Contrariamente a quanto avevo immaginato, non uscimmo, ma raggiungemmo invece un piccola porta, che immetteva in uno stanzino nel sottoscala.
Dentro, una finta parete era spalancatae un passaggio discreto e segreto, portava ad una scala che scendeva sotto terra.
Dopo le prime due rampe in cemento si giungeva a un pianerottolo ricavato nella pietra viva; un angusto passaggio, anche questo camuffato, portava a una seconda scalinata scavata nella pietra, dai gradini antichi e consunti. Un odore di chiuso mi assalì mentre scendevo, alle spalle di Iside.
Gli altri, portando fiaccole, erano tutti dietro di noi formando un corteo silenzioso, quasi spettrale.
All’ ingresso, sempre ricavato nella roccia, c’ era un grosso segno in bassorilievo, rappresentava una doppia ascia. Non l’ avevo mai visto prima, eppure mi risultò immediatamente familiare.
Dopo un cunicolo arrivammo in una cavità di cui si vedeva solo il soffitto, erosa dall’ acqua, chissà quanti milioni di anni prima.
Non si vedeva altro, davanti a noi si stagliava un paravento di stoffa, che precludeva la vista del resto della grotta.
Eravamo una cinquantina, su un piccolo sbalzo piatto di roccia, e improvvisamente ci trovammo nel buio più totale.
Ma io “vedevo” pur senza usare gli occhi.
Ebbi certezza di trovarmi in una cavità sconfinata, sentii distintamente la presenza dell’ acqua non lontano da noi, sentii anche che ... non eravamo soli, laggiù: altri esseri viventi, sotto di noi, si muovevano nel buio in quello spazio sconfinato.
Con passo sicuro e solenne, e con una piccola lampada nella mano, il Mastro di Chiavi, attraversò il gruppo degli astanti, per porsi di fronte a noi; alle sue spalle nel buio fitto, intravvedemmo figure che, veloci, facevano scivolare via il paravento:
Con un gesto ampio ad effetto, mosse la mano verso le sue spalle, indicando il buio pesto ...
Immediatamente le luci sfolgorarono e alcuni valletti diedero fuoco a fiaccole estetiche, messe nei punti strategici, uno scenario mozzafiato si era nascosto dietro il paravento appena rimosso.
La grotta era sconfinata, enorme.
Noi eravamo sbucati su uno spiazzo a circa dieci metri di altezza e potevamo dominare la spettacolare veduta.
Stalattiti e stalagmiti, bianche e immacolate formavano in molti punti vere colonne di alabastro e cattedrali.
In vari punti lontani, la roccia calcarea era stata scolpita nei millenni, in forme strane, dagli infiniti colori.
In molti punti il calcare aveva formato, pareti di quarzo bianco con sfumature ora rosa, ora azzurrine.
Nello scenario stupefacente, sulla spianata del fondo, un laghetto delizioso, era stato circondato con carretti di legno pieni di piante.
Enormi falò, tenuti a bada fino ad allora, vennero fatti riprendere, e le fiamme scoppiettavano gioiose, dipingendo il buio a larghe pennellate palpitanti.
Nella spianata erano stati sistemati letti tondi, panche, divani, paraventi, tutto adornato e servito da stoffe damascate o sete pregiatissime.
Tavoli e tavolini ovunque al servizio degli ospiti e ...
decine di bancarelle, le tipiche bancarelle delle fiere di paese, tipiche di ogni parte d’ Italia, che offrivano prodotti tipici da Sagra ... castagne, carni cotte e crude, salumi, formaggi tipici, carrelli che friggevano frittelle.
Altre postazioni offrivano pesci fritti, frutti di mare crudi, caviale e salmone.
Su un lato era stato improvvisato un tavolaccio di legno dove un energumeno in canottiera e cappello da chef impastava pizze Margherita, al suo fianco uno scalcagnato ragazzo, si preoccupava di infornarle in un forno portatile, costruito apposta su un carrello.
Un altro lato ospitava una piccola, ma valorosa orchestra, che iniziò a intonare una selezione di brani estremamente piacevole e attuale.
Scendendo le scalette che avanzavano comode, come un sentiero, fino a portarci giù, ci trovammo tutti al centro della Sagra “di tutte le sagre”.
C’ erano gli artisti di strada, saltimbanchi, mimi, fattucchiere ... padiglioni con i tipici giochi da Luna Park: prove di forza, giostra, lancio di anelli, tiro a segno ... una festa così, io non l’ avevo vista mai.
