Ci siamo, ho suonato il campanello. Mi ha detto di arrivare per le 16.00 di venerdì, così avrà a disposizione tutto il week-end per l’addestramento. Con uno strano sorriso aveva detto “vedrà che trasformazione al termine”. Già, la sola cosa che mi desta una certa preoccupazione è che quella trasformazione riguarda me, sì proprio me, ma non avevo alcun’idea di cosa intendesse dire.
Qualche giorno prima Angela mi aveva chiamato in disparte. Strano, lei assistente addetta alle pulizie mi si era rivolta con un tono velatamente arrogante, una sicurezza mai mostrata in altre circostanze. Si, avevamo parlato tante volte, mi aveva raccontato di come lei, in possesso di ben due diplomi e di due anni d’esami sostenuti alla facoltà di Medicina, aveva dovuto abbandonare gli studi e mettersi a lavorare sodo. Di come avesse dovuto lasciare i precedenti lavori per le avances e le richieste extra di colleghi, titolari e direttori vari. In fondo era proprio una gran bella donna, 41 anni portati meglio di una 30enne ed era anche piacevole chiacchierare con lei.
Quel giorno comunque, appena fummo soli, esordì con un lapidario “mi spiace ma lei è nei guai” Non capivo cosa volesse comunicarmi e glielo dissi, continuò “il fatto di essere l’unico galletto scapolo di questo schifoso pollaio, single come le piace dire continuamente, non le da certo diritti speciali,” e ancora “appartarsi con le colleghe sposate può procurare un bel po’ di guai, specialmente se il marito è il dirigente, non ci aveva pensato?”
“Ma…ma…co..cosa intende dire?” riuscii a farfugliare, ben sapendo a cosa si stava riferendo. Egle, la moglie del mio capo era stata piuttosto affettuosa con me durante la pausa pranzo di sette giorni prima, tanto affettuosa che eravamo finiti nello studio del marito a rotolarci sul tappeto per quasi un’ora. Ovviamente mi ero assicurato che non ci fosse nessuno in giro, come poteva, lei, sapere di quella innocente parentesi…….la voce di Angela mi riportò alla realtà: “è inutile fingere di cadere dalle nuvole”, disse porgendomi un pacchetto con delle foto. Ovviamente riguardavano le affettuosità scambiate con la Signora Egle. “Crede che dovrei consegnarle al capo?” esclamò con un sorrisetto che non mi piacque per niente. “Cosa vuole, co…cosa mi chiede in cambio di quelle foto” e poi, azzardando un coraggio che in quel momento non avevo affatto e sfoggiando un sorriso cretino le dissi accarezzandole il viso, “forse vuoi lo stesso trattamento offerto alla signora Egle?”. Un ceffone mi colpì violentemente, “non ti azzardare a fare lo stronzo con me” urlò dandomi per la prima volta del tu, “sconterai anche questa, vedrai” poi riprendendo la calma aggiunse “se non vuole che le foto finiscano su quella scrivania, venerdì alle 16.00 venga a casa mia, lei ha bisogno di un buon addestramento, si tenga libero per tutto il week end, vedrà che trasformazione al termine”, si girò e uscì sbattendo la porta, ma nel frattempo ancora una volta quello strano sorriso le aveva illuminato gli occhi. Frastornato dallo schiaffo ricevuto, ma più che altro inviperito con me stesso per non essere stato sufficientemente attento quando mi ero appartato con Egle, uscii dalla stanza e ritornai al lavoro.
Mi apre, mi saluta come se fossi il garzone del fornaio “ah ciao, entra entra e posa lì la borsa, non credo ti servirà”. Ha qualcosa di strano, certo l’abbigliamento non è quello da lavoro, mi sembra piuttosto ricercato, ma è lo sguardo ad essere completamente diverso.
“Bene caro mio, a te la scelta o le foto sulla scrivania del dirigente e magari, dopo anche su qualche giornale, oppure….”, “oppure?”, chiedo incuriosito.
