Quanto è buono il cazzo di mio padre

  • Scritto da Lizbeth il 01/01/2025 - 12:50
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Tra poco da quella porta vedrete uscire una ragazza, si chiama Paola. Il suo corpo sinuoso, con curve delicate ma ben definite, è fasciato in un completo coordinato composto da due pezzi di colore blu scuro o nero. Il top, corto e senza maniche, con una scollatura squadrata, rivela la linea elegante delle spalle, ora ulteriormente sollecitate dal peso di uno zaino evidentemente pieno, che le grava sulla schiena e accenna alla forma armoniosa del seno. La gonna, corta e aderente, con uno spacco laterale sulla gamba sinistra che ne mette in evidenza la lunghezza, sottolinea le sue curve mentre si muove con passo rapido. I suoi capelli lunghi, scuri e lisci, le ricadono sulle spalle e sulla schiena, in parte coperti dalle bretelle dello zaino, incorniciando un viso dai lineamenti delicati. I suoi occhi, di un colore intenso che sembra cambiare a seconda della luce, ora appaiono velati da una leggera tristezza, ma brillano anche di una determinazione ferma. Sembra indossare un trucco leggero che mette in risalto i suoi lineamenti, in particolare lo sguardo. Porta un paio di sandali neri con il tacco e un piccolo borsellino nero a tracolla, che si muove al ritmo della sua fuga. Sulle spalle, uno zaino visibilmente pesante e pieno, suggerisce una partenza precipitosa, forse una fuga. Paola assomiglia in modo impressionante a sua madre; infatti, spesso le confondono, anche se si sa che lo fanno apposta, quasi per gioco, o forse per celare qualcosa di più profondo. Paola sta scappando da qualcosa. Come faccio a saperlo? Semplice, sono io, e ora vi spiego il perché.

Che stress! Sono a letto e non riesco a dormire. Ho litigato con il mio fidanzato per la solita storia: stiamo insieme da sei mesi e non abbiamo ancora fatto sesso. Qualche bacio, qualche carezza, ma niente di più. Non capisco perché, mi piace moltissimo, eppure mi sento bloccata, come se qualcosa mi frenasse. Sono ancora vergine. Vorrei tanto parlarne con mia madre, ma oggi ha il turno di notte in ospedale. Non riesco a prendere sonno e allora mi torna in mente quando ero ragazzina e mi infilavo nel letto di mio padre: solo così riuscivo a dormire serena. D'impulso, decido di andare da lui. Apro la porta e lo vedo: Luca, mio padre, l'uomo più bello del mondo. Un cinquantenne affascinante, con muscoli scolpiti, i capelli brizzolati che gli danno un’aria vissuta e intensa. Mi infilo silenziosamente sotto le coperte. Lui, mezzo addormentato, quasi non si accorge della mia presenza. Anzi, mi scambia per mia madre: «Laura, sei già tornata? Sono le sei...?» mormora, e con un gesto automatico le accarezza il seno. Le mie tette. Rimango immobile, scioccata. Siamo avvolti nel buio. Non so cosa fare.

Lui continua ad accarezzarmi. Poi si gira completamente verso di me, ma nel buio fitto non capisce che sono io. Mi bacia. Io resto immobile, di pietra. E c'è qualcos'altro che si fa di pietra: il suo pene. Ho sempre provato una forte attrazione per lui, quasi perversa. So che non dovrei avere certi pensieri per mio padre, ma sento la sua presenza, la presenza del suo pene, così vicina. Ho un desiderio irrefrenabile di toccarlo, di sfiorarlo... e lo faccio.

Lui dorme sempre nudo, quindi non è difficile trovare il suo membro. Lo accarezzo. Dio, cosa sto facendo? Nella mia vita ho toccato solo il pene del mio ragazzo, ma questo è diverso. Lo desidero davvero, direi che lo desidero da quando sono adolescente. Lo masturbo, con lo stesso tocco con cui lui accarezza il mio seno. Lui mormora, con la voce ancora impastata dal sonno: «Tesoro, vedo che non sei stanca». È ancora convinto che sia sua moglie, ma si sta svegliando.

