Vedovo consolabile

  • Scritto da geniodirazza il 19/07/2023 - 06:49
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Vedovo consolabile

Anche se si vive in una grande città, la dimensione del quartiere finisce sempre per avere la meglio nei comportamenti sociali ed impone, volenti o nolenti, le leggi che sono proprie delle piccole comunità, prime fra tutte quelle per cui ci sono posti topici dove, inevitabilmente, si finisce per incontrarsi, prima o poi, e dove le storie personali diventano di dominio pubblico per un passaparola che non è pettegolezzo ma solo informazione di quartiere, quella che qualcuno definisce scherzosamente radio serva, per la diffusione soprattutto tra le massaie che si incontrano per la spesa; il baretto d’angolo, la posta, la farmacia, la panetteria, tutti i luoghi che hanno una valenza sociale diventano il fulcro di questa comunicazione; e tutti, prima o poi, ci finiscono in qualche modo ‘tritati’ dall’informazione che gira.

I coniugi Rossi erano la coppia più interessante e simpatica del rione; lui, Antonio, vicino ai sessant’anni, era una persona distinta, sempre inappuntabilmente elegante, serio ed educatissimo, ma anche cordiale e cortese con le signore, ed era un alto dirigente di un’azienda che aveva sede in un comune vicino, arrivato forse quasi ai limiti della pensione; lei, Nicoletta, di alcuni anni più giovane, era una bella donna matura, che in gioventù doveva aver fatto girare molte teste per la sua bellezza prorompente, insegnava nel locale Liceo ed era apprezzata ed ammiratissima da colleghi, genitori, alunni e dirigenti; era quasi un piacere incontrarli ad orari fissi, per fare la fila a comprare il pane o dal verduraio; più raramente in farmacia o in posta; e la loro vita, naturalmente, era quasi un libro aperto per le ‘comari’ che raccontavano tutto della loro quotidianità, fino alla brutta malattia che colse lei e in pochi mesi la spense.

Antonio divenne così una sorta di oggetto misterioso delle ‘indagini’ di radio serva, che si chiedeva quale sarebbe stata la sorte del vedovo che si presumeva inconsolabile per l’intenso rapporto che i due avevano sempre dimostrato e che li teneva stretti in ogni momento come se vivessero l’uno in funzione dell’altro; a me era capitato spesso di ‘frequentarli’, se così si può dire di persone che si incrociano dal panettiere e stanno spesso anche un’ora in coda per la ressa del momento, scambiandosi le solite stupide amenità sul tempo e sul governo, oppure raccontandosi piccoli particolari marginali della vita quotidiana; qualche volta mi era parso di cogliere uno sguardo più appassionato di lui sul mio decolleté, quando, in primavera o in estate, uscivo con abiti più leggeri e meno oppressivi, oppure, nelle stesse occasioni, sulle trasparenze delle mie gonne e sugli slip che occhieggiavano dagli abiti; il tutto sempre con lo stesso garbo e la stessa eleganza che metteva in tutte le cose e che, in definitiva, facevano piacere e rassicuravano, in qualche modo.

Quando lo rividi la prima volta, dopo la disgrazia, mi affrettai ad esprimergli la mia condoglianza e ad assicurargli la mia vicinanza, se avesse avuto bisogno; in più occasioni mi interpellò per capire come funzionavano certi meccanismi che fino al momento gli erano stati estranei, come il microonde o la lavatrice, i reparti di un supermercato o altre simili amenità, banali e sciocche per chi le frequenta quotidianamente, astruse per chi non ci ha mai avuto a che fare; in quel periodo, notai anche che, quando la ressa era maggiore, tendeva ad avvicinarsi notevolmente col ventre al mio fondoschiena e talvolta ebbi la sensazione della forte erezione di un pene di dimensioni non banali e forse neanche tanto ordinarie; cercai di convincermi che fossero stati eventi casuali determinati dalla condizione di affollamento della sala e che forse una reazione del sesso fosse automatica e non voluta.

Un pomeriggio d’inverno, che lui indossava l’abito intero con sciarpa e cappotto mentre io viaggiavo con pantaloni di panno e giubbotto imbottito, la sensazione fu viva e forte, decisamente voluta e accompagnata da un movimento pelvico che accentuò la spinta del membro duro sul fondoschiena; per assicurarmene, sculettai un tantino e feci poggiare l’asta più opportunamente tra le cosce; allargò le falde del cappotto, quasi a creare un paravento a quello che avveniva sotto la cintura, e spinse delicatamente avanti e indietro simulando un amplesso in piedi; favorii il movimento spingendo, al massimo possibile senza dare scandalo, la schiena contro il suo ventre; dopo una decina di movimenti, lo sentii ad un tratto fremere con tutto il corpo, gemere quasi lamentandosi e alla fine rilassarsi fino a scostarsi; fu netta la sensazione che avesse raggiunto un orgasmo; diradatosi l’assembramento, mi voltai a guardare ed ebbi conferma, dalla macchia d’umido sul pantalone, che aveva effettivamente avuto una forte eiaculazione, fin troppo rapida secondo me, e non gli risparmiai la battuta.

“Troppa tensione o troppo tempo senza?”

Per fargli capire, abbassai lo sguardo sui pantaloni e lui, seguendo il mio sguardo, si accorse che le mutande non avevano arginato il flusso; si affrettò a stringere il cappotto per nascondere il malfatto e cominciò a balbettare scuse.

“Scusami, mi spiace, non volevo. Possiamo parlarne dopo, prendendo un caffè al bar?”

“Guarda che non sono affatto offesa; ma mi piacerebbe parlarne, a lungo e con lealtà; va bene il bar quando usciamo.”

Un quarto d’ora dopo, seduti al bar vicino, ripresi da dove avevo iniziato.

“Cosa ti ha scatenato sul mio fondoschiena, la lunga astinenza dopo la vedovanza o una qualche tensione momentanea?”

“Tu, semplicemente tu; averti desiderato per anni, avere sognato sempre il tuo corpo e, soprattutto, il tuo fondoschiena; ed avercelo adesso, lì davanti, premuto sul mio basso ventre, mi ha spezzato ogni remora e sono esploso con una rapidità imprevedibile. Diciamo però che anche tu hai fatto di tutto per favorire e accelerare il processo.”

“E’ vero; ci ho preso gusto, ma ancora non mi spiego perché desideravi me con tua moglie a fianco.”

“La nostra coppia, nel privato, era l’esatto opposto di quello che presentavamo in pubblico; Nicoletta, sia pace all’anima sua, era la compagna più meravigliosa, più disponibile, più aperta e più perversa che un maiale come me potesse sperare; ci amavamo alla follia, ogni momento della giornata, ma facevamo l’amore come animali, in ogni luogo, in ogni momento, con chiunque ci capitasse di coinvolgere nei nostri giochi sessuali; non credo che molte persone al mondo possano vantare le esperienze che noi due abbiamo realizzato; eravamo irrefrenabili, sincerissimi, leali; quando ti vidi la prima volta e mi prese la voglia di te, la prima a saperlo fu mia moglie, che non volle che ti abbordassi solo perché temeva che mi innamorassi di te e mandassi a scatafascio il matrimonio; forse era anche un po’ gelosa della mia passione per i tuoi fianchi; ma ti stimava anche moltissimo e ti voleva bene, nei limiti della gelosia … “

“Urca … e me lo dici così? E’ una botta assai peggiore di quella che mi hai dato prima, senza farmi godere. A proposito, mi sei debitore di un orgasmo; tu hai eiaculato … e quanto! … io invece sono rimasta a secco, non lo dimenticare!”

