Oggi e’ Pasqua, una Pasqua diversa da tutte quelle che ricordo, chiusi in casa, io e mio marito, lui sta vedendo un film, io mi sono messa a cazzeggiare un po’ sulla rete. Ho ancora la pastiera sullo stomaco, mi sa che devo prendere un antiacido, mi fa sempre questo brutto effetto la pastiera. Ma mi son rotta anche di tutte le cazzate dei social, allora ho deciso di buttar giu’ , a come viene viene, il ricordo di quello che mi accadde a luglio dell’anno scorso. Il primo intoppo e’ stato quello del titolo da dare al racconto, mi son decisa per “Una buona azione sotto il sole di luglio” . Si, perche’ credo che sia stata una buona azione quella che feci, di certo qualcuno, qualche volta, mi ricordera’ con piacere nella sua vita che spero sara’ lunga e felice. Ho cominciato a lavorare per necessita’ , da quando mio marito ha avuto problemi al cuore non si trattiene piu’ al lavoro per fare lo straordinario e ha dovuto smettere l’altra attivita’ che faceva per arrotondare. Ho trovato un lavoro di rappresentanza per articoli alberghieri e di catering, sono auto munita e mi faccio il giro di un paio di province della regione come da portafoglio clienti. Non e’ male, si guadagna decentemente, non sto chiusa in casa ed incontro tante persone. Chiedevano una persona di bella presenza con propensione ai rapporti sociali e alla vendita, un lavoro fatto apposta per me. Era intorno al 23 luglio, fra poco piu’ di una settimana sarei andata in ferie, avevo impellenza di fare il giro dei clienti. Verso le due del pomeriggio, ero alla guida, mi agitavo sul seggiolino che ormai non riuscivo quasi piu’ a trattenere la pipi’. Per gli uomini e’ facile, accostano, lo tirano fuori e pisciano, fregandosene pure di chi passa ma per noi donne e’ piu complicato. Prima devi trovare dove farla, un posto che non ti esponga troppo alla vista dei passanti, poi devi accucciarti , farla e poi asciugarti con il solito cleenex, infine tirare su tutto l’ambaradam di mutande e collant. Fortunatamente ero in mezzo alla campagna infinita della provincia di Caserta, trovo un viottolo che si inoltra verso i campi, lo imbocco e , trovato uno slargo, fermo l’auto e mi metto a pisciare sfruttando pure la copertura che mi dava il mezzo. Ero li che irroravo il terreno arido e bruciato dal sole di luglio quando mi accorgo di un ragazzo che mi guardava da dietro una siepe, magro come uno stecco, piccolo, bruno bruno, con dei magnifici occhi spiritati alla vista delle mie grazie. Il primo istinto fu quello di alzarmi e ricompormi ma la pisciata era lunga ed ancora a meta’, se mi fossi alzata di scatto non sarei riuscita ad interrompere il flusso di orina e mi sarei pisciata addosso. Poi, e qui dovrei vergognarmi, un po’ mi intrigava di far allupare quel cucciolo, anzi mi sistemai per garantirgli la miglior visuale delle mie gambone di signora matura e della bella e grossa fica che mi ritrovo dalla quale fuoriusciva un generoso getto di piscia. Mi ero resa conto che si stava segando e volevo fornirgli la miglior vista possibile. Mi scoprivo un po’ esibizionista, ma era un dolce cucciolone, non certo un adulto pericoloso, poi pisciando pisciando avevo intravisto un interessante sfilatino nella sua mano destra. Quando finalmente finii di liberarmi, mi rialzai e tirai su le mutande, lui aveva ancora l’uccello in mano e io gli feci segno di avvicinarsi. Si avvicino’ titubante ed un po’ timoroso di un mio rimbrotto. Che bel ragazzo, forse nord africano,magro magro come mio nipote, con degli stupendi occhi neri e capelli ricci scuri come la notte. Forse uno di quei poveretti, adolescenti che la vita ha fatto diventare presto adulti, che arrivano dal mare senza la mamma e che finiscono poi a lavorare nei campi.Mi meravigliai dello stupendo affare che aveva, incredibile, il suo cazzo era quasi piu’ grosso di lui, ritto come un fuso spuntava dai suoi approssimativi pantaloni come una grossa salsiccia. E si che ne ho visti di grossi ma pensavo che solo un uomo adulto