Parte prima
- E questa è Nicòle! Visto? Te lo avevo detto che non era più una bambina … il tempo passa in fretta, accidenti! – la mamma della ragazza sorrise a Flora, la sua amica.
– Su Nicòle, stringi la mano a Flora, presentati come si deve. Dai! – la donna incalzava la figlia, in quanto teneva a far bella figura; amava ostentare la figliola come un trofeo, per dimostrare a tutti la sua buona sorte e la sua conseguente esistenza felice.
Nicòle sbuffò sbarazzina e mimò un inchino teatrale, poi stemperò la birbanteria con un sorriso genuino e radioso:
- Piacere! – disse rapidamente - Scusa, ma mia mamma mi farebbe sfilare come al circo, se potesse.
- Certo! - disse sua madre prendendola in giro – Perché solo in un circo sfilano le scimmie come te! –
Flora rise divertita: – Non c’è che dire – cominciò – non potevate essere più “diversamente” simili.
Strinse la piccola mano della ragazza squadrandola da testa a piedi: - Ha ragione tua mamma. Sei veramente bellissima … come scimmietta, intendo! – risero di gusto tutt’e tre.
Poi Nicòle e sua madre seguirono Flora all’interno della villetta in periferia, ma collegata facilmente al centro città.
- Vi preparo un bel tè, lo gradite? Oppure una cioccolata … non so, scegliete voi stesse, non fate complimenti.
La cucina faceva parte di una sala ricavata in un unico grande ambiente che ospitava una zona divani e un tavolo da pranzo. Sul fondo, davanti a un ampia vetrata, una lunga bancalina di legno di noce, faceva da separé alla zona cucina: questa era bellissima, tutta rivestita in tozzetti di ceramica dieci per dieci, in una sequenza infinita di sfumature di colore che andava dal giallo al marroncino e trasmettevano un senso di accogliente calore. Tutto, in quella casa, era lindo e sapientemente inserito con raffinatezza ma senza ostentazione.
Erano anni che le due donne non si incontravano e la madre di Nicòle si gustava quei momenti.
- Se me lo avesse predetto un’indovina, non ci avrei creduto, così lontane da casa... per poi ritrovarci qui. Sono proprio contenta! – Mentre Franca, la madre di Nicòle, era vivace, a volte quasi aggressiva, Flora aveva pure un carattere allegro, ma parlava di meno.
Era una di quelle persone che ti danno sicurezza: un sorriso quieto accompagnava ogni suo gesto e guardarla preparare il te era rilassante, così come tutto l’habitat che si era creata intorno.
A Nicòle piacque subito quella figura di donna matura e prosperosa… con i seni generosi che premevano da sotto il camice semplice che indossava per casa.
- Nicòle, preferisci della cioccolata calda? – chiese Flora con la voce di seta solleticando la golosità della fanciulla: - Oh, si, per favore… la cioccolata è molto più buona del te, la ringrazio. – rispose, mentre ispezionava la casa con lo sguardo.
- Dammi pure del tu, Nicòle – disse Flora - non sono mica vecchia come la tua mamma… ! – rise, ostendando quei suoi denti piccoli e bianchi che sembravano tante perle. Franca protestò, bonariamente.
- Vieni Nicòle, forse ho qualcosa per te: ti dovrebbe piacere più delle nostre chiacchiere… - le fece strada verso la zona living, dove un grosso televisore era posizionato su un tavolino, zeppo di vecchi film in DVD.
- Qui dovresti trovare qualcosa di adatto a te, la figlia di mio fratello lascia in giro un sacco di questi film… dovrebbero essere di quelli che piacciono tanto alle ragazze.
- Wow! – esclamò estasiata lei, scartabellando tra le custodie di plastica – ma questo è l’ultimo con Brad Pitt… o per favore … - guardò Flora, cercando di interpretare la sua migliore interpretazione di “occhi da cerbiatto” – posso guardarlo adesso?
Flora dovette fare uno sforzo su se stessa per non restare incantata e godersi quegli stupendi occhioni languidi, così, sbrigativamente, replicò:
- Ah, cara mia, per me Brad Pitt te lo puoi anche sposare, non guardo mai film moderni, quindi …
- Nicòle! Tra breve dobbiamo tornare a casa! – urlò Franca in direzione del salotto, dove la figlia si era già impossessata del telecomando, e con la maestria tipica dei giovani, aveva già effettuato tutte le manovre per far partire il film sul grande schermo piatto della televisione.
– Dobbiamo rientrare di corsa. – poi rivolta a Flora – Sai cara non stavo nella pelle dalla voglia di rivederti, ma siamo appena arrivati … figurati che a casa ho ancora gli operai che montano i mobili, e lunedì dobbiamo già prendere servizio: non sto qui a raccontarti che casotto possa esserci a casa mia! –
Intanto Flora, incurante del tornado che scatenava sempre Franca, continuò con metodo le sue operazioni: servì un buon tè per entrambe sul tavolo della cucina e poi raggiunse Nicòle con una tazza di cioccolata fumante e un piatto di biscotti fatti in casa che poi sparirono rapidamente dal vassoio.
Franca intanto era già in piedi, scattata come una molla:
- Dai, sono curiosa di vedere la tua casa! – disse, mentre col mento indicava la ragazza, che ignara era rapita dalle prime immagini del suo “bel tenebroso”. Flora capì e con il suo tè tra le mani fece strada all’amica per le scale che portavano al piano superiore. Lì c’erano due camere e un secondo bagno molto comodo e spazioso.