“Credi che potrò rimediare?”

“Dobbiamo fare un lungo discorso. Io adesso so abbastanza di te; ma tu forse non sai che io ho da molti anni un compagno a cui sono molto affezionata.”

“Ti sbagli, lo so benissimo; e so anche che per un maledetto incidente ha subito un intervento chirurgico che lo ha privato di certe funzioni fondamentali.”

“Sì, è diventato impotente, non è il caso di girarci intorno. Devi sapere che Mario, nella sua impotenza, mi chiede da tempo di non farmi trascinare nel suo ‘fallimento’ e di non sprecare il mio corpo, insomma di trovarmi qualcuno con cui fare sesso più o meno regolarmente. Io mi sono sempre rifiutata, perché per me sesso e amore non possono distinguersi e non ho nessuna intenzione di finire per innamorarmi di uno che mi facesse trovare così bene nei rapporti sessuali da spingermi a lasciare lui, che è il mio uomo anche dimezzato come è, costretto a rimediare con mano, lingua e aggeggi vari. Per lui, un pene vivo e palpitante non è sostituibile; io preferisco un dildo di gomma o di plastica al rischio di perdere la testa e lasciarlo.”

“Vuoi dire che se ti garantisco che al primo accenno di innamoramento di uno dei due, io scompaio nel nulla e ti lascio a Mario come è giusto che sia, in quel caso faresti l’amore con me?”

“Anche le tue sono parole che potrebbero poi non avere senso; ma se arrivo ad accettarle come autentico impegno, non solo facciamo l’amore ma arriviamo a farlo con la complicità di Mario, in sua presenza e con la sua partecipazione attiva; ma soprattutto tu mi fai realizzare anche qualcuna delle piccole perversioni che facevi con Nicoletta.”

“Vuol dire che ci stai?”

“Vuol dire che vado a casa, ne parlo con Mario e gli chiedo di aiutarmi e sostenermi, che poi cominciamo qualche approccio e, se funziona, mi lascio anche andare, sempre nell’ottica che il mio amore insostituibile è e resterà Mario.”

“Mi piacerebbe essere con voi quando ne parlerete; ma spero che prima o poi ne parlerò anche con lui. Intanto, aspetto di approfondire la conoscenza con te.”

“Okay; adesso però ti saluto e vado a casa; ciao.”

Mi bacia delicatamente sulla guancia, mentre mi alzo; rispondo sfiorandogli le labbra; e scopro che sanno di buono; Mario accoglie la notizia con serenità; era nelle sue previsioni che, prima o poi, quella notizia sarebbe arrivata e cerca solo di valutarne con me la portata; conosce il personaggio e lo ha anche incontrato in una delle rarissime occasioni in cui viene con me a fare spese; sa che si tratta di una persona estremamente affidabile; sono costretta a ricordargli che, come mi ha confessato, ha fatto numerose esperienze di trasgressione sessuale insieme alla moglie il che lo colloca non tra gli affidabilissimi ma anzi tra quelli che possono essere sospettati di volontà di trasgredire e di invitare alla trasgressione le persone che li frequentano con certi intenti; insomma, se poi mi proponesse giochetti particolari con altri protagonisti, la cosa diventerebbe delicata; mi chiede quanta paura ho di affrontare una situazione strana o con più soggetti, se l’amore resta a casa e il sesso viaggia; devo ammettere che ha ragione; alla fine gli chiedo se gli va di incontrarlo; preferisce farlo dopo che almeno ci siamo assaporati noi.

Lascio passare qualche giorno per sedimentare l’emozione della novità, poi chiamo Antonio e gli dico che sono pronta ad incontrarlo per verificare se c’è tra noi abbastanza ‘chimica’ da stabilire una relazione; decidiamo di incontrarci quello stesso pomeriggio in centro; avverto Mario della mia uscita, gli chiedo, se dovessi fare più tardi del prevedibile, di arrangiarsi per la cena e mi preparo alla nuova vicenda; passo alcune ore a controllare il mio corpo, dalla depilazione alla profumazione, dalla scelta dei singoli capi di abbigliamento alle mille prove prima di decidere; ogni tanto, chiedo a Mario di giudicare e con aria molto divertita mi consiglia al meglio; lo vedo sorridere ironico; chiedo perché.

“Sembri una ragazzina che si prepara al primo appuntamento. Sei certa che non stai andando verso un grande amore?”

“Se lo dici un’altra volta, tronco tutto, mando al diavolo te e tutti i possibili amanti con il pene iperuranico che tu mi consigli per raggiungere il nirvana; io amo te e sono euforica per questo nuovo gioco come una bambina che prova una bambola diversa; ma amo solo te e alle bambole rinuncio senza patemi; dimmi che non ti piace che esco con un altro e io resto con te.”

“Io so che devi liberarti di questo legame; è una scelta che non mi rende certamente felice; ma mi fa sentire pieno di entusiasmo per te e spero che quello che farete ti faccia entrare in una dimensione di piacere che non è certo il nirvana ma che almeno ti ridà un gusto profondo per la vita; comincia da questo piccolo passo; per gli altri, avrai tempo per decidere. Comunque, in ogni cosa, anche la più piccola, in tutti i momenti, in qualunque emozione, io sarò con te, specialmente se tu vorrai farmi essere con te, dentro di te, dentro il piacere che ti prendi meritatamente.”

Lo abbraccio con forza e lo bacio con profondo affetto; con quel gesto gli dico che sarà sempre presente in me e nel mio amore, che resterà intatto, fuori da tutto quello che faremo; a parole, poi, mi impegno a raccontargli momento per momento quello che succederà e gli prometto che quello sarà un altro elemento di grande amore tra noi; succede che alla fine, quando arriva l’ora di uscire, deve essere Mario a spingermi fuori quasi a forza, come se volesse scaricarsi dalla colpa di avermi chiuso in casa con la sua malattia, anche se sa perfettamente che sono stata io a scegliere e che adesso sono ancora io a voler cambiare atteggiamento per essere ancora più in sintonia con lui e con il nostro amore; prima di lasciarmi andare, mi costringe ancora una volta a fare una piroetta per ammirare l’effetto del minivestito vertiginoso che mi scopre quasi fino all’inguine le cosce che sono il punto forte della mia bellezza, insieme al fondoschiena che lui prende in giro col termine greco ‘callipigio’ che appunto indica ‘un bel sedere’, stuzzica il mio seno senza reggiseno scherzando sulla forza di gravità che le mie tette combattono restando ritte nonostante l’età; si sofferma a guardare il mio viso che definisce tizianesco e mi bacia leggermente per non sciupare il trucco; gli accarezzo il volto e lo saluto dolcemente; sono certa che stasera ci ritroveremo più innamorati che mai; prendo il cappotto ed esco.

