Caro diario: ho detto tutto questo a Frida ma lo voglio scrivere anche qui ... per non dimenticare.
5
A quel punto mio zio mi disse di voltarmi lentamente, ma il suo tono non era minaccioso.
Girai lentamente su me stesso, senza eccessive difficoltà, nonostante i tacchi alti delle scarpe nere, da donna. Ero abituato, grazie ai miei giochi, a indossare scarpe femminili.
Lo zio mi carezzava con la luce della pila, passandomelo su tutto il corpo. Mi osservava attentamente: i piedi costretti nelle scarpe, mi alzavano di dieci centimetri il tallone, dando alle mie cosce un aspetto elegante e slanciato.
Le calze che l’uomo aveva scelto per umiliarmi erano di un modello un po’ retrò ma di qualità, molto più adatte, come stile a un vecchio tipo di reggicalze a nastri doppi, magari con farfalline di raso per coprire le clips. Però erano belle e, devo ammettere, mi stavano bene.
Poi la lampada scorrè verso il mio bacino, mentre mi voltavo su me stesso sapevo che l’uomo poteva vedere tutto: vedeva i fianchi chiari e poi le natiche praticamente perfette. Non essendo molto peloso e ancora tanto giovane, il mio culo non presentava tracce di veri peli, credo di poter dire che era uno spettacolo veramente superbo.
Provavo un lieve risentimento verso il mio cazzetto maledetto; mi sarebbe piaciuto sfidare quel contadino violento e grossolano, con un’erezione decente pur di dimostrargli che, a parte i giochi cui aveva assistito quella notte, io ero un uomo a tutti gli effetti.
Ma il mio pene non voleva saperne di inturgidirsi.
Ero sempre spaventato, mortificato e incredulo riguardo a ciò che mi stava accadendo.
Avevo paura ... e cominciavo anche ad avere freddo, credo che ormai fossimo vicini alla mezzanotte.
- Bravo, ti stai comportando bene! – disse la voce dello zio da dietro il fascio luminoso – Sei bello, sai? Proprio un bel ragazzo ... –
Per fortuna non sentivo tracce di aggressività nella sua voce, al contrario, aveva un tono dolce, tranquillizzante.
- Fa freddo e potrebbero vedere la luce, torna in macchina è meglio – continuò – stenditi sul sedile, dietro. Però non ti togliere le scarpe ... – aggiunse.
Obbedii volentieri; mi piaceva esibirmi, ma avrei preferito non doverlo fare in una situazione così scabrosa e poi avevo anche freddo.
A Frida non l’ho raccontato ma, in quegli attimi in cui iniziai a rilassarmi un pochino, quello che mi stava capitando mi provocava scariche intense di adrenalina e vampate di goduria.
Mai, in vita mia, avevo provato con tanta violenza e realismo quelle sensazioni: annullamento della mia volontà ... esibizionismo in pubblico, quell’uomo, in fondo estraneo, che mi teneva in suo potere e mi comandava come uno schiavo.
Quando fui sul sedile, aspettando le decisioni del mi aguzzino, scariche di piacere puro s’impadronirono del mio essere.
L’attesa delle sue decisioni rispetto al mio corpo e la passione con cui mi aveva guardato, mi tenevano in uno stato di eccitazione potente.
Appena steso sul lungo sedile, mi accorsi di avere avuto un’erezione improvvisa. Il tanga era troppo piccolo per nasconderla; allora, per non dare soddisfazione all’altro, mi voltai perché non mi vedesse il cazzo.
Lo zio salì davanti, ma voltandosi sul sedile. Con le ginocchia poggiate sulla seduta, poteva affacciarsi su di me restando con le mani libere.
Allora, con una delicatezza piena di fascino, con le sue mani callose, inizio a carezzarmi tutto il corpo, anche la schiena e la nuca.
Infilava con cura le grosse mani sotto la maglia, con premura e attenzione, come se temesse di rompermi.
