Debora e Rocco si erano conosciuti casualmente al bar della stazione di
servizio. Lei faceva l'autostop, lui girava in auto. Vent'anni Debora,
ventidue Rocco. Lei disponibile alle avventure con il primo figo che
capitava nei paraggi del suo prosperoso e appariscente fondoschiena,
dannatamente inguainato in un paio di corti shorts. Rocco non era proprio
un cacciatore di fighe ma se la cavava e non perdeva mai occasione di
fare di un po' di sesso occasionale con coloro che ci stavano. Così, dopo
un hamburger e un paio di birre, erano stati in un drive-in, un cinemino
all'aperto ingolfato di auto.
In realtà il film non lo avevano nemmeno seguito, i loro occhi guardavano
al di là dello schermo, sconfinando nel mondo dei piaceri proibiti fatti
di palpatine, carezze umidicce, pugnette e ditalini. Debora era tutta
bagnata e non ce la facevano più dalla voglia, forse sarebbe stato meglio
andarsene e trovare qualche posticino più tranquillo, perchè tra una
macchina e l'altra non passava nemmeno un metro e a Rocco non andava
proprio di far vedere le sue chiappe emergere su e giù dal finestrino
mentre scopava. < Andiamo sulla spiaggia magari li saremo più tranquilli>>, aveva suggerito. Debora aveva sentito che da quelle parti
c'erano state delle violenze ai danni delle coppie ma Rocco aveva
insistito e lei non aveva saputo resistere. La luna era ancora bassa nel
cielo e baluginava sul mare calmo insieme ad infinità di occhietti
luminosi che si accendevano e spegnevano in un gioco alternato di
bagliori e fiammelle saltellanti da un onda all'altra. Rocco e Debora se
ne stavano a sbaciucchiarsi e palpeggiarsi senza scarpe, coi piedi sul
bagnasciuga, le mani indaffarate a sbottonare, a slacciare, ad
intrufolarsi tra stoffe e pelle. Quando lei gli vvicinò la lingua al
pene, una densa nuvolaglia scura cominciava a coprire la luna. Debora
aveva la bocca occupata dal cazzo di Rocco che se ne stava a godicchiare
a occhi chiusi e non poterono vedere le quattro ombre furtive che li
stavano circondando. Fu lei la prima ad accorgersene, sentendosi
afferrare per i capelli. Uno strattone violento da parte di un paio di
braccia robuste. Voltandosi cacciò un urlo, la faccia che vide, tinta
dalla luce spettrale della luna ovattata di nubi sembrava uscita dal più
raggelante dei film horror. Il suo grido diede il via all'attacco degli
altri. Mentre due due si occupavano di Debora facendola tacere con una
palla da tennis ficcata in bocca, gli altri afferrarono Rocco,
ammanettandolo e legandogli un manico di scopa alle caviglie in modo da
obbligargli le gambe aperte quasi a novanta gradi. I quattro si tirarono
fuori il cazzo e mentre la bocca di Debora si riempiva di uno di quei
nodosi membri bollenti e il suo ano veniva violentemente sfondato da un
atro rettile virile, si accesero due, tre torce elettriche.
<<Guarda stronzo, guarda il mio amico come si incula la tua puttanella>>
urlò uno con la barba incolta, e così dicendo centrò con il fascio di
luce il cazzo del suo compagno che sprofondava brutalmente nel culo della
ragazza. Rocco strabuzzò gli occhi, cercando di urlare qualcosa, ma
qualcuno gli aveva cacciato quattro dita in gola prima che lui potesse
parlare. < tranquillo, non essereeessere invidioso, ora inculiamo anche te>. Prima uno, poi l'altro, poi il terzo, sodomizzarono selvaggiamente
anche lui, il quarto che fino a quel momento si era occupato del culo
della ragazza, l'aveva lasciata, immobilizzandola ad uno scoglio e
sistemate per bene le torce elettriche nella sabbia con i fasci di luce
convergenti su Rocco, si era unito agli altri diavoli scatenati. Rocco
provò con immenso dolore la rottura dei suoi vasi emorroidali quando
anche il quarto membro gli entrò con ferocia nel culo. Solo quando ormai
il suo retto era ridotto in una piaga palpitante, notò che uno dei tre si
era finalmente deciso a spalmargli qualcosa di viscido cpme burro (era
grasso di macchina) tra le chiappe. In bocca gli avevano ficcato, dopo un
paio di minuti di pompini coatti, uno straccio sporco e una cintura di
cuoio che era stata fatta passare da sotto fino alle caviglie, facendogli
assumere una posizione tanto scomoda quanto oscena, con tanto di coglioni penzoloni e membro snervato dal dolore. Una mano gli afferrò i testicoli
e il pene strizzandoli e torcendoli con forza. La fitta dolorosa si
scaricò lungo la schiena martellandogli le tempie. Vedeva Debora con gli
occhi sbarrati su di lui, inorridita, il suo volto contorto dal terrore,
e quando la sua mente e il suo corpo si riempirono di un dolore ancora
più squassante, capì che uno di quei bastardi gli aveva infilato, senza
tante cerimonie, l'intera mano nel culo. La sentì scivolare a scatti
nell'intestino, girargli nel foro rettale, dura, ossura, spietata e
sprofondare ancora, ancora, oltre il polso...
Gli occhi di Debora strabuzzavano dalle orbite, se non avesse avuto la
bocca occlusa dalla palla da tennis avrebbe potuto vomitare, ma non
poteva e si vedeva costretta a dover mandar giù il suo stesso vomito.
Quando il braccio di quel bastardo entrò nell'intestino di Rocco fin
oltre il gomito, spappolandogli lo stomaco, Debora non resse, perse i
sensi dallo schifo e dalla paura e tutto fu buio. Tutto si spense, dalle
torce dei criminali che scapparono via sghignazzando all'anima di Rocco
che venne ritrovato alle prime luci dell'alba, la faccia impastata di
sabbia e sangue. Vicino allo scoglio dve era stata legata Debora solo due
corde sciolte. Si era liberata, aveva pianto accanto al cadavere di Rocco
e se ne era andata dileguandosi come uno spettro tra le tenebre. Nessuno
aveva più saputo nulla di lei. Da un po' di tempo a questa parte però
polizia e caabinieri continuano a trovare cadaveri di uomini mutilati dei
genitali. Pare inutile precisare che tutte le vittime hanno in comune il
fatto di avere precedenti specifici in fatto di abusi sessuali. Tra i
pregiudicati per tali reati serpeggia la paura. Dicono che sulle coste
pugliesi, solitamente all'imbrunire, circoli una ragazza travestita da
uomo, armata di rasoio.
Giovanna
ILPORNOGRAFO
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