La nipote italiana

  • Scritto da Giovannaesse il 17/06/2020 - 06:00
  • 3.5K Letture

Ecco: finalmente, fuori dal Terminal. Erano le 10 del mattino, un’ora accettabile per contattare sua zia, così iniziò a comporre il numero, mentre cercava di raggiungere l’area dove si faceva la fila per i Taxi. Non che si sentisse sperduta, le esperienze vertiginose dell’ultimo anno, le avevano dato la capacità di contare su se stessa senza lasciarsi prendere dal panico!

  • Miss Kate? – L’apostrofò qualcuno che, evidentemente, sapeva perfettamente chi era. Intanto una mano robusta, s’impossessava con determinazione del suo pesante trolley. – Segua pure me, prego. L’uomo era un bianco, elegantemente bardato in un abito scuro. Kate conosceva il “modello”: anche se non portava, sotto il braccio, il classico berretto, doveva essere un autista di limousine, se ne vedevano molti in giro per la City.
  • Ma… scusi, ma io… lei…
  • Non si preoccupi di nulla, miss Kate, mi manda sua zia, la signora Pam. – Con un sorriso di circostanza, le aprì la portiera di un’elegante ma attempata Volvo scura. Poco dopo, una Kate completamente disorientata, sedeva sull’ampio sedile di Alcantara bluette, ingoiata dal traffico dell’autostrada. Una volta rilassatasi, ripensò a com’era iniziata questa sua seconda trasferta americana.

Dopo due mesi di vita monotona, dai nonni, si trovava sul punto di riprendere in mano i capi della sua esistenza italiana; ormai l’America sembrava sempre più lontana… Una sera, salendo in camera, scoprì che il vecchio cellulare di Pam lampeggiava nel buio. L’aveva lasciato lì, sotto carica, e poi dimenticato. Era arrivato un messaggio: “Contattami domani alle 18, ora italiana!” E adesso eccola lì; non che ci fosse tornata controvoglia, però aveva intenzione di parlar chiaro con Pamela, da donna a donna. Aveva passato quasi un anno, sballottata da un lavoro all’altro, senza capirci nulla… ora voleva la sua libertà di movimento. Era fermamente disposta a restituire persino la cifra che la zia le aveva versato. Ancora una volta, però, fu l’altra a stupire lei. La vettura infilò sicura una strada residenziale un po’ appartata, era nei pressi di Wall Street, il quartiere degli uomini d’affari. Dopo pochi isolati, l’autista centrò un budello appartato e raggiunse un garage, anonimo e nascosto, protetto da una sbarra. Aprì la portiera alla ragazza e, recuperato il suo bagaglio, la scortò fino alla zona degli ascensori. Il suo accompagnatore doveva avere un telecomando, o qualcosa di simile: Caterina venne infilata nel terzo ascensore; l’autista la salutò con un cenno di rispetto un po’ antiquato, poi la ragazza sparì dietro le porte della cabina. All’interno non c’erano né spie né bottoni che indicassero i piani, solo un tastierino alfanumerico di metallo. Sopra, un display a led rossi lampeggiava come una vecchia sveglia: indicava una sequenza di quattro numeri. Kate non trovò di meglio da fare che ripetere le cifre sui tasti; come aveva intuito, la piccola cabina partì a razzo verso i piani superiori.

