Un po' femmina, un po' puttana

  • Scritto da italsex il 19/05/2020 - 16:30
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Premetto subito che questo parte, della mia fantasia, quella più profonda, nascosta e sicuramente repressa. Per adesso non voglio spingermi oltre il bel rapporto che sto vivendo con un ragazzo eccezionale, naturalmente fatte salve le fantasie e le nuove esperienze che ora ho voglia di ricercare assiduamente e che ho inserito nel mio annuncio e alle quali aspetto mille e una risposta. Detto questo, comincio a parlare di me e della mia pseudo-storia.

In privato, sono un travestito, mi dicono bella, sensuale e da monta.

Scrivo questa storia perché vorrei che una infinità di uomini si masturbassero eccitati per quello che hanno letto.

Sono un ragazzo 25enne, ormai laureato, ma all’epoca dei fatti, che fra poco racconterò, ero uno studente universitario di scienze politiche, alla facoltà di Napoli, di anni 21.

Però prima devo accenarvi a qualcosa che riguarda la mia adolescenza, premessa irrrinunciabile per una completa comprensione della mia storia.

Sono stato e sono un ragazzo normale, fisicamente intento. Normale nel senso di non effeminato e insospettabile in questa mia natura celata.

Normale quindi, ma pure carino, alto, prestante, fisico longilineo, però con un grande difetto in questa mia mascolinità, il culo. Ho un culo da donna, me lo dicono tutti, rotondo, sodo, che forma una perfetta attaccatura con le cosce, un culo insomma da prendere, da violentare.

E’ stato il mio “ingombrante” culo da femmina ad aprire pian piano, già all’età di sedici anni, una voragine nella mia personalità sessuale apparentemente univoca. Passavo ore a fissarlo e mi eccitavo con ciò e finivo per masturbarmi. Vestivo il mio culo con perizoma, lo ingabbiavo in un reggicalze, lo valorizzavo con una sottoveste o baby-doll (cose che all’inizio sottraevo a qualche zia avvenente), tutto ciò al solo fine ripeto di masturbarmi. Non cercavo su riviste porno l’ispirazione per una sega, mi bastava guardare il mio culo.

Ad un certo punto però ho sentito altro, un prurito sessuale nuovo, sconvolgente, assolutamente innato. La colpa o il merito (lascio giudicare a voi) è da attribuire ad un mio amico coetaneo.

Allora avevamo diciott’anni ed eravamo in un negozio di profumi nei giorni precedenti a San Valentino, infatti lui doveva acquistare un regalo per la sua fidanzata.

Senza accorgermene mi ero messo chino sul bancone della cassa, poggiato sui gomiti, la schiena inarcata e il culo inevitabilmente all’aria. Non era la prima volta che mi sorprendevo in queste posizioni, ma non destavano in me molta preoccupazione inconsapevole allora di quello che sarei diventato.

Ad un certo punto sentii una forte pressione contro di me da dietro e allo stesso tempo sentii una punta più dura che premeva tra le mie natiche.

Il mio amico, in una maniera molto disinvolta e intelligentemente equivoca, era dietro anto da farmi sentire che il suo cazzo si stava via via ingrossando.

La sensazione fu sconvolgente, sembrava che il buco del mio culo si stesse bagnando, lubrificando per permettere al cazzo di entrare, ero a pecorina e sentivo che avrei potuto godere se fossi stato impalato come una troia.

L’immaginazione non ebbe seguito reale, il mio amico non fu chiaro nel suo gesto ed io ero troppo influenzabile per fidarmi delle mie sensazioni, tant’è che tra Claudio e me non c’è stato mai niente.

Al di là di questo per me fu la scintilla, gli albori di una nuova mia dimensione che solo ora, a distanza di tanti anni, vivo a pieno.

Il passaggio mentale dal sognare di essere scopata tra le natiche e l’immaginare un cazzo tra le mani o in bocca fu brevissimo.

Cominciai sempre più a sviluppare queste fantasie nella maniera in cui la mia indole mi dettava.

Se fossi stato con un uomo volevo non solo riempirmi la bocca del suo cazzo ma anche bere la sua sborra. Speravo di essere scopata di fronte ad uno specchio, speravo in un cazzo enorme che a fatica entrava nel mio culo, tanto da farmi male…..ero estasiato dall’immaginare il cazzo che mi riempiva, dall’immaginare che il mio orefizio era allo stremo della sua dilatazione. Sognavo spesso un cinema dove fare un pompino durante la proiezione del film, in mezzo a tutti e sotto gli occhi di tutto. Avere le labbra sporche di sborra.

Immaginavo il mio uomo che mi prendeva ai fornelli oppure mentre facevo le pulizie.

Mi piaceva l’idea di una troia, di una puttana, quelle vere che non si fanno pagare il cui solo interesse è sentirsi donna, nata per soddisfare gli uomini.

A queste fantasie poi più in là aggiunsi alcune idee di sadomaso molto soft, mi sarebbe piaciuto essere tirata per i capelli quando fossi stata scopata a pecorina, o essere tenuta immobile con la testa per evitare che la mia bocca sfuggisse ad un caldo spruzzo di sborra. Ancora immaginavo di avere i polsi legati, o meglio ancora di essere stretta in uno di quei nodi che fanno del corpo un angolo retto e così essere distesa di fianco sul letto e prenderlo dietro.

Imaginavo quello strumento in parte simile ad una ghigliottina che non ti permette di fare il minimo movimento, quello che ti posiziona a 90 gradi, che ti blocca la testa e i polsi allo stesso livello, e che ti obbliga a prenderlo dietro e in bocca a chiunque voglia, dato che la tua di volontà è annulata. Con tutte queste fantasie la prima e più diretta conseguenza fu quella di curare il mio corpo, acquistavo creme, trucchi, lingerie, tacchi a spillo e parucche, mi depilavo. Volevo essere una troia insaziabile. Come per magia, questa sfrenata attività cerebrale si trasferiva sul mio culo rassodandolo ancora di più, quasi come che pensare di essere sfondata da nerchie violacee mi modellava il sederino da vera puttana in calore.