“Lavoro tutto il giorno, quando torno a casa sono piuttosto stanca per occuparmi anche delle faccende domestiche, cosa ne dici di occupartene tu?”
Spalancai gli occhi, “non sono mica una servetta, non saprei neanche da dove cominciare”, “appunto”, replica ridendo, “ne ero certa, ecco perché hai bisogno di un addestramento full immersion in questi tre giorni, vedrai che alla fine sarai talmente contenta che mi chiederai di non andare più via”. “Oh scusa, ho detto contenta invece di contento, ma in fondo è giusto che ad una servetta ci si rivolga al femminile, non credi?”.
“Ma smettila con questa farsa”, dico quasi gridando, “spara quanti soldi vuoi e facciamola finita, ho già capito dove vuoi arrivare”.
“Stupido, imbecille, arrogante, credi che se volessi soldi ti avrei fatto venire fin qui? Non fai altro che peggiorare la tua situazione. Non so che farmene di te, puoi anche andartene. Considera le foto già su quella scrivania. Sparisci ora” e vedendomi immobile in mezzo alla stanza, aprendo la porta d’ingresso ripete alzando il tono della voce “spa-ri-sci”.
“Aspetta, calmati, spiegami meglio cosa vuoi da me in cambio di quelle foto, non credo di aver ben capito”.
“Sei troppo stupido per capire, dovrò mostrartelo di volta in volta, sappi solo che da questo momento tu appartieni a me. La tua volontà vale meno di zero, dovrai fare ogni cosa che ti dirò, ti piaccia o no. Ubbidirai senza replicare e se commetti anche solo il minimo errore, sarò costretta a punirti severamente. Farai cose che non avresti mai pensato di poter fare, le farai solo per il mio piacere e questo dovrà bastarti come motivazione. Sarai costretto a farle anche attraverso il dolore se dovesse essere necessario e spero tanto che sia necessario perché adoro infliggere punizioni fisiche.
Sappi che al termine dell’addestramento sarai completamente soggiogato e sottomesso alla tua Padrona”. Man mano che detta le condizioni il suo volto assume un’espressione sempre più dura e distaccata, la sua voce sempre più ferma e severa.
Io, inebetito, ascolto come se stessi guardando un film, senza replicare. Non trovo le parole per dirle che è pazza se crede, anche solo per un momento, che io accetti il suo gioco, non trovo le parole……… Non le trovo perché…..perché…..perché mentre parla, una strana eccitazione si è impadronita del mio cervello e non solo del cervello. Strana ma non sconosciuta. A volte ho pensato di vivere una situazione del genere, io sottomesso a una donna capace di dominarmi. Saranno state le bacchettate avute dalle suore, a far nascere in me questa pulsione? Ricordo che anche Egle, la moglie del capo, me lo chiese mentre scherzando, le baciavo un piede. Mentii spudoratamente come mento a me stesso.
Angela sembra leggermi nel pensiero. Capisce subito. mi guarda negli occhi, poi abbassa lo sguardo sul mio ventre, si accorge del gonfiore all’interno dei pantaloni e con un sorriso beffardo esclama “vedo che il tuo cazzo ragiona più velocemente del tuo cervello, cosa mi potevo aspettare da un coglione come te, bene non perdiamo tempo, mettiamoci al lavoro”, sappi comunque che sei libero di andar via, ma insieme con te partiranno anche le foto per l’indirizzo che sai”.
Sembra impossibile, eppure sono qui, nella sua “sala giochi” come la chiama Lei. Alla fine ha finito per accettare, ma in realtà mi ci ha condotto lentamente, ha giocato con me come un gatto con il topolino.
