Ricevo e vi passo una confessione reale e, a mio parere, eccitante.
Ciao Giovanna, visto che raccogli tante confessioni, mi sono convinta a raccontarti anche la mia, ma prima ti sottopongo una piccola premessa. Ho visto che hai studiato psicologia quindi, magari, un episodio dell’infanzia può essere interessante per chiarire il quadro della situazione.
Nella nostra palazzina in periferia di Roma, eravamo 4 famiglie: i miei nonni, i nostri zii e noi, fratellini e cuginetti e poi, una coppia di inquilini ma senza figli. Erano giovanili e simpatici e, più o meno, ci avevano visti crescere, così non era difficile che i nostri genitori chiedessero al sig. Roberto di tenerci d’occhio ogni tanto, visto che tutti i nostri familiari, almeno la mattina lavoravano, compresa la compagna dello stesso Roberto. Lui, invece, era un giornalista e usciva sempre di sera per poi rincasare più o meno tardi.
Questo alla luce del sole ma, dietro le quinte, non spesso ma capitava che in casa di Roberto i nostri giochini prendessero una “brutta piega”. Si giocava a pegni e punizioni e quando io andavo sotto, pagavo uno strano pegno per una ragazzina. Roberto mi prendeva sulle ginocchia ma con le gambe alzate e, con aria giocosa, pretendeva che venissi punita da mio fratello e dal mio cuginetto.
La punizione era che loro mi potevano schiaffeggiare di sotto, e vista la posizione, raccolta e bloccata da Roberto con le gambe in aria, i loro colpetti potevano essere destinati sia la culetto che alla vulva.
Un gioco segreto e eccitante, che quando capitava, eravamo noi stessi a chiedere di fare al nostro vicino, promettendo la massima segretezza, sia per la vergogna, sia per non perdere quell’appassionante opportunità.
La cosa nel tempo divenne sempre più intrigante, noi crescevamo e cresceva anche la nostra libidine. Così Roberto si impose “duramente” su di me, che dovevo pagare quasi sempre pegno. Dai colpetti con le mani sulle mutandine, passarono agli schiaffi sul mio inguine nudo; dopo le mani iniziarono a colpirmi con i giovani cazzi… fino all’estremo, quando Roberto gli spiegò che, se si masturbavano, potevano schizzarmi su fighetta e culo, così da aumentare la vergogna della mia punizione. Quando mi avevano bene imbrattata, Roberto mi rimetteva le mutande, a tamponare tutta quella sborra e ci mandava tutti a casa.
Poi, cara Giovanna, il nostro vicino se ne andò a Milano, noi ormai grandi non riparlammo più di quelle avventure ma in me, il seme di quei giochetti quasi innocenti, aveva lasciato un segno forte e indelebile, che spesso mi faceva sognare: avrei voluto essere nuda, esposta e guardata, bloccata da braccia virili e abusata.
Così, mentre la mia mente fantasticava per farmi sognare e masturbare, vivevo una vita abbastanza normale. Alla fine sposai Luca, per vivere una vita gradevole ma piatta. Sessualmente Luca mi appagava, aveva un bel cazzo grosso e durava tanto nelle scopate ma i problemi di coppia e la mia insoddisfazione erotica alla fine ci portarono alla separazione.
Intanto, la “normalità” sessuale rendeva la mia vita attiva ma poco attraente. In 3 anni di separazione cambiai molti uomini ma non arrivavo mai a coronare i miei desideri di promiscuità, la mia voglia di essere oggetto.
Poi, finalmente, mi sono “sistemata”, ho conosciuto un uomo, 50 enne, sofisticato, ricco e molto porcello. Lui mi sapeva valorizzare, impazziva per i miei seni prosperosi, le areole scure e attraenti, la figa che tengo pelosa, perché mi piace quando rimane a lungo intrisa dello sp...
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