Avevo una doppia vita insomma, ma non nel senso di vite separata, svesti una e indossi l’altra, ma nel senso che queste due vite mi accompagnavano ( e mi accompagnano) contemporaneamente senza soluzione di continuità.

A scuola prima e all’università poi, indossavo (e indosso; ora al lavoro) reggicalze, perizoma, calze velatissime, sottovesti, tutto celato sotto panni maschili.

Ancora un altro dato è interessante della mia adolescenza, un po’ di pazienza e arrivo dritta alla storia.

Premetto che la scuola l’ho frequentata in un paesino di provincia, ecco perché la mia attività sessuale era nulla, lavoravo solo di immaginazione. Fino al momento in cui ho pensato di potermi divertire con pratiche masturbatorie un po’ sofisticate. Acquistavo chili di melanzane (nere e grosse; per la penetrazione è la cosa migliore dopo il cazzo e prima dei falli finti).

Le fissavo in modo tale che inevitabilmente una mi finiva nel culo e l’altra nella bocca, in modo da avere le mani libere e potere assumere così ogni posizione. Ero la troia di due grossi cazzi che mi scopavano in reggicalze e tacchi a spillo. A volte mi masturbavo e mettevo la sborra sulle due melanzane, era eccitante, quei fiotti caldi su quella superficie nera, sembrava che stessi realizzando le mie più perverse fantasie, bere sborra e il culo rosso dalle dimensioni di quel cazzo di colore. Continuavo così per ore, cambiando posizioni, alla fine ero sfinita.

Tutto ciò mi accompagna ai miei ventuno anni. Era una mattina universitaria come tutte le altre, corsi, amici e qualche caffè tra lo spacco di una lezione e l’altra. Indossavo sotto i jeans un reggicalze di pizzo nero e delle calze velate color carne con la riga verticale sul dorso delle gambe, la culotte era di colore nero doverosamente portata sopra al reggicalze (infatti pensavo che una troia non può essere scopata senza reggicalze, quindi in quelle occasioni doveva essere agevole sfilare lo slip), sopra avevo un corpetto anch’esso nero a tono col reggicalze. Aggiungo che era una giornata di inverno, e che i maglioni di lana e il freddo aiutano a indossare gli indumenti intimi.

Nonostante la mia voglia di vivere una esperienza vera con cazzi di carne grossi e turgidi, stavo molto attento a non piegarmi troppo per paura che il perizoma saltasse fuori dai pantaloni.

Ad un certo punto della mattinata andai in bagno, il bisogno era di quelli impellenti, di quelli che richiesero un accurato svestimento e susseguente rivestimento ( i bagni erano molto sporchi, avevo premura a che i miei vestiti non toccassero da qualche parte). Sfilai la culotte e sbottonai il reggicalze per sfilare le calze sotto al ginocchio.

Quando ebbi finito dovetti ripetere il rito all’incontrario.

Avevo appena tirato su la culotte quando un ragazzo entrò nel bagno senza bussare (le serrature erano rotte ed io mi ero distratto).

La visione che gli si presentò fu quella del mio culo addobbato da cagna.

Fu un attimo, lui richiuse la porta in un istante ed io non riuscii a vederlo in faccia.

Ero in preda alla disperazione, mi vergognavo, avevo paura delle conseguenze, il mio timore era di passare per il travestito della facoltà di scienze politiche. Era il primo contatto tra Federica (il nome che in seguito sceglierò per la mia parte femminile) e la realtà esterna.

Rimasi in bagno per alcune decine di minuti, la cosa che più mi innervosiva era il non averlo visto in faccia, di non poterlo riconoscere per parlargli e di pregarlo di non dire niente.

Quando uscii il bagno era deserto, anzi l’università era deserta, raccolsi le mie cose e andai a casa (un appartamento in affitto).

Quelle successive sono state le ore più brutte della mia vita, non sapevo che fare, tant’è che per tre giorni successivi saltai tutte le lezioni.

Il giorno che mi decisi di ritornare in facoltà ero convinto a metterci una pietra sopra, sarebbe stata la mia parola contro la sua, del resto a scienze politiche avevo avuto contatti con ragazze e non sarebbe stato difficile sostenere la mia tesi di ragazzo eterosessuale.

Passarono due giorni senza che mi accorgessi di qualcosa di strano, i miei amici erano normali ( del resto poteva essere anche uno di loro) fino al punto in cui ho pensato di essermi potuto sbagliare, magari quel ragazzo che credevo mi avesse visto aveva solo percepito la presenza di una persona nel bagno e si era subito ritirato senza vedere alcunchè. Invece no, non mi sbagliavo.

Una mattina di ritorno in aula studio e riaprendo il testo di diritto pubblico c’era un biglietto che diceva:

– ciao, hai un sedere da favola, ti ho vista nel bagno l’altro giorno e ti ho tenuto d’occhio in quelli succesivi… mi intrighi fino al punto da farti una proposta. Abito in un appartamento che dà su via Duomo, insieme ad altri tre compagni, tutti desiderosi di conoscerti. Non siamo bellissimi ma credo che a te interessino le dimensioni, uno con un culo e con vestiti così non può non sognare di essere rotto in culo. Riflettici ora stesso e lascia la tua risposta nel testo e recati di nuovo al bar. Se accetti, allora potremmo divertirci, se no stai sicuro, il tuo credo sia un segreto e con me puoi stare tranquillo-

Immaginate voi le mie sensazioni, la troia aveva fatto centro, ero eccitato, desideroso di dire si, perché no, il solo pensiero che quel bastardo mi aveva pedinato tutti quei giorni mi faceva inumidire il culo e sbavare dalla voglia.

