E’ da diversi anni che mi diverto con le “dotazioni” dei maschietti che riesco ad avere per me, ne ho provati veramente tanti e sono perfino riuscita ad unire l’utile al dilettevole, nel senso che mi è capitato di ricevere dei compensi per delle prestazioni nelle quali ho oltretutto goduto alla grande.
Mi sono anche accorta che certi uomini sono ben felici di lasciare dei soldi a chi li ha soddisfatti accondiscendendo ad ogni loro capriccio o desiderio, quasi per sentirsi liberi di poterlo rifare senza alcuna remora in quanto così si considerano… clienti.
Infatti nella mia mail, ovvero quella di una meravigliosa trav sulla cinquantina, dopo i messaggi di occasionali amanti sono comparsi quelli di signori con il desiderio di incontrarmi con una certa continuità e disposti a pagare pur di poterlo fare senza sottostare ai vincoli del “quando sei libera... a che ora ci possiamo vedere... alle otto devo scappare…”
Loro pagavano e chiedevano una prestazione dove facevano quello che volevano e quando lo potevano fare e io dovevo andare incontro alle loro esigenze e… soddisfarli.
Dopo questa breve introduzione vorrei narrarvi un’incredibile avventura che ho vissuto e che ha lasciato, perfino una smaliziata come me che ne ha… viste tante, a bocca aperta.
Tutto cominciò un caldo pomeriggio d’estate quando sono stata contattata da un cliente che aveva voglia di scoparmi all’aperto in un posto tranquillo. Come sempre mi preparo con attenzione e mi presento all’appuntamento fasciata dentro un aderente miniabito sotto il quale facevano bella mostra delle calze a rete. Salii nella macchina del cliente ricevendo apprezzamenti per il look e lunghe e intime carezze per quasi tutto il tragitto fin quando parcheggiammo in mezzo ai campi, tra pannocchie e alberi di frutta, in un luogo veramente isolato anche se non troppo lontano da una caserma di un corpo speciale.
In quel tranquillo paesaggio bucolico il cliente se lo fece succhiare per bene per poi passare ad una bella scopata in piedi, appoggiati al cofano della macchina. Purtroppo, proprio quando lui stava per venire, apparvero dal nulla cinque militari che in maglietta e pantaloncini stavano facendo footing. Alla vista di quello spettacolo, incuranti del nostro imbarazzo si fermarono e cominciarono a fare pesanti apprezzamenti proprio su di me che, anche se in gran parte denudata, indossavo ancora le autoreggenti a rete e il reggiseno e pure il trucco non era troppo leggero.
“Guarda che troietta abbiamo trovato.”
“Si, ma una troia con il pisello.”
“Mh! Sembra che sia venuta qui per farci divertire.”
“Si, direi che possiamo proprio prendercela...”
“Ragazzi! Ma lo sapete che siete dei maleducati! Quel poveretto la sta scopando e noi siamo qui a rompergli i coglioni. Scusi signore, continui pure. Noi ce la facciamo appena ha finito di riempirla.”
Una fragorosa risata affiancò l’ultima frase.
“Si!”
“Muoviti, ingravidala.”
“Cosa aspetti a sborrarle dentro.”
Ovviamente ottennero l’effetto contrario e l’uomo, intimidito da quei cinque si ritirò ammosciandosi quasi all’istante tra le risa dei presenti che, non contenti delle loro battutacce pensarono di immobilizzarci entrambi e mentre ero sempre più spaventata uno mi bloccò per i polsi, altri tre, trovando chissà dove un pezzo di corda, legarono l’uomo ad un albero.
Mi ritrovai indifesa e in balia di quei cinque energumeni e capii che non stavano scherzando e che erano sicuramente intenzionati a mettere in atto quanto avevano detto, magari in modo violento quindi decisi che per uscire da quella situazione era meglio assecondarli e convincerli che avrei fatto tutto quello che volevano.