Antonio mi aspetta in un bar centralissimo dove mi siedo per un caffè; gli chiedo che progetti ha; mi dice che vorrebbe andare a cinema; lo guardo sorpresa e gli faccio osservare che ormai i film si guardano sul computer o in tele; mi risponde che non intende affatto guardare un film, al massimo interpretarlo; poiché non voglio ammettere che stia pensando a un’ipotesi fanciullesca come andare a pomiciare in un cinema, gli chiedo come mai abbia avuto questa pensata; mi dice che potevamo agevolmente decidere di andare a casa sua o a casa mia e che sarebbe stato normale; ancora più normale e becero sarebbe stato andare in cerca di un albergo, di un motel o di un b&b; tutte scelte da amanti clandestini; invece, mi dice, quello che stiamo cercando è un dimensione ludica, quasi fanciullesca, del rapporto e che, come per tanti ragazzi, il buio di un cinema è spesso l’ideale per sfogare tensioni sessuali in modi imprevedibili e straordinari; benché perplessa, devo ammettere che c’è una logica, anche se è estremamente pericoloso per personaggi pubblici, e noi lo siamo, in fondo, rischiare di essere beccati in atteggiamenti disdicevoli; mi risponde che l’azzardo è il pepe della pietanza; se non mi va, possiamo fare qualsiasi altra scelta, dalla casa di uno dei due all’hotel alla fuga in automobile in qualche posto strano; mi viene in mente il discorso che mi aveva fatto sui rapporti con sua moglie e capisco che è il caso di sperimentare, come mi ero riproposta, quella novità per verificarne l’interesse; accetto di affrontare il rischio di farmi beccare in flagrante congresso carnale da qualche vigilante pur di ‘giocare’ con la sessualità in qualche modo ‘vergine’ o per lo meno ingenua; scegliamo il locale più vicino e andiamo in galleria, totalmente deserta.

Ci sediamo agli ultimi posti, poggiamo sui sedili di lato a noi i soprabiti; Antonio scopre come una folgorazione il mio abbigliamento super sexy fatto quasi apposta per pratiche sessuali avventurose e giovanili; mi invita a poggiare sulle ginocchia il soprabito e, prima ancora di baciarmi come mi aspettavo, mi infila una mano tra le cosce, nascondendosi col cappotto; sono io a prendergli la testa e a baciarlo sulla bocca, cercando di recuperare il sapore di buono che avevo intuito; mentre io gioco con la lingua a combattere con la sua una lotta a chi domina e a chi irrora di più insalivando tutto l’incavo dell’altro, lui fa arrivare la mano fino allo slip, lo sposta di lato ed entra nella vulva con due dita, di cui una artiglia, col sostegno del pollice esterno, il clitoride e lo titilla fino a farmi bagnare abbondantemente, e l’altro accarezza l’accesso alla vagina che piange tutti i suoi umori e li scarica sulla sua mano; l’orgasmo esplode naturalmente, all’improvviso, con mia grande soddisfazione; per qualche minuto se ne sta fermo con la mano a cucchiaio sul mio basso ventre, quasi per assorbire gli effetti della tensione dell’orgasmo.

Non a caso, mi viene di pensare immediatamente che con Mario quelle pratiche sono quasi obbligatorie, anche se, in verità, la location è particolarmente strana; questo non mi impedisce di avere ancora un orgasmo al pensiero del mio amore in attesa a casa; quasi a ricambiare la cortesia, allungo la mano sotto il suo spolverino, abbasso la zip del pantalone, infilo la mano nelle mutande fino a trovare l’oggetto del mio desiderio, la sua verga che sento finalmente, viva e pulsante, lunga, nodosa e grossa; non mi è possibile nessun confronto, avendo perso da anni il contatto con quel’organo; ma la sensazione è che sia una delle verghe più notevoli che mi sia capitato di manipolare; comincio una masturbazione che cerco di rendere passionale e delicata, intensa e decisa; Antonio mi ricambia infilando una mano nella parte alta del vestito finché raggiunge un seno e prende a titillare un capezzolo; sfilato il seno fuori dall’abito, si abbassa a succhiare il capezzolo provocandomi brividi di lussuria infiniti; tra le vibrazioni del pene nella mia mano e le emozioni della sua bocca sul capezzolo, il secondo orgasmo si aggiunge al primo con rapidità impressionante.

Facendo forza sulla mia testa, Antonio mi induce ad abbassarmi sul suo ventre finché incontro la punta dell’asta con le labbra e comincio a baciarla e leccarla; la bocca è piena della salivazione che ci eravamo scambiati col bacio e la verga scivola nella cavità con elegante dolcezza; io succhio e lecco, dalla punta alla radice; mi abbasso anche sui testicoli che incontro grossi come prugne e duri come il marmo, pieni forse di desiderio represso; non voglio che eiaculi troppo presto e rallento la fellatio; lui mi sposta le mani, si inginocchia davanti a me, nello spazio tra due file di poltrone, e si dedica ad un cunnilinguo che mi appare divino; ogni lappata è un brivido, ogni succhiata del clitoride è una sferzata di energia; si impegna a titillarmi, leccarmi, succhiarmi fino a che un nuovo orgasmo gli esplode addosso e gli inonda tutto il viso; mi invita a seguirlo mentre va a lavarsi; prendo la borsa, lasciando il cappotto, e lo seguo nello spazio di disimpegno dove ci sono i bagni.

Non c’è nessuno in giro, e Antonio non ha un momento di esitazione; mi spinge nel bagno dei disabili, chiude a chiave, mi sbatte contro la porta e, finalmente!, mi bacia con un’intensità che quasi non mi aspettavo; sono abbastanza frastornata dalla situazione che si è creata; ero entrata piena di dubbi ed ora quello che domina sono la sensualità, il desiderio, la lussuria; non aspetto altro che di essere penetrata; mi prende da dietro e si attacca alle mie tette, stringendole in una morsa di passione che mi fa sbrodolare, mi accarezza il ventre e si infila sotto la minigonna dentro lo slip per riprendere a masturbarmi, mentre la sua verga si gonfia tra le natiche, come aveva fatto la prima volta in panetteria; sento che solleva da dietro la falda dell’abito, che apre la cerniera e che mi spinge a piegarmi sul lavandino; so che sta per penetrarmi da dietro e non so se essere felice perché mi consente di immaginare che sia Mario a prendermi o essere delusa perché la prima volta avrei desiderato guardarlo mentre mi violava.

Non c’è tempo per recriminare, ormai la punta della verga è già all’imbocco della vagina e, con un solo colpo, la sento contro la cervice dell’utero; devo nascondere un urlo mordendomi una mano quasi con violenza, tanto è il piacere che la penetrazione mi scatena; da troppo tempo quell’emozione mi era negata e davvero devo dare ragione al mio amore; è tutta un’altra cosa, un’asta viva e palpitante che attraversa il canale vaginale e riempie il ventre fino all’utero; Antonio mi chiede se sono protetta o deve ritirarsi; gli dico di andare fino in fondo senza problemi e mi preparo non solo a sentirlo godere dentro di me ma anche a godere con lui ed esplodere sul suo membro tutta la passione del mio orgasmo; ancora una volta mi mordo la mano perché il mio urlo non arrivi in piazza e, quando sento lo sperma spruzzato sulle pareti della vagina, esplodo in liquida dissoluzione, sdilinquendomi fino a sentirmi quasi morire, cogliendo il senso di ‘petit mort’ che i francesi attribuiscono a certi orgasmi.

Restiamo fermi così per molti minuti, finché il sesso di lui non riprende dimensioni ‘da riposo’ e, naturalmente, scivola via dal mio corpo; Antonio usa dei fazzolettini per asciugare alla meno peggio gli umori di cui è inondato; io realizzo con la carta igienica un tampone per il maltrattato slip, abbasso la gonna e mi sposto in un bagno per signore dove provvedo; a fare pipì; a lavarmi il basso ventre con salviette umidificate che ho in borsa; a cambiare gli slip con quelli che ho portato di riserva; a rassettare alla meglio il vestito che abbiamo strapazzato ed infine a rifarmi il trucco decisamente maltrattato; alla fine, esco dal bagno quasi perfettamente in ordine; rientrata in sala, torno al mio posto, accanto al cappotto, e cerco di capire che film avremmo visto se fossimo stati meno distratti; non mi riesce di cogliere nemmeno i tratti generali della trama; e non mi è di nessun aiuto Antonio, tornato anche lui dal bagno quasi in ordine, che, come me, non ha nessuna idea di cosa fosse; ci scambiamo ancora un bacio appassionato e decidiamo che, come primo incontro, può bastare.