Non ero esperto di sesso, non avevo mai avuto delle vere carezze, se non camuffate da gioco ma credo che lo zio ci sapesse fare davvero, perché con le sue dita mi fece quasi svenire per il piacere.
Mi apprezzava con le mani tutto il corpo, mi carezzava le due chiappe, poi le cosce, mentre strisciava con le dita sulle calze di seta. In ogni movimento ci metteva una delicatezza, un’attenzione che mi facevano sentire prezioso, come se fossi stato di porcellana e, lui, si sentisse rosso e grossolano.
Durò a lungo quel gustarsi il mio corpo, credo che lo desiderasse da qualche tempo ... ma non lo seppi mai, era un uomo di poche parole.
- Allora piace pure a te, ragazzo? – disse a voce bassa mentre la sua mano, passandomi tra le cosce divaricate, raggiunse il mio pacco ... mi teneva in mano le palle e parte del pene, di conseguenza si accorse che ero eccitato pure io.
- Allora facciamo così, piccolo – continuò – questo sarà un segreto tra me e te ... io non dico niente di te, e tu non racconti niente, va bene? –
Mugugnai un sì, anche se non sapevo cos’altro avesse in mente; di sicuro, mi dissi, non aveva intenzione di uccidermi, almeno per quella volta.
- Parola d’onore? – insistette.
- Parola d’onore! – affermai, sicuro di tenere il segreto.
Lo zio scese dalla macchina e si spostò verso gli sportelli di dietro, lo sentii armeggiare con la cintura, cominciai a intuire che voleva un rapporto sessuale completo con me ... allora ecco come stavano le cose.
Quell’uomo desiderava il mio corpo, solo in quel momento me ne resi conto.
Sarebbe stata la prima volta e non sapevo come sarebbe andata, ma ero eccitato e tutto mi sembrava appetitoso e piacevole.
Per prima cosa l’uomo si mise davanti a me dal lato del viso: con la mano mi sollevò delicatamente il mento di modo che, nella penombra, potessi scorgere, indistintamente, una massa grossa e carnosa, doveva essere il suo cazzo.
- Lo prendi in bocca? – chiese lui, con una semplicità che mi smontò.
Dovetti pur rispondere e allora dissi:
- Non lo so, zio, non l’ho mai fatto. –
- Vuoi provare a succhiarmelo o ti fa schifo? – le parole crude e la voce roca, contrastavano violentemente con la delicatezza della sua domanda.
Non volli contrastarlo: - Non lo so ... che dovrei fare? –
- Bacialo! - disse lui, convincente – Poi, se ti va, te lo fai mettere in bocca ... come un gelato, diciamo. –
Obbedii.
Mi alzai a quattro zampe sule sedile e mi trovai di fronte il pene dello zio.
L’uomo aveva calato le braghe all’altezza delle ginocchia e, tra le cosce tozze e nerborute, spiccava la massa scura dei peli del pube da cui veniva fuori il suo cazzo e la massa dello scroto.
Il cazzo era abbastanza in tiro, ma non durissimo, sembrava una proboscide a mezz’aria e sussultava leggermente ogni tanto. Sulla punta, la pelle del prepuzio, era molle e larga, e lasciava fuoriuscire la testa scura in piccola parte.
Quando trovai il coraggio per accostarmi con la bocca alla punta del suo membro, lo trovai bagnato di un liquido vischioso e trasparente, era insapore. Quindi, poiché ormai ero arrapato anch’io, baciandogli il cazzo, lo succhiai delicatamente per assaggiarlo sulla lingua.
Lo zio sussultò di piacere già al primo contatto ...
Io, iniziai a fare con gusto il mio dovere, giacché il cazzo dello zio non era né sporco, né puzzolente come avevo temuto, al contrario, il suo “pesce”, era morbido e delicato, la pelle era liscia come la seta.
- Bacialo anche qui – disse il vecchio, sollevandosi il cazzo verso l’alto con la mano, in modo che mi trovassi di fronte la sua sacca con le palle; era molto grossa e carnosa ... quella zona sì, aveva un leggero odore di sudore ma selvatico e piacevole.
