Sesso con uno sconosciuto nell'androne di un palazzo

A lunghe falcate, percorrevo velocemente il corso principale nel centro della cittadina.

Le mie gambe chilometriche di ballerina erano parzialmente coperte da un paio di alti stivali che arrivavano quattro dita sopra il ginocchio. La gonnellina in leggera seta, le rare volte che non svolazzava maliziosamente, lasciava scoperti almeno trenta centimetri delle mie splendide cosce, perfettamente modellate dai miei quotidiani allenamenti di danza.

Quella mattina di fine estate, il corso era piuttosto affollato ma, grazie al mio passo deciso e al mio aspetto dirompente, la folla si apriva davanti a me, come le acque del Mar Rosso al passaggio di Mosè.

Avevo addosso gli sguardi di ogni persona che incrociavo, e mi pare di ricordarli tutti ancora adesso, uno ad uno, stupefatti nel vedere tanta bellezza che, con un sorriso smagliante e gli occhi scintillanti, attraversava le loro esistenze per un effimero istante.

Interruppi il mio volo solo un paio di volte, per soffermarmi a guardare qualche vetrina, mentre, con la coda dell’occhio, non perdevo di vista il tizio che, molto discretamente ma non troppo abilmente, mi seguiva sin dal parcheggio, dove avevo lasciato la mia auto.

Mi capita spesso che uomini di tutte le età, per guardarmi le gambe, mi seguano per un certo tratto. Se non rilevo particolari minacce, lascio che si godano la visione senza preoccuparmi.

Nessuno di loro, però, era mai stato un tipo interessante come questo: lo avevo notato sin da quando era sceso dalla sua lussuosa auto sportiva, parcheggiata non lontano dalla mia. Sulla cinquantina, alto, snello, capelli sale e pepe, portati leggermente lunghi a coprire parzialmente le orecchie e la nuca, vestito con un paio di jeans un po’ scoloriti e con una elegante camicia nera dal taglio perfetto.

Il suo sguardo era profondo, con l’aria un po’ malvagia e vissuta. Insomma, era proprio il tipo d’uomo che mi è sempre piaciuto.

Ad ogni mia sosta, anch’egli si fermava, facendo finta di guardare un negozio o un’edicola, oppure l’orologio. Sembrava il classico pedinamento da investigatore privato, ma mi parve strano che questi professionisti vadano in giro con un bolide da oltre duecentomila Euro.

Stetti un po’ al gioco, giusto per vedere per quanto avrebbe continuato. Il mio itinerario prevedeva di dover svoltare in una via laterale, dove non c’erano negozi e passava molta meno gente. Girato l’angolo, mi accorsi che si era avvicinato di parecchio. Il battito del mio cuore stava crescendo notevolmente, quando mi sentii chiamare: “Signorina, mi scusi…”

Il sentirmi chiamare “signorina”, a cinquant’anni suonati, mi fece accantonare gran parte del timore e scoppiare in una risata. Mi voltai e attesi che mi si avvicinasse, pur rimanendo pronta a sferrargli un paio di colpi micidiali che ho imparato alle lezioni di Krav Maga.

“Signorina, mi permetta, cortesemente…” insistette, con la voce leggermente rotta dal fiatone che gli era venuto per corrermi dietro.

Ero ormai sicura che non avesse cattive intenzioni, oltre al fatto che vidi, in lento avvicinamento, una pattuglia dei Carabinieri.

“Mi permette di complimentarmi per la sua bellezza?” mi chiese.

“Buongiorno! Prego, mi faccia tutti i complimenti che crede opportuni.” risposi sorridendogli.

Mi prese la mano destra, accennò un baciamano, poi, con dolcezza ma molto risoluto, mi trascinò dentro all’androne del palazzo signorile dove anch’io ero diretta.

Oltrepassato il battente del portone d’ingresso, senza proferire parola, mi ci fece infilare dietro, nello spazio rimanente tra lo stesso e il muro.

Mi lasciò la mano, mise entrambe le sue attorno ai miei fianchi e mi strinse a sé, fino a quando i nostri corpi non aderirono completamente, tanto che sentii la sua vigorosa erezione spingere contro il mio pube.

Rimasi completamente inerme, paralizzata da tanta intraprendenza e decisione, frammiste ad una calma sovrumana e a tantissima dolcezza.

Chiusi gli occhi, abbandonandomi a lui e al destino che aveva deciso per me. La sua avida bocca non tardò ad incollarsi alla mia. Socchiusi le labbra e le sentii venire attraversate dalla sua lingua guizzante che, in pochi istanti, prese a frullare nella mia bocca, dando il via ad un vero e proprio stupro orale.

Ricambiai offrendogli la mia, che cercavo di far girare vorticosamente, in sincrone con la sua. Istintivamente, il mio bacino prese a strusciarsi lateralmente contro il suo. Anche attraverso i suoi jeans, avvertivo il gonfiore del suo membro pieno di desiderio.