Qualcosa dentro di me cambia radicalmente. Voglio fare sesso con mio padre, lo desidero ardentemente. Abbasso la voce, la rendo più profonda, imitando il tono di mia madre: «Caro, ho voglia di una sveltina prima di andare a dormire». Lui risponde con un semplice «Ok». Allora aggiungo, con un tono che non ammette repliche: «Stai fermo, faccio tutto io, Luca». Mi chino leggermente e prendo la sua cappella tra le labbra. Oddio, che sapore piacevole! Rispetto a quello del mio ragazzo – a cui, sì, qualche volta ho fatto un pompino per calmarlo – il suo odore è... profumato, e le sue dimensioni decisamente superiori.

Il contatto è una scarica. Non so dire se sia piacere o disgusto, forse entrambi. È come toccare un tabù, qualcosa di proibito, qualcosa che mi eccita e mi repelle allo stesso tempo. Non c’è poesia, non c’è romanticismo. C’è solo questa carne, questo odore forte, questa sensazione di essere fuori posto, completamente fuori di me. Cerco di imitare quello che ho visto nei porno, quello che ho fatto qualche volta con il mio ragazzo, giusto per farlo stare zitto. Ma è diverso. Lui è… lui è mio padre. Questo pensiero mi martella in testa come un tamburo. Continuo, meccanicamente, quasi con rabbia, sentendo il suo corpo reagire sotto il mio tocco. Sento la gola chiudersi, quasi non respiro più. È troppo, troppo profondo, troppo… tutto. Le sue mani stringono i miei capelli, tirandoli leggermente. Strano che non si accorga che sono molto più lunghi di quelli di mia madre. Forse non ci fa caso, forse non gli importa. Forse non vede nemmeno me. Mi sento sporca, usata, come se il mio corpo non mi appartenesse più. Mi sento… come se fossi una di quelle donne, quelle che si vendono per strada, quelle di cui si parla male. Una puttana. Una puttana in calore. Non c’è amore, non c’è tenerezza. C’è solo questa fame, questa voragine che mi divora da dentro, questo bisogno di superare un limite, di andare oltre, anche se so che non dovrei. E mentre lo faccio, mi sento ancora più vuota, ancora più sporca.

Gli metto un cuscino sulla faccia, e con un filo di voce, quasi un sussurro, dico: "Shhh… amore mio. Facciamo un nuovo gioco". Lui ride e dice: "Troia, se lo facciamo ogni sera". Brava mammina, è una vera puttana, penso, con un misto di rabbia e disgusto. Questo pensiero mi martella in testa mentre mi metto a cavalcioni, sento il suo corpo sotto il mio, il suo respiro affannoso. "Amore…", dico, la voce che trema, "Non farmi aspettare". Mi tolgo le mutandine, sento le sue mani che mi accarezzano, che mi stringono. "Sei… sei così bella", mormora, stringendomi forte. "Sono tua", rispondo, "Solo tua, per questa notte". Prendo un respiro profondo, sento la sua punta che mi sfiora. "Adesso", sussurro, "Fammi sentire cosa provi per me". Sento un dolore acuto quando entra, una fitta lancinante che mi toglie il respiro. Sento qualcosa strapparsi dentro di me, un bruciore che si diffonde in tutto il basso ventre. L'imene, realizzo vagamente, mentre sento un liquido caldo scorrermi tra le gambe. Ma non ci faccio caso, non mi importa. Lui dice "Mami", con un tono così viscido e lascivo da farmi accapponare la pelle. Non sono lei. Un nodo mi stringe la gola. Non so se sia disgusto, orrore o una perversa eccitazione. "Dio…", ansimo, "Cosa sto facendo?"