Poi sarebbero stati quattro, mamma mia quattro cazzi tutti per me, in un appartamento in cui sicuramente vogliono che sia vestita da puttana, mai avevo osato immaginare tanto. Al pensiero di cosa avrei potuto fare in quell’appartamento la vista mi si offuscò. Al di là del sesso, c’era l’aspetto di vestirmi, truccarmi, camminare in mezzo a persone vere in tacchi a spillo. Avrei potuto liberare ogni fantasia, dalla cameriera sexy ad uno stupro di gruppo.

Correvo troppo però con l’immaginazione, bisognava riflettere fare la cosa giusta. E avevo poco tempo, mi era stato detto di decidere subito e dovevo farlo.

Bisognava ponderare i pro e i contro (se fosse stato uno scherzo per farmi uscire alla luce?), ma non riuscivo ad essere lucido, come potevo.

Scrissi di pugno un biglietto:

  • spero di potermi fidare di te, la tua, la vostra proposta è il meglio che potessi immaginare, a te la prossima mossa-

Uscii dall’aula e andai verso il bar, ero rigido, avrei voluto guardarmi intorno, ma temevo che avrei fatto un passo falso e rovinato tutto.

Per non dilungarmi, quando tornai c’era un indirizzo e un appuntamento e un –non mancare puttana-

L’appuntamento era per la sera seguente, sabato sera, trascorsi le ore facendo acquisti, rosetto, phard, smalto, una parrucca bionda per il resto possedevo già tutto.

Mi rimaneva solo una cosa da fare, un bel clistere per pulirmi l’ano per evitare brutte sorprese.

Mancava mezz’ora, uscii di casa e cinque minuti prima delle 9 suonavo al portone dei quattro.

Il bello fu che non ci fu nessuna sorpresa, erano davvero quattro ragazzi in un appartamento, non bellissimi ma carini, vestiti bene e profumati. Mi si presentò il mio osservatore sconosciuto, era il più grande di età, aveva 25 anni e fu lui a mettermi a mio agio.

I toni e le parole erano dure (sembrava ci fosse uno accordo tra di loro, e io fui felice che lo rispettassero, significava che gli ero piaciuto): - vuoi cambiarti puttana?- -come dobbiamo chiamarti, troia?- -ti basta troia?- feci cenno loro di si, tremavo dal piacere, dalla situazione, ero una cagna in calore che non riusciva manco a parlare.

Andai in bagno e mi vestii in modo eccitante, non troppo volgare, ma da signora di classe, da mantenuta, da signora il cui marito le organizza sesso di gruppo a sua insaputa.

Quando mi videro rimasero letteralmente di stucco.

Cominciammo col parlare del pìù e del meno, come in un comune gioco di ruolo dove ognuno faceva la propria parte alla perfezione.

Ad un certo punto mi presero e mi portarono in una stanza dove per terra c’era un grande materazzo, mi ordinarono di inginocchiarmi senza svestirmi.

Loro intanto si erano posizionati attorno a me in piedi, e si accingevano a fare quel gesto che solo le femmine vedono con i propri occhi ad una distanza di pochissimi centimetri, quello in cui gli uomini si sbottonano e tirano giù i pantaloni e si svestono dello slip, e il loro arnese è ancora caldo e non del tutto turgido. Ero circondata e la mia bocca era a misura di quattro cazzi.

-sbottonaci i pantaloni e ti raccomando, troia, fai in modo che che la tua bocca no rimanga mai senza cazzo-

Cosi feci, annullai quella poca distanza che ancora separava la mia bocca dalle loro cappelle. Due erano mastodontici, con un glande ben definito e di un colore purpureo che io avevo solo immaginato, gli altri due erano normali, ma no li disdegnai nemmeno per un momento.

-come sei brava, allora sei esperta, sei un puttanone di quelli che ti succhiano pure l’anima- era sempre il più grande a parlare.

Davo il meglio di me, due in bocca e due che me li tiravo con le mani, estasiata da quello che mi capitava e che mi sarebbe capitato. Non mi fermavo mai, i cazzi diventavano sempre più grossi ed io non trattenevo quei geminti strozzati dalle aste che mi riempivano la bocca.

Continuammo molto, il tempo per far drizzare quattro cazzi e portarli alla soglia dell’eiaculazione.

Mi ordinarono di alzarmi e di togliermi la gonna e la camicetta, e pure il perizoma non fu più di loro gradimento.

Rimasi in corpetto che era un tutt’uno col reggicalze, tacchi a spillo, e faccia da troia con la bocca insaporita da alcuni segnali di eiaculazione. Mi alzai per un momento, mi sentivo slanciata, femmina e con un culo ingombrante che parlava da solo.

Mi portai davanti ad uno specchio per ripigliare il trucco, ero osservata, scrutata da quattro ragazzi che intanto si menavano il loro bastone con le mani….sapreste dirmi una situazione più eccitante? -fai presto puttana, muoviti o vengo lì a prenderti per i capelli!- Mi sbrigai come una brava ragazza ubbidiente. Uno si sdraiò per terra col cazzo all’aria, si mise un preservativo e mi disse di salirgli a cavalcioni sopra, in altre parole ero inginocchiata sul suo cazzo e tutti e due formavamo due linne perpendicolari. Lo guardavo in faccia mentre si apprestava ad affondare il suo fendente, gli altri erano un po’ in disparte, quasi come avessero ricevuto l’ordine di stare lontano fino a che non mi avrebbe inculato pensando che sarebbe stato lungo e problematico.

Il mio culo però fece poca resistenza, era come lubrificato, e la sensazione di quel mio primo cazzo in culo fu paradisiaca, mi sentivo piena come un dolce alla crema, andavo su e giù in un ansimare chiaro e forte.