Lo saluto al bar in centro e vado lesta a casa, ansiosa di parlare con il mio amore e di raccontargli lo straordinario e strano pomeriggio che ho trascorso; appena chiudo la porta alle mie spalle, lo sento precipitarsi dal suo studio e lo accolgo a braccia aperte, con tutto l’amore del mondo; non posso smettere di ringraziarlo per l’esperienza che mi ha convinto a fare, perché effettivamente stavo perdendo il senso del piacere fisico del sesso; mi invita a calmarmi, mi accompagna in bagno e mi aiuta a spogliarmi per fare una doccia; si spoglia con me ed entriamo insieme nel box; mentre ci baciamo continuamente su tutto il corpo, mi chiede di narrare e cerco di riportargli esattamente gesti ed azioni, ma soprattutto le impressioni e le emozioni, specialmente quelle che riguardano la sua presenza in me e nella mia sessualità; gli dico che mi ha fatto piacere essere presa da dietro perché, mentre lui mi penetrava, io operavo un facile transfert e recuperavo in mente le volte in cui era Mario ad entrare dentro di me da quella posizione; si vede che è mentalmente molto eccitato, mi bacia con voluttà e mi inserisce due dita in vagina procurandomi un violento orgasmo, assai più ricco ed intenso di quelli provati con Antonio, perché lì, nel box doccia, domina l’amore tra di noi e gli orgasmi sono più belli, anche con mezzi meno possenti.

Alla fine mi chiede cosa penso che possa nascere da questa esperienza; gli dico chiaramente che non esiste neanche in un paese agli antipodi l’idea che possa innamorarmi di quell’uomo al punto da rinunciare al mio amore assoluto; che se per lui sta bene, posso anche farmi ancora qualche giro in giostra, visto anche che il ‘vecchietto’ ha alle spalle una vasta esperienza che non mi spiacerebbe assaggiare; se a lui non va giù, io mollo immediatamente e questo vale per qualunque momento della storia che si scrivesse dopo questa uscita; mi ripete che le cose, più sono complete, più sono perfette; l’amore solo spirituale è letteratura e spesso noia; il sesso per se stesso è solo bestialità; il sesso usato al servizio dell’amore può essere la formula per stare bene in due, o forse in tre; quindi, se il mio desiderio è quello di amare Mario e vivere l’amore anche quando faccio sesso con Antonio, come in fondo è avvenuto questo pomeriggio, per lui va benissimo perfezionare il rapporto e farlo diventare centrale a noi due; lo bacio con amore e lo invito a farmi fare sesso a suo modo e coi suoi mezzi, ma soprattutto con il nostro amore.

Lascio passare alcune settimane senza chiamare Antonio; mi capita anche di incontrarlo, in panetteria o dal fruttivendolo, ma mi limito a saluti amichevoli che non facciano trapelare niente di quel che è successo tra noi e di quel che forse ambedue vorremmo che ancora succedesse; finché è lo stesso Mario a suggerirmi di non far raffreddare l’entusiasmo, se intendo continuare a godermi il piacere del sesso in sicurezza ed armonia; quindi lo chiamo quasi solo per fare un saluto, ma, visto che non è uno sciocco, mi chiede se una sera voglio andare con lui a cena in un bel posto, per esempio sul mare; dico di si, a patto che ci si impegni a rientrare entro la mezzanotte per non passare una notte fuori casa; ci accordiamo per il sabato successivo e stabiliamo che passo a prenderlo con la mia macchina,

Indosso un vestito simile a quello del cinema, decisamente corto per mettere in luce le mie bellissime gambe, facile da aprirsi per accedere al ventre o al seno, piuttosto elegante e non molto leggero perché l’aria è ancora fredda; sopra, indosso un cappotto che tolgo entrando in macchina; Antonio è vestito un po’ più disinvoltamente; un elegante spezzato su una camicia aperta senza cravatta rappresenta quasi una novità, come il soprabito sportivo che sostituisce il cappotto solito; lo poggia sul sedile posteriore, insieme al mio cappotto, e si accomoda sul sedile del passeggero; naturalmente, non manca di osservare con lussuria e desiderio le mie cosce scoperte e di fare una smorfia di grande apprezzamento; gli chiedo dove pensa di andare e mi avverte che ha prenotato in un ristorante sul mare, per cui c’è da fare un po’ di strada; metto il navigatore e imbocco l’autostrada; mentre viaggio a velocità sostenuta, sento la sua mano che dal ginocchio scivola verso il ventre; lo avverto che è rischioso, sposto la sua mano e poggio la mia sul suo inguine.

“Questo non è pericoloso?”

“No; così io mantengo la lucidità perché non ho sbalzi da eccitazione o, peggio, da orgasmo; se devo fare una brusca manovra, riprendo immediatamente l’uso delle mani per la guida; se mi accarezzi tu e mi prende un brivido di piacere, rischio di perdere il controllo.”

“Hai mai praticato una fellatio al tuo compagno mentre lui guidava?”

“No, mai!”

“Peccato! E’ un’emozione irripetibile, per lui e per te; ed è una cosa non difficile da realizzare; basta solo che lui mantenga il controllo dei nervi anche quando si esalta nella passione o arriva ad eiaculare; invece è difficile praticare a una donna il cunnilinguo mentre guida, si può solo masturbarla.”

“No, grazie; preferisco mantenere il controllo della guida! D’altronde, non mi pare che tu sia un esempio di controllo quando eiaculi!”

Ridiamo, io riprendo ad accarezzargli il membro da sopra i pantaloni e lo sento gonfiarsi; avrei voglia di sentirlo vivo nella mano e credo che anche a lui piacerebbe sentirsi toccato; con mille acrobazie, preleva il soprabito dal sedile posteriore e se lo appoggia ripiegato sulle cosce, sento la zip che scorre e, dopo un poco, l’asta vibra tra le mie mani, calda, lussuriosa; comincio a masturbarlo delicatamente e lentamente, vedo che si torce molto ed è sfigurato da mille smorfie, geme come soffrisse e mi prega di smettere perché rischia di eiaculare immediatamente; lo guardo sorridendo ironica per le affermazioni sul controllo in caso di eccitazione sessuale, freno il movimento su e giù della mano e mi limito a ‘sentire’ il membro vibrare e fremere di piacere; mille desideri si accavallano; sentire lo sperma sprizzare dall’asta e bagnarmi il seno; piegare il busto e accostare le labbra al sesso per risucchiarlo dentro la bocca fino a farlo sprizzare contro il palato; montare su di lui e farmi riempire di colpo da quel membro così possente; per fortuna, stiamo per arrivare e devo rinunciare ad ogni velleità.