Affondai volentieri il volto in quel sottobosco peloso che odorava di umido e di muschio maschile e, per gustarmelo meglio e renderlo felice, mi aiutai con la mano.
Presi lo scroto da dietro e me lo portai alla bocca: uno per volta, misi in bocca i suoi coglioni, grossi e morbidi. Ogni sua palla mi riempiva la bocca ed io la suggevo, facendo mugolare lo zio, che sembrava cedere sulle gambe.
- Succhia questo, adesso, su! – disse pieno di ardore e, aiutandosi con la mano, mi mise, davanti alla bocca bagnata, la capocchia dell’asta, che nel frattempo si era fatta grossa e rigida.
Aprii subito le labbra, con una voglia di cazzo che non avrei mai creduto di poter provare.
Quando giocavo da solo, a casa, anche quando mi penetravo dietro, avevo sempre e solo cercato un piacere fisico estremo, ma non avevo ancora preso in esame la possibilità di avere rapporti fisici con un maschio, né di trovarmi alle prese con un cazzo vero.
Fare un pompino!
Ecco: già la sola parola, mi portava all’ebollizione dei sensi.
Abbandonai ogni remora e iniziai a cibarmi di quel cazzone da uomo vero.
Andavo su e giù con la testa, mentre il nerbo mi scorreva tra le labbra, succhiavo, e succhiavo, per mantenere il vuoto nella bocca, affinché il cazzo dello zio mi riempisse completamente.
Lui mi fermò la testa con le mani; allora io ne approfittai per lavorarmelo con la lingua, girando vorticosamente intorno al glande rosso e corposo, che mi riempiva la bocca come un frutto maturo.
- Sei una meraviglia della natura, ragazzo mio – disse lo zio a bassa voce, estasiato – Mettiti giù, adesso ... –
Si staccò con rammarico dalle mie labbra, con una lieve carezza sulla testa.
Mi sdraiai, voluttuoso ... in attesa, rilassandomi. Non volevo ammetterlo ma ero felice, e il mio cazzo pulsava sotto di me, desiderando un orgasmo che non avevo alcuna intenzione di liberare. Per il momento.
I passi dello zio intorno all’auto mi avvertirono del cambio di posizione; infatti, egli arrivò dall’altro sportello, alle mie spalle.
Accucciandosi sul predellino, ricominciò a carezzarmi la schiena, le natiche e le gambe, con una delicatezza che non potevo conoscere.
Ero praticamente nudo. Lo zio si abbassò su di me e a sua volta comincio a baciarmi con le labbra spesse e dure, un po’ per tutto il corpo, finché non affondò il naso e la bocca dietro di me.
Con la lingua raggiunse la radice del pene, sotto lo scroto, poi risalì e sempre con la lingua mi leccò tutto il culo, senza curarsi del filo di cotone del perizoma nero.
Intuii cosa voleva farmi e ne fui abbastanza terrorizzato, era la prima volta e avevo paura.
Avevo anche un po’ di vergogna, perché temevo che un cazzo così grosso, potesse sporcarsi a causa mia. Non sapevo quanto profondamente avrebbe potuto inserirsi dietro di me; questo avrebbe reso la situazione ancora più umiliante.
Ma, alla fine cosa potevo farci?
Ero in balia di quell’uomo adulto e deciso, dovevo subire.
Abbandonarmi sule sedile in attesa del mio destino, era un piacere cui non avrei mai più saputo rinunciare.
“Ecco, ci siamo” pensai.
Lo zio, infatti, si stava stendendo sopra di me. Ora sentivo distintamente il bitorzolo del suo glande che mi strisciava sulle calze di seta, fino a raggiungere lo spacco tra le mie natiche.
Puntellato sulle ginocchia, non mi pesava.
Con la mano grossa e robusta, mi sollevò il bacino, leggermente, perché m’inarcassi meglio, per favorire la sua
CONTINUA IL RACCONTO
Mario
Post New Comment