-ragazzi datevi da fare, questa è più aperta di puttana cinquantenne-

Uno mi si mise davanti in piedi (l’altro col cazzo enorme, uno era già nel mio culo) e disse – fai un bel pompino altrimenti ti sbatto fino a domattina- non avete idea che forza ha il ricatto nella mia condizione di troia e schiava. Altri due me li ritrovai a menarli con le mani. E’ la condizione più bella che avessi mai provato. Anche a loro piaceva infatti iniziarono un turpiloquio senza precedenti.

-prendile la testa- uno suggeriva all’altro

-falle entrare pure le palle- e ancora – vacca meriteresti già una doccia di sborra-

continuarono così finchè ognuno non avesse ricoperto tutte e quattro i ruoli di quella stupenda posizione.

-ti piace alla pecorina, eh?-

Ero come drogata (per modo di dire), in completa balia di quei quattro, oramai mi trascinavano per le braccia, mi afferravano i capelli, mi strattonavano come un oggetto. Mi portarono in cucina.

Uno di loro mi premette forte sulla schiena tando da farmi cedere su un tavolo, ero alla pecorina il mio primo desiderio, mi resi subito conto che le mie pratiche solitarie erano lontane anni luce dalla realtà, quando sentii penetrarmi dietro era la sensazione delle sensazioni, era la posizione mia naturale, lo prendevo tutto, sembrava che pure i coglioni stessero entrando. Poi quel cazzo in bocca che mi arrivò di schianto fu l’apoteosi, gli altri due guardavano il mio profilo di puttana sottomessa, i tacchi a spillo che mi slanciavano in modo perfetto, il reggicalze era la ciliegina sulla torta.

Gà dopo tre o quattro colpi bene assestati e la bocca piena di cazzo, mi sentivo svenire, mormaravo, misti a mugolii delle parole incompresibili, mi sforzai però a farmi sentire e capire. – chiesi di essere afferrata per i capelli- Loro, quasi come infastiditi dalla mia richiesta fecero di più, mi legarono le mani dietro la schiena e mi obbligarono a mantenere la pecorina fino a loro nuovo ordine. Non capivo nulla, ero con la pancia poggiata sul tavolo, le mani legate e il culo in bella vista, mentre loro si allontanarono chi a fumare una sigaretta chi a fare una telefonata. Mi era stato ordinato di non muovermi per nessuna ragione. –ragazzi eccola lì la nostra puttana, chi ne voglia approfittare non faccia complimenti, è vostra in qualsiasi momento- Ero una merce, potenzialmente sarei potuta stare lì per ore, loro sarebbero potuti uscire lasciandomi lì con un ordine preciso. Potenzialmente, insomma loro potevano venire, scoparmi e andarsene. Ciò durò con mio grande rammarico solo un’oretta, ma è stata una delle esperienze più belle. Il culmine lo raggiunsi poco dopo, quando mi ritrovai uno che mi scopava da dietro e tre bei cazzi grossi e rigonfi di sperma tutti davanti alla mia fiaccia. Tutta indaffarata, mi sentivo piena e al culmine del piacere. Cambiavo continuamente il cazzo che mi riempiva la bocca, fino al punto che eiaculai senza stimolazione una diretta stimolazione? Pensai. Stavo arivando come fanno le donne, fu il coronamento di un sogno.

-guardate la puttana ha sborrato, è ora-

E’ ora? Ora per cosa? Non feci in tempo a pensarlo che mi ritrovai seduta sulla sedia e quei quattro che si sparavano una sega a 10 cm dalla mia faccia.

-ti va così? Eh, ti va?-

Non risposi, aprii la bocca e cacciai la lingua.

Prima dell’onda di sborra sentii solo –mamma, questa è proprio troia-

Ero tutta fatta di sborra, dalla faccia, alle cosce, al petto… provai la sborra di un altro quando mi ordinarono di pulire per bene le loro aste. Dopo di questo ci calmammo, mi fecero i complimenti e mi dissero che potevo lavarmi.

Mi fecero una ultima proposta: -ti va di dormire con noi? Uniamo due materazzi per terra-

Dissi di si però al solo patto che fossi tornata a casa per un momento per prendere nuovi indumenti intimi, per la notte, dissi: -se devo dormire con voi da donna, non posso rinunciare ai miei vestiti-

Uno di loro si offrì di accompagnarmi.

Trascorsi la nottata, rannicchiata tra più uomini, c’era che teneva la mano sul mio culo, chi più audace durante la notte, mi invogliava ad andare sotto le coperte e ad addormentarmi col suo cazzo in bocca, insomma finalmente ero femmina e troia.

Quando domenica mattina (non potevo trattenermi oltre in quell’appartamento, avevo altro da fare quella domenica) uscì da quell’appartamento ero come rotta, non riuscivo a camminare, mi bruciava il culo, dovevo leggermente allargare le gambe per poter dare i passi… per fortuna avevo fatto una doccia poco prima che aveva calmato in parte i mie bruciori. Anche in quel momento non avevo rinunciato al mio abbigliamento femminile, calze autoreggenti bianche, slip bianco trasparente e una sottoveste dello stesso colore che aderiva alla schiena e si inarcava sulle natiche ( un po’ come quella di colore celeste che indosso in una delle mie foto nell’annuncio). Il sabato sera quando ero uscita accompagnata da uno dei miei “violentatori” mi ero preoccupata di prendere non solo l’occorente sexy per la notte ma anche quello per il giorno successivo, quando ti sborrano adosso in quattro ci vuole un intero guardaroba!

Ero quindi per strada, una troia ambulante, sembrava che tutti mi guardassero, sembrava che si vedesse solo la mia femminilità, solo il mio culo sotto quello slip trasparente.

