Tre sorelle - Capitolo I

‘Il mese prossimo mi laureo! Mi raccomando non puoi mancare! Ci sarà tutta la mia famiglia, finalmente conoscerai tutti’

Il messaggio era arrivato una sera di Marzo, inaspettato, come avrei potuto dire di no? Conoscevo Federica da anni e, nonostante ci fossimo un po’ allontanati, mi avrebbe fatto davvero piacere rivederla.
Arrivai davanti l’università che era una bellissima giornata. Lei era già lì, spumante in mano che riempiva i bicchieri agli invitati. Dovevo essere in ritardo.

– Federica! Che piacere rivederti. Complimenti… credo di essere arrivato in ritardo. Mi spiace! –
– Stefano! Temevo non arrivassi più, non preoccuparti sono uscita da poco… e con una lode sulle spalle! – disse mostrando un bellissimo sorriso, felice come non l’avevo mai vista.

Era splendida.
Il vestito blu si adattava perfettamente alle forme atletiche di una ventiquattrenne ed ai suoi lunghi capelli castani. Il seno, una terza abbondante, era pudicamente contenuto all’interno del vestito. Un vero peccato, pensai.
Diversamente in mostra fortunatamente le sue gambe: svettavano toniche, coperte da delle sottili calze trasparenti, al di sopra di due vertiginosi tacchi su cui non ero abituata a vederla.
Un vero peccato, pensai nuovamente. Questa volta alludendo al fatto che mai nulla ero riuscito a combinare con lei.
O meglio, ad essere onesti, nemmeno mai avevo avuto nessun approccio serio con lei. La consideravo troppo bella, estroversa e iperattiva per un tipo timido e carino nella norma come me.

– Vieni ti presento la mia famiglia – mi disse scolando il bicchiere di spumante e prendendomi per mano, trascinandomi in un angolo.

Salutai rapidamente Giorgio, il padre, troppo impegnato a far foto per concedersi ad inutili convenevoli.

– Lui è Stefano, il mio amico di cui vi ho sicuramente parlato! Loro sono Anna, mia madre, e le mie sorelle Rebecca e Letizia. –

Che bellissimo quadretto.

Anna era una signora sui quarantacinque anni, il peso degli anni e di tre figli si faceva notare, ma restava una bellissima donna con un viso dolce ed una nota di piccante che la ringiovanivano nel carattere.
Rebecca era la più piccola delle tre sorelle. Una diciannovenne nel pieno delle sue energie e del suo sviluppo, un seno abbondante su delle forme non ancora completamente mature. I capelli castani, più scuri di quelli di Federica, contornavano un viso grazioso e innocente. Cresciuta in campagna, mancava completamente della spigliatezza tipica delle ragazzine della sua età.
Poi c’era Letizia. Quando la vidi rimasi quasi disturbato. Ci guardammo negli occhi per un attimo, prima di presentarci con una stretta di mano. Io accennai un sorriso. Lei, dopo un lunghissimo attimo di esitazione, sfoggio un timido sorriso di rimando mentre continuava a fissarmi. Più bassa di Federica, che comunque era sul metro e settanta, sembrava la sua versione più oscura. Un corpo in perfetta forma, con un seno piccolo ed un fondoschiena che aveva dell’incredibile. Il rossetto ed i capelli neri alla spalla, con una pronunciata frangia che arrivava quasi agli occhi. Questi ultimi contornati da una pesante matita nera, la facevano apparire molto più giovane dei suoi ventisette anni.

Sarà una festa decisamente interessante, sperai.

Finiti i festeggiamenti di rito, con tanto di scherzi organizzati dai perfidi amici, ci spostammo al ristorante.
Eravamo in pochi, amici più intimi e parenti, ed un ricco buffet era stato organizzato. Seduto con un mio caro amico, mangiavamo ed ovviamente commentavamo apprezzando le grazie di Federica e delle sue bellissime sorelle.

– A me Letizia fa impazzire, credevo che Federica fosse il meglio che si potesse chiedere, ma mi sbagliavo – confessai al mio amico.
– Ma che cazzo dici, non c’è paragone con Federica. Guarda che roba! –
– Sarà… – aggiunsi non troppo convinto, poi scherzosamente – Ma tra qualche anno Rebecca le supererà entrambe… –
– …e noi saremo qua ad aspettarla – aggiunse frettolosamente togliendomi le parole di bocca e brindando sornione all’ennesimo bicchiere di birra.

Forse avrà avuto ragione, Federica aveva delle forme sicuramente più pronunciate di Letizia ed un carattere estremamente solare… ma ho sempre avuto un debole per le ragazze con qualche anno in più di me, debole che spesso viene ricambiato, per motivi che mi sono ancora del tutto oscuri. Ma non me ne sono mai lamentato.