Bruna, occhi scuri, media statura sembra una donna come tante, certo carina, sensuale, ma nulla farebbe credere che in lei si nasconde quel qualcosa che la rende ciò che è. Il seno è voluminoso, libero sotto la canotta di cotone leggero, i fianchi tondi riempiono la gonna piuttosto corta dalla quale scivolano fuori gambe tornite, velate da calze scure. Ai piedi scarpe con tacco alto. Una mano poggiata sul fianco, l’altra tamburella con le dita contro la coscia.
Non una parola, mi scruta dalla testa ai piedi come se mi vedesse per la prima volta, poi pianta lo sguardo nei miei occhi, è difficile sostenerlo ma ci provo cercando di sfidarla. Un passo avanti e improvvisamente la mano parte a colpire il mio viso. La sorpresa e la rabbia mi fanno vacillare ma non ho il tempo di reagire. “Non osare mai più sfidare la tua Signora, abbassa gli occhi quando ti guardo”. Era già difficile sostenere il suo sguardo, ora non riesco neppure a guardarla in viso; “così va meglio, stupido” sibila tra le labbra, “imparerai, vedrai che imparerai a rispettare la tua Padrona”.
“Ora giù in ginocchio” ordina con tono secco che non ammette repliche. Mi inginocchio e lei con la mano mi accompagna il capo verso il basso, “leccami i piedi ora, se vuoi che ti perdoni”. Le mie labbra sfiorano il collo del suo piede, il contatto con la calza velate mi provoca un certo piacere ma avverto che anche lei ha un fremito. Preme il piede contro la mia bocca e ordina “con la lingua, voglio sentirla”, e sfila via la scarpa offrendomi la pianta. Forza le mie labbra con le dita del piede facendole entrare. Con imbarazzo comincio a succhiarle facendo scorrere la lingua sotto tutte le dita. Per più di cinque minuti sono costretto ad umiliarmi baciandoli i piedi, riempiendo le narici del loro odore acre ma per niente sgradevole, dovrebbe infastidirmi e invece quell’odore stranamente mi eccita. “Basta ora, alzati”. Sono di nuovo ritto, ma non oso alzare gli occhi su di Lei.
“Ora iniziamo l’addestramento, ti senti pronto?”, “credo di si” mormoro. “Niente affatto” urla, “non sei affatto pronto se rispondi in questo modo, sembri una femminuccia spaventata”, poi con voce più dolce chiede “vuoi che ti tratti come una femminuccia?”, “no, assolutamente” rispondo con quel poco di orgoglio che mi è rimasto. Ride dicendo “e invece è proprio così che sarai addestrato, come una puttanella, imparerai ad essere la mia servetta in tutto e per tutto, intesi?”.
Esito qualche secondo prima di rispondere, pochi secondi fatali, un ceffone mi colpisce di nuovo in pieno viso, “intesi?” urla, “rispondi immediatamente quando la tua Signora ti fa una domanda. Non hai diritto di pensare ma solo di rispondere: “Sì Signora”, “capito”?, “sì Signora”, la risposta mi esce veloce e spontanea tradendo il mio istinto di voltare le spalle e andar via. E’ incredibile, riesce a leggere i miei pensieri, “se vuoi scappare devi farlo ora, dopo non potrai più farlo finché non lo vorrò io” mi sussurra accarezzandomi la guancia colpita dallo schiaffo, è una carezza incredibilmente dolce. “Ora mi allontano qualche minuto, puoi andare via se vuoi e non ci vedremo più e sai qual è il prezzo che pagherai, ma se decidi di restare voglio trovarti deciso ad ubbidire e a sopportare qualsiasi cosa io vorrò e ricordati, non avrai più la possibilità di ribellarti né di andartene” e girate le spalle si avvia verso la porta, “ a proposito” dice mentre esce, “quando torno voglio trovarti nudo in piedi al centro della stanza”. Ho il viso rosso, per lo schiaffo ma principalmente per la vergogna che provo in quella situazione. La mente è scombussolata, mille reazioni mi passano per la testa, ma non riesco a muovermi per andar via e lentamente, come se qualcun altro lo facesse per me, inizio a spogliarmi.