potesse raggiungere certe dimensioni, ma sto ragazzo superava ogni mia esperienza precedente. Lui ormai mi era vicino, allungai la mia mano per toccarglielo ed accennai a segarlo, non si ritrasse ma chiuse gli occhi per il piacere. Capii che se gli avessi dato qualche altro colpetto mi avrebbe sborrato addosso, ormai era li li per venire. Allora mi abbassai le mutande, mi piegai a pecora appoggiando le mani sul sedile del passeggero e gli feci segno di infilarmelo dentro.Mi penetro’ in un colpo solo strappandomi un grido, mi pareva che mi fosse entrato un TIR nella fica, duro come il marmo arrivo’ dove nessun altro era mai arrivato, mi distese la vagina come nessuno aveva fatto da tempo. Mi aveva abbracciata da dietro unendo le mani sulla mia pancia di signora, mi sembrava un coniglietto che fottesse un ippopotamo, solo che il coniglietto aveva un cazzo equino. Mi fotteva e diceva “ um, um” , poi ho saputo che significa mamma. Ma dopo nemmeno mezzo minuto, quando avevo cominciato a godermelo davvero, venne sborrando nella mia fica. Rimasi sgomenta, avrei voluto che durasse di piu’ ma dovevo aspettarmelo, era troppo giovane. Ma mi sbagliavo, dopo l’orgasmo si fermo’ per un po’ senza pero’ uscire dalla mia fica, gli era rimasto duro e gonfio, e riprese a chiavarmi. Mi chiavo’ per tre volte di fila, ormai dalla mia fica, fra il suo sperma e le mie secrezioni veniva fuori una schiuma che mi colava per le gambe fino alle scarpe e la mia fica scoreggiava allegramente sotto quell’ incredibile pistone. Era da tanto che non godevo cosi’ e avevo dovuto controllarmi per non urlare agli orgasmi che mi assalivano. Quando fini’ quasi non si reggeva in piedi, lo feci sedere nell’auto mentre, preso lo straccio che tenevo in macchina, cercavo di asciugare e pulire le gambe e le scarpe dalla panna che era uscita dalla fica. Una ripassata con i soliti fazzoletti inumiditi e rimisi le mutande sentendomi magnificamente soddisfatta. Mi misi al posto del guidatore e gli offrii il panino e la bibita che mi ero comprata e non avevo ancora consumato. Lo mangio’ di gusto. Non parlava italiano, solo qualche parola. Quando fini’ il panino presi dei cleenex e provvidi a pulirgli il pisello che non era in condizioni migliori della mia fica. Il suo cazzo torno’ duro sotto le mie manovre e finalmente mi consentii quello che non avevo avuto il tempo di fare prima. Cominciai a fargli un pompino mettendocela tutta per aprire la bocca. Ma la fica reclamava ancora la sua parte e abbassato il seggiolino lasciai che lo scricciolo si mettesse fra le mie gambe e ricominciasse a farmi godere. Dalla mia fica colava tanto lubrificante, allora con un po’ di manovre dovute piu’che altro alla mia stazza, gli misi il culo in favore di cazzo, rimase un po’ interdetto, ma gli feci capire a gesti quello che volevo. Non avevo mai provato un affare del genere nel culo, ma duro come era e ben lubrificato dalla mia fica, entro’, senza troppi problemi e lasciai che finisse sborrando dietro. Il sole picchiava ed il sudore e tutto quello che era uscito dai nostri sessi avevano intriso il seggiolino, pensai che avrei dovuto far lavare l’auto ed affrontare gli sguardi e i sorrisi di intesa dei ragazzi dell’autolavaggio che avrebbero certamente capito che in quella auto una piacente signora curvy di 52 anni aveva goduto di brutto. L’odore del sudore, del sesso e della inculata si sentiva, dovevo farla lavare prima di tornare a casa. Prima di salutare il mio giovanissimo amante gli diedi un bacio sulla guancia ed una carezza. Credo che non mi dimentichera’ mai anche se non ha mai saputo il nome di quella signora che aveva chiamato “mamma” non conoscendo altra parola per l’ amore di una donna adulta e che un pomeriggio di calura estiva gli aveva donato il suo corpo. Io nemmeno conosco il suo nome, me lo disse ma non so pronunciarlo, ma per me sara’ sempre “Scricciolo” come ,nel piacere, lo chiamai io.
Mr Gwyn
Leo
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