Mentre pensavo questo mi ero ritrovata a fissarla, fantasticando su di lei. Non mi accorsi che anche lei si era voltata, immersa nei suoi pensieri, noncurante delle persone che intorno ridevano e parlavano. I nostri sguardi si incrociarono, arrossii e le feci un sorriso, quasi convinto che avesse potuto leggere le fantasie che stavo avendo sul suo corpo. Di rimando mi fece uno splendido sorriso che mise in risalto le poco pronunciate fossette che aveva sulle guance. Poi, prendendo un pacchetto di sigarette dalla borsa, si avvio verso l’uscita lanciandomi un ultimo sguardo.

Mi ritrovai immobile a fissarle il culo mentre la vedevo allontanarsi.

– Oh, che cazzo fai… quello era un chiaro invito ad uscire! – il mio amico mi sveglio dalle mie fantasie, più eccitato di me.
– Ma che cazzo dici, mi ha sorriso solo perché la stavo fissando. Figurati se mi si fila, per di più che sono un amico di sua sorella –
– Tu non capisci un cazzo! Se non vai immediatamente esco fuori e me la scopo io, davanti a te! – aggiunse con tono incredulo
– Va bene va bene, vado. Almeno mi fumo una sigaretta in compagnia piuttosto che stare a sentire le tue cazzate! –

Mi allontanai dal vivo dei festeggiamenti senza essere notato, I parenti parlavano intorno ad un tavolo, gli amici erano intenti a far bere l’impossibile a Federica.

– Posso chiederti una sigaretta? – Era sull’uscio della porta, intenta a fumare la sua sigaretta da poco accesa. La vidi quasi sorpresa dal vedermi, poi estrasse il pacchetto di sigarette.

Ecco, pensai, lo sapevo: quel coglione non ha capito nulla… voleva solo fumarsi una sigaretta per icazzi suoi.
Aveva lo sguardo basso in avanti, a guardare la strada, quasi intimidita.

– Scusa non volevo disturbarti, accendo e vado a fumare più in là! – dissi tra il serio e lo scherzoso
– Non preoccuparti. Anzi, mi fa piacere un po’ di compagnia, non conosco nessuno degli amici di Federica! – disse sorridendo mentre mi porgeva il pacchetto.

Parlammo per qualche minuto del più e del meno, quel tanto che basta per prendere quel po’ di confidenza necessaria a scherzare. L’aspetto timido di lei aveva lasciato spazio ad una personalità più curiosa e frizzante.

– Beh? Quindi con mia sorella? – mi disse all’improvviso, ammiccando con fare scherzoso
– Quindi cosa?- aggiunsi, falsamente disorientato. Avevo capito benissimo a cosa alludesse.
– Dai, non vorrai farmi credere che siete solo amici! – anche lei non mascherava benissimo la finta sorpresa. Mi stavo domandando se me lo chiedesse più per curiosità o per sincerarsene.
– A dirla tutta si! Non sono mai riuscito a combinarci nulla – dissi ridendo, buttandola sullo scherzo
– Non mi stupisce, mia sorella non ha mai capito un cazzo… – aggiunse seriamente, smorzando l’atmosfera scherzosa. Passava dall’essere una timida cerbiatta al diventare una tigre aggressiva, con una velocità che non riuscivo a gestire.

Spense la sigaretta sotto una scarpa e fece per riavviarsi verso l’ingresso – Su, magari se la fai ubriacare abbastanza succederà qualcosa – disse con tono quasi irritato, poi entrò facendomi l’occhiolino .
La vidi dirigersi verso il bagno.

Tirando le ultime boccate di sigaretta mi maledii. Dovevo averla offesa mostrando troppo interesse verso Federica. Non sarà nuova alle attenzioni che da lei si spostano verso la sua giovane, avvenente sorella.

Mi ritrovai eccitato. Il suo profumo, la sua voce e la sua vicinanza, uniti certamente alla birra, avevano sortito il loro effetto. Pensai che dovevo fare qualcosa ed in fretta, approfittarne ora che non stavo di certo pensando con la parte più razionale di me.
Mi diressi verso il bagno.

Entrai nell’antibagno, chiudendomi la porta a chiave alle spalle, il ristorante era riservato alla festa in corso. Una parte di me si chiese cosa avessi intenzioni di fare, l’altra fece capolino rassicurandomi che al più avrei fatto una terribile figura di merda.
Ma c’era sempre la scusa dell’alcol per potersi giustificare.

Diedi uno sguardo nel bagno degli uomini. Vuoto.
Entrai in quello delle donne, lei era appoggiata al lavandino, si asciugava gli occhi leggermente umidi, ricomponendosi in fretta dopo avermi visto entrare.