Intanto dalla scaletta scavata nella roccia arrivarono altri gruppetti di persone, gente elegante, probabilmente dei VIP estremamente selezionati, che però non avevano partecipato alla Cerimonia precedente.
Come ospite d’ onore arrivò il signore, accompagnato dalle sue inseparabili ancelle ... tuttofare.
Come al solito erano stupende. Mi lanciarono uno sguardo di intesa e, impercettibilmente, perché gli altri non se ne accorgessero, abbozzarono con la testa un piccolo inchino deferente.
Il “signore” venne presentato come Sig. Mèndele: parlò poco, ma osservava e ascoltava con interesse le varie conversazioni.
Mi sembrò di capire che venivano presi degli appuntamenti successivi con alcuni dei più importanti degli ospiti intervenuti.
A intessere le presentazioni e le relazioni era il Mastro di Chiavi.
La festa proseguiva, la musica non mancava, mentre si pasteggiava a champagne.
Ad un certo punto le luci si abbassarono quasi completamente e rimanemmo alla luce dei grandi bracieri ... io vedevo sempre meglio e sempre di più, con l’ uso del terzo occhio, solo che ero molto confusa tra ciò che vedevo realmente e ciò che cominciavo a intravvedere. Per esempio: alcune persone le vedevo distorte, come vibrassero, e avevano due aspetti uno umano e uno strano, diabolico, ma non mi facevano assolutamente paura, anzi.
Mi sentivo dominante e piena di potere, mi sentivo forte e indomabile.
Il Maestro di Chiavi mi prese ancora per la mano, e mi portò presso un grande divano tondo pieno di cuscini, molto elegante.
Venni presentata in pompa magna, parlava di me come di una prescelta, definì delle mie sconosciute parentele e, alla fine, dichiarò apertamente che quella sera, attraverso me, la Dea stessa, partecipava al Sabba ... e questo era un evento eccezionale.
Io non sapevo cosa credere ne pensare, ma effettivamente mi sentivo una regina, mi sentivo superiore a tutti quella sera, e quello era uno stato veramente insolito per me: una povera ragazza di provincia.
Allora, la musica si fece più bassa, ma i tamburi incalzavano con un ritmo sempre più ancestrale, le due ragazze di scorta al “padrone” mi si appropinquarono deferenti e, con una danza sempre più eccitante mimarono una caccia nei miei confronti.
Mi volevano prendere, ma abbozzavano i movimenti senza portare a temine i loro intenti. Mi braccavano come lupi pavidi, meglio: come iene.
Aspettavano di fiaccarmi per avermi alla loro mercé.
Le luci pulsavano, io sudavo e ballavo, ormai non avevo più una volontà mia, ma ero posseduta ...
I miei movimenti col bacino e le mie sinuose roteazioni dovevano essere eccitanti a giudicare dai volti arrapati che vedevo nella penombra.
Col favore delle tenebre molti degli astanti avevano indossato delle mascherine nere e, specialmente le donne, cominciavano a risentire del “calore” erotico che si sprigionava dalla nostra danza.
Finalmente le ragazze, mi raggiunsero con le loro mani e iniziarono a spogliarmi ad ogni assalto, mentre io fingevo di schernirmi.
Alla fine fui sopraffatta, mi trascinarono sul divano e mettendomi a quattro zampe, mostrarono a tutti la mia vulva, carezzando e dilatando le mie grandi labbra come fossero un siparietto.
Mi leccavano al figa avvicendandosi. Mi mordevano il sedere come lupi, mi ghermivano i seni, finché non si avvicinò il “signore”, ma io non lo temevo più, la notte prima, col suo grosso cazzo mi aveva già deflorata a dovere, anzi ... adesso, eccitatissima e bagnata, avevo una gran voglia di farmi fottere, sovreccitata dal mio senso di dominio e dalla mia sfacciataggine a fare in pubblico ciò che, fino a pochi giorni prima non osavo fare nemmeno in privato.
Lo spettacolo di noi tre, ormai completamente nude che litigavamo e lottavamo, le nostre forme giovanili e perfette, la pelle lucida che brillava di sudore ... persino la ragazza ermafrodita, che offriva uno spettacolo eccitante e parossistico, col suo pene sottile sulle forme da modella, aveva fatto salire la pressione intorno a noi, e tutti gli occhi erano puntati ... in attesa di nuovi ed eccitanti sviluppi.
Non poche donne, anche di gran classe, si erano tolte via gran parte degli abiti, restavano in lingerie e mascherina, esibendosi a loro volta, cercando un plauso alla loro insostenibile voglia di essere troie.