Saranno passati più di dieci minuti, sento dei passi avvicinarsi, la porta si apre. Non mi degna neppure di uno sguardo, era certa di ritrovarmi li, prende tutti i miei vestiti, li infila in una grossa borsa ed esce di nuovo.
Passano altri dieci minuti prima che ritorni. Eccola, apre la porta ed entra. Sono nudo con le mani poggiate sull’inguine nel ridicolo tentativo di coprire. Apre un cassetto, tira fuori qualcosa e girandosi di scatto mi colpisce violentemente le nocche delle dita con un frustino. Il dolore è lancinante, tiro via le mani per massaggiarle e così il secondo colpo si abbatte direttamente sul pene. Mi piego quasi in due, “hai vergogna della tua padrona?”, dice con tono autoritario, “ora, se vorrai andar via dovrai farlo così come sei, nudo come un verme, oppure indossando queste,” e poggiando in terra alcune cose ordina: “mettile e se ti donano potrò anche truccarti un po’, giusto un tocco di rossetto e qualche altra cosina, vedrai che bella schiavetta diventerai, ti presenterò alle mie amiche e potrò anche prestarti a loro se lo vorranno”, ” .
Pochi minuti dopo mi ritrovo vestito con calze, reggicalze, perizoma e reggiseno tutto rigorosamente nero, mentre sopra indosso una minigonna di stoffa verde ed una canottierina nera.
Una tempesta nel mio cervello, vergogna e umiliazione la fanno da padrone – io, io vestito da donna, io con il mio orgoglio di maschio ormai sotto i piedi. Il cervello è in tumulto, ma…….porca miseria, non solo il cervello. La mia pelle reagisce stranamente al contatto delle calze, quelle mutandine poi…..oh no, è proprio un’erezione quella che sto avendo, è già la seconda volta che reagisco in questo modo da quando sono qui e la cosa non mi tranquillizza affatto…………….
“Quel reggiseno è piuttosto vuoto, non trovi?”, “sì Signora” rispondo senza perdere tempo, insiste “ora lo riempiamo un po’”. Torna dopo qualche minuto con alcuni pezzi di stoffa bagnati e li infila nelle coppe simulando un seno che non posseggo. Sono gelati, i capezzoli si induriscono al contatto, istintivamente mi ritraggo lamentandomi per l’eccessivo freddo. “Stupida, continui a commettere errori. Sarò costretta a punirti come una collegiale”. Due piccole pinzette metalliche compaiono tra le sue mani, scostandomi il reggiseno le applica velocemente ai capezzoli induriti. Il dolore è sottile, a stento mitigato dal gelo del finto seno. Mi fa poggiare con il petto su un tavolo e le braccia allungate in avanti. Le pinzette schiacciate sul tavolo aumentano il loro morso ai capezzoli. Con una corda lega i polsi e le caviglie ai piedi del tavolo. Mi solleva la gonna scoprendomi il sedere su cui scorre solo il filo del perizoma, le gambe divaricate mi costringono, con mia grande vergogna, a mantenere i glutei aperti. “Ora vedremo se questa puttanella riesce a muoversi, e non permetterti di urlare”. Credo di sapere ciò che mi aspetta, un brivido di paura mi percorre la schiena, ce la farò a resistere? Ma perché mi sono messo in questa situazione? Devo esser……AAHHHH, un colpo di frusta si è abbattuto sulle natiche, non molto forte per la verità, ma sono stato colto di sorpresa e non ho potuto fare a meno di urlare. “Ma allora sei stupida, non capisci?” , cinque colpi si abbattono con violenza crescente, ho stretto i denti, ho retto in silenzio per i primi tre, ma gli ultimi due mi hanno strappato un urlo, le natiche mi bruciano, sono in fiamme. “Va bene l’hai voluto tu” dice tra i denti, ora è davanti a me in modo che la possa vedere, si sfila le mutandine affondandole prima nella fica, si avvicina e le infila nella mia bocca. Posso vedere il suo pube coperto da una fitta peluria nera mentre toglie le calze, con una mi fissa le mutandine nella bocca legandola dietro la mia nuca, “ora vedremo se riuscirai ancora ad urlare” dice mentre si porta di nuovo alle mie spalle. L’altra calza la usa