Parcheggio nei pressi della porta principale e Antonio va a chiedere della prenotazione; lo avvertono che è tutto in ordine, ma che la cena è prevista per le nove, tra più di un’ora; quando torna all’auto, mi suggerisce di spostarmi in un parcheggio più avanti, che d’estate è funzionale al lido ma d’inverno è vuoto; vado a piazzarmi nell’angolo più lontano dalla strada e più riparato da alcuni alberi che lo circondano; ormai è chiaro che vogliamo tutti e due fare sesso; non appena ho spento il motore, sento la sua mano che si infila sotto la gonna, sposta lo slip di lato e mi penetra con un dito direttamente in vulva; apro la zip e tiro fuori di nuovo il suo membro, stavolta ammirando lo splendore di quel pene lungo, largo e leggermente curvo, dal quale mi attendo piacere infinito; ci masturbiamo a vicenda per qualche minuto, poi ci decidiamo a baciarci; la sua lingua saetta nella mia bocca e mi percorre ogni anfratto, sento che la salivazione cresce col piacere e che lo scambio di liquidi non fa che esaltare la nostra eccitazione; al limite della lussuria, mi piego sul suo ventre e appoggio le labbra sull’asta; la saliva accumulata nel bacio facilita lo scivolamento del membro che percorre il palato ed arriva al velopendulo provocandomi un leggero rigurgito; lecco la mazza per tutta la lunghezza e, giunta alla cima, la faccio sprofondare in gola, succhio con forza un paio di volte e lo sperma mi esplode in gola all’improvviso, imprevisto e inatteso.

“Diamine! E’ la seconda volta che succede! Mi sei debitore di almeno due grossi orgasmi. Ma non riesci proprio a fermarti?”

“Scusami; non lo so; non capisco; non mi era mai successo. Forse mi piaci troppo e non mi trattengo.”

Ribalta lo schienale del mio sedile e mi obbliga a sdraiarmi; con incredibili acrobazie, mi scopre il basso ventre, sposta lo slip e aggredisce con la bocca il mio sesso, avviando un cunnilinguo molto laborioso e difficile per la posizione, ma di efficacia sicura, perché sento vampate di calore partirmi dall’inguine e colpire il cervello, agitandomi in decine di brividi, scosse e contorcimenti; intanto, con una mano è riuscito a raggiungere un mio capezzolo e lo manipola con sapienza aggiungendo brividi di piacere che si sommano a quelli provenienti dalla vagina; nel giro di pochi minuti, sento il ventre che quasi mi si squarcia per il piacere e lascia erompere da dentro la lava di un vulcano che mi spezza il fiato e mi scatena un urlo ferino che per fortuna la solitudine del posto non lascia sentire a nessuno; forse in questo momento accetterei anche che mi penetrasse violentemente in vagina; ma l’orgasmo troppo rapido che ha avuto mi suggerisce di non azzardare un’altra delusione; lascio che sia lui a decidere; intanto, mi tiene una mano a cucchiaio sul basso ventre e, in quel modo, sento che si scarica dolcemente tutta la tensione del mio recente orgasmo.

Subito dopo, uno sguardo all’orologio indica che è il caso di andare al ristorante; io ne farei a meno, a questo punto!; ci riassestiamo gli abiti, io cerco di ravvivare un poco il trucco e ci avviamo; la prima cosa che faccio, è andare in bagno per fare pipì, per cambiarmi lo slip ormai zuppo, per fortuna, ne avevo portato di scorta, e per assestare bene gli abiti; poi torno in sala dove comincia il cerimoniale della cena che, per la verità, è decisamente buona, a base di pesce e innaffiata da un vinello rispetto al quale sono costretta a tenermi molto cauta, dovendo guidare; per tutta la cena cerco di evitare in ogni modo atteggiamenti troppo passionali tipici degli innamoramenti o dei grandi amori; mi ripeto che Antonio è per me solo un organo sessuale che deve sostituire quello impotente del mio unico amore Mario e sono costretta più volte a farlo presente a lui che spesso si compenetra troppo nella parte e scivola verso un languore assolutamente fuori posto.

Alla fine, decido di attaccarlo direttamente per porre fine a molti equivoci.

“Antonio, per caso, hai o hai avuto problemi di eiaculazione precoce? Noi abbiamo avuto due occasioni e mezza di fare sesso e tutte le volte hai avuto orgasmi imprevedibili, improvvisi e precoci. Hai per caso il problema dell’eiaculatio precox?”

“Forse si, ma avevamo sempre ovviato con masturbazioni preventive e con meccanismi di interruzione.”

“Per la miseria, tu sei un folle! Ti avevo detto con chiarezza che non avevo bisogno di amore perché quello me lo assicura il mio compagno; ti avevo anche avvisato che i meccanismi di stimolazione sono quotidianamente alla nostra portata; Mario è un artista con la bocca, con le mani e con qualche giocattolo. Io ti avevo chiesto e volevo un membro duro, forte, maschio, capace di reggere anche un tempo assai lungo in un amplesso; per quello soltanto sono disposta a fare sesso con un uomo che non sia il mio grande amore; tu mi vieni a raccontare solo all’ultimo momento, e dopo che abbiamo fatto ampiamente sesso, che soffri di eiaculazione precoce e che non puoi garantirmi che pochi secondi di tenuta? Ma vai al diavolo. Torniamo immediatamente indietro e cerca di sparire dalla mia vita tu e la tua inutile velocità!”

“Aspetta, non precipitare le cose, devo spiegarti, prima. Io non sono il maschio che tu pensi; da sempre sono stato dominato da Nicoletta; tutti i miei movimenti, tutte le mie emozioni erano decisi e controllati dalla mia ‘padrona’ che non lo faceva solo con me ma con tutti quelli che incontrava per fare sesso; aveva un carisma eccezionale ed era capace in una serata di mettere ai suoi piedi schiere di maschi. Da sempre sono condizionato a questo tipo di reazione; se tu mi ordinassi di eccitarmi al massimo, lo farei per riflesso condizionato, e se mi chiedessi di resistere all’infinito, lo farei; speravo, dopo la sua morte, di essermi liberato; ed invece ancora mi controlla da dentro. Addirittura, talvolta ti sento come lei e mi aspetto da te quello che lei mi imponeva. Riesco a spiegarmi? Mi dispiace che sia così, ma mi sono convinto che non sono ancora libero e, forse, non voglio esserlo.”

“Cioè, ti aspetti di passare dalla sua alla mia dominazione? Io non ho il suo carisma … “

“Ti sbagli; quando vuoi importi, sei perfetta e potresti essere tu a dettare tempi e modi dei rapporti. Non ti va di provarci?”

“Hai già pagato? … Allora usciamo, guidi tu e mi porti dove eravamo prima di cena … “

Esegue senza battere ciglio ed ho la prima conferma che è un dominato bisognoso di una ‘padrona’; gli consegno le chiavi della macchina e, mentre lui la sposta, mi sfilo lo slip, alzo la falda del vestito fin oltre la vita ed apro la scollatura tirando fuori una tetta; quando si ferma nello steso angolo di prima, abbatto lo schienale del sedile e gli ordino di venirmi addosso, di penetrarmi a fondo e di cavalcarmi fino a che lo implorerò di smettere; scopro un amante esattamente opposto a quello con cui ho fatto sesso prima di cena; abbassa insieme pantaloni e mutande, mi sale addosso, scava tra le grandi labbra con la punta della verga e, trovato l’accesso, mi penetra con violenza fino alla testa dell’utero, strappandomi un urlo di piacere; la sua asta si va gonfiando a mano a mano che entra in vagina e, mentre mi cavalca con passione, mi sento sempre più inondata da questo manganello di carne che mi manda ai pazzi con le reazioni successive di libidine e di orgasmo; mi prende le natiche fra le mani e accosta due dita all’ano.

“Ho voglia di metterlo nel tuo sedere; ti fai stuprare?”

“Nemmeno per sogno; per ora, togli le mani dal mio sedere, per te è ancora tabù; un giorno forse, se il tuo membro mi darà tanto piacere, ti consentirò di farlo entrare in tutti i miei fori, in tutto il mio corpo; per ora accontentati di farmi godere moltissimo in vagina e non smettere finché non mi sentirai svenire dal piacere.”