Chi poteva, strusciava le mani o i fianchi sulle patte degli uomini, senza rispettare l’ assortimento iniziale; cercavano i cazzi duri dove capitava.
E i mariti non si ribellavano: anzi, osservavano con libidine quella promessa di promiscuità.
Il sedicente barone satanico, però, non aveva gran voglia di ballare, al contrario, dimenticando l’ eleganza dei gesti precedenti e le buone maniere, si lasciò andare, spogliandosi rapidamente, tanto da strappare i bottoni dagli abiti.
Sott’ occhi mi accorsi che si stava trasfigurando, alle mie spalle non vi era più il ben fornito anziano gentiluomo, ma un essere possente, peloso, molto simile, per molti aspetti a una belva feroce.
Soprattutto dal bacino in giù il suo membro e le sue zampe erano ormai animalesche e lui ansimava a odorava l’ aria cercando l’ odore della mia figa.
Lo vidi e lo sentii talmente infoiato, nel cercarmi senza tregua, che ne ebbi paura.
Vedevo distintamente una coda che frustava l’ aria intorno a lui, mente gli astanti erano impauriti ed eccitati da quella scena arcaica, bestiale.
In un balzo mi fu addosso, mentre le ragazze si allontanarono lestamente per lasciarci da soli.
Lui grugniva, ansava e si spostava continuamente sulle zampe posteriori, mentre con le braccia mi teneva salda e ferma, alla sua mercé.
Finalmente il suo membro spuntato da una guaina pelosa, venne fuori vibrando, come una lunga e spessa lingua di carne viva.
Col la punta di quel glande animalesco trovò la vagina ... e colpì a fondo.
Lo sentii come una scossa elettrica, pervadeva la mia spina dorsale.
Appena fu sicuro di essermi dentro, non mi mollò più.
Cominciò a chiavare come un forsennato, ballonzolandomi alle spalle, senza mollare e vibrando colpi all’ impazzata, mentre con le narici soffiava l’ aria gelida sulla mia schiena.
Saltavo in avanti sotto quelle spinte senza tregua, la punta del suo arnese mi picchiava dentro, come un trapano a percussione ... mi girava la testa.
Misteriosamente il lungo cazzo roteava in tutte le direzioni ed io lo sentivo dentro come un serpente vivo e vitale.
La gente intorno era folle di goduria: tutti si masturbavano, si toccavano,si lasciavano andare, ma non volevano perdersi un solo istante di quella scena lubrica e volgare.
Il “signore” era ormai belluino anche nei modi. Non parlava, ma grugniva e digrignava i denti.
Speravo che quegli assalti di fuoco nella vagina smettessero presto, non c’ era alcun piacere a sopportare quell’ attrito violento e inarrestabile.
Non potevo sottrarmi, si era incollato letteralmente a me ... e non mi rendevo conto di come fosse accaduto.
Ma ispezionandomi con la mano capii...
Mi aveva ancorata al suo lungo cazzo rosso e osceno, perché una grossa palla di pelle si era gonfiata dentro la mia vagina. Alla radice del lungo pene infilzato in me.
Funzionava come un catetere, non potevo toglierlo dal mio buco, se non strappandomi la carne ... ebbi paura davvero.
Per fortuna di lì a poco luì sborrò, liquido e freddo seme, a fiumi, dentro me: non finiva mai.
La sborra acquosa continuava a pervadermi e a scorrere dalla figa, mentre lui affannava su di me, restando a sua volta bloccato dalla palla di carne che ci ancorava.
Provammo a districarci per vari minuti, ma sempre eravamo costretti a fermarci, respirando affannosamente, bloccati, incastrati, lui bloccato dentro me, e il pene che non si afflosciava.
Finalmente puntando i piedi per terra per l’ ennesima volta e strappando, il palloncino si sfilò dalla figa, che con una dilatazione improvvisa, da partoriente, lasciò sfuggire il cazzo satanico.
Mi accasciai su un fianco, senza forse e addolorata, cercando di riposare.
Introno a me, l’ orgia era ormai scoppiata, ogni donna cercava il cazzo di un estraneo, e si divertiva a guardare con occhi di sfida e atteggiamento da puttana, il proprio partner che doveva subire l’ affronto.
Molti si consolavano mettendolo in bocca alla prima che capitava. Qualcuno lo metteva in bocca anche ad un altro uomo, che lo succhiava di gusto, spesso sorprendendo la sua stessa donna: non avrebbe mai immaginato il marito, che si divertiva a fare pompini.
Le ancelle mi diedero un poco di tregua, ma capii che le mie prestazioni “divine” non erano finite.
