Questo brano è tratto dalla Parte due del romanzo di Giovanna Esse.
L'intero brano è disponibile al link in piè di pagina.
Si guardò allo specchio e si decise anche a cambiare le mutandine bianche, con un paio di nere, lievemente merlettate ai bordi.
Ormai non era più una ragazzina e la prossima estate era fermamente decisa a farsi deflorare; voleva iniziare a fare l’ amore completo, come tante altre studentesse già facevano.
Tornò in cucina.
Nicola questa volta la notò e fece un apprezzamento stupido sul fatto che aveva indossato la gonna.
- Non farti strane idee – disse lei sorridendo – ormai il pomeriggio comincia a far caldo e poi mi sono stufata di stare in pigiama ... basta: fatemi uscireeeee !!! – tuonò scherzosamente.
- Che facciamo? – disse lui, speranzoso, ma senza idee immediatamente concretizzabili nella mente.
- Splendido! – esclamò Filomena esagerando con la veemenza – Io conto su di te per qualche buona idea e tu non trovi niente di meglio da fare che divorare biscotti. Bravo! –
-Ma ... ma ... io – il giovane balbettava preso di sprovvista – Vogliamo vedere la TV? Che ne dici? O vuoi ascoltare qualche disco? –
Filomena ormai recitava una parte: quella della donna offesa e si capiva benissimo; Nicolone dal canto suo non avrebbe chiesto di meglio che fare “qualcosa” con lei, erano mesi che sognava, quantomeno di baciarla. Non parliamo delle volte in cui si era masturbato nel bagno di casa: gli occhi chiusi, cercando di ricordare i suoi seni sporgenti o le sue gambe lunghe ed eccitanti.
Lei, con una sbuffata lo mandò a quel paese e corse nella sua camera
per buttarsi sul letto, a faccia in giù, come non volesse più né vederlo né sentirlo.
Il ragazzo era tanto ingenuo e impacciato da non capire.
Quello scatto improvviso e immotivato lo aveva colpito e per poco non se ne andò a gambe levate, ma era troppo sicuro di avere un qualche torto misterioso, per lasciare Filomena in quello stato.
“Chissà cosa ho fatto ... forse l’ ho offesa” si preoccupò e, pensò, non poteva andare via senza almeno chiedere scusa. Non poteva perderla!
Si lusingò ... quella era la prima volta che una “donna” piangeva per colpa sua! Si sentì molto uomo e, in punta di piedi, avanzando sugli specchi, si intrufolò nella camera di lei.
-
Filomena ... Filomena? – sussurrò tremebondo – Si può? –
Nessuna risposta.
Impacciato si accostò al suo lettino e aggiunse: - Dai, per favore, mi dici cosa ti ho fatto? –
Filomena sbuffò impercettibilmente, con la testa nel cuscino e il corpo riverso ... a sua volta non sapeva che altri “messaggi” inviare al giovane per fargli capire che era il momento di passare all’ azione.
Alzò i piedi e li riabbatté sul letto, come se facesse i capricci.
Ma il gesto scomposto le servì esclusivamente a far ricadere le gambe un poco più aperte. Era certa che, nonostante la penombra, si potessero intravvedere le mutandine; si pentì di averle cambiate.
Forse, nel buio, le bianche sarebbero risaltate maggiormente ...
Nicola invece spaventato da un lato, ma attratto dalla visone del corpo di lei, rimaneva tra le spine.
Con la grande fantasia erotica che caratterizza i ragazzi, osservò nei dettagli la scena incantevole di lei sulle lenzuola bianche, lunga, riversa: i piedi fuori, ancora con le ballerine di raso che usava per casa, le lunghe gambe che salivano lisce e tornite su, su verso l’ alto, fino ad essere appena ricoperte dalla mini, che a stento le arrivava alle natiche. Il sedere sodo e alto teneva l’ orlo della gonna abbastanza su da permettere al suo sguardo di seguire ancora per qualche centimetro lo spacco dischiuso creatosi tra le gambe di lei.
Il buio nero, attraente e magnetico in cui si perdevano, fece partire la sua fantasia di segaiolo incallito: infatti la prima cosa che sperò, come chi vuole chiedere alle fiabe con tutto cuore, era che la ragazza fosse senza mutande.
Finalmente la natura diede un colpo notevole allo sviluppo della situazione, infatti a Nicolone il membro gli venne duro di colpo.
Sentì un calore mai percepito al basso ventre e allo scroto, mentre il coso si ergeva sotto i pantaloni leggeri, come un serpente che si alza e si gonfia.
Una ridda di emozioni fece girare la testa al ragazzo che non aveva esperienze nemmeno lui. Un paio di volte, con gli amici, era andato a guardare le puttane e una volta era stato con una, vecchia e racchia, che approfittando dell’ esperienza non lo aveva fatto neppure chiavare, con un pompino abbozzato era venuto in pochi secondi.
Adesso, qui, era tutt’ altra cosa: davanti agli occhi il paradiso e nel cuore le pene dell’ inferno per la paura di sbagliare.
Non trovò di meglio da fare che inginocchiarsi ai piedi del letto e con delicatezza sfilarle le scarpine.
- Dai – le sussurrò – perdonami, qualsiasi cosa abbia fatto. –
Lei mugugnò, ma non lo scostò. Allora lui si fece coraggio: - Ti faccio un massaggino ai piedini? E’ rilassante ... posso? –
Altro mugugno, ma nessuna ribellione, il ragazzo prese la risposta come un sì.
I piedini di lei erano veramente belli ed esercitavano sul giovane un grande fascino da sempre, adesso non gli sembrava vero di poterli accarezzare.
Infatti subito si diede da fare, si mise comodo appoggiando i gomiti sul bordo del letto e massaggiando i piedi di lei uno per mano: - Come sono freddi questi piedini, ora te li scaldo, tesoro. – e se li portò al petto, alzandosi la maglietta di cotone.
Agiva con sempre maggiore libertà.
Approfittando della posizione, baciava i piedini, li stringeva e con gesti sempre più lascivi, cercava di salire alle gambe con le mani e poi alle ginocchia. Ogni volta che toccava, faceva del suo meglio per allargarle le gambe e per vedere più su ... in alto ... per godersi, finalmente, la vista di una figa che era stata solo un sogno, finora.
Fantasticava e arrapava, cercando di immaginare come era fatta e sperando che lei non lo scacciasse, lasciandolo del tutto a bocca asciutta.
Intanto Filomena, riceveva tutte quelle sensazioni. Il ragazzo era impacciato e servile e mentre all’ inizio questa situazione le era sembrata tediosa, adesso scoprì che l’ ammirazione e il timore reverenziale di lui la eccitavano oltre misura.
Si sentiva una dea, che per capriccio aveva deciso di concedere al suo suddito, confidenze che altrimenti avrebbe potuto solo sognare.
Non aveva mai provato la sensazione del dominio.
Forse era dovuto al fatto che lui si era dedicato prima di tutto ai suoi piedi. Era in ginocchio e faceva del suo meglio per essere delicato e cortese, ma dall’ affannosità del respiro, capiva anche che era sempre più eccitato e che faticava a trattenere la sua virilità giovane e prorompente.
Con languido distacco, quasi dormisse senza accorgersi di nulla, Filomena si voltò completamente mettendosi supina e sollevò un ginocchio verso l’ alto, scoprendo completamente le mutandine.
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