“Si, mia padrona; ti darò tutto l’amore che vuoi; non dovrai chiedere ad altri per raggiungere la felicità; voglio bastarti solo io, voglio darti tanto piacere che non avrai bisogno di nessun altro, dopo.”

Il quadro si fa più chiaro; la ‘dolce’ Nicoletta era in realtà un’autentica mangiatrice di uomini e, se lui non rispondeva adeguatamente, si cercava altri che la soddisfacessero; decido di sfruttare a mio vantaggio la cosa e comincio ad impartirgli ordini su cosa fare e come farlo, procurandomi piaceri incredibili, inauditi e nuovissimi per me, in qualche caso; quando, in un momento di sosta, mi consento di respirare senza orgasmi incalzanti, una rapida occhiata all’orologio mi avverte che è già quasi mezzanotte e devo tornare a casa; gli impongo di godere e di eiacularmi dentro; con pochi colpi, raggiunge un orgasmo enorme e ne scatena uno ancora più intenso a me che finisco quasi per perdere i sensi; quando mi riprendo, gli dico che dobbiamo tornare e che guiderà lui.

Mentre percorriamo l’autostrada a velocità controllata, gli apro il pantalone e gli impongo di stare attento alla guida mentre io gioco con il suo sesso; me lo ritrovo di nuovo in mano, ritto come un obelisco, pronto a darmi piacere; infilo la testa tra lui e il volante e comincio a succhiare come un’idrovora; è pazzesco, quello che sto facendo; e ne avverto tutta la pericolosità; ma, paradossalmente, è proprio questo senso di precarietà a suggerirmi di incalzarlo con la fellatio in corsa; quando mi infilo due dita nella vulva, riesco a titillare solo leggermente il clitoride ed esplodo in un violento orgasmo accompagnato da un urlo che il suo membro piantato in gola riesce a malapena a soffocare; lui sta gemendo e soffrendo, forse vuole eiaculare; gli chiedo se se la sente di venire senza rischi, mi dice che ce la fa; gli chiedo di concludere in bocca ed esplode come un fiume in piena, soffocandomi quasi con la colata di sperma che mi entra direttamente in gola; la posizione rigida sui comandi mi dice che sta imponendosi il controllo dell’auto e che ci riesce benissimo; finisco di leccare la verga tutta quanta, ne raccolgo anche i minimi residui di sperma, poi abbandono l’asta e mi rilasso sullo schienale; è stato un amplesso meraviglioso e intendo ripetere l’esperienza; lo penso intensamente mentre dedico a Mario questo mio momento di estasi.

Tornata a casa, gli racconto per filo e per segno i particolari della serata e sento Mario che si eccita progressivamente di più ad ascoltare i particolari; mi dice che è abbastanza normale che si stabilisca in una coppia un rapporto di dominazione; con sottile cattiveria mi fa notare che anche tra noi qualcosa di simile succede, considerando la soggezione che io manifesto nei suoi confronti; lo picchio affettuosamente con una serie di pugni sul petto; so che è vero, ne sono contenta e mi convinco che posso usare a mio vantaggio quella debolezza di Antonio; mi basta solo entrare nei panni della ‘sua’ Nicoletta e usarne gli strumenti; Mario è d’accodo e anzi, suggerisce che, quando lo faremo a tre, forse sarà lui a dettare modi e tempi, vista la sua capacità di controllo su di me e, indirettamente, anche sul mio provvisorio amante; decidiamo di invitarlo a pranzo per avviare un rapporto un poco più coinvolgente e totale che ci possa consentire una nuova stagione di amore e di sesso.

Lasciamo passare un paio di settimane, nel corso delle quali incontro solo una volta Antonio ma lo guardo come fosse trasparente, con suo enorme rammarico, che non nasconde; poi, come ormai è mia abitudine, lo chiamo per salutarlo e gli chiedo se la domenica successiva è disposto a venire a pranzo da noi; è decisamente sorpreso e, in qualche modo, incerto, ma di fronte alla possibilità di tornare in sintonia con me, non esita ad accettare; mi chiede solo se ci sarebbe stato anche Mario; per la verità, lo indica come ‘il mio grande amore’, facendomi un po’ sorridere; gli dico di si e gli assicuro, per l’ennesima volta, che lui sa tutto di me, di noi, di quello che abbiamo fatto e anche di quello che forse intendiamo fare; ricordandomi della sua debolezza, cambio tono e gli impongo di fare poche storie; deve venire, senza se e senza ma; accetta immediatamente.

Passo la mattinata a spignattare, anche perché, quando il lavoro me lo consente, mi piace stare in cucina a sperimentare ricette, a preparare pranzi deliziosi solo per noi due; raramente riceviamo visite o invitiamo a pranzo amici; sicché, mi risulta anche gradevole cercare di propormi al meglio anche come donna di casa; Antonio arriva nel suo solito completo grigio impeccabile; gli apro la porta, lo accolgo con un bacio sulle labbra, spiazzandolo un poco, prendo i fiori e la bottiglia che ha portato, recupero il cappotto e l’appendo all’attaccapanni, mentre avverto Mario che l’ospite è arrivato; il mio amore arriva con il sorriso più largo che si può immaginare, lo saluta cordialmente e cameratescamente lo guida verso la tavola già imbandita dove tre bicchieri sono già pronti per il vino di benvenuto; beviamo insieme, brindando alla nostra gioia di vivere; prendiamo poi posto alla tavola e servo il pranzo; si chiacchiera amenamente, soprattutto tra una portata e l’altra, e Mario è bravissimo a condurre il dialogo sui temi cari all’ospite, dal suo lavoro alla vita quotidiana; ogni tanto avverto sguardi strani del mio compagno e non riesco a capacitarmene; Antonio chiede del bagno e Mario quasi mi aggredisce.

“Ma, porca miseria … perché l’hai invitato? .. per fare sesso, no? … e allora quando ti decidi a farglielo capire, ad allungare una mano, ad obbligarlo a toccarti intimamente? Credi che qualcuno lo farà per te?”

Lo maledico, ma solo perché ha ragione; mi avvicino alla porta del bagno e chiedo, da fuori, ad Antonio se ha bisogno di qualcosa; mi risponde impacciato che non sa; chiedo se posso entrare e lo faccio prima che mi risponda; lo trovo in piedi davanti al water col membro eretto al massimo, che se lo mena in una strana, cauta, masturbazione.

“Che diavolo combini? Perché ti stai masturbando? … Potevi chiedere a me, se avevi voglia di un piccolo aperitivo; tutti e tre sappiamo perfettamente che ti ho invitato per fare sesso con te; è assurdo che ti nascondi in bagno per masturbarti. Anzi, sai che facciamo? Ci spogliamo, ci mettiamo in accappatoio e andiamo a tavola; così, se ti prende la voglia di una cavalcata, ce la consentiamo anche durante il pranzo; ma ti prego di non nasconderti dietro la timidezza, non ce n’è bisogno; Mario è completamene d’accordo con me e te ne accorgerai.”

Si lascia convincere, ci spogliamo, indossiamo gli accappatoi e torniamo a tavola; Mario sorride sornione e ci suggerisce di spostare le nostre sedie sul lato lungo della tavola per essere vicini e carezzarci quando vogliamo; da quel momento, è chiaro che è lui a prendere le redini della situazione e a dirigere anche i nostri approcci; mi rendo conto che è quello che ha sempre fatto con me e, se da un lato mi fa rabbia vederlo dominatore, dall’altro mi sento felice di avere una guida così accorta; mi accosto ad Antonio e lo bacio appassionatamente, mentre la mano scivola nell’accappatoio e afferra il suo membro ritto come un fuso; lo masturbo delicatamente per qualche minuto, poi lo faccio alzare e lo accompagno sul divano.