per legarmi i testicoli staccandoli dalla base del pene legando poi anche questo in modo che possa mantenere una condizione di rigidità. Una quindicina di colpi, questa volta con una corta bacchetta di legno, si abbattono sul mio sedere colpendo in un paio di occasioni anche i testicoli tesi dalla legatura. Il dolore è lancinante ma non posso muovermi ne urlare. Qualche debole lamento filtra attraverso il bavaglio ma Lei sembra non sentirlo nemmeno. “Questo dovrebbe bastare per farti capire chi comanda qui, e se non bastasse potremo sempre riprendere” disse con un tono perentorio, un “si” sibilò attraverso il bavaglio “perché tu sei la mia schiavetta, vero?, ti senti tale?” arrossisco senza volerlo ma lei incalza, “lo vedremo subito. Poi sento la sua mano frugarmi dietro. Infila prima un dito, poi due.
Mi fa un po' male. Istintivamente grido e cerco di sottrarmi.
"Fermo!" ordina lei dandomi uno sculaccione. “Ora vedremo se avrai più voglia di ribellarti”, la punta della scarpa mi colpisce i testicoli, leggermente ma tanto da farmi sobbalzare “Fermo, o non sarò più tanto delicata”. Un sibilo e qualcosa si abbatte sui miei glutei, una, due, tre, dalle mie labbra può uscire solo un timido “ummmmm”, ma cerco di trattenere anche quello per non scatenare reazioni peggiori. Le sue dita riprendono a massaggiarmi lì. E' molto imbarazzante essere sottoposto a questa ispezione intima. Di nuovo un dito, poi due, tenta con il terzo ma il varco è stretto. La sento emettere un verso di soddisfazione, qualche secondo e qualcosa di umido mi unge il forellino. Riprende il gioco, e questa volta, quasi con violenza, il terzo dito affonda dentro di me, “ummmmm” tento di gridare e subito l’altra mano mi strizza i testicoli in maniera piuttosto dolorosa, “allora dì che ti piace, fai sì con la testa o te li stacco in un colpo”, la mia testa oscilla su e giù in un timido “si”. “Vedrai che piano piano potrò infilare tutta la mano fino al polso, è solo questione di allenamento. ”Poi toglie le dita e sento una cosa molto più dura e grossa spingere per farsi strada nella mia intimità. Fa veramente male! Sento entrare questo oggetto che mi sembra enorme. Prima lentamente poi più deciso, ormai il varco è aperto. Provo fastidio, dolore, vergogna, ma anche qualche altra cosa: un nuovo e strano senso di piacere.
"Bene. Ora è entrato tutto. Guai a te se lo fai uscire...D'ora in poi indosserai sempre questo, quando sarai con me perché una puttana deve sempre avere la fica bene aperta, e questa diventerà la tua fica” e ripetendolo quasi a volermi convincere definitivamente “perché tu sei la mia troia, la mia schiavetta puttana” e fissandomi con occhi furiosi mi spinge con la mano quell’affare ancora più dentro “vero?”, non posso che rispondere: “sì Signora”, “bene dimostramelo allora”. Mi slega polsi e caviglie obbligandomi a stare giù in ginocchio e toltomi l’improvvisato bavaglio sussurra “spalanca bene gli occhi e la bocca perché questa volta devi vedere bene ciò che chiedo alla mia schiava” e afferrata la testa per i capelli me la riversa all’indietro con uno sguardo che non promette nulla di buono. Sono lì, occhi e bocca ben aperta e il suo viso sul mio poco distante con un sorriso crudele. Le sue labbra si schiudono e un fiotto di saliva scende lentamente verso la mia bocca, “ingoia, ingoia tutto ciò che la tua Padrona ti regala, per te questo è miele, è un premio per la tua sottomissione”. Un altro fiotto ed un altro ancora scivolano verso la mia gola inondandomi di rabbia e di piacere facendomi perdere totalmente la ragione. Oramai mi sento un oggetto nelle sue mani, potrei fare davvero qualsiasi cosa mi imponesse e le più umilianti mi arrecherebbero maggior piacere. “ Bene, vedo che ti comporti come si deve, d’ora in poi mangerai solo dopo che io avrò masticato il tuo cibo e lo avrò ben imbevuto della mia saliva".