Ma un segno realmente visibile di quei giorni passati da puttana c’era e forse nel mio intimo decisi inconsciamente di non rimuoverlo (tant’è che sotto la doccia me ne dimenticai). Parlo del rimmel agli occhi… insomma camminavo per strada con un filo di mascara che solo dopo a casa mi resi conto di avere, forse per questo mi sentivo tutti gli occhi addosso. Altri giorni sarebbe stato un motivo di assoluto imbarazzo e di forte preoccupazione, ora pensavo che quel rimmel poteva essere un segnale non verbale capace di comunicare il mio fine settimana da femmina. Volevo che, chi mi guardava, sapesse dei due giorni trascorsi in quell’appartamento, volevo per questo che si sentisse legittimato a inveirmi contro chiamandomi puttana o a farmi qualche gradito apprezzamento.

Una volta a casa mia ripensavo all’ultimo momento passato in quella dei quattro. All’uscio della porta mi venne ad accompagnare solo il più grande , quello che per intenderci aveva organizzato tutto, quello che poi aveva convinto gli altri tre. Mi disse – hai una bocca stupenda, posso darti un bacio per salutarti?- fino a quel momento non avevo mai pensato al bacio, quello bocca a bocca. Non era nelle mie fantasie da donna, o meglio da troia, una come me bacia il cazzo , ma la bocca? Fu uno stordimento che durò poco, perché lui disse – allora Federica, posso baciarti?- Federica era il nome che loro avevano scelto per me quello stesso giorno, ed io a quelle parole portai la bocca in avanti, pronunciando le labbra e baciai Giuseppe ( questo il suo nome). Lui in maniera più audace passò la sua lingua sul mio labbro inferiore, dopodichè mi disse – adesso puoi andare-.

Non ci dicemmo più niente, non un appuntamento, non un cenno al fatto che ci saremmo potuti rivedere, quando pensavo ciò ero già per strada a camminare con fatica.

A casa poi, quel giorno, mi dedicai interamente a me, feci di nuovo una doccia calda e mi misi delle creme e degli olii per calmare i bruciori e rassodare la pelle….. avevo comunque sempre la sensazione di avere un cazzo piantato nell’ano. Ora più di prima, ero legittimata a sentirmi donna, di guardare il mio culo allo specchio, di guardare gli uomini sapendo di poterli fare impazzire.

Dovetti aspettare martedì, se non ricordo male, per rivedere Giuseppe alla facoltà.

Mi chiamò subito in disparte e mi disse – senti, ho una idea, e tu non puoi dire di no-

-dimmi- dissi io.

-sai che qui ogni giovedi fanno festa gli universitari, lo sai, vero?-

-certo- risposi

-allora ci andiamo insieme, io, Emanuele (era l’altro suo coinquilino più spigliato) e (questo lo disse ridacchiando) Federica-

Non capii subito cosa volesse intendere, o meglio speravo che non si trattasse proprio di quello, cioè di uscire per strada e andare in discoteca vestita da donna. Speravo di no perché non ce l’avrei fatta a rifiutare.

Lui continuò come se io avessi già capito e accettato tutto.

-allora, io sono della provincia di Avellino e torno a casa giovedì mattina dopo che ho fatto un esame, ritorno a Napoli in serata con la macchina e ti passo a prendere, tu intanto ti prepari come una vera donna, e ti raccomando devi superare te stessa, e insieme noi tre andiamo in discoteca-

Non si fermò a questo.

  • gli unici tuoi due problemi secondo me, mi riferisco a se riesci a passare per donna, sono i capelli, non puoi andare in giro con una parrucca finta, e il seno che non hai poi per il resto credo non ci siano problemi-

E cominciò un elenco che faceva notare un acuto spirito di osservazione, io ero nel fattempo come in un paradiso di sicurezza e eccitazione, il mio uomo si preoccupava di tutto, io dovevo solo eseguire.

-depilati anche sulle braccia; smaltati le unghie con un colore non troppo appariscente, preferibilmete lucido; cerca di sfoltirti un po’ le sopracciglia, ma non troppo altrimenti poi il giorno dopo si nota; indossa una gonna lunga, almeno fin sotto le ginocchia, di colore nero, con sotto calze nere; scarpe chiuse, il tacco a spillo va bene, visto che ci sai camminare; giovedi poi ti porto un bel cappotto da donna, lo prendo da mia madre, e una sciarpa così la tieni stretta sul collo; il trucco deve ssere più naturale possibile ed elegante; sotto poi metti quello che vuoi….ah, indossa una maglietta nera a mezzemaniche con il collo alto-

-non ce la posso mai fare- dissi io – è da pazzi!- ero però eccitata come una cagna.

Lui non si scompose, come se si aspettasse un mio iniziale rifiuto e mi disse due cose – non preocuparti, innanzitutto vengo con la macchina quindi sono esclusi bus e camminate a piedi, poi ricorda che una discoteca è l’ideale, le figure non si distinguono chiaramente, lì potrai dimenarti come vuoi. Aggiunse, non preoccuparti penso a tutto io.

Mi convinse. E lui si preoccupò veramente di tutto.

La cosa più importante, anche economicamente (da quanto traspariva era un figlio di papà) che fece, fu acquistare una parrucca vera, la prese usata però su un giornale che a napoli mette in contatto persone che vogliono acquistare cose di seconda mano. Era stupenda, capelli lunghi castano scuro, un po’ mossi…

Un’altra cosa che ricordo fu che eravamo sotto carnevale, approfittando della festa acquistò un seno finto di silicone. A questo punto avevo veramente tutto.

C’era solo un ultimo problema, dovevo vestirmi a casa loro e così facemmo.