“Ti fermi qui o preferisci il letto in camera? … Posso restare o preferite che vi lasci soli?”

“Io preferisco stare qui e con te; tu, Antonio?”

“Quello che vuoi tu per me va benissimo; non ti turba guardare mentre faccio l’amore con la tua compagna?”

“E perché? Se potessi, lo farei io; visto che non posso, sono felice che lo faccia una persona delicata e ben fornita come te; piuttosto, ti disturberebbe, se amassi la mia compagna mentre tu la possiedi?”

“No, assolutamente, lo so che tra noi c’è solo libidine e passione, tra voi un grande amore; e stai certo che guardare il vostro amore sarà il più potente eccitante, per me.”

“Avete finito di fare cenacolo letterario? Antonio, ti voglio dentro, adesso, duro e grosso quanto puoi essere ed anche oltre; Mario, se vuoi dirmi e dimostrarmi il tuo amore, sono qui per te.”

Mi sono sdraiata sul divano a gambe divaricate e Antonio mi piomba addosso, gioca con le mani sul mio sesso, mi stimola un poco, accompagna la punta della verga all’ingresso e mi penetra con violenza fino all’utero; urlo a squarciagola, abitiamo una villetta isolata, e comincio a grondare dalla vulva; Mario mi viene alle spalle, si abbassa e mi bacia con intensità annegando la bocca nelle sue labbra e penetrandomi in bocca con la lingua come fosse un membro maschile che prendo a succhiare come in una strana fellatio; Antonio picchia con forza sul mio ventre, incoraggiato dalle mie sollecitazioni.

“Si, dentro, spingilo tutto dentro … fino in fondo … Mario, mi sento aprire tutta , che verga meravigliosa ha quest’uomo, sembra che mi apra tutta e mi fa godere tantissimo; perdonami, ma non sono mai stata posseduta tanto completamente, nemmeno da te, quando mi penetravi fino al cervello; tu mi riempivi cuore, sesso e cervello; lui mi prende tutto il sesso e mi sbalestra; mi sento impazzire dal piacere; Antonio, non venire subito, cavalcami tanto, fammi sentire la potenza della verga fin nello stomaco, fammi godere tanto, voglio avere tanti enormi orgasmi … ecco … sto venendo … Mario, ti amo, ti amo infinitamente, ma ti amo anche di più mentre Antonio mi fa godere, questi orgasmi sono tutti per voi … non credo di poter più fare a meno di voi, del tuo enorme amore e della tua meravigliosa verga. Adesso puoi anche eiaculare, se ti va, Antonio, io non credo di averne più, ho goduto tanto e voglio riposarmi.”

“Amore, ma il sederino ad Antonio lo hai fatto assaggiare?”

“No, non sono ancora sicura che la sua verga meriti il mio didietro; non mi ha fatto ancora godere quanto vorrei.”

“Non è possibile; se ti ha fatto godere tanto adesso, già meriterebbe il premio del tuo buchino; forse dovrete usare cautela, perché è da tanto che non pratichi quel percorso, ma è giusto che tu lo premi col fondoschiena d’oro che hai.”

“Lo avrà, ne sono certa, perché ha una mazza che adoro e che voglio sentire in tutte le pieghe del corpo; ma lo faremo quando sarà giusto.”

“Io credo che oggi sia il momento giusto. Tu adesso ti rilassi; se vuoi, ti aiutiamo a scaricarti, con le bocche, con le mani, con qualche gioco; ma poi ti prepariamo per benino e Antonio ti sfonda il sederino con la sua mazza meravigliosa; e, se lo vorrai, mentre lui ti sfonda, io starò a succhiarti il clitoride così avrai un doppio orgasmo un doppio godimento e uno stupro assolutamente indimenticabile.”

“Sei un maledetto stregone; mi hai già instillato la voglia di prenderlo dietro e vedo che Antonio si è già eccitato in maniera pericolosa. Lasciatemi riposare un poco, poi prendetevi il mio buchino come volete. Ti disturba se dico che in questo momento vi amo indifferentemente?”

“Assolutamente no, specialmente se si tratta di questo momento; io sono arcifelice che tu goda tanto e il merito è soprattutto della mazza di Antonio; per questo, è giusto che lui abbia tutto il piacere che merita; sono certo che il tuo sedere è stato al centro di molti suoi sogni ed è giusto che lo possegga, almeno una volta.”

“Gia! Peccato che dopo la prima venga la seconda e poi ancora e ancora … e il mio sederino sia sempre la vittima dello stupro.”

“ … e ci goda tanto!”

Ormai di finire il pranzo non interessa a nessuno; mi sposto in camera per riposare un poco sul letto in attesa dello stupro desiderato e atteso; i due fraternizzano davanti ad un cognac e si preparano a godere un rapporto triplo con partecipazione emotiva intensa e con ruoli ben definiti nei fatti; Mario non smette di apprezzare l’asta di Antonio che trova molto ben fatta ed esattamente opportuna per le mie esigenze; Antonio ammira la disinvoltura, la serenità e la logica stringata con cui Mario affronta un momento assai delicato della sua vita e del rapporto con me; entrambi sono felici di come le cose si stanno evolvendo ed aspettano con ansia la logica conclusione; Mario mi raggiunge per primo, mi colma di carezze, di baci, di coccole; mi chiede per l’ennesima volta se sono veramente contenta di offrire quest’altra forma di ‘verginità’ al mio amante; io gli controbatto se LUI è veramente deciso a farmi offrire il sederino a questo amante provvisorio senza provarne invidia o rammarico.

“Tutto quello che serve a farti godere è al servizio dell’amore che ti porto; per quello, basto e spero di bastare sempre solo io; la lussuria, la libidine, il piacere, le sensazioni di un’asta di carne che ti entra nel corpo, io quelle non posso dartele e non cercare di convincermi che un dildo vale una verga viva e palpitante; quindi, se c’è una persona che riesce a fornirtele senza degradarci, umiliarci o scendere a volgarità, beh questo individuo è il benvenuto. Hai avuto la fortuna di incontrare un maschio molto ben dotato e capace di stimolarti grandi emozioni, debole abbastanza da farsi guidare e dominare, che già ti ha fatto godere, anzi ci ha fatto godere, ampiamente e serenamente, perché vuoi privarti del piacere di esaltare questo incontro ai massimi livelli? Godi e lasciaci godere, ognuno per la sua parte. Ti amo follemente, infinitamente.”

“Anch’io, maledettissimo amore mio che ha sempre ragione e mi inchioda sempre.”

Arriva anche Antonio e in due si dedicano a me e al mio fondoschiena; mi sdraio bocconi sul letto e Mario prende a baciarmi tutta la parte del viso a cui può accedere, poi scivola sulla nuca, sul collo e sulle spalle, fino a leccarmi il coccige; Antonio intanto mi manipola le natiche col sensuale gusto di palparle, pizzicarle, accarezzarle, percorrerle con la lingua; si insinua nell’incavo fra le due e le sue dita scivolano in giù fino ad incontrare il buchetto che spingono delicatamente e forzano ad aprirsi; d’un tratto sento che qualcosa di morbido mi sollecita l’ano e capisco che è sceso a leccarmi il buco e si insinua con la punta della lingua nel forellino che comincia a dilatarsi con più godimento; un’altra mano, che riconosco essere di Mario, si sostituisce alla lingua di Antonio e stavolta un dito penetra fino alla nocca stimolandomi brividi; uno dei due mi forza a sollevarmi sulle ginocchia fino a mettermi carponi sul letto; sento Mario che scivola sotto di me leccandomi il ventre, soffermandosi sull’ombelico e arrivando con la lingua alle grandi labbra ormai gonfie di piacere, di lussuria, di voglia; scavando con la punta, la lingua arriva a stimolare il clitoride e le sferzate di piacere sono immediate e dure.