Le sue mani scesero sotto i miei glutei e mi fece aumentare l’ampiezza dei miei movimenti. Stava usando il mio corpo come se fosse un’enorme mano che lo stava segando.

Non pago, dopo un paio di minuti, spostò la sua mano destra sotto la mia gonnellina, mi accarezzò brevemente l’interno coscia e, come prevedibile, salì fino a chiudere la mia carnosa albicocca nel suo palmo.

Sentendo la morbidezza e la setosità di ciò che indossavo, ne rimase sorpreso. Si staccò dalla mia bocca e, con i suoi occhi, lanciò una saetta di lussuria, dritta nei miei.

Ero consapevole dell’incredibile effetto che poteva provocare il contatto del mio collant che inguainava un paio di sottilissime mutandine in lycra trasparente.

Perse completamente il controllo e iniziò a pastrugnarmi là in mezzo, senza alcun ritegno. La mia voglia stava salendo a mille, così feci di tutto per favorire i suoi osceni toccamenti. Credo proprio che si accorse che stavo bagnandomi indecorosamente.

Con l’altra mano, cercava di abbassarmi mutandine e collant e io lo aiutavo, anche per evitare che me li rompesse, tanta era la sua impazienza.

Quando riuscimmo a calarli, abbastanza nonostante i miei stivaloni, si slacciò cintura e pantaloni, mi fece girare e appoggiare con gli avambracci al muro. Si abbassò i boxer e il suo grosso pisello trovò spalancato l’ingresso della mia fica, che non oppose alcuna resistenza ad accoglierlo e a ricevere le sue prime, prepotenti pompate.

Il ritmo dei suoi affondi fu incessante per qualche minuto. Stavo aggrappata al muro cercando, in tutti i modi, di non sbatterci la faccia e a non emettere suoni dalla bocca, che non riuscivo a non tenere spalancata dal godimento. Intanto, nella penombra, udivo i rumori dei passi e le voci della gente che transitava nella strada.

Il rischio di venire sentiti o visti mi mandava in visibilio totale. Pensavo a quanto fosse incredibile che quel lurido angolo del palazzo potesse essersi trasformato in un luogo più eccitante della mia splendida, confortevole e profumata camera da letto.

Il suo cazzo, completamente lubrificato dal mio miele, faceva dentro e fuori dalla mia vulva come una trivella impazzita.

Sentivo l’orgasmo avvicinarsi velocemente, per cui esclamai: “Devo venire. Non lo trattengo più!”

Con la voce rotta dal piacere, mi rispose: “Vieni quando vuoi, che ti riempio.”

Quando sentì le prime, violente contrazioni assalirmi, non si controllò e scaricò dentro di me una quantità inverosimile di sperma che, inizialmente, mi dilagò fino all’utero, per poi trovare sfogo verso il basso e riversarsi lungo le mie cosce.

Trattenne ancora dentro di me il suo pistolone, mentre continuavamo a baciarci, in attesa di riprendere il controllo delle nostre menti.

Ogni volta, placata la libidine, si ritorna alla realtà, fatta di sessi e cosce impiastrati, da ripulire, e di vestiti da riassettare, alfine di ritrovare il contegno della normalità che ci permette di apparire come persone equilibrate e irreprensibili.

Trascorremmo ancora parecchi minuti per fare tutto ciò, in quell’angusto spazio di cui ci eravamo impossessati per sfogare i nostri sensi.

Una volta sistemati, lui si affacciò per primo, onde assicurarsi che non passasse nessuno e permettermi di uscire con aria indifferente.

Mi guardò ancora con occhi colmi di desiderio e di ammirazione, e io ricambiai con occhi pieni di amore.

Sarei stata così pazza ad iniziare una storia con quel tizio e rischiare di rovinare il matrimonio con il mio adorato marito? Avrei dovuto raccontare a mio marito quanto accaduto poco prima e sperare, ancora una volta, nel perdono che mi concede quando si eccita, ascoltando i miei racconti?

Lo baciai ancora con passione, lo salutai e mi allontanai camminando tranquillamente, con il viso rilassato e sorridente che, nuovamente, faceva voltare tutti quanti incrociavo.

Pensai che, quando vado a trovare mio marito al lavoro, di solito lo facciamo nella sala riunioni del suo studio ma, questa volta, inventandoci questo gioco, l’androne si era rivelato molto più eccitante!

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Monica cura maniacalmente il proprio aspetto fisico e il proprio abbigliamento, che descrive sempre con dovizia di particolari per il piacere dei più raffinati feticisti, attirando su di sé le attenzioni e le bramosie degli uomini che incontra, mantenendo continua e vivissima la tensione erotica anche con suo marito che la coinvolge in alcune esperienze che nemmeno lei, che in fatto di sesso ne ha visti di tutti i colori, si sarebbe mai immaginata di vivere specialmente dopo sposata e con lui come regista delle sue trasgressioni.

Bentornati, Monica e Manuel con un'altra fascinosa esperienza, intensa, eccitante.
Grazie cara, sei sempre così dolce e appassionata!

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