Quella sera, verso le otto, Giuseppe era sulla autostrada che porta a napoli, io facevo la doccia in un clima di totale eccitazione, da uomo posso dirvi, che una puttana quando sa che quella sera sarà sicuramente scopata ( per forza doveva capitarmi) si fa la doccia con una sensualità straripante, il contatto col sapone provoca stordimento, l’acqua calda sembra essere del nettare di sborra che ti scende sulla schiena e scompare fra le natiche.

Sentii bussare, -dimmi Emanuele- era l’unico inquilino in casa.

-apri la porta, Giuseppe sta per arrivare, e ha detto che devo darti una ripassata-

Ripassata? Voleva scoparmi nel bagno, il pensiero della mia pella liscia e profumata, ancora bagnata e i vapori della doccia mi fecero dire – cosa? Vuoi scoparmi?-

  • voglio solo un pompino veloce -.

Uscii dalla doccia, presi una asciugamano e la avvolsi attorno a me coprendo pure i capezzoli, con un’altra ci fasciai la testa come se avessi dovuto raccogliere lunghi capelli bagnati, solo a quel punto aprii la porta.

Quando Emanuele mi vide, disse che l’asciugamano messa sul corpo in quel modo era stupenda, lasciava intravvedere solo un po’ di culo, mentre era stretta sulla vita.

-inginocchiati, e vedi di farlo bene-

Era il mio primo pompino fine a se stesso, nel senso che non avrebbe avuto un seguito.

Il pompino fine a se stesso era una delle mie più grandi fantasie, perché ci ritrovo molto della mia personalità da troia, è veloce, praticabile in luoghi insoliti, sei inginocchiata davanti a lui, sei impegnata solo nel dare soddisfazione, lui può fare quello che vuole mentre tu glielo fai ( se ci riesce) come ad esempio farsi la barba, leggere un giornale. Tu sei una troia piegata alla sua volontà e alla sua mazza.

Con Emanuele non ero inginocchiata, le ginocchia non tocavano per terra, il dorso delle mie cosce poggiava sul dorso dei polpacci.

Mentre lo spompinavo, mi toccavo l’orefizio del culo, mi penetravo col medio della mano sinistra.

L’altra mia mano seguiva i movimenti della mia bocca. Quando succhiavo, la destra era ferma sulla base del suo pene, quando lo baciavo o gli leccavo le palle allora gli sparavo contemporaneamente una sega. Lo volevo tutto, nel senso tutto in bocca, fino a quei coglioni gonfi e grossi ( mi piaciono i coglioni grossi), così acchiappavo con le mani le sue natiche e spingevo in un senso e con la testa nell’altro. Sentivo l’istinto involontario del rigurgito ma non mi ritaevo indietro, buttavo gemiti strozzati già in gola. Lui fece il resto, mi afferrò i capelli e non mi permise di muovermi da quella posizione, avevo un cazzo fino in gola. –fermati puttana, stai ferma stai ferma….- lo ripeteva sempre più anzimando.

Stava sborrando, e lo stava facendo direttamente nel mio esofago.

Per la prima volta hanno sborrato direttamente nella mia bocca.

Lui disse – muoviti troia, mica vuoi far aspettare l’altro tuo uomo?-

Io, da brava schiava, mi andai a preparare.

Appena ebbi finito( smaltai anche le unghie dei piedi nonostante non si vedessero) sentii entrare nell’appartamento Giuseppe. Dopo poco andai in cucina dove loro mi spettavano. Mi dissero che ero quasi perfetta, c’era un solo problema, si vedeva il mio cazzo da sotto la gonna attilata.

-cosa porti sotto?- mi chiese Giuseppe

-Un perizoma, l’ho comprato per stasera- risposi

-Mi dispiace, ma devi metterti qualcosa di pìù avvolgente davanti, ce l’hai?-

Pensai ad una culotte, e così feci.

Il cappotto che mi portò, era bellissimo, si stringeva in vita con una cintura, insomma non nascondeva il mio culo.

Indossai la sciarpa e dei guanti, le uniche cose scoperte che si vedevano di me erano le caviglie e i polpacci e naturalmente la faccia leggermente nascosta dalla sciarpa.

-ecco così sei perfetta- mi dissero quasi in coro.

Poi Giuseppe aggiunse – ora togliti il cappotto e la sciarpa, ancora è presto per uscire, fammi vedere come sembri e come ti muovi una volta in discoteca-

Così feci, camminai su e giù per il corridoio per mostrare che coi tacchi a spillo me la cavavo, mi feci trasportare da una musica immaginaria alzando le braccia all’aria e incrociandole sopra la testa,

loro mi osservavano e facevano commenti reciproci. La gonna che indossavo era aderente da togliere il fiato, ma non era corta, non si vedevano le ginocchia, arrivava appena sotto di essi.

Ad un certo punto, Giuseppe si mise dietro di me e seguiva il movimento del mio bacino. Sentivo quel pacco enorme che cresceva sul mio culo, non posso dire che mi fece eccitare perché erano più di due giorni che ero all’apice della eccitazione..

-muoviti troia- mi diceva, io chinavo la testa sulla sua spalla in modo da porgergli il collo. Era avvinghiato a me, non mi faceva respirare.

-Emanuele, vieni qui, mettiti davanti a questa puttana, così balliamo in tre-

in un attimo mi ritrovai tra due uomini, sentivo i cazzi, sia dietro sia davanti.

-ringrazia che non voglio rovinarti il trucco, altrimenti ti passavo il mio bastone sulla tua faccia-

disse Emanuele.

-senti Emanuele- aggiunse Giuseppe- il culo questa troia non l’ha truccato, diamole un assaggio di quello che le spetta-

Fui presa con violenza, mi trascinarono sul davanzale della finestra che dava sulla via principale.