Ormai sono andata oltre in tutti i sensi, mi dimeno sopra di lui, mi faccio sfondare, lo sento dentro di me e urlo. "Scopami papà!", urlo con tutta la voce che ho in corpo. Lui mi sente, ma forse, pensa a mia madre. Forse, quando la chiama "Mami", lei chiama mio padre "Papi". Le mie tette ballano a ogni movimento, lui è al buio ma le trova lo stesso, le stringe, mi strizza i capezzoli e mi dice che le ho sempre avute enormi. Ma so che pensa a lei. Lo sento gemere, siamo nel pieno della passione, ma una passione malata, corrotta. Impazzisco, e in un sussurro che si spezza in un gemito, quasi un ordine, gli dico: "Vieni… vienimi dentro!". Il mio urlo, un misto di desiderio e disperazione, è quasi soffocato dalla passione. Prendo la pillola, certo, ma in fondo sono così porca che il pensiero di rimanere incinta di lui mi eccita ancora di più. È un pensiero orribile, lo so, ma non riesco a fermarlo. Mi sdraio sopra di lui, sento il suo respiro, sento mio padre ansimare, è una sensazione eccitante. Lui esplode, riempie la figa, la passera di sua figlia, di sborra. Io continuo, lo minaccio di non credere di diventare moscio, mi chino all'indietro, inarco la schiena, le mie tette spiccano contro il tetto. Lo sento ancora dentro di me, è divino. Sono un fuoco, sono volgare, sono una troia, sono la donna che volevo essere, solo la ragazza che si scopa il suo papà affascinante. Proprio in quel mentre arriva il mio primo orgasmo della mia vita, il primo non provocato da me stessa, molto più intenso, molto più volgare. Sento ancora il suo seme tra le mie gambe e lì capisco, lì la magia sparisce.

Lì capisco. Capisco l'orrore di ciò che ho fatto. Capisco che non posso più restare in questa casa, non un minuto di più. Non voglio essere qui quando mia madre tornerà e scoprirà tutto. Non voglio affrontare il suo sguardo, il suo giudizio, il suo dolore. Sono un mostro. Ho fatto la cosa più squallida e orribile che si possa immaginare. Devo andare via. Devo scappare.

Ed è proprio in quel momento che mi vedreste uscire di casa. Una ragazza che corre a perdifiato, che scende le scale a due a due, con il cuore in gola e le lacrime agli occhi. Una ragazza che scappa via, senza sapere bene dove andare. Forse da mia nonna? O da mia zia? O forse… Forse andrò dal mio fidanzato. Forse, per la prima volta, farò davvero l'amore con lui. Ormai mi sono sbloccata, in un modo così sbagliato, così orribile. Ma non posso più restare in quella casa. Non posso più essere quel mostro.

Se siete arrivati fino a qui, vi faccio una piccola confessione. Ho sempre scritto storie che mi vengono da dentro, storie complesse che cercano di scavare a fondo nell'animo umano, senza fermarsi alla superficie. Storie che, a quanto pare, sono sempre state troppo per voi: troppo lunghe, troppo elaborate, troppo… lente, forse. Me lo avete fatto capire, in un modo o nell'altro. E io, forse per orgoglio, forse per testardaggine, ho continuato per la mia strada.

Ma oggi voglio essere sincera fino in fondo. Questa confessione è importante per me. Così, spinta da una sorta di… curiosità, ho deciso di fare un piccolo esperimento. Ho scritto questo. Qualcosa di più… diretto. Qualcosa di più… ritmato. Qualcosa che, secondo i vostri standard, dovrebbe essere più… appetibile. Ho cercato di darvi quello che, a quanto pare, volete: una storia più immediata, più facile da digerire. E vi dirò di più: vi ho dato l'incesto, il vostro tema preferito, la vostra provocazione. Mi chiedo se capiate davvero cosa comporti quell'atto sessuale. Sempre a modo mio, ovviamente. Non potevo tradire completamente me stessa.

E ora, eccoci qui. Il risultato è sotto i vostri occhi. E se questo racconto vi ha eccitato, se vi ha tenuto incollati alle pagine, se addirittura qualcuno di voi ci ha trovato… sollievo, beh, allora forse è il caso di chiederci, insieme, se il problema non sia proprio questo: cosa vi attrae veramente in una storia? A volte mi sembra di non capire più cosa cerchiate davvero. Forse il problema non sono le mie storie "noiose", ma la mia incapacità di intercettare… questo.

Buon anno e buona riflessione. Soprattutto, buona autoanalisi.

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