentava negli uffici tutta di un pezzo, in verità amava la sottomissione. Me ne accorsi per caso quando durante una scopata a smorza candela le morsi i capezzoli con un po’ più di forza. La mia preoccupazione di averle procurato dolore, fu equilibrata dall’orgasmo della mia compagna di giochi, un orgasmo che ancora non avevo mai visto e che la porto a schizzare un getto di liquido, direttamente dalla sua figa sulle mie gambe. Avevo sentito parlare del fenomeno, noto come “squirting”, ma non avevo mai conosciuto direttamente donne che eiaculassero. Che poi il fenomeno avvenisse a causa del dolore procurato dal mio morso mi fece riflettere, e mi porto sulla buona strada. A Roberta piaceva soffrire, era una donna tutta di un pezzo, e probabilmente la sottomissione la faceva eccitare ancor di più della mia verga turgida. Io non avevo praticato mai “sesso doloroso”, e mi informai sull’argomento, un argomento di cui adesso sono diventato un vero e proprio esperto. Ho acquistato via via quello che io chiamo gli “attrezzi”, molti di questi sono attrezzi comuni che è possibile reperire facilmente. Ad esempio ho recuperato piccoli pesi usati per la pesca che insieme alle mollette da bucato faccio applicare alle labbra della figa, corde da tenda che uso per immobilizzarla, candele con cui la ricopro di cera calda, bende che mi servono per privarla della vista. Lei ha accettato la sua situazione di schiava, e quando gli mando il messaggio per annunciarmi si inizia a preparare.

I nostri incontri.

Ho ormai le chiavi di casa sua, e quando arrivo la trovo vestita solo di calze a rete e scarpe con il tacco, la figa depilata con le piccole labbra pinzate. Voglio trovarla in ginocchio ad attendermi, sui capezzoli le mollette da bucato con i pesi più grandi che ha. Di solito gli ordino di bendarsi, sente la porta che si apre ma non sa cosa avverrà. A volte le metto il cazzo davanti alla bocca e la scopo lì per terra, tenendogli la testa con le mani e forzando le sue labbra, fino a quando la punta della mia verga non tocca con la sua gola. Altre volte la frusto, altre ancora torturo la sua pelle con la cera calda. Non sa cosa accadrà, e la cosa la lascia in uno stato di eccitazione permanente, che noto dalle gocce di umore che cadono dalla sua figa. “Sofferenza e godimento “per lei, un godimento che a volte finanche gli nego, sborrando nella sua bocca e lasciandola con la voglia della mia nerchia. La porto sempre più avanti nei suoi limiti, limiti che lei è brava a superare, stupendomi ogni giorno di più. Non sono rare che vengo nel suo culo, mi piace particolarmente incularla. Mi ha confessato che non aveva mai fatto sesso anale, e la sento ancora più mia quando “abuso” del suo buchino posteriore. Sono rapporti che mi lasciano soddisfatto fornendomi una sensazione di potere impressionante, ed è per questo che sono voluto diventare, anche io il suo…schiavo.

Il mio regalo.

L’ho fatto per ricompensarla, l’ho fatto perché se lo merita, l’ho fatto perché anch’io volevo provare il dolore. È avvenuto l’ultima volta che ci siamo visti, lei era come al solito ad attendermi, io mi sono spogliato e quando ero pronto l’ho baciata in bocca sussurrandogli “oggi sarò io lo schiavo”. Sono sicuro che si attendeva questa evoluzione, perché immediatamente si è tolta la benda, i suoi occhi brillavano di eccitazione, la sua figa mentre la liberava dai pesi colava come una fontana. Credevo che mi avesse riservato lo stesso trattamento che io riservavo a lei, ma non fu cosi. Mi disse di stendermi sulla pancia e mi scopò, ero confuso attendevo il dolore, non il piacere. Si fermo un attimo prima che venissi, era una donna esperta e sapeva riconoscere le avvisaglie del mio godimento. Mi ordinò di rimanere fermo sulla pancia, e di aprire la bocca. Avvicinò la figa alla mia bocca, aspettavo lo schizzo di sborra, già altre volte mi ero “dissetato” ed ero preparato, lei invece…pisciò. La sentii dire “bevi il mio piscio schiavo”. Non me l’aspettavo, ma una scarica di adrenalina mi colpi al basso ventre facendomi godere, mentre automaticamente aprivo la bocca, e mandavo giù la sua orina. Godette mentre pisciava. Nella bocca i due sapori si mischiarono, la sentivo urlare come un ossessa, stava venendo come non aveva mai fatto prima. Finimmo in un tripudio di eccitazione, le nostre bocche si allacciarono, e il mio cazzo ridivento duro permettendomi di scoparla come mai prima di allora avevo fatto. La feci infatti mettere sulla schiena, gli alzai le gambe sulle mie spalle e la fottei con tutta la forza che avevo. Sentivo ancora il sapore di piscio e di sborra nella bocca, e cercavo quando mi abbassavo di travasare la mia saliva nella sua bocca. Fu un estasi totale, figlia della mia sottomissione ma anche del suo modo di fare, un modo che la portava a godere del mio servilismo psicologico, più che corporale. Non so come la storia terminerà, non so neppure se a questo punto ci sarà un evoluzione del nostro modo di scopare, ma so solamente che mai mi era successa una cosa magnifica come quella che sto vivendo, e tutto per merito di un …reclamo.

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