Mi ordinarono di mettermi a pecorina, anzi mi ci misero loro, della finestra erano chiusi solo i vetri, non le veneziane. Chiunque, difronte, avrebbe potuto vedere la scena, ma nemeno il tempo di preoccuparmene che sentii tirarmi giù la culotte e lacerarmi il culo. Emanuele mi stava scopando tra le natiche impegnandosi pure a tenere su la gonna.

Ansimavo come una femmina, dicevo porcate tanto era l‘eccitazione.

Avevo i palmi delle mani poggiate sul davanzale con le unghie appena smaltate, le braccia erano rigide e mi slanciavano il corpo non in un perfetto angolo retto. Il resto dello slancio, con il culo a misura del cazzo di Emanuele, me lo davano i tacchi a spillo.

Non so se avete mai avuto modo di vedere un cazzo che entra ed esce dal culo (io a volte mi sono filmato), beh, quando esce, la carne elastica dell’orefizio si vede, è lucida, vivida per lo sfrecamento del cazzo, attillata fino allo spasmo attorno al pene, quasi come se tentasse di non lasciare andare lo stantuffo che entra.

Mi scopò in quella posizione molto a lungo, io emettevo dei gemiti di piacere.

-non ho mai sentito una donna fregnare così, brutta sgualdrina, ora lasciala a me- disse Giuseppe che intanto si era fatto crescere il cazzo fra le mani.

Si sedette su una sedia e mi ordinò di accomodarmi sopra al suo uccello dandogli le spalle.

Loro stavano attenti a non toccarmi il trucco, penso sia questa la ragione per cui l’altro non mi mise il cazzo in bocca.

Mentre giuseppe mi scopava, dissi ad Emanuele di avvicinarsi. –voglio almeno tirarti una sega-

Feci in tempo solo a dare un paio di smanacciate, perché Guseppe oltre a smettere di incularmi ordinò di smetterla perché avremo avuto modo di continuare.

Quando mi ricomposi erano le 10, ed ero più eccitata di prima.

Alle 10 e qualcosa per la prima volta uscii di casa completamente travestita, entrammo subito in auto direzione discoteca.

Giuseppe mi disse solo una cosa prima di scendere, di essere disinvolta, e di non proferire parole, e mi assicurò che sarebbe andato tutto bene.

Quando scesi dall’auto mi accorsi che c’era una folla esagerata, sollevai la sciarpa fino a coprire il naso, e presi Giuseppe sotto braccio, Emanuele ci seguiva subito dietro.

Con mio grande stupore mi rendevo conto di incrociare sguardi maschili, poi dopo Emanuele mi dirà che addirittura alcuni ragazzi si giravano per guardarmi il culo.

Una volta entrati stavamo come sardine in scatola, almeno nel corridoio che portave alla pista.

-togliti il cappotto, e resta con il foulard- ordinò Giuseppe.

Da quel momento in poi, fu l’eperienza più eccitante che ebbi mai fatto… sentivo sfiorarmi da mani sul culo, sentirmi dire - bona , dove vai- , persone che mi ballavano vicino….soprattutto quando Giuseppe mi disse di andare in pista da sola.

Ringrazierò Giuseppe tutta la vita per quello che ho provato quella sera.

La cosa più bella è che potevo muovermi come una donna in mezzo a tutta quella gente, per esempio quando andai con Emanuele a prendere qualcosa al banco delle consumazioni, non esitai un attimo ad accennare la pecorina poggiando i gomiti sul bancone.

Giuseppe ogni tanto mi sussurrava qualcosa nelle orecchie, altre volte si avvicinava per baciarmi il collo o toccarmi le cosce. Nel frattempo consumavamo delle bevande, dei liquori, ed era eccitante osservare il segno del mio rossetto sul bicchiere.

Mi sentivo in calore, non vedevo l’ora di essere scopata, penetrata, dare sfogo alla femmina che era in me.

Ma non mi sarei mai immaginata quello che sarebbe successo.

Giuseppe aveva organizzato o stava per farlo una situazione molto eccitante.

Si avvicinò a me dicendomi che non potevo rifiutarmi.

-a cosa?- dissi.

-ho parlato con due ragazzi qui fuori, ti stanno aspettando, ho detto loro che sei trans in procinto di operarti definitivamente, e che eri ansiosa di tirargli una sega…. Non ti chiediamo e non ti chiederanno altro, fidati.

Sono qui fuori nel parcheggio, io ti accompagno ma poi ti lascio lì-

Giuro non volevo farlo, o meglio volevo ma avevo osato già molto, qualche freno inibitorio in me era rimasto.

Non feci in tempo a pensarlo, che Giuseppe mi strattonava già per il braccio.

-dai muoviti, vai lì, ti fai venire nelle mani e ritorni da noi-

Lo feci, ed è una delle cose pìù eccitanti che mi siano rimaste. Camminavo nella penombra in mezzo a file di macchine, impiegai poco per raggiungerli. Erano in una punto che Giuseppe mi aveva indicato prima di andarsene. Li salutai solo con un cenno di testa, lo si drizzarono in piedi.

Non dicemmo nulla, come una donna navigata tirai loro giù la cerniera dei pantaloni e presi in mano gli uccelli. Con la sinistra mi limitavo ad accarezzarlo per farlo indurire, solo con la destra ero in grado di produrre quei movimenti che avrebbero portato lo sconosciuto a sborrare. Toccò dunque prima a uno e poi all’altro, ebbi cura di non sporcarmi, ma di riempirmi le mani del loro sperma. Uno di loro mi porse un fazzoletto di carta e mentre mi pulivo ritornavo già in discoteca.

Era tardi quando decidemmo di andare. Fui io ad insistere, avevo voglia, la sega a quei due mi aveva bagnata.

Quando entrammo in macchina, Giuseppe che si accingeva alla guida, mi disse di sedermi dietro con Emanuele. Così feci, appena partiti, Giuseppe imparti un altro ordine – spompinalo fino a che non senti fermare la macchina.