“Adesso andiamo in bagno” mi ordina, “la tua Padrona è un po’ accaldata, devi lavarla!” Si siede sul bidet ed io, con le mani tremanti, lo riempio d’acqua. Mi insapono le mani e comincio a passarle tra le sue gambe, sulle sue parti intime, accuratamente depilate, a parte quell’elegante triangolino nero alla sommità. Non so se è possibile immaginare l’emozione che provo nel far scorrere la mano su quelle parti morbide e sensuali! “Anche dietro” insiste. Così posso raggiungere con la mano il forellino posteriore, massaggiarlo dolcemente con le dita. La sciacqua accuratamente ovunque. “Ti conviene togliere bene il sapone” dice lei “perché dovrai asciugarmi con la lingua”. “Sì Padrona, sto sciacquando benissimo”.
Si alza, ed io sono in ginocchio davanti a lei, tra le sue gambe leggermente divaricate. Lei si strofina sulla mia faccia, sui capelli.
Tiro fuori la lingua e cerco di togliere tutta l'acqua, cosa non facile. Si gira e si china leggermente in avanti. "Anche dietro!" Ordina.
E' una cosa bellissima mettere il volto lì, sentire con la bocca la sua pelle, le sue parti più intime. Troppo bella!
"Non mi devi leccare, stupido! Mi devi asciugare, fai entrare quella lingua!" fa lei quando si accorge che insisto troppo su certe parti.
"Mmm. La tua Padrona ha voglia di fare pipì, ora" dice con un lieve sorriso. Ho un tuffo al cuore. Mi fa mettere seduto a terra con la schiena appoggiata al water, la testa piegata all'indietro. Lei viene su di me e la sua fichetta è a pochi centimetri dalla mia bocca. "Apri bene, la bocca" mi ordina "e guai a te se non la bevi tutta!".
Ubbidisco, chiudendo gli occhi. Sento arrivarmi in bocca un rivolo di liquido tiepido e leggermente salato. Lo ingoio senza difficoltà. Non e' cattivo, penso con grande sollievo. Ma ora diventa un getto e faccio fatica a mandarlo giù senza strozzarmi. In parte mi bagna tutta la faccia. Lei continua, con piccoli intervalli, ad emettere getti di pipì, dirigendoli con precisione nella mia bocca ed io continuo a berla. Finalmente si e' svuotata!