Con un atteggiamento da vera troia, mi rivolsi a loro: “e così volete divertirvi? Tempi duri adesso in caserma, vero? Mi ricordo che quando ho fatto il militare mi trovavo ogni notte un cazzo diverso nel letto. Però cinque insieme no...”
“La senti la troietta?”
“Ha già capito come tira il vento.”
Risero rimanendo subito basiti di fronte alla richiesta che avanzai subito dopo: “se volete scopare mi sa che con tipi come voi c’è da divertirsi, però vi mettete il preservativo. Se volete ne ho nella borsetta.”
I cinque si guardarono e scoppiarono nuovamente a ridere e sghignazzare quasi contemporaneamente rispondendomi che per il tipo di lavoro che facevano erano obbligati a fare dei controlli ogni quindici giorni e che quindi potevano proprio farne a meno dei preservativi.
“Neanche con le nostre ragazze lo usiamo.”
“E vedrai che non ne sprecheremo neanche una goccia. Tutta te la devi prendere.”
“Si, tutta, o in bocca o in culo.”
“E te la ingoi tutta la sborra”
“Vedrai che festicciola ti facciamo adesso.”
L’uomo che era stato legato improvvisamente si mise a gridare “Bastardi, vi denuncerò tutti al vostro comandante, alla polizia, a tutti... Tutti dovranno sapere le porcate che fate” ma, per tutta risposta ricevette due calcioni sulle palle mentre io, ancora più spaventata mi misi a supplicare che avrei fatto tutto quello che volevano: “ma senza violenza. Lo faccio ma da sola e lasciate stare lui...”
I cinque, ignorato l’uomo che, piegato su se stesso si lamentava, mi afferrarono e, tolto il reggiseno, mi legarono ben stretti con un laccio delle scarpe pene e testicoli, fissando l'altro capo ad un ramo in modo che non potessi scappare e, dopo avermi fatta abbassare iniziarono a mettermi in bocca i loro cazzi.
Poco prima che arrivasse la prima schizzata uno propose: “che dite se le diamo un premio per ogni ingoio? Ma solo se non perde neanche una goccia,”
Gli altri approvarono e poco dopo arrivò la prima crema che inghiottii, ripulendo anche per bene il membro come mi era stato richiesto.
“Brava! Bel lavoro. Non hai perso niente. Ti sei meritata il premio.”
Uno dei cinque andò verso un albero di susine ne raccolse una e dopo averci sputato sopra la spinse con decisione nel buchetto che allargandosi con facilità la fece sparire nel retto.
“Bada bene a non perderla o peggio per te. Te la devi tenere dentro. Hai capito?”
feci di si con la testa mentre il secondo si avvicinò per ottenere la sua scopata orale che, anche se lentamente, portò a termine e alla fine anche una seconda susina finì accanto alla prima.
Il gioco proseguì per altre tre volte finché mi ritrovai a dover ospitare ben cinque frutti dentro il retto e, sinceramente, cominciavano a darmi fastidio soprattutto per l’attenzione che dovevo fare nel tenere ben serrato l’ano per non farli saltare fuori.
Avevano finito tutti e cinque ed era ovvio che non si sarebbero accontentati e che quello era stato solo l’aperitivo, quindi mi aspettavo di essere inculata da un momento all’altro invece, proprio allora, arrivò un loro superiore che vedendo la scena chiese immediatamente spiegazioni.
“Adesso finisce tutto.” pensai ma, incredibilmente, l’uomo si dimostrò complice dei suoi sottoposti e, dopo aver sentito cosa era successo, aperti i pantaloni, si fece anche lui succhiare e quando ebbe terminato infilò personalmente la sesta susina.
A quel punto la situazione si complicò perché il loro superiore sciolse la corda dal ramo e, come se portasse a passeggio un cagnolino, iniziò a condurmi tra i presenti e se non era rapida a cambiare direzione veniva strattonata con decisione e poiché l’altro capo della corda era legato ai suoi testicoli era tutt’altro che un piacere.
“Stai attenta a non perdere la spesa! Se ti cade solo una susina vedrai cosa ti succede.”
