Ecco: finalmente, fuori dal Terminal. Erano le 10 del mattino, un’ora accettabile per contattare sua zia, così iniziò a comporre il numero, mentre cercava di raggiungere l’area dove si faceva la fila per i Taxi. Non che si sentisse sperduta, le esperienze vertiginose dell’ultimo anno, le avevano dato la capacità di contare su se stessa senza lasciarsi prendere dal panico!
Dopo due mesi di vita monotona, dai nonni, si trovava sul punto di riprendere in mano i capi della sua esistenza italiana; ormai l’America sembrava sempre più lontana… Una sera, salendo in camera, scoprì che il vecchio cellulare di Pam lampeggiava nel buio. L’aveva lasciato lì, sotto carica, e poi dimenticato. Era arrivato un messaggio: “Contattami domani alle 18, ora italiana!” E adesso eccola lì; non che ci fosse tornata controvoglia, però aveva intenzione di parlar chiaro con Pamela, da donna a donna. Aveva passato quasi un anno, sballottata da un lavoro all’altro, senza capirci nulla… ora voleva la sua libertà di movimento. Era fermamente disposta a restituire persino la cifra che la zia le aveva versato. Ancora una volta, però, fu l’altra a stupire lei. La vettura infilò sicura una strada residenziale un po’ appartata, era nei pressi di Wall Street, il quartiere degli uomini d’affari. Dopo pochi isolati, l’autista centrò un budello appartato e raggiunse un garage, anonimo e nascosto, protetto da una sbarra. Aprì la portiera alla ragazza e, recuperato il suo bagaglio, la scortò fino alla zona degli ascensori. Il suo accompagnatore doveva avere un telecomando, o qualcosa di simile: Caterina venne infilata nel terzo ascensore; l’autista la salutò con un cenno di rispetto un po’ antiquato, poi la ragazza sparì dietro le porte della cabina. All’interno non c’erano né spie né bottoni che indicassero i piani, solo un tastierino alfanumerico di metallo. Sopra, un display a led rossi lampeggiava come una vecchia sveglia: indicava una sequenza di quattro numeri. Kate non trovò di meglio da fare che ripetere le cifre sui tasti; come aveva intuito, la piccola cabina partì a razzo verso i piani superiori.
2 La cenetta era stata intima e squisita. Avevano servito loro un bianco, poi un rosso, sempre di provenienza italiana, eccellenti. Le due bottiglie giacevano sul loro tavolo, non vuote del tutto, ma quasi. Erano arrivate tardi; adesso c’erano solo tre tavoli con pochi commensali e l’atmosfera formale del ristorante “Chez Tomaso” si era un po’ ammorbidita. Su un soppalco, un pianista, perduto nei suoi pensieri, carezzava i tasti, suggerendo motivi conosciuti che si perdevano subito, gli uni negli altri. Forse lo Chef conosceva Pam, infatti venne a salutarle, tempestando di complimenti le due signore e accettando di buon grado, quelli che ricevette per la sua cucina. Quando restarono sole Pam tornò all’imbarazzante argomento che aveva accuratamente insinuato sul finale della serata: le esperienze sessuali di Kate. La ragazza non parlava volentieri di quelle cose, le ricordavano un periodo breve ma turbolento della sua vita: l’adolescenza. Ma forse, Pam aveva scelto proprio il momento giusto; forse il vino era suo complice, quella sera, fatto sta che Caterina disse più di quanto avesse mai immaginato di poter raccontare. Insomma: dopo i quindici le prime esperienze con i ragazzi. Era stata lei a scegliere un uomo adulto per farsi sverginare, un po’ per l’esperienza, un po’ per essere sicura di non rivederlo mai più, dopo. Pamela, sua zia, sembrava comprenderla perfettamente, indagava, soprattutto, il lato sopito della sua sensualità. Kate, oggi, si era imposta una vita diversa e cercava di non pensare al sesso, ma la forza di volontà non poteva bastare a tenere sempre a bada le sue pulsioni. Ora aveva il solo scopo di aiutare sua madre e la famiglia a superare il periodo difficile. Pam intervenne per dire la sua, se l’amore ci comprime e ci limita troppo, pian piano cominceremo a odiare, invece che amare, e a sopportare, senza godere. Suo padre, per puro caso, venne a sapere di questi suoi rapporti, venne a sapere che aveva perso la verginità con un uomo che lui conosceva; aveva il doppio degli anni di sua figlia e non gli era neppure simpatico! Quello che per Kate era stato solo un gioco e una strategia, per il padre divenne una mezza tragedia, che inficiò pesantemente il loro rapporto. La ragazza aveva reagito male, complice anche la giovane età; cominciò a consumare uomini come pacchetti di sigarette Caterina continuò, fluida, a confessare tutti i suoi “peccati”. Disse persino di quelle volte in cui cercava di combinare i suoi appuntamenti con più di un ragazzo, per riuscire a farsi venire dentro dal secondo con cui stava, mentre ancora, nella vulva, teneva la sborra del primo. Aveva una specie di fissazione per lo sperma; prendeva la pillola proprio per non perderne neppure una goccia, quando si accoppiava. Naturalmente, tra i ragazzi che la conoscevano, divenne una specie di mito al negativo: tutti volevano schizzare dentro di lei… Una volta, durante un fine settimana, era restata sola in casa, il pomeriggio del sabato aveva fatto in modo di ricevere ben tre “visite”. Si mise praticamente a caccia di amici liberi, combinò gli appuntamenti e, come una Messalina, riuscì a farsi scopare, sul lettone dei suoi, da tre amanti. Dopo, quando anche il terzo venne liquidato rapidamente, con una scusa, ebbe la faccia tosta di telefonare ad un vicino, un medico, che aveva ben sessantacinque anni: l’uomo conosceva bene sia lei che la sua famiglia. Gli raccontò di provare un forte mal di stomaco e gli lasciò la porta socchiusa, facendosi trovare, discinta, sul letto. L’uomo rimase veramente stupito dalle sue avances, sempre più spinte; aveva fatto di tutto per ribellarsi e andarsene da quella casa, ma la vista e il contatto del corpo giovane e sinuoso di Kate, aveva fatto sì che l’ eccitazione superasse la professionalità e il senso di colpa Così lei si mise a gambe aperte sul bordo del letto e lui, dopo una serie di violente infilature, esausto e pentito, le spruzzò in figa un’altra, notevole, quantità di sperma. Una volta sola, la ragazza, si mise a fantasticare, ripensando a ciò che era stata capace di fare. Lasciva e depravata, si portò nella doccia, dove sola soletta, cominciò a masturbarsi, seduta per terra a cosce spalancate. Mentre veniva, lenti e tiepidi, vedeva scorrere dalla vagina infiniti fiotti di sperma estraneo. Il liquido, ormai saponoso e attaccaticcio, se lo spalmò addosso, sulle gambe e sul seno. L’odore, strano e perverso, di tanto seme pervadeva l’aria calda della doccia e le attaccava le narici. Mentre veniva non disdegno persino di poggiare la “roba” sulla lingua e, alla fine di suggersi le dita fino all’ultimo istante di piacere. Mentre tute queste storie le sfuggivano dalla bocca, Kate si rendeva conto che stava veramente esagerando; chissà adesso che cosa avrebbe pensato di lei la zia Pamela. Ma la donna rispose in maniera del tutto inadeguata:
Francesco
Giovanna
Francesco
Giovanna
Giovanna
Francesco
ligabu
Il signor John
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