Tremo tutto. Lei si strofina sul mio viso per asciugarsi e finalmente posso liberarmi da quella posizione scomodissima. “Non è mica finita sai?”, “non vorrai mica solo bere, dovrai pur mangiare qualcosa”. Uno strano presentimento mi attanaglia, tremo al pensiero di ciò che mi sta sfiorando la mente. Si gira, avvicina lo sfintere alla mia bocca e si curva leggermente in avanti. Vedo l’orifizio allargarsi sempre di più, contrarsi, richiudersi e aprirsi. E’ un attimo, schiaccia il culo sulla mia bocca e qualcosa di solidi e molle mi si spalma sulla lingua. Penso al disgusto ma non ho il tempo di riflettere, lei è gia girata e tappandomi la bocca con la mano mi grida come una belva “ingoia, ingoia la merda della tua padrona. Ora, ora sei davvero il mio schiavo. Ti ci dovrai abituare”, e sedutasi sul bidet svuota la pancia in pochi secondi mugolando come se stesse avendo il migliore degli orgasmi. “Annusa, annusa e fai che diventi profumo per te” e afferratami la testa per i capelli, mi schiaccia il viso sul bidet fino a pochi centimetri dalla sua cacca. E assurdo, tremando come un bimbo impaurito, riesco a resistere senza reagire ma il tremito del mio corpo sembra eccitarla sempre di più. “Ora lavami di nuovo il culetto”, mi rassereno un po’, forse è finita, allungo le mani verso il sapone ma una risata mi blocca “cosa hai capito” mi fa ridendo, “con la lingua e fin dentro la pancia devi arrivare”. L’ho fatto, ho pulito tutto, tra eccitazione e disgusto il mio pene sembra scoppiare, mentre il mio culo quasi non avverte più il fastidio di quel grosso fallo che lo penetra. “Sembra che ti piaccia a guardare il tuo cazzettino, riproviamo allora” e raccolta un po’ di cacca con le dita la spalma sui suoi grossi capezzoli fino a ricoprirli. “Ti piace succhiare il seno della tua padroncina vero puttanella?” e senza attendere risposta il capezzolo sinistro è gia tra le mie labbra, “non devi leccare ma succhiare, come una bimba che prende il latte”. Sembra godere immensamente dei miei mugolii di disgusto, le piace molto farsi stringere e succhiare il seno, lo capisco dai movimenti del bacini e della schiena inarcata in avanti. “Ora l’altro, su”. Quando l’operazione le sembra completata decide di sciacquare la mia bocca ancora con la sua pipì, e mi costringe a ingurgitare tre quattro lunghi fiotti di piscia risciacquando la bocca prima di ingoiarla.
“Bene sembra che l’addestramento da i suoi frutti, ora la Signora ha voglia di scoparsi la sua puttanella, ripulisci bene tutto, lavati e raggiungimi di la”. Finalmente potrò fare l’amore con lei, so che avrò un orgasmo stupendo tanta è la voglia che ho di venire.
Povero illuso, sono in perizoma e reggiseno a quattro zampe sul tappeto mentre lei, dopo essersi fissato in vita un enorme fallo a due punte mi chiede “ dovrò legarti e imbavagliarti di nuovo, o starai buona buona mentre ti spacco il culo? Sappi che il bavaglio questa volta lo immergerò prima nella mia cacca e poi te lo caccerò in gola” “No” grido, “starò buono”. “Buona, stupida, buona non buono. Ricordati che sei una femmina, non vedi come sei vestita?”. Lo dice mentre spinge con la mano il grosso vibratore che ho ancora nello sfintere. Poi, tirato fuori quello, mi unge di nuovo il buco e comincia a spingere con i fianchi il grosso dildo che ha in vita. Sento sfondarmi il culo, si fa strada lentamente e affonda sempre di più ma mi fa impazzire. Il dolore si fonde al piacere, la vergogna e l’umiliazione sì perdono in un turbinio di emozioni sconvolgenti. E’ dentro di me, tutto, enorme e si muove come se fosse vero. Mi arriva alla pancia ma è un piacere incredibile. Sento il cervello liquefarsi e la mia voce che ripete “sì Padrona, sono la tua schiava, la tua puttana, fottimi, FOTTTIIIIMIIIII…….!!!”. Lo fa, cazzo se lo fa mentre mi stringe i fianchi con le mani, mi strizza quel falso seno che ho nel reggipetto, le pinze ai capezzoli mi provocano fitte di fuoco, mi strappa i capelli affondando sempre di più dentro di me ormai spalancato per lei.