Finalmente era giunto il momento di cominciare a sfogare l’eccittazione che tutte le palpate della serata e l’incontro con quei due sconosciuti mi avevano dato.

Mi coricai sul sedile posteriore su un fianco, poggiato sul gomito sinistro. Sbottonai i pantaloni di Emanuele e infilai la mano per far uscire quell’uccello. Fu un pompino lento e lungo, cadenzato. Rimanevo per minuti con la bocca piena di cazzo senza muovermi e senza che lui si muovesse.

Mi tolsi la gonna, finalmente ero in reggicalze di pizzo nero ( un regalo di Giuseppe), continuavo a prendere in bocca il cazzo del suo amico, a baciargli il pube e le palle, anzi quella sera mi accorsi che mi piaceva prendere le palle in bocca e succhiarle, di passarci e ripassarci la lingua sopra.

Qualche volta che poi mi sono filmata, mi sono accorta di eccitarmi quando vedevo la protuberanza sulla guancia, segnale inconfondibile che scopavo un cazzo con la bocca.

Fu eccitante pure quando Emanuele con le mani mi afferrò la testa tenendola ferma, e facendo lui i movimenti su e giù. Fu travolgente, la mia bocca come una fica con due grosse e carnose labbra vaginali.

La macchina si fermò in un posto scuro e deserto, era già tutto organizzato da Giuseppe, in pratica non saremmo andati a casa, mi avrebbero scopata in macchina in un posto dove amoreggiano le coppiette.

Quella notte, la posizione che mi sconvolse di più, fu quando mi dissero di poggiare le ginocchia sui sedili anteriori, uno per ogni sedile, con la faccia però rivolta verso il lunotto posteriore.

-ecco brava, ora inarca verso il basso la schiena tra i due sedili fin quando puoi-

Cercate di immaginare, ero cul culo all’aria, poggiato sulle ginocchia e con la testa ad un piano molto inferiore a quello del culo, in pratica la mia bocca era a misura del cazzzo di chi si sarebbe seduto dietro, mentre il mio culo era di chi si sarebbe inginocchiato come me sui sedili anteriori.

La cosa più eccitante era poi la morsa che i due sedili esercitavano sui miei fianchi.

Mi sentivo costretta, imprigionata, in balia di loro due.

Ma fu una mossa di Emanuele a lasciarmi senza fiato, mi passò una cinghia sui fianchi, la fece scivolare sotto la leva del freno a mano e diede uno strattone potente cinturandomi letteralmente sulla schiena.

Quel bastardo mi aveva legata, immobbilizzata alla pecorina, riuscivo a muovere solo la testa, le braccia mi servivano per alleviare il dolore della cintura.

Ero insomma legata alla leva del freno a mano, nella oscurità della notte si vedeva solo il chiarore del mio culo rotondo, sodo e voglioso.

Con mia grande sorpresa e approvazione, cominciarono col sedersi entrambi sul sedile posteriore.

-prendili nella tua calda bocca, marchia i nostri cazzi col tuo rossetto da troia-

Non potevo fare granchè, non riuscivo a muovermi, ma questo era quello che loro volevano. Nel momento in cui un cazzo mi finiva in bocca, difficilmente, senza il loro volere, riuscivo a ricacciarlo fuori.

-per quanto sei puttana, dovresti stare così tutta la notte- mi dicevano

Non so se ho mai sognato e voluto tanta forza, tanta violenza…….ma ormai ero appunto violentata, nel momento in cui le manifestazioni della tua volontà sono inibite, allora ti stanno facendo una violenza, ti stanno prendendo con la forza.

In quel momento sentivo piacere misto a paura, a dolore, a vergogna perché provavo pure eccitazione.

Poco dopo Emanuele venne dietro, e diede un colpo violento per deflorarmi l’ano.

Io cadevo sotto ogni colpo, non riuscivo a proferire parola, né ansimavo in maniera chiara, i miei erano mugolii, quei pochi che riuscivano a filtrare dalla mia bocca piena di cazzo e di liquido preeiaculatorio.

Emanuele sembrava posseduto, dava dei colpi talmente forti che mi sentivo svenire.

-puttana, ti scopo il culo, prova a liberarti se ci riesci, guarda è tutto dentro…..-

Mi stava facendo male, ed io non riuscivo a dire niente, come se non bastasse, Giuseppe mi teneva per i capelli in modo che avessi sempre il suo cazzo dentro la bocca.

Ad ogni colpo nel culo emettevo un mugolio, sentivo le natiche squarciate come da una grossa spada…. Sentivo dolore si, ma tanto piacere tant’è che arrivai…

Il mio cazzo sborrò tanto che sembrava una fontana.

  • troia fottuta, mi hai sporcato la macchina, puttana, adesso meriti di essere sbattuta ancora più forte, dai Emanuele, facciamole vedere chi comanda-

da quel momento cominciò la cosa più bella che fino ad allora avessi mai provato: da un lato c’era Emanuele che mi rompeva il culo, e dall’altro all’unisono e con una cadenza costante, Giuseppe mi scopava la bocca, teneva la mia faccia stretta nelle sue mani e premeva giù quando Emanuele affondava il colpo, e tirava su quando Emanuele si ritirava.

Nell’arco di un minuto, venivo riempita e svuotata di cazzo per circa 30 volte.

Il risultato finale lo si ha solo se si considera che i minuti furono dieci o poco più.

Mi riempirono la bocca e il culo di sperma e mi lasciarono così, con i cazzi che si sgonfiavano tra le mie membra.

Tornammo a casa loro, feci la doccia e ci adormentammo sfiniti, erano quasi le sei.

Eccitsnte, particolari non banali
Se sei di Roma vorrei conoscerti

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