La sua mano forte mi strinse le dita... non riuscii a capire se quel gesto contenesse un messaggio. Quello che mi fu chiaro dal primo contatto era che, il desiderio di essere sua, si amplificava all’inverosimile: adesso eravamo vicine e lei mi teneva per mano, senza interferenze e senza traduzioni. Come una droga potente, questa sensazione di appartenenza, faceva sì che io, da leonessa della “city” mi trasformassi, per mano sua, in una pecorella obbediente. Non soffrivo di questo mio nuovo “status”, anzi, ne gioivo ed ero pronta a prostrami al suo volere con immensa gioia. Ero felice di darle piacere e scodinzolare ai suoi ordini. Incredibile! Mai provato niente del genere, nemmeno per il primo che mi aveva avuta. Nemmeno per il primo amore di ragazza: mai. All’angolo del ring c’era una presa d’acqua, di certo serviva per pulire facilmente quello spazio, piastrellato come un mattatoio. Tatiana mi fece voltare e, cogliendomi impreparata, infilò nel mio retto una cannula. Il gesto fu talmente improvviso che il tubo, non troppo spesso, entrò, senza sforzo tra le mie chiappe. Mentre ancora cercavo di capire, confusa e rossa di vergogna, mi resi conto che mi stava riempiendo, lentamente, l’intestino di acqua tiepida. Avrei voluto voltarmi ma lei, con decisione, mi tenne bloccata, prendendomi per il collo. Poi mi sussurrò qualcosa all’orecchio, capii che mi invitava a starmene buona. Quando la pancia mi sembrava esplodere e l’acqua cominciava a farmi male, la donna, esperta, non me la sfilò. Mi fece arretrare, con molta difficoltà e impaccio verso la grata di scarico, al centro del piccolo spazio. Usava la cannetta infissa nell’ano, come un perno, con cui riusciva a comandarmi e a guidarmi. Ero del tutto impotente e avevo il terrore di potermi lacerare l’intestino.
Mi premette sulle spalle per farmi accovacciare. Mentre eseguivo ero incapace di qualsiasi reazione, avevo la pancia piena d’acqua, come un otre teso; essere svergognata davanti a tutti, mi fece bagnare gli occhi di lacrime. Mi aspettavo di tutto ma non quella terribile umiliazione della mia più nascosta intimità. Quando fui nella giusta posizione, le gambe divaricate e il foro dell’ano direttamente puntato sulla grata di scolo, Tatiana lentamente mi sfilò il tubo dal sedere. L’acqua, senza più ostacoli, si scaricò dalle mie budella con un fiotto selvaggio prima, poi, successivamente, con una serie di gocciolii, mentre cercavo di liberarmi al più presto da quella costipazione. Non pensavo di poter contenere tanto liquido nel culo: gli spruzzi sembravano non finire mai. In cuor mio fui contenta di essermi completamente liberata, prima nel bagno e di non aver peggiorato il mio stato, lubrico e discinto, davanti a quella marmaglia. Ormai non li vedevo neanche più: la vergogna e le lacrime mi avevano accecata e gli strepiti della loro lussuria, gridata e applaudita, mi giungevano quasi ovattati in quello stato di totale soggezione. Non avevo mai provato tanto disagio in vita mia, soprattutto quando sentii, comunque, l’odore di budella calde provenire dalla pozza che si era formata sotto di me. Tatiana mi costrinse in ginocchio, poi a quattro zampe come un cane, e con freddezza tagliente, appena fui in bella vista per tutta la platea, mi cercò nuovamente l’ano con il tubo e mi infilò, ancora una volta, con voluta lentezza. Ero prona e aperta e, all’inizio, non sentii niente poi, pian piano, mi accorsi di gonfiarmi, come avessi un palloncino in pancia. Ero invasa dal liquido che si insinuava in ogni mio spazio interno, riempiendolo e pressando fino a farmi scoppiare... per un attimo credetti di svenire per la tensione e non capii più niente, perché mi girava la testa. Pensai addirittura che mi volesse torturare fino ad uccidermi, mentre mi passava per la testa una certa narrativa BDSM, che mi era capitata sottomano ma non era così. Lei sapeva perfettamente come il mio buchetto avrebbe risposto a tanta sollecitazione, infatti, un istante dopo, l’acqua trovò una via di fuga, proprio ritornando verso il retto e uscendo facilmente dallo sfintere che, ora dilatato dal tubo stesso, non opponeva nessuna resistenza. Così, per vari minuti, si innescò dentro me un perverso meccanismo circolatorio: adesso che i miei tessuti non opponevano più alcuna resistenza, pian piano quello sciabordio, che sembrava inarrestabile, mi portò il piacere. L’acqua non mi faceva più male, la pressione si era bilanciata e sentivo il liquido rimescolarsi nel mio corpo per poi spruzzare, con un suono sguaiato, dal mio buchetto, zampillando intorno e scorrendo sulle mie gambe aperte e sui piedi nudi con un massaggio continuo: caldo, piacevole.
Ero troppo stressata, ormai, desideravo solo terminare quella terribile nottata con Tatiana. Mi accorsi che anche quella pratica schifosa e cruenta, quel clistere fatto da una sconosciuta in un putrido locale di periferia, mi piaceva e mi faceva godere del mio nuovo “status” di schiava e di puttana, totalmente esposta al pubblico giudizio. Anche quella passò, finalmente. Mi toccò seguirla, sempre tenuta per mano come una scolaretta in punizione, fino al tappetino in fondo del quadrato.
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