- Ma è carinissima: che bella! – disse la signora Franca – e … queste mattonelle, deliziose… ti spiace se approfitto? –
- Ma scherzi? – disse guardando Franca, che rapidamente si abbassò pantaloni e le collant, per urinare. – Vengono dall’Italia… Vietri sul Mare, per la precisione… i listoni sono tutti decorati a mano, uno per uno. Piacciono tanto anche a me … hanno i colori forti che si vedono solo nei posti in cui il sole è splendente.
Mentre si dava una controllata davanti allo specchio ovale, incassato nell’intonaco e circondato da una cornice, anche essa in ceramica, Franca divenne più confidenziale nei toni e raccontò rapidamente le sue ultime peripezie all'amica.
Era un momento di sbandamento totale… suo marito, il padre di Nicòle, era stato trasferito in fretta da una città all'altra. La stessa Franca, per fortuna, aveva trovato impiego grazie a un collega di lui: un lavoro da cassiera. Anche se spesso le sarebbe toccato svolgere il turno serale non si lamentava, dopotutto l'importante era aver trovato un lavoro.
Lui aveva altri due figli, dal primo matrimonio, ma erano grandi … anch'essi si erano trasferiti per necessità, ma presto si sarebbero organizzati per andare a vivere nella stessa città dove frequentavano l'università.
Flora la seguiva quieta, sorbendo il tè cercando di non perdersi tra quelle descrizioni frettolose… l’amica aveva accennato qualcosa riguardo “a un po’ di aiuto” su cui contava, ma Flora preferì ascoltare attentamente, per capire dove “la Franca” volesse andare a parare.
In realtà, la mamma di Nicòle, chiedeva se, nei pomeriggi in cui era al lavoro o impegnata, la ragazza poteva stare da Flora. Quello che Franca chiedeva soprattutto, più che una semplice mano, era un rifugio, un angolo di pace dove la sua amata Nicòle potesse confidare in un minimo di normalità. In effetti, in quei giorni la sua famiglia era allo sbando: le donna, nel trambusto del trasloco e del cambiò di città, aveva scoperto il tradimento di suo marito con una collega, con tutti i conseguenti attriti e litigi. Vecchi problemi irrisolti del passato si erano insinuati in seno alla famiglia ed ora stavano minando ogni possibilità di mantenere il rapporto nella normalità.
- La piccola è agitata e nervosa – continuò Franca – e la nostra famiglia è talmente scombinata, che noi stessi siamo incerti sulle scelte da compiere… - la fissò, – ecco: vorrei affidarti Nicòle per il doposcuola affinché tu possa insegnarle la lingua e aiutarla a passare questo momento piuttosto complicato. Naturalmente sarai adeguatamente retribuita... è ovvio! Sai non me la sento di affidarla a un’estranea in un paese che non conosce… per lei sarebbe solo un ulteriore trauma e, francamente, vorrei evitarle altro strapazzo.
Flora la interruppe, alzando decisa una mano:
- Alt, tesoro mio! – disse decisa – Non è una questione di soldi... figurati … ma ciò che mi chiedi è di grande responsabilità. Cosa ti fa credere, poi, che le maioliche italiane e la cucina in veranda rappresentino il paradiso? – la squadrò quasi offesa: - Anche io ho una mia vita, sai? Il fatto che vivo da sola non vuol dire che non ho “nessuno” ma, soprattutto, anche io ho i miei problemi… purtroppo. – e il suo viso si ammantò di un velo di tristezza. I loro occhi si incrociarono… Flora sorrise, vedendo lo sguardo sparuto di Franca, sembrava lei la bambina confusa, adesso.
- Oh, insomma – disse infine risoluta – e va bene! Facciamo una settimana di prova, ok?
Franca annuì, aveva la stessa aria di un cane che scodinzola – Però voglio sapere con precisione i giorni in cui la ragazza verrà da me. Io posso riceverla dalle tre. Non prima. Sono impegnata col lavoro e dalle mie cose … e la sera a casa alle venti. Per domenica prossima ti farò sapere se voglio, e posso prendermi l’impegno, di fare da baby sitter a una “bambinona” più alta di me!
Si accordarono su un compenso forfettario per le spese, ma non era quello il problema che sarebbe potuto sorgere tra loro.
Quella sera da sola nel lettone Flora, ad occhi chiusi, tornò con la mente tutto alle impressioni che le aveva suscitato Nicòle.
Le forme acerbe, i seni piccoli e, di certo, duri come il marmo... a questo punto i suoi pensieri si illanguidirono immaginando il fiore acerbo tra le sue cosce… avrebbe pagato per poterlo almeno annusare proprio in quel preciso istante, ma per ora quello era e doveva rimanere solo un sogno.
Ma intanto i suoi pensieri diventavano sempre più lascivi. Allora le immagini, che in quel momento creava con la fantasia, si confusero con i ricordi più reali e tangibili del passato. Il volto della ragazzina si confuse con quello della madre, quando era giovane e fresca: la rivide mentre abbassava la testa, dai capelli fluenti e lei che si tuffava sulla sua figa bagnata e intrisa di odori che sapevano di piacere appena provato, anche la lingua di Franca affondava in profondità nel suo fiore. Ricordò tutte le volte in cui ella stessa aveva ricambiato quell’esasperante frugare con la bocca tra i peli della vulva fino a scavarne il solco per profanarlo con bramosia.
La fessura di Franca, nell’eccitazione del desiderio, si confondeva con quella di un’altra, una donna sconosciuta, una silhouette dai contorni indefiniti disegnati dal controluce, rendendo impossibile indovinarne i lineamenti del viso. Ma poco dopo, fresca come rugiada e sottile come uno stambecco riusciva a riconoscere l'innocente, giovanissima Nicòle.
Ansando e grondando umori, la donna se ne venne tra le dita, introdotte da tempo nella sua figa di femmina matura.
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