Proprio molti di quelli che avevo intuito essere VIP, come una benedizione e un augurio, si presero e ottennero, mio malgrado, il diritto di inzupparsi in me.
Ordinati e in fila, erano uomini di ogni età, forse più di venti ...
per mia comodità venni distesa sul divano con le gambe divaricate e i polpacci tenuti dalle ragazze, che collaboravano a farmi possedere al meglio da quegli estranei.
Il primo lo ricordo bene, era elegante e vestito solo con la giacca e la camicia, sotto era nudo e arrivò con il cazzo già in tiro, volle il mio culo e lo prese rapidamente.
Le ragazze mi lubrificarono e lui lo infilò, senza cerimonie, estasiato dal contatto con la Dea.
Dalla mia figa, ogni tanto ancora fiottava dello sperma della precedente copula satanica, il liquido colava freddo. Nemmeno la lunga permanenza nella mia vulva era riuscita a dare calore a quel seme guasto.
Il primo ad avermi inculata aveva un atteggiamento estatico e mi possedette con molta decisione, aprendomi l’ ano con forza e decisione, feci del mio meglio per collaborare e soffrire di meno, ma come sempre, i primi affondo nello sfintere mi lasciavano indolenzita.
Mentre mi rilassavo al punto di far viaggiare quel cazzo con disinvoltura tra le natiche, un altro uomo, questa volta anziano e panciuto, girò intono al divano e me lo mise in bocca.
Il suo membro non era molto duro, ma premeva tanto da gonfiarsi dentro la mia bocca, entrambi si servirono per poco dei miei buchi e senza goderne completamente.
Era ovvio che erano posseduti da qualche droga o da qualche pensiero fisso, perché facevano ben poco caso alla parte erotica di quei rapporti; invece si accostavano all’ atto con me, come si trattasse di un rituale, religioso e pregnante.
I primi educatamente si fecero da parte per permettere anche agli altri di darmi dei colpi col cazzo.
Mi si avvicinavano e penetravano i miei buchi metodicamente, senza ancora provare particolare piacere.
Le donne guardavano gelose e si sfogavano con i cazzi di chi non poteva accostarsi a me non avendone il diritto ... almeno credo.
Dea o non dea, quella situazione mi coinvolgeva sempre di più, tutti si occupavano di me, ero guardata, osservata, preparata e goduta.
Intorno a me, che ero distesa con le gambe aperte e le ginocchia divaricate, era un via vai di uomini, con i membri più o meno eretti.
Guardando dal basso la visone era integrale: vedevo i membri, grandi o piccoli, spessi o sottili, e le sacche dei coglioni, alcune piccole e serrate altre, specialmente quella dei maschi più anziani, grosse e gonfie, spesso ballonzolanti.
I lunghi peni mi circondavano, vedevo praticamente solo cazzi, che ad ogni più piccolo moto, ondeggiavano liberi come una foresta di canne al vento ... mai più in vita mia ne ho visti tanti e tutti insieme.
Benché il rapporto sessuale avesse perso ogni intimità, inizia a provare piacere proprio dal distacco, a volte addirittura distratto, con cui mi chiavavano.
Qualcuno arrivò persino mentre reggeva una coppa, e, appena si presentava l’ occasione, me lo infilava completamente, magari in bocca.
Le ragazze intorno andavano e venivano, carezzandomi, incoraggiandomi, spalmandomi di creme antinfiammatorie e analgesiche, così anche nel prenderli quasi tutti anche nel culo, non sentivo più alcun dolore, solo il piacere della dilatazione anale.
Alcune donne, troppo eccitate per restarne fuori, si avvicinarono di più ... guardavano invidiose, sia me che tutti quei fortunati, muniti dell’ attrezzo giusto per fottermi.
Molte signore si accostarono per baciarmi, sia la bocca, che la figa e i’ ano.
Molte ancora mi succhiavano i capezzoli, sussurrandomi parole dolci, complimenti osceni e frasi piene di desiderio.
Altre si abbassavano sui cazzi di quelli che aspettavano per infilarmelo e glieli prendevano in bocca, per mantenerli duri e in tiro.
Tutti, indistintamente erano nudi, dalla cintola in giù.
Quando ormai non mi chiedevo più quando sarebbe finita quella manfrina, cominciarono le sborrate: la prima, quella di un uomo sulla quarantina, bello ed elegante, venne dal basso.
Toccava a lui di fottermi, ma mi accorsi che già era entrato in me col cazzo teso oltre ogni misura. Dopo una ventina di chiavate violente è profonde, ancora non si staccava, muggiva e mi teneva stretta, come se mi volesse come una preda, tutta per se.