Antonio si è dedicato tutto all’ano e lo sta titillando con amore in tutte le pieghette; avverto un liquido che scivola dal buco nel canale rettale e capisco che Mario ha procurato il gel lubrificante che consentirà lo stupro col minimo dolore; lo ringrazio mentalmente mentre gemo per il piacere che la sua lingua mi dà nella vagina; i due si stanno forse coordinando perche avverto una simmetria di movimento sull’ano e sulla vulva che scarica il piacere da una parte all’altra; Mario mi avverte che stanno per stuprarmi ed io mi concentro mentalmente sul mio sederino non vergine ma non molto maltrattato; sento la cappella che si accosta e avverto che Mario succhia con più intensità; il piacere assorbe il fastidio della mazza che percorre il canale rettale e forza dolorosamente lo sfintere; la verga di Antonio è particolarmente forte e gonfia, i suoi testicoli, che prendo in una mano, sembrano ancora più grossi e gonfi; Mario accompagna con le dita la manipolazione della vagina ed io urlo quando la punta dell’asta supera lo sfintere forse lacerandolo.

“Fermati un momento, mi fai male!”

Urlo ad Antonio, ma sembra non curarsene e forse obbedisce ad un segnale di Mario che gli sta suggerendo di andare avanti perché la sosta renderebbe la penetrazione ancora più dolorosa; l’asta scivola dentro mentre io lacrimo senza volerlo.

“Siete due maledetti! Mi state squarciando l’intestino; se mi avete lacerato qualcosa, giuro che vi eviro con le mie mani a tutti e due!”

“E’ tutto a posto, il dolore è passato; ora non avrai che piacere.”

Mario sembra volermi rabbonire, ma so che ha ragione perché il flashback mi ha riportato a quella volta che, per primo, fu lui a violare il mio sederino e mi fece un male del diavolo che, dopo qualche minuto, divenne piacere infinito; mi rilasso e cerco di assorbire il colpo, mentre ancora Mario cerca di dirottare sulla vulva l’interesse, per coprire col piacere il fastidio recente; poi comincia il calore a promanare dal mio ventre e a trasmettersi a tutto il corpo; gemo come un bambino malato di non so che.

“Come ti senti, amore?”

Mi sussurra Mario dalla sua posizione sotto di me.

“Come la giovenca sull’altare di Priapo prima del sacrificio rituale!”

Gli rispondo, un po’ scherzosa, un po’ polemica.

“Ti ho fatto molto male?”

Chiede premuroso Antonio.

“Non moltissimo; ma adesso cavalcami e fammi godere, così il dolore si cancella!”

Comincia una cavalcata degna di Wagner ed io mi sento trasportata tra fuochi d’artificio, luci stroboscopiche, cori angelici e piacere allo stato puro; il mio non è più un sedere, il suo buco non è più un semplice ano; tutto è fonte di piacere infinito, di godimento, di gioia in cui mi perdo quasi annullandomi; non ho mai provato sensazioni simili facendo sesso, neppure nei più intensi momenti d’amore, quando la valenza ideale arricchiva il gesto fisico; Mario non ce la fa più, abbandona la posizione e scivola via da sotto il mio corpo che ora vibra e freme in tutte le parti; non riesco a rendermi conto che il povero Antonio sta cavalcandomi non so da quanto tempo, con la verga stretta nel mio canale rettale che lo ha catturato e se ne è impossessato; scoppia dalla voglia di eiaculare e quasi non ha il coraggio di interrompere il momento magico, finché Mario non gli urla che è il momento di lasciarsi andare e di godere nel mio intestino; di colpo prendo coscienza che non lo farà finché non glielo chiedo; gli impongo di eiaculare e di farmi godere coi suoi spruzzi nell’intestino; lo fa immediatamente, liberando un fiume di sperma che gli premeva sulla prostata e nei testicoli; per un paio di minuti non fa che svuotarsi dentro di me e per quel tempo infinito io continuo a sommare orgasmo ad orgasmo, fino a cadere sfinita sul letto con l’asta ancora duramente piantata nel ventre; occorrono ancora molti minuti prima che, delicatamente e impegnandosi insieme i miei due amanti, la mazza scivoli via dal mio ano lasciandomi quasi un senso di vuoto; crollo rilassata, quasi in deliquio.

Quando mi riprendo, Mario è di nuovo in forma, forse perché è l’unico a non avere avuto eiaculazioni; Antonio si sta riprendendo e si riveste coi suoi abiti; io ho solo la forza di rimettermi l’accappatoio e le babbucce prima di tornare a sedermi a tavola; per fortuna, mi aspettano il caffè che è già preparato e il cognac che non ho ancora bevuto; Mario appare felice come una pasqua per l’esito dell’incontro; io mi sento rotta in tutte le ossa, ma, dopo tanti anni, è una sensazione di estremo piacere, quasi di una vita ritrovata; Antonio sembra un po’ frastornato dagli eventi, ma si legge negli occhi la gioia di quel che ha ottenuto, primo fra tutti, il mio fondoschiena, credo, e non mi pare pronto a scappare via, anzi … le conclusioni spettano a Mario che non perde l’occasione.

“Mi pare che sia stata una meravigliosa esperienza e credo proprio che meriti di essere ripetuta; a me non dispiace l’idea di avere una compagna innamoratissima di me che soddisfa il suo bisogno di sesso con un uomo che trovo interessante e degno. Se siamo d’accordo, potremmo trovare un’intesa per un rapporto trino ricco di fascino e di prospettive; se non siete d’accordo, grazie per la bella esperienza e arrivederci.”

Non ho la forza per controbattere, dopo una maratona di sesso così intensa.

“Amore, io per ora mi tengo la verga meravigliosa di Antonio che mi ha fatto toccare vette divine del piacere; se mi trovi un sostituto al’altezza, prendo anche in esame l’ipotesi di cambiarlo. Fino a quel momento, se vuoi, caro Antonio, non aspettare solo che ti chiami io; mi fa piacere che tu sia pronto ai miei desideri, ma non mi dispiacerebbe che qualche volta ti proponessi tu con le enormi potenzialità del tuo sesso, insomma mi piace sapere che mi desideri.”

Antonio non è poi così disorientato come a me sembra.

“In più di dieci anni di attività sessuale trasgressiva con mia moglie, non mi era mai capitato di incontrare due persone come voi, capaci di rendere poesia anche una semplice penetrazione anale; ho provato con voi emozioni che non si dimenticano, ho trovato una donna capace di una sessualità incantevole e un uomo capace di un’umanità al di sopra di tutto; finché mi vorrete, sarò con voi; mi affascina l’idea di un rapporto trino; supererò anche qualche mia esitazione e ti cercherò, con grande passione, vorrei dire amore, ma qui non si può, e stai certa che ci sarò, in qualunque momento e per qualunque tuo desiderio.”

Ci abbracciamo a tre, bacio tutti e due e accompagno alla porta Antonio, con la promessa che ci sentiremo presto e avremo ancora tante cose da fare e da dire.

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