Ci guardammo ed i nostri sguardi s’intesero.
– È sempre stata più bella di me. Ha sempre avuto un seno più grande del mio, un culo più bello del mio… un carattere migliore del mio! –
Non sapevo davvero come comportarmi, di certo non mi aspettavo quella scenata. Già mi vedevo a sbattermela nel cesso e invece eccomi qua, pronto a consolarla. Mi venne naturale aggiungere, anche per smorzare la tensione – …eh no, il culo proprio no. È molto più bello il tuo! –

Scoppiò a ridere – Grazie! Ma lo so che lo stai dicendo solo per consolarmi –
– No guarda che sono serio, hai un culo meraviglioso – Ormai ero lanciato, mi avvicinai a lei e aggiunsi, prendendola delicatamente per le spalle, come a rimirare scherzosamente una statua.
– Guarda qui che roba, praticamente nessuna imperfezione! – dissi girandola e invitandola a guardare, facendo il buffone. Mi diede corda, sporgendo il sedere all’infuori e ridendo. Avevamo un po’ stemperato la piccola tragedia, tornai composto e la guardai sorridendo, aspettando che si rigirasse e mi sorridesse di rimando. Non avvenne. Guardando nello specchio, vidi che il sorriso dal suo volto era sparito, lasciando spazio ad una bocca leggermente aperta ed occhi languidi.

Mai invito fu più chiaro.
Mi inginocchiai e mi lanciai con la faccia su quello splendido culo, stringendolo con forza tra le mani mentre mordevo le chiappe attraverso la stoffa dei pantaloni. Lei aveva chiuso gli occhi e aveva cominciato ad ansimare, poggiando le mani sul lavandino.
Mi alzai e la strinsi a me, con una mano le presi i piccoli seni, con l’altra le premevo il corpo contro il mio, permettendole di sentire tutto il mio vigore tra il solco delle sue natiche.
Il suo sguardo ed il suo ansimare mi confermarono che non aveva intenzione di aspettare oltre.
Le sbottonai il pantalone, saggiando l’umidità delle sue mutandine con il palmo della mano. I suoi caldi umori avevano già oltrepassato il sottile tessuto, così come il suo odore che mi riempiva le narici.
Le infilai la mano dentro, oltrepassando l’elastico, un piccolo ciuffetto di pelo mi separava da quel profumato laghetto. Sentivo la sua mano che impaziente stringeva il mio membro, per poi avventurarsi sui bottoni del mio pantalone per cominciare ad aprirli maldestramente.

Neanche io potevo aspettare oltre. Le abbassai pantaloni e mutandine, feci lo stesso con i miei.
La piegai sul lavandino, la schiena dritta, le gambe divaricate e mi fiondai a leccare i suoi dolci umori. La sentivo ansimare mentre con la lingua percorrevo le sue labbra, saltellavo sul clitoride ed ingoiavo il suo frutto.

– Scopami ti prego…. ti voglio dentro di me subito… – le parole si mescolavano ai gemiti, diedi un’ultima energica leccata alla sua profumata rosa e mi preparai a penetrarla.

Appoggiai la cappella all’ingresso del suo piacere e spinsi lentamente. Era più stretta di quel che mi aspettavo, ma era talmente bagnata che entrai senza problemi.
Entrai in fondo ma non era contenta. La sentii premere indietro, spingendo le sue belle natiche contro il mio ventre. Cominciai a fotterla con più forza mentre i suoi gemiti diventavano urla.

– Se urli ancora ci sentiranno tutti – azzardai ansimando a mia volta
– Non me ne frega nulla… continua a scoparmi… si! – aveva gli occhi socchiusi, evidentemente in un’altra dimensione del reale.

Continuai a spingere per qualche minuto, la splendida vista del suo culo, i gemiti e il crudo piacere della penetrazione non mi avrebbero consentito di durare a lungo.

– Sto quasi per venire… –
– Non venirmi dentro! – la vidi riprendere d’un tratto lucidità. Fece per rialzarsi e io mi tirai fuori. Prima che potessi fare qualsiasi cosa, si girò e guardandomi negli occhi scese con la bocca sulla mia erezione.
Quello che seguì fu uno splendido pompino. La sua lingua correva sulla cappella, le labbra chiuse gustavano tutta la mia lunghezza ed un mano svolgeva il resto del lavoro regalandomi un immenso piacere.

– Sto per venire! – pensai di doverla avvertire, ma appena capì la vidi sorridere ed aumentare il ritmo.

Scaricai tutto il mio piacere nella sua bocca. Ingoiò tutto e rialzandosi si lecco le labbra, guardandomi con aria da gatta satolla.

– Sarà meglio andare, qualcuno potrebbe accorgersi che manchiamo da un po’ – disse mentre si tirava su i pantaloni, come se nulla fosse successo.

Incamminatasi si voltò, mi raggiunse e consegnandomi in mano le sue mutandine mezze fradice, salutandomi con un bacio sulla guancia concluse:

– Queste tienile pure come ricordo… – Entrò di corsa in bagno. Con solo la camicetta bianca addosso da cui trasparivano i capezzoli dei suoi seni. Nelle braccia I pantaloni che avrebbe dovuto indossare.

Restai stordito per qualche secondo, che mi parve durare un’ora. Mi guardai, il mio pene ormai floscio e sporco di rossetto, gocciolava gli ultimi piaceri. Mi sistemai al meglio, fiondandomi nel bagno degli uomini.

Sarà una giornata meravigliosa. Pensai.


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