Poi tremando di intenso piacere tirò fuori il membro dalla mia vagina e lo prese in mano, in ginocchio troneggiava davanti a me: sussultando convulsamente iniziò a sborrare.
Per alcuni secondi i fiotti partirono con una forza mai vista, passandomi sul corpo e arrivandomi fino ai capelli. Poi sborrò ancora, sulla pancia e sui miei seni.
Non contento, si infilò ancora in me e spremette le ultime gocce in fondo alla mia fessa, adagiandosi, felice sul mio corpo...
Ma subito venne tirato via in malo modo: un altro uomo, pronto a venire, si stava facendo la sega e non si conteneva più.
Entro in me in un sol colpo e, senza più muoversi, ma solo tremando e spingendo, colò in me il suo sperma, caldo e appiccicoso.
La vista della sborra eccitò tutti e l’ orgia prese un ritmo più sguaiato e discinto, tutti chiavavano e si inculavano intorno a noi.
Quello che me lo teneva in bocca in quel momento, ne approfittò per sborrarmi in gola, soffocandomi di sperma, anche lui venne tirato fuori improvvisamente, per permettere ad altri due, che proprio non ce la facevano più, di infilare insieme i due glandi tre le mie labbra, spruzzando sborra, contemporaneamente.
Mentre cercavo di non affogare nello sperma odoroso, un altro me lo mise nel culo e contando estasiato: - E uno ... e due .... eeee, eee TREEEE !!! – mi venne in culo, con solo tre botte del cazzo.
L’ eccitazione prese tutti intorno e molti non ce la facevano ad aspettare che un mio orifizio si liberasse, così trovavano un po’ di spazio tra i corpi e sborravano da lontano, pur di farmi piovere addosso il loro seme.
Infatti, ormai ero sommersa da una pioggia di sperma: schizzi salati mi irroravano, un odore indicibile si impadroniva delle mie narici ... il mio culo era un lago in cui almeno sei sborrata si erano fuse in un solo fiume bianco, lattiginoso.
La figa era più a portata di mano e tutti ne approfittavano, molti non chiavavano nemmeno più in me, arrivavano masturbandosi e spremevano lo sperma dentro, come si spreme il limone, premendosi il cazzo con le mani, mentre dal glande, introdotto come una pompa, emettevano il liquido seminale.
Nella mia bocca, molti vennero senza entrare, ma schizzando da qualche centimetro, non trovando spazio, perche avevo già dei cazzi tra le labbra.
Molti vennero almeno due volte, tra i più giovani; molti eccitati come bestie cominciarono a cercare dove fottere anche intorno a se, infilando il proprio pene voglioso, dove gli capitava.
Io non potevo muovermi e a un certo punto, approfittando di un attimo di libertà, pisciai senza controllarmi; il maschio di turno, che era pronto a sborrare, non si fece scrupolo di abbassarsi per ricevere l’ orina sul viso e in bocca, tuffandosi sulla figa: intanto si venne in mano per l’ eccitazione incontenibile.
Pur restando in piedi, nessuno si tirava indietro dal ricevere il cazzo di un altro: mi accorgevo che alcuni di quelli vicino a me, lo stavano prendendo nel culo, perché si abbassavano in avanti per favorire l’ introduzione del cazzo di quello dietro di loro.
Le donne intorno iniziarono ad abbassarsi sul mio corpo per leccare me e la sborra di cui ero pregna, come belve carnivore al pasto, anche loro lo prendevano in culo, ma non avevano il tempo, ne la forza di ribellarsi.
Io, appena potevo, giravo la testa di fianco per sputare parte dello sperma che mi riempiva la bocca, ne avevo ingoiato troppo davvero, infatti eruttavo spesso, spruzzando intorno bollicine bianche di spaccio e saliva.
Le sborrata continuarono ... per tutta la notte.
Io ero in uno stato di eterno godimento, e venivo, venivo, in una serie infinita di orgasmi, carezzata da mani, bocche e glandi, in numero spropositato.
Tutti volevano bagnare la dea o leccarla, almeno un volta.
Cercai di alzarmi, ma non avevo le forze, il divano, il pavimento erano scivolosi, imbrattati di sborra a litri, ormai...
Mentre le ancelle mi portavano via, mi venne in mente Messalina, avevo letto da qualche parte che in una sola notte aveva soddisfatto non so quanti uomini ...
Er
Giovanna
Er
inevitabile follia
Giovanna
Marlen
Post New Comment