Rallenta, si ferma, è totalmente svuotata. Io tremo tutto per l’emozione che quell’atto mi ha provocato. La sento uscire con delicatezza, si sfila quell’oggetto dalla fica e si strofina sul mio viso per asciugarsi e finalmente posso sdraiarmi sul tappeto mentre l’asciugo con le labbra.
“Riportami sul divano ordina”. Ubbidisco.
Lei comodamente seduta, io sempre in ginocchio davanti a Lei.
Si accende una sigaretta. Ne avrei voglia anch’io. Non me la offre ed io non oso parlare. Prende da una borsa delle manette. Mi fa girare e mi blocca i polsi dietro la schiena. Mi mette ai capezzoli delle mollette ancora più strette unite da una lunga catenella. Poi si stende sul divano, allarga dolcemente le cosce e mi tira la testa verso di lei.
“Adesso occupati un po’ della tua Padrona!” mi dice. Ora devo proprio leccarla come si deve. sto terribilmente scomodo, con le mani legate dietro, semisoffocato tra le sue gambe, ma mi do da fare con entusiasmo. Lei ogni tanto tira la catenella provocandomi delle fitte ai capezzoli e mi incita con voce soffocata “dai cane, lecca bene! Datti da fare per la tua Padrona”. Lecco freneticamente dappertutto. Inarca le reni ed io arrivo con la lingua anche dietro. La sento sospirare e gemere e questo mi riempie di gioia e mi da più vigore. E’ faticoso in quella posizione ma è impossibile descrivere la sensazione meravigliosa che provo ogni volta che le sfioro la clitoride e la sento fremere di piacere.
“Ora andiamo sul letto” sussurra finalmente dopo un tempo che mi è parso infinito.
Mi fa stendere sul letto, sale su di me e si siede sulla mia faccia. Continuo a leccare, a succhiare, a baciarla dappertutto, freneticamente, perché sento la sua eccitazione crescere e trasmettersi anche a me. Non è un normale rapporto sessuale, io sono solo un oggetto nelle sue mani. “Avanti verme” mi incita, “fai godere la tua Padrona!” e di tanto in tanto strattona i capezzoli per rammentarmi la mia sottomissione.
Ma ora con una mano la Padrona mi sta accarezzando il sesso!!!! Sento le sue parti intime contrarsi e capisco che sta per raggiungere ancora l’orgasmo. Le sue dita mi graffiano il petto….le sue mani??? Ma allora chi mi sta accarezzando il membro? Cazzo c’è qualcun altro, non riesco a vedere chi sia ma ora distinguo chiaramente il suo respiro eccitato, è una donna, ma chi diavolo può essere…… Angela geme e sospira sempre più finchè la sento scoppiare in un orgasmo mentre quella mano continua ad eccitarmi. A quel punto non resisto più e scoppio anch’io schizzando come non mai e affondando sempre più la lingua nel ventre della mia Padrona.
Mi sento morto! Lei si alza ed ora posso finalmente dare un volto a quella mano che mi ha portato all’orgasmo. Cosa!?!?!?, Egle la moglie del capo. E’ bellissima, arrossata per il recente piacere, è chiaro che si è masturbata. Era qui fin dal mio arrivo, nascosta chissà dove, complice di Angela fin da quando mi trascinò nell’ufficio del marito. Mi fa l’occhiolino, un sorriso dolcissimo. Ed anche i suoi occhi sorridono.
“Veramente” mi dice, mentre bacia Angela sulla bocca, “non ti avevamo ancora dato il permesso di venire”…..chiarendo subito che da questo momento le mie Padrone sono due, “per punizione vai in bagno a lavare tutta la biancheria. Ah, dimenticavo, visto che da domani le cose si faranno un po’ più dure per te, le foto che ho scattato oggi le useremo se decidessi di andar via prima della fine dell’addestramento”. La testa di Angela è già tra le sue cosce, se avessero potuto vedere la reazione del mio membro a quelle parole, avrebbero capito che le foto non servivano più……
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