Il fratellastro di mio padre, figlio primogenito del nonno e della prima moglie, morta di parto, ci veniva a trovare spesso.
Non mi piaceva.
Era grossolano e cattivo, mia nonna lo doveva sopportare perché era rimasto solo lui a mandare avanti l’ attività di macellazione, ereditata da mio nonno. Con la morte di mio padre era rimasto il padrone indiscusso dell’ attività che, grazie a manovre politiche e ad appalti di favore, fioriva egregiamente rendendolo ricco e potenteVeniva spesso a casa nostra perché aveva molte attenzioni per mia madre.
Era claudicante e abbastanza brutto, quando era brillo diceva spesso a mia madre che doveva ringraziare iddio, che non si era sposato e che non gli piaceva di andare dalle puttane.
Quando ero piccola, se lui arrivava, la nonna si segnava e mi portava con se.
Poi quando mi feci più grande e appetitosa lo zio non volle più e fece sistemare meglio le nostre stanze e creare un bagno privato per mia madre. Diceva che, noi due, per lui che era solo soletto rappresentavamo la famiglia.
Lo vedevo spesso, quando cenava da noi, come guardava e toccava mia madre; all’ inizio lei mi portava di corsa in camera mia, ma poi lo zio non volle più.
Disse che ero grande e dovevo imparare le cose della vita ‘
Mia madre piangeva spesso, ma non poteva contrastarlo, vivevamo anche della sua elemosina, in fondo.
Ma soprattutto era minaccioso e vendicativo, e mia madre lo temeva.
Spesso dalla mia cameretta sentivo ansimare dalla stanza di mia madre o dalla cucina, ma non riuscivo a capire niente di ciò che dicevano, ne potevo conoscere troppe cose: non avevo amichette, mi evitavano tutti a scuola, mentre mia nonna non faceva che segnarsi e pregare.
Quindi ero completamente impreparata quando una sera lo zio arrivò, allegretto, anzi lievemente alticcio, chiuse a chiave la porta della nostra parte di appartamento e si spogliò davanti a me e a mia madre sbigottita, lei si alzò di scatto per fermarlo, ma lui le diede un ceffone che quasi la tramortì: – Non ti permettere mai più, donna! –
le urlò con gli occhi iniettati di sangue ‘ ora la ragazza e grande e deve stare con noi, capisci? Deve guardare e imparare! ‘
Rise sguaiatamente: – E deve capire bene chi è il suo padrone e chi le da da mangiare e vestire. ‘
Poi, rivolto a me: – Hai capito Giovannella? Adesso guarda bene le cose che faccio con la mamma, così le impari anche tu e poi lo zio ti fa divertire pure a te e ti regala anche un vestito nuovo. ‘
Si avvicinò e mi diede un bacio sulle labbra; il suo alito si sentiva di vino.
Poi si levò completamente i pantaloni e le mutande, restando con la camicia sbottonata, la gamba zoppa era brutta da vedersi e lui era goffo, ma la cosa che mi colpì e che tra le due gambe aveva una zona scura, scura di peli, come le donne, solo che da quella peluria folta e riccia spuntava un affare grosso e spesso, di pelle, sulla punta era più chiaro, quasi rossiccio e lo zio ci guardava come fosse un ebete, mentre senza toccarlo, lo faceva pulsare e innalzare ‘ sotto quell’ affare un rigonfiamento grosso come una sacca, pendeva verso il basso.
Era una visione sorprendente e alquanto disgustosa, ma la cosa più sconcertante era che, nonostante tutto, mi piaceva guardare quel coso dello zio, mentre le guance si arrossavano e sotto il ventre mi sentivo rimescolare.
Più quel bastone contorto si gonfiava e più sentivo il fascino di quella visione.
– Vieni, presto! ‘ disse a mia mamma ‘ sono arrapato, non lo vedi? Appoggiati al tavolo! –
Mia madre obbedì, ma chiuse gli occhi per la vergogna.
Lui lesto la fece abbassare in avanti e le abbassò il Jeans che aveva per casa, subito le si mise dietro, poi guardandomi sorrise e disse: – Guarda Giovanna, guarda lo zio cosa fa adesso e impara bene la lezione. ‘
Poi prese la verga nella mano destra intimò a mia madre: – Presto, apriti la figa, troia. ‘
All’ improvviso vidi mia madre che si prendeva le natiche con le dita e le allargava e poi vidi il bastone dello zio, sparire tra le sue gambe.
Ero curiosa ed eccitata da quella scena: la cosa che mi lasciava perplessa era che il coso grosso e lungo dello zio, entrava dietro alle cosce di mia madre, ma non usciva davanti ‘ dove finiva?
Ebbi un’ intuizione tremenda che si rivelò reale: lo zio lo infilava direttamente nel buco della vagina: quel buchetto che avevo anche io e che qualche volta mi ero toccata, provandone solletico e piacere.
Non potevo crederci: quel coso grosso che entrava e usciva da mia madre doveva essere il cazzo dello zio, allora.
Ne aveva sentito parlare, ma non ne aveva mai visto uno ‘ e come poteva un bestione così, entrare in un buchetto così piccino?
– Guarda, piccola, guarda come chiava lo zio, eh? ‘ aveva una espressione estasiata, mentre come uno stantuffo penetrava mia mamma, e la tirava a se per le natiche.
Io guardavo ipnotizzata e incredula, poi lui mi disse: – Vieni, Giovanna, vieni a vedere come vengo, ti faccio vedere la sborra, guarda ‘ e mugolando, rubizzo ed eccitato, tirò fuori l’ arnese, la cui testa, rossa come una fragola matura era umida degli umori di mamma, mi avvicinai curiosa e allo zio dovette piacere, perché mentre con una mano continuava a frugare nel buco di mamma, con l’ altra mano si moveva convulso intorno al coso finché dalla punta partì uno schizzo, bianco come uno sputo, che arrivò lontano, fino tra i capelli di mamma, dopo i primi schizzi, la roba bianca continuò a colare a piccoli fiotti, scorrendo sulle natiche bianche della mamma e scorrendole sia sui pantaloni che per terra.
Lo zio continuava a menarselo tra le mani e a scorrere dal bastone: sospirava forte e, tesissimo, tremava sulle gambe.
Alle mie narici pervenne un odore intenso e particolare, che mi fece strabuzzare gli occhi, automaticamente mi carezzai tra le gambe, scoprendo che il mio pantalone era lievemente umido.
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