Ad un certo punto l’uomo si inoltrò lungo il sentiero tra le risa degli altri mentre io camminavo in modo strano, traballando sulle mie scarpe tacco 15, cercando di tenere ben strette le chiappe, per la paura della ritorsione annunciata. Ci riuscii fin quando l’uomo decise che il posto in cui mi aveva trascinata poteva andare bene e invitò tutti a: “rompetegli il culo. Così com’è, con le susine dentro.”
Si fece sotto il primo ed entrò senza alcuna attenzione. Io non riuscii a credere che ci fosse riuscito considerando come il retto fosse già pieno e provai una sensazione incredibile nel sentire quelle palline che si muovevano dentro mentre lui andava avanti e indietro. Tutti gli altri sghignazzavano e lo incitavano a sbatterlo bene dentro. E lo fece, e anche a lungo, perché avendo già sborrato prima in bocca, ci mise moltissimo a venire, prolungando assai quello strano effetto che mi provocò. Alla fine si liberò di un’altra buona dose di crema e appena uscì mi afferrò la testa piegandola in basso: “adesso me lo pulisci per bene. Guarda che schifo con tutto quello che hai nel culo.”
Intanto il secondo, approfittando di quella ottimale posizione in cui mi ritrovai praticamente piegata a novanta gradi, cominciò il suo personale trattamento… posteriore.
Continuò così fino a che tutti e sei non furono pienamente soddisfatti lasciandomi veramente stremata e piena di sborra. Praticamente mi violentarono per quasi un ora e alla fine il capo, evidentemente non ancora soddisfatto mi ordino di far uscire le susine, una ad una e io, ancora piegata mi misi a spingere. Purtroppo, dilatata com’ero per le prolungate penetrazioni ne feci cadere subito due nella sua mano e questo probabilmente fu il pretesto che l’uomo aspettava e, fingendosi particolarmente indispettito, dopo avermi assestato un sonoro sculaccione, le raccolse e, porgendomele, mi obbligò a mangiarle così com’erano: ricoperte di sperma e dei miei umori.
Anche questa volta, visto il modo rude e deciso con cui le imponeva quell’azione, per evitare problemi, le misi in bocca e iniziai a masticarle per inghiottirle quasi subito, sputando solo le ossa.
Ne seguì un’altra bordata di commenti e risa e a quel punto mi legarono nuovamente ad un albero ma in modo che potessi liberarmi e, invitati dal loro capo, ognuno mise dieci euro per terra dicendomi che era stata brava.
Probabilmente lo fecero come ulteriore forma di derisione e per dirmi che per loro era stata solo una puttana.
Prima di andarsene, sempre il capo, mi impose di lasciargli il numero di cellulare e, per essere sicuro che fosse quello giusto, mi chiamò subito, sentendolo squillare nella borsetta che era rimasta a terra.
“Brava, hai fatto bene a darmi il numero giusto. Vedrai che ci risentiremo. Sicuramente in caserma abbiamo bisogno di una troia come te. Ci sono tanti cazzi da soddisfare e tu mi sembri proprio quella giusta. Porca al punto giusto e ubbidiente.”
Risero ancora tutti e, come erano arrivati, sparirono.
Poco dopo mi liberai e corsi subito dal mio cliente che era molto dispiaciuto per quanto era successo e cercò di consolarmi dato che apparivo distrutta anche se in realtà lo ero più per quanto avevo goduto che per il trattamento subito. Ovviamente questo non lo dissi al cliente che, come per scusarsi, aggiunse altri cento euro oltre a quanto mi aveva già dato.
Concordammo anche di lasciar perdere e di non andare a denunciare l’accaduto in quanto la situazione sarebbe stata troppo imbarazzante per tutti, soprattutto per il mio amico/cliente che aveva la classica famiglia e gli sarebbe stato assai difficile spiegare la situazione.
A quel punto ci rivestimmo e ce ne andammo…
pemela
Antonio
Post New Comment