  • Tesoro, che gioia riaverti qui! – Zia Pam (maledetta lei) era sempre troppo schietta, troppo limpida, quando se la trovava davanti. Kate rimandò la “resa dei conti” a più tardi, non era il momento adatto. Era stanca del viaggio; era felice di abbracciare la sua giovane e sorprendente parente e, infine, era troppo sconvolta dall’ambiente in cui era stata appena ricevuta.
  • Questa… è questa casa tua? – Disse, senza nascondere la sorpresa. Dopo una piccola anticamera, si accedeva ad un salone, talmente ampio che sembrava la palestra del suo Liceo. L’arredamento era… perfetto, era l’unico aggettivo che le venne in mente. Nel suo splendore essenziale ma equilibrato, trasmetteva una strana sensazione. Era come fosse troppo ricercato per non essere stato progettato da un “artista” e, allo stesso tempo, non ti metteva in imbarazzo con un’ostentazione di opulenza fuori posto… infine: era Italiano. Ogni oggetto, ogni proporzione, parlava del suo paese lontano. Kate non era mai stata in un posto così maledettamente raffinato. La donna le fece visitare la casa. C’erano due camere, ognuna con i propri servizi, spaziosi e finemente rifiniti con marmi e maioliche di fattura italiana. Una zona guardaroba e, a fianco una piccola lavanderia, con tutto l’occorrente. Il salone nascondeva una piccola sorpresa: all’occorrenza, grazie a una serie di pannelli di legno, camuffati da vecchia credenza, si poteva dividere in due ambienti, perfettamente separati, con tanto di porta e relativa serratura. Su un lato una lunga, ampissima vetrata, permetteva una confortevole veduta del cuore della città. Dovevano essere circa al dodicesimo piano. Un’altra sorpresa era la mancanza di una cucina… niente, nemmeno un angolo cottura. Ma la zia spiegò tutto, con grande disinvoltura.
  • Ti piace? Io l’amo molto… l’ho creata pian piano con l’aiuto di un amico: un architetto italiano che viene spesso negli States. – Poi la squadrò, come stesse valutando cosa le conveniva fare, e aggiunse: - Vieni, la casa non finisce qui! In fondo, tra le due camere, c’erano due ante, tappezzate di elegante tessuto. Caterina le aveva notate ma pensava nascondessero un armadio a muro, invece, dietro la porta c’era una scala di legno; con due brevi tese raggiungeva il piano di sotto. Da lì si accedeva a un corridoio del tutto fuori luogo, a prima vista. Non era male, ma era letteralmente asettico. Il passaggio era basso a causa di grosse canalizzazioni di acciaio. Un basso e costante ronzio pervadeva tutto l’ambiente. Zia Pam, fece strada, mostrando piena padronanza degli spazi che gestiva:
  • Questa è la cucina! – Disse con una vena d’orgoglio, spingendo, col gomito, l’anta sinistra di una perfetta porta industriale. Una serie di luci fredde si accesero in automatico, esponendo, agli occhi di Kate, una vista mozzafiato:
  • Ma questa… questa è una cucina da… da…
  • Esatto: una cucina professionale, da ristorante intendo! Attrezzatissima; all’avanguardia. In regola con tutti i permessi e le rotture imposte dal Ministero. – Sorrise soddisfatta, sgattaiolando con destrezza tra banchi d’acciaio, gruppo fornelli, forni complicati e celle frigorifere satinate. Oltrepassarono una gigantesca lavastoviglie:
  • Qui potremmo servire, senza intoppi, fino a una trentina di commensali, però, di norma, ne serviamo uno, due o, al massimo, tre. Raggiante, prese per mano sua nipote e la trascinò, completamente frastornata, nel piccolo, accogliente e peccaminoso ambiente del ristorante più esclusivo, segreto e trasgressivo di New York.

2
La cenetta era stata intima e squisita. Avevano servito loro un bianco, poi un rosso, sempre di provenienza italiana, eccellenti. Le due bottiglie giacevano sul loro tavolo, non vuote del tutto, ma quasi.
Erano arrivate tardi; adesso c’erano solo tre tavoli con pochi commensali e l’atmosfera formale del ristorante “Chez Tomaso” si era un po’ ammorbidita.
Su un soppalco, un pianista, perduto nei suoi pensieri, carezzava i tasti, suggerendo motivi conosciuti che si perdevano subito, gli uni negli altri.
Forse lo Chef conosceva Pam, infatti venne a salutarle, tempestando di complimenti le due signore e accettando di buon grado, quelli che ricevette per la sua cucina. Quando restarono sole Pam tornò all’imbarazzante argomento che aveva accuratamente insinuato sul finale della serata: le esperienze sessuali di Kate. La ragazza non parlava volentieri di quelle cose, le ricordavano un periodo breve ma turbolento della sua vita: l’adolescenza.
Ma forse, Pam aveva scelto proprio il momento giusto; forse il vino era suo complice, quella sera, fatto sta che Caterina disse più di quanto avesse mai immaginato di poter raccontare.
Insomma: dopo i quindici le prime esperienze con i ragazzi. Era stata lei a scegliere un uomo adulto per farsi sverginare, un po’ per l’esperienza, un po’ per essere sicura di non rivederlo mai più, dopo.
Pamela, sua zia, sembrava comprenderla perfettamente, indagava, soprattutto, il lato sopito della sua sensualità.
Kate, oggi, si era imposta una vita diversa e cercava di non pensare al sesso, ma la forza di volontà non poteva bastare a tenere sempre a bada le sue pulsioni. Ora aveva il solo scopo di aiutare sua madre e la famiglia a superare il periodo difficile. Pam intervenne per dire la sua, se l’amore ci comprime e ci limita troppo, pian piano cominceremo a odiare, invece che amare, e a sopportare, senza godere.
Suo padre, per puro caso, venne a sapere di questi suoi rapporti, venne a sapere che aveva perso la verginità con un uomo che lui conosceva; aveva il doppio degli anni di sua figlia e non gli era neppure simpatico! Quello che per Kate era stato solo un gioco e una strategia, per il padre divenne una mezza tragedia, che inficiò pesantemente il loro rapporto.
La ragazza aveva reagito male, complice anche la giovane età; cominciò a consumare uomini come pacchetti di sigarette
Caterina continuò, fluida, a confessare tutti i suoi “peccati”.
Disse persino di quelle volte in cui cercava di combinare i suoi appuntamenti con più di un ragazzo, per riuscire a farsi venire dentro dal secondo con cui stava, mentre ancora, nella vulva, teneva la sborra del primo. Aveva una specie di fissazione per lo sperma; prendeva la pillola proprio per non perderne neppure una goccia, quando si accoppiava. Naturalmente, tra i ragazzi che la conoscevano, divenne una specie di mito al negativo: tutti volevano schizzare dentro di lei… Una volta, durante un fine settimana, era restata sola in casa, il pomeriggio del sabato aveva fatto in modo di ricevere ben tre “visite”.
Si mise praticamente a caccia di amici liberi, combinò gli appuntamenti e, come una Messalina, riuscì a farsi scopare, sul lettone dei suoi, da tre amanti. Dopo, quando anche il terzo venne liquidato rapidamente, con una scusa, ebbe la faccia tosta di telefonare ad un vicino, un medico, che aveva ben sessantacinque anni: l’uomo conosceva bene sia lei che la sua famiglia.
Gli raccontò di provare un forte mal di stomaco e gli lasciò la porta socchiusa, facendosi trovare, discinta, sul letto.
L’uomo rimase veramente stupito dalle sue avances, sempre più spinte; aveva fatto di tutto per ribellarsi e andarsene da quella casa, ma la vista e il contatto del corpo giovane e sinuoso di Kate, aveva fatto sì che l’ eccitazione superasse la professionalità e il senso di colpa
Così lei si mise a gambe aperte sul bordo del letto e lui, dopo una serie di violente infilature, esausto e pentito, le spruzzò in figa un’altra, notevole, quantità di sperma.
Una volta sola, la ragazza, si mise a fantasticare, ripensando a ciò che era stata capace di fare. Lasciva e depravata, si portò nella doccia, dove sola soletta, cominciò a masturbarsi, seduta per terra a cosce spalancate. Mentre veniva, lenti e tiepidi, vedeva scorrere dalla vagina infiniti fiotti di sperma estraneo.
Il liquido, ormai saponoso e attaccaticcio, se lo spalmò addosso, sulle gambe e sul seno. L’odore, strano e perverso, di tanto seme pervadeva l’aria calda della doccia e le attaccava le narici. Mentre veniva non disdegno persino di poggiare la “roba” sulla lingua e, alla fine di suggersi le dita fino all’ultimo istante di piacere.
Mentre tute queste storie le sfuggivano dalla bocca, Kate si rendeva conto che stava veramente esagerando; chissà adesso che cosa avrebbe pensato di lei la zia Pamela. Ma la donna rispose in maniera del tutto inadeguata:

  • Che gioia, la mia piccina; che belle esperienze… non immagini quanto sono felice. E, non c’è che dire, amore, buon sangue non mente. Kate strabuzzò gli occhi… non sapeva se ridere o piangere.
  • Domani ci prendiamo tutto il sabato per noi. – Sorrise sincera. – Domani ti porto nella Grande Mela, in giro tra la pazza folla… poi domenica, ti spiegherò in che consiste il nostro lavoro. E poi… e poi…, - rise forte – e poi si vedrà: sarà quel che sarà! Il pianista la dovette sentire, perchè si riscosse dal suo torpore musicale e intonò la nota canzone, portata al successo da Doris Day, Whatever Will Be, Will Be.
E' un racconto carino; quindi complimenti all'autore. Vorrei cogliere l'occasione per fare un richiamo a coloro che postano scene porno; cioè non ho mai visto che un maschio cinga alla vita una ragazza con una mano e con quell'altra VADA SOTTO LA GONNA palpeggiare a lungo quel Paradiso terrestre. Il VEDO-NONVEDO è spesso più eccitante di vedere una figa a tutto schermo e, credo ne conveniate tutti. Ovviamente poi la coppia dovrebbe "procedere" come sempre.
Grazie. Diciamo comunque che siamo pur sempre su un sito erotico. Un'immagine porno non estrema e volgare può fare da compendio all'argomento trattato.
Giovanna, nel rinnovarti i complimenti per il tuo raccontino e essendo d'accordo con te che si è in un sito erotico, ciò non toglie però che trovo la prefazione di un atto sessuale più interessante dell'atto stesso; questo lo si può ottenere narrandolo ma sopratutto nei video/porno. Credo di trovarti d'accordo ; Un racconto che trovo molto verosimile lo trovi sul sito Wattap racconto titolato --Colei che non si deve amare- dove trovo stonata però l'età della piccola Gina che se avesse avuto qualche annetto in più (16 -18) si protrebbe considerarlo un racconto modello. Ciao !!!
Quando troviamo delle immagini troppo volgari le sostituiamo. Domanda: Ma il racconto a cui ti riferisci su Wattpad è uno dei miei???
Grazie per i graditissimi complimenti.
No, non è un tuo racconto, però mi chiedo "se non ti ricordi, questo indica che ne hai scritti molti altri" poi, tornando a "La nipote italiana" non si può non notare le perfette e, non comuni frasi che usi. Io ho fatto solo la prima Liceo e vedo che tu sei molto più avanti di me, il che mi induce a rincalzare i miei complimenti. NB- Noterai pure tu che siamo in "Contemporanea" ...bello !!!
Ma continua? Comunque bel racconto
Sempre splendida Giovanna, è meraviglioso leggerti, un besito